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Autore: Lady Koyuki    06/11/2016    3 recensioni
Questa è un'idea malsana nata dal pensiero che in qualunque mondo, forma, essenza [aggiungete quello che volete], questi due possano stare assieme o amarsi.
Pensando a ciò, è nata questa storia che vede un netto cambiamento materiale ma che non cambierà assolutamente il loro rapporto.
Spero possa piacervi e spero non sia una schifezza totale.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Bene.
Ero indecisa se iniziare a pubblicarla ora, non essendo ancora completa o aspettare; ma mi sono detta che infondo valeva tentare; questa storia non sarà lunghissima ma mi sembrava eccessivo farla su un solo capitolo.
Per prima cosa: mi sto davvero innamorando tantissimo di loro *^* non riesco a smettere di avere idee e spunti su storie con loro come protagonisti, ma alla fine quelle che nascono e vengono pubblicate sono veramente poche.
Secondo: ho messo doppia coppia (Het e Yaoi) in quanto in effetti non so come considerarla ed in effetti in parte ci sono entrambe [vi chiederete come è possibile, ma è così xD].
Infine posso aggiungere solo che questa storia è un po' strana e complessa ma creata giusto per far comparire qualche sorriso; ho messo rating giallo in quanto non penso di sfociare oltre, ma nel caso il prossimo capitolo uscirà con un rating più alto, aggiornerò la cosa.
Detto questo, ho finito, vi auguro buona lettura sperando che questa storia non sia troppo orribile.
A presto,
Koyuki :3



 

- CHANGE -


Mandò giù in un secondo l’ennesimo boccale di alcool; qualunque cosa c’era dentro a quel bicchiere, l’unica certezza era che fosse alcolico.
Erano approdati su quell’isola solo quella mattina ma il tempo di arrivare all’ora di pranzo ed erano già tutti in una taverna della cittadina a bere come spugne; lasciò il manico del boccale poggiando la sua pesante protesi meccanica sullo schienale di quello scomodo divano.
- Altro giro Kidd? - gli chiese il suo vice, che sapeva già la risposta conoscendolo come le sue tasche,
- Certamente Killer – rispose allegro, forse anche a causa dell’alcool.
Mentre il biondo si era alzato per rifornire il suo bicchiere e quello del suo capitano ormai vuoti, un cigolio rumoroso della porta preannunciò un nuovo arrivato; Kidd non ci fece caso e andò avanti a chiacchierare con i suoi uomini, fino a che l’uomo appena entrato non gli si piantò davanti.
- Buongiorno Eustass-ya –
Solo quella frase fece ribollire il sangue al rosso.
- Trafalgar Law, qual buon vento – disse sarcastico.
- Volevo farmi una bevuta, penso che possa unirmi a voi no? – chiese mentre già occupava posto accanto a Kidd.
- Anche se ti dicessi di no, sei già seduto, quindi… - rispose, lasciando la frase in sospeso e ricevendo un ghigno soddisfatto dal moro.
- Allora, dove hai lasciato Mugiwara? – chiese a un tratto il rosso, cercando di nascondere qualsiasi emozione.
- Da qualche parte, in giro - rispose l’altro – perché sei geloso Eustass-ya? –
Kidd s’innervosì non poco.
- Assolutamente no, non m’interessa cosa fai con quel dannato bamboccio – rispose piccato.
- Oh bene allora, perché ho ricevuto delle interessanti avance dalla sua archeologa – continuò il moro allegro.
All’improvviso Kidd sbatté violentemente una mano sul tavolo, alzandosi in piedi mentre Killer stava tornando al loro tavolo con i bicchieri ricolmi.
- Non mi interessa – concluse irato il rosso, reazione dovuta forse anche all’alcool nel suo corpo, per poi indirizzarsi verso la porta – Killer lascia pure il bicchiere a quel dottorino del cazzo – disse al suo vice prima di sparire fuori dal locale.
Percorse pochi metri nelle vie desolate della cittadina prima che una voce lo fece fermare esasperato.
- Non credevo che il grande Eustass Capitano Kidd potesse essere geloso – disse Law che lo aveva seguito all’esterno del locale.
- Io non sono geloso – rispose girandosi per osservare negli occhi il moro.
- Quindi non ti dispiace se accetto le avance dell’archeologa? – chiese con finto tono innocente.
Il rosso iniziò allora ad avvicinarsi all’altro che portava la sua tipica spada appoggiata alla spalla sinistra; con il braccio meccanico, Kidd gli circondò la vita avvicinandolo a se e osservandolo negli occhi a pochi centimetri dal suo viso.
- Il fatto che non sia geloso non implica che tu possa andare con qualcuno che non sia io, chiaro? -  gli disse deciso osservandolo con i suoi occhi dorati.
Il moro sorrise allegro.
- Ovviamente. – rispose l’altro.
 
