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Autore: anita_scali    06/11/2016    0 recensioni
Buio. Solo Buio. Un Buio che quasi opprime, che quasi soffoca, come denso fumo delle ciminiere di Londra, Buio che entra nei polmoni e scorre nelle vene. Poi una voce. “Richard!” la voce di Syd mi chiama da lontano, ma non riesco a vederlo. “Richard…” ora la voce è più vicina, sento la sua presenza dietro le spalle. Mi giro lentamente. Lo vedo davanti a me. “Syd…” vorrei urlare, ma dalle mie labbra non esce che un bisbiglio.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buio. Solo Buio. Un Buio che quasi opprime, che quasi soffoca, come denso fumo delle ciminiere di Londra, Buio che entra nei polmoni e scorre nelle vene. Poi una voce. “Richard!” la voce di Syd mi chiama da lontano, ma non riesco a vederlo. “Richard…” ora la voce è più vicina, sento la sua presenza dietro le spalle. Mi giro lentamente. Lo vedo davanti a me. “Syd…” vorrei urlare, ma dalle  mie labbra non esce che un bisbiglio. Senza dire niente, si avvicina a me. Solo ora noto che brilla di luce propria, come una stella. Si ferma, appena un passo che ci divide. Mi guarda dritto negli occhi. Erano grandi e neri, e tali sono rimasti. Enormi buchi neri, in cui riesco a vedere tutte le mie paure, le quali si sono tutte avverate, una dopo l’altra. Passano minuti, o forse anni, non lo so: in questo luogo non esiste il Tempo. Syd fa un passo avanti, e mi abbraccia. Ormai non so più trattenermi, scoppio in lacrime sulla sua spalla, i suoi ricci neri mi coprono il viso. Hanno ancora il profumo di sigarette e menta che ricordavo. “Perché te ne sei andato? Perché ci hai abbandonati?” non faccio che singhiozzare, a malapena riesco ad articolare le parole. “Non sono stato io ad andarmene Richard. Siete voi che siete rimasti, che non avete voluto seguirmi. Avete scelto il successo, ma io no, amico mio. Io ho scelto me stesso” lo stringo più forte. “Pensavo volessi vivere questa fama con noi, con me!” Ancora più forte. “Non sono fatto per questo Richard. Sto bene qui. Ed è qui che vi aspetterò” La sua presa si fa più leggera, più morbida. Apro gli occhi, forse, e Syd è scomparso. La sua luce si è spenta. Il diamante ha smesso di brillare. E intorno a me, solo Buio. “Syd!” urlo. Urlo il suo nome, lo urlo così forte che mi brucia la gola. Sento una mano fresca toccarmi il braccio. “Rick! Rick, svegliati” una voce dolce e familiare mi chiama. Questa volta però, la voce è reale. “Rick!” ora è più forte, mi riporta alla realtà. Spalanco gli occhi, sperando con tutto il cuore di vedere qualcosa di Vero. Ora ricordo, sono all’Hyde Park, e accanto a me David cerca di svegliarmi.
“L’ho sognato Dave, l’ho sognato ancora!” Mi accarezza la testa, sa che questo gesto ha il potere di rassicurarmi. “Tu e Roger non potete vivere con questo peso addosso. Sappiamo tutti che non è stata colpa di nessuno di noi. È stato inevitabile…” “È stata una scelta, Dave…” sussurro io.
Guardo davanti a me e mi accorgo che sta per fare buio: le madri hanno portato i bambini a casa, e il cielo è tinto di sfumature rosa e arancioni. Una leggera brezza di febbraio mi fa rabbrividire, portando con sé una rara foglia che decide di appoggiarsi sulle mie gambe. “Tieni” mi dice porgendomi il suo giubbotto. Non rispondo, lo prendo e me lo infilo, mentre una goccia mi cade sul naso, poi una sulla mano e un’altra in testa. Dave alza lo sguardo al cielo. “verrà a piovere. Andiamo, Roger e Nick ci aspettano in studio” Annuisco e lo guardo sorridermi: uno dei ragazzi più belli che Londra abbia mai visto. Di rimando gli sorrido lievemente anch’io.
Camminare sotto la pioggia di Londra è splendido, senza ombrello un po’ meno.
Arriviamo allo studio di Abbey Road, dove Roger ci attende con impazienza e Nick sorseggia un caffè. “Dove siete stati?” ci chiede Roger. “All’Hyde Park, Rick voleva rilassarsi” sorrido automaticamente, sapendo che quel pomeriggio tutto ero fuorché rilassato. “Però qualcosa mi dice che hai un’idea per l’album, non è vero Rick?” mi chiede Roger, quasi leggesse i miei pensieri, e forse è davvero così. “Dovremmo…” esito un po’, per paura di riaprire vecchie ferite non ancora guarite. “Dovremmo fare un pezzo su Syd, se lo merita, è grazie a lui che siamo qui oggi” Affermo con più sicurezza, e solo dopo noto che l’espressione di Roger non è di tristezza o malinconia, bensì di stupore. “Ancora, Rick? Sono passati quasi due anni e…” Inizio ad innervosirmi. “Esatto Roger, sono passati due anni e ancora non mi perdono di aver perso Syd!” Anche lui si sta alterando, noi tutti lo guardiamo aspettando una risposta, invece prende una sigaretta dal tavolo, fa un profondo tiro ad occhi chiusi, poi mi guarda come se stesse trattenendo una furia omicida. “Per tua informazione, è stato il mio migliore amico per anni, il mio compagno e il fratello che non ho mai avuto. Non pensi che vederlo in quelle condizioni facesse star male anche me?!” quasi  sembra stia per piangere, ma non lo fa, non è da Roger. Silenzio. “A me sembra una buona idea” dice Nick, per smorzare la tensione. “Funzionerà? Non abbiamo mai scritto di lui prima…” “ci penserò io Dave, è compito mio…” Dice Roger con una calma quasi surreale, se si conta la sfuriata di prima.
