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Autore: Red Owl    07/11/2016    0 recensioni
Una freccia; e Marai, principessa di Rocca del Vento, si trova a lottare tra la vita e la morte. Anche se lei ancora non lo sa, sarà quella stessa freccia a esaudire il suo sogno più segreto e a concretizzare il suo incubo più oscuro.
Una freccia; e Zeru, capitano della Guardia Reale, si vede costretto a fare un giuramento che non avrebbe mai voluto pronunciare e che lo lega alla principessa morente.
Insieme, i due dovranno affrontare i loro pregiudizi e le loro paure, perché solo uniti potranno vincere i fantasmi del passato e sconfiggere i nemici del presente.
***
NB. Più avanti il rating potrebbe cambiare, tenete d'occhio il colore del quadratino.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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E poi se n’erano andati, veloci com’erano arrivati. Avevano lasciato sul campo i corpi dei caduti, abbandonati al becco degli avvoltoi o alla pietà dei nemici, ed erano spariti, inghiottiti dalla boscaglia bassa e impenetrabile che era la loro casa.

Odeb à Fànur, i Nati dalla Nebbia. Uomini come tutti gli altri, in fin dei conti. Solo un po’ più feroci, forse. Si diceva combattessero a mani nude, avvolti solo dalla pelle degli animali di cui si nutrivano, e che cionondimeno fossero in grado di strappare il cuore dal petto dell’avversario, squarciandogli il torace con la mera forza delle loro dita possenti.

Zeru, capitano della Guardia Reale, rovesciò con la punta dello stivale il corpo di un uomo che la morte aveva scaraventato a faccia in giù in una pozzanghera. A mani nude, pensò, scoprendo i denti in un sorriso più simile a un ringhio. Alcuni di loro, forse. Altri usavano però tozzi gladi affilati o mazze o corte lance adatte alla mischia. Altri ancora erano armati di archi lunghi; ed erano stati proprio gli arcieri a coglierli di sorpresa. Erano stati degli idioti, non avrebbero dovuto abbassare la guardia in quel modo, cullati e rassicurati dalle fandonie che si raccontavano a proposito dei barbari della brughiera. Non avrebbero dovuto riporre troppa fiducia nelle loro armature e nei loro scudi, illudendosi che questi li avrebbero protetti dalla furia di quelle bestie.

Avevano respinto l’attacco, sì, ma il prezzo era stato alto. Il soldato distolse lo sguardo dal volto esanime del nemico caduto e lo lasciò scorrere attorno a sé, mentre la sua mente esaminava con lucida freddezza le perdite subite. Dei cento uomini che avevano formato la scorta della famiglia reale ne erano rimasti in piedi una sessantina e tra quelli a terra solo una dozzina riportavano ferite facilmente guaribili: gli altri erano morti o lo sarebbero comunque stati presto.

Ai piedi di un albero poco distante, Zeru scorse Dan e Kyran, i figli gemelli di quello che era stato il suo più grande amico d’infanzia: avevano solo sedici anni, ma già dimostravano un’abilità non comune nel maneggiare la spada e un giorno sarebbero diventati due validi soldati. O, per lo meno, Dan lo sarebbe diventato: Kyran non sarebbe sopravvissuto alla ferita che gli arrossava il fianco e che suo fratello cercava inutilmente di tamponare, il volto contratto in una maschera d’angoscia.

Sarebbe toccato a lui dare la notizia ad Asam, il padre dei ragazzi: il pensiero gli procurò un tremito di dolore, ma subito la sua mente corse a cose più pratiche. Perché li avevano attaccati? I Nati dalla Nebbia avevano la fama di essere dei briganti, i feroci assalti che sferravano ai rari viandanti che attraversavano quel tratto di brughiera erano ben noti a tutti, ma quelli che erano piombati loro addosso non erano dei volgari predoni, no. Li avevano attaccati per uccidere, non per saccheggiare, e l’avevano fatto in modo estremamente organizzato, seguendo un ordine preciso.

E non v’era alcun dubbio che l’obiettivo non erano i soldati.

Alle sue spalle un cavallo nitrì e Zeru guardò con apprensione la carrozza nella quale viaggiava la famiglia reale: il re, la regina consorte, la principessa Arina della Piana del Gigante e la principessa Marai, la più giovane tra i figli dei sovrani di Adaval. Poteva solo pregare gli Dei che i suoi occupanti fossero illesi, o le conseguenze sarebbero state terribili: per il popolo, naturalmente, ma anche per lui.

Se, come temeva, quello che avevano subito era stato un attacco volto a eliminare re Yasu e la sua famiglia, era fondamentale individuarne il prima possibile i mandanti. Non poteva trattarsi di un’iniziativa nata in cuore alle orde dei Nati dalla Nebbia: per quanto feroci e brutali, gli Odeb à Fànur vivevano in un mondo a parte, in un universo fatto di acquitrini, erica gigante e scogliere a picco sul mare; e poco badavano agli affari della capitale. Non erano noti per essere mercenari, ma, pensava Zeru, con ogni probabilità nemmeno loro erano immuni al fascino del denaro e, forse, qualcuno era riuscito a comprare i loro servigi.

Qualcuno che vuole eliminare il re, ma chi?

In quanto capitano