***
 
Dopo aver lasciato Kidd nella piazza della città, il moro aveva deciso di tornare velocemente al suo sottomarino; erano arrivati da poco su quell’isola ma sperava di doverla lasciare prima possibile. Non gli piaceva restare fermo per troppo a lungo, soprattutto su quell’isola che emanava qualcosa di sinistro; mentre girovagava, osservava l’aspetto del villaggio, molto socievole e non troppo animato, oltre la quale si stagliava un enorme palazzo probabilmente della marina.
Stava ancora camminando attraverso le strade cittadine, quando, sorpassando un piccolo vicolo alla sua destra, una signora gli andò addosso senza volerlo.
- Oh mi scusi, mi spiace – disse la donna; indossava una lunga mantella marrone con il cappuccio, abbassato sulle spalle appena sotto a dei corti capelli castani e aveva un aspetto alquanto vecchio e stanco.
- Dovresti stare più attenta a dove vai, vecchia – gli rispose Law, in tono scocciato – potresti trovare persone che se la prenderebbero a male – continuò.
La donna sorrise, gentilmente.
- Lei deve essere Trafalgar Law, giusto? – chiese la donna, curiosa.
- Dovresti fare attenzione anche alle domande che poni, potrebbero trovare come risposta una spada infilzata nel petto – rispose il moro con un ghigno sinistro.
- Ha ragione. Prendo la sua risposta comunque per un si; tenga, per farmi perdonare le regalo questa – disse, porgendogli una strana barretta incartata - E’ cioccolata – spiegò lei, notando lo sguardo sospetto del ragazzo.
Alla parola “cioccolata”, Law non se lo fece ripetere due volte; prese la barretta e continuò il suo cammino.
- Sta attenta la prossima volta, vecchia – gli urlò ormai lontano.
La donna lo osservò allontanarsi, attenta a non perderlo di vista.
Sorrise nuovamente, un sorriso inquietante.
 