Mi tornano in mente le parole di Syd nel mio sogno, e di come effettivamente percepisce lui la realtà: per lui eravamo noi ad esserci allontanati, non lui. Ad un certo punto mi vengono in mente due semplici parole, ma che descrivono perfettamente lo stato mentale di ognuno di noi, Syd compreso. “Brain Damage” sussurro. “Cosa?” mi chiede Dave distrattamente. “Il titolo della canzone. Brain Damage. Non è perfetto?” non ricevo risposta, ma dallo sguardo di Roger è chiara: si.
“Bene, direi che si è fatto tardi, torniamo a casa, che dite?” dice Dave, dopo ore di continue prove. “Si, meglio di si, Rick io e Roger andiamo in macchina, te e Dave restate qua?” mi chiede Nick. “No, andiamo a casa mia, magari riusciamo a buttar giù qualche idea. Prendi le chiavi della macchina Dave” lui mi annuisce, si mette il giubbotto ed esce, mentre lo guardo da dietro.
In macchina regna il silenzio, la radio manda anonime canzoni underground. Ad un certo punto, una serie di accordi familiari mi fa rabbrividire: See Emily Play! “Dave…ascolta…” gli dico alzando il volume. Dopo poco, le lacrime iniziano a pungermi gli occhi. Appoggio la testa allo schienalo, mentre Dave parcheggia la macchina sotto i nostro appartamento.
Saliamo, e la prima cosa che faccio è buttarmi sul letto, esausto dalla giornata. “Vado a fare una doccia” dice David appena prima di chiudere la porta del bagno dietro di se. Mi alzo e vado in cucina, prendo una sigaretta e me la accendo. Il fumo che mi entra nei polmoni mi ricorda la sensazione che ho provato nel mio sogno questo pomeriggio. Guardo l’ora: le 2:47 di notte. Chissà dove si trova. Chissà come sta… mi si stringe un nodo allo stomaco se ci penso, che razza di scelta è stata la sua? Perché ha scelto di continuare a drogarsi? Perché ha scelto di abbandonarci? O forse è vero che siamo stati noi ad abbandonarlo? A lasciarlo da solo con le sue voci e le sue ombre?
Butto il mozzicone di sigaretta ormai finito, mentre Dave esce dal bagno con solo un asciugamano intorno ai fianchi. Si siede accanto a me sul letto, mi mette un braccio intorno alle spalle e mi bacia la fronte.
“Parlami Rick. Dimmi cosa non va. Non sopporto più di vederti così. Abbiamo già perso Syd, non pensi che sarebbe stupido isolarsi come lui?...” i suoi occhi mi supplicano di non far ripetere la storia, di non perdere la mia vita dietro un fantasma, una chimera. “Hai ragione Dave…ma mi sento in colpa, avremmo potuto aiutarlo, aiutarlo a disintossicarsi e riprendere a suonare e a vivere…” “È stata una sua scelta Rick. Non possiamo cambiare il passato. Devi fartene una ragione. Nessuno voleva che finisse così, ma è successo. Avete dovuto scegliere fra voi stessi e lui. Chiunque avrebbe fatto la stessa cosa…” Non rispondo, mi limito ad abbassare lo sguardo. Dave mi prende il mento fra le dita affusolate e mi preme le labbra sulle mie. Morbide e carnose, a differenza delle mie piccole e sottili. Mi guarda negli occhi, e so di avere accanto molto, molto più di un amico. Guardo l’orologio: le 3:31. “Meglio andare a dormire, che dici?” “Si, vado a mettermi qualcosa e arrivo, stenditi pure” faccio come mi dice, e dopo poco si sdraia dietro di me e mi abbraccia. E ci addormentiamo così. Nei sogni Syd, nella veglia David.


Salve! È la primissima volta che pubblico un mio scritto, e sinceramente mi emoziona un sacco!
Vi dico velocemente un paio di cose:
1) la maggior parte di quello che ho scritto è di mia inventiva, ma per alcune parti mi sono ispirata ad altre Fanfiction qua tra le storie dei Pink Floyd, quindi se siete interessati vi invito a leggere le altre storie presenti qua.
2) Ho già continuato questa storia, ma ho pubblicato solo questo pezzo perché ancora non è finita, e non sono sicura che verrà apprezzata, quindi se vi piacerà pubblicherò anche il resto.
Spero vi piaccia e di poterla continuare, grazie per averla letta, alla prossima! :) 

 
  
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