Il suo sottomarino non era troppo distante dalla città, ma nemmeno troppo visibile; appena raggiunto, salì a bordo intimando ai suoi uomini di mettersi di guardia.
Era decisamente stanco quel pomeriggio e ordinò a tutti di non disturbarlo fino al giorno successivo; tranquillamente s’indirizzò alla sua cabina, chiudendosi all’interno. Il tempo di appoggiare la spada al muro e si buttò malamente sul letto con ancora indosso i jeans e una maglietta nera leggermente troppo grande per lui.
Sbuffò, rassegnato. Avrebbero comunque dovuto aspettare qualche giorno prima di partire e la cosa non gli piaceva; oltretutto stranamente quella sera era più stanco del solito e si sentiva strano. Sperava sinceramente che una dormita lo avrebbe rimesso in sesto e in poco cadde preda di Morfeo, senza quasi nemmeno accorgersene.
Dormì a lungo e in un sonno agitato che lo rese assai nervoso la mattina successiva; era abituato a dormire poco ma non a dormire a sbalzi come quella notte.
Aprì gli occhi solo a mattina inoltrata; si sentiva molto strano, più strano, ma con ancora i segni del sonno, non ci fece caso; lentamente si diresse in bagno, dove cercò di sciacquarsi la faccia per rimuovere gli ultimi segni di sonnolenza. Quando alzò lo sguardo, osservando il suo riflesso nello specchio, gli venne un colpo.
Un urlo, non proprio mascolino, si propagò all’interno di un conosciuto sottomarino giallo, facendo alzare tutti i presenti terrorizzati; ci volle qualche secondo per capire che l’urlo proveniva dalla cabina del capitano e così il vice ed un altro paio di uomini s’indirizzarono da lui.
Bussarono alla cabina di Law, chiamandolo, senza ricevere risposta.
- Pensate stia bene- chiese Bepo preoccupato, osservando i due uomini accanto a lui.
- Che abbia ricevuto un brutto tiro da quel bastardo rosso? – sussurrò Penguin, cercando di ascoltare qualsiasi rumore proveniente da dentro la cabina.
- Che diavolo dici Penguin, Law non si fa fregare così – disse Shachi deciso – dobbiamo entrare, potrebbe stare male –
I tre allora aprirono la porta, osservando la camera del loro capitano completamente in ordine; di Law non c’era traccia.
- Capitano? – mormorò allora Bepo, ansioso.
Penguin indicò agli altri due la porta dall’altra parte della parete da cui proveniva una leggera luce giallastra; si avvicinarono lentamente, in ansia su cosa potesse essere successo.
- Capitano, tutto okay? – chiesero quasi in coro bussando leggermente.
Dalla porta si sentirono delle imprecazioni, qualcosa riferito a qualche strana vecchia e un “No, non è un cazzo tutto okay!”
I tre, ormai preoccupati all’inverosimile, si osservarono cercando una risposta ai loro quesiti; nessuno sapeva cosa fosse successo e l’unico che poteva rispondere alle loro domande era chiuso dietro quella porta.
- Che cosa è accaduto esattamente? – chiese l’orso.
Da dentro si sentì qualcosa rompersi, come una boccetta di vetro.
- Una catastrofe ecco cosa – rispose il moro, con una voce leggermente isterica e leggermente… non sua.
- Almeno ci permetta di darle una mano – aggiunse Penguin, oramai più curioso che preoccupato.
A quella frase, si sentì un “clanc” familiare e il cigolio della porta che si apriva; nulla avrebbe preparato i tre a quello che videro. Davanti a loro c’era si Law, ma aveva qualcosa in più. E qualcosa in meno, anche.
La maglietta che il giorno prima gli cadeva larga e scomposta sul busto, ora era decisamente attillata, dovuto soprattutto al fatto che gli era cresciuta qualche taglia di seno; i tre lo / la guardarono stupiti domandosi come il loro capitano fosse passato da uomo a donna in una notte.
Rimasero qualche minuto shockati dalla cosa mentre il moro attendeva una loro reazione; intanto che Bepo cercava di pensare a una causa di ciò, gli altri due trattennero a stento una risata, sapendo benissimo, anche dallo sguardo omicida del loro capitano, che un’azione così avventata avrebbe portato catastrofiche conseguenze per loro.
- Come diavolo è successo? – chiese l’orso, ignorando gli altri due.
- Deve essere stata quella dannata vecchiaccia – rispose Law, appoggiato allo stipite della porta osservando ancora Penguin e Shachi, pronto a beccarli su un possibile passo falso.
- Quale vecchia? – chiese allora uno di questi due.
- Una tizia che ieri mi ha urtato – disse, indirizzandosi verso la poltrona ai piedi del letto – e che per scusarsi mi ha porto una barretta di cioccolato. Chissà cosa diavolo ha messo dentro di altro – continuò, indossando una delle sue lunghe e larghe giacche nere.
I tre lo guardarono interrogativi.
​- E ora cosa pensi di fare capitano? – chiese Shachi curioso.
- Vado a cercare quella donna, ovviamente e a trovare un modo per tornare normale – rispose mentre si allacciava la lunga giacca fino al mento, in modo da coprire le vistose curve che ora possedeva.
- Potresti rimanere così, non stai male infondo – disse un Penguin scherzoso, ricevendo uno sguardo omicida dal proprio capitano – Sto scherzando, scusa. Devi assolutamente trovarla, concordo – concluse, cercando di farsi piccolo piccolo.
- Voi occupatevi della nave; Bepo vieni con me, andiamo a cercare quella vecchiaccia, ORA! – ordinò, indossando il suo solito cappello maculato, cercando di nascondere i capelli leggermente più lunghi, per poi indirizzarsi verso il ponte.
- Credi che tornerà “Normale”? – chiese Shachi al suo compagno di avventure quando gli altri due furono usciti.
- Sinceramente, anche così non mi dispiace – rispose l’altro – ma non dirgli mai che l’ho detto. Potrebbe uccidermi. O peggio – continuò preoccupato, pensando alle migliaia di possibili punizioni per quel pensiero.
- Peggio: potrebbe usarti come cavia per i suoi esperimenti Penguin, quindi attento a ciò che dici in giro – gli rispose ghignando maleficamente.
L’altro rimase un attimo immobile terrorizzato da quell’affermazione prima di dire un veloce “Hai ragione, me ne sto zitto” per poi seguire il compagno sul ponte.


 
   
 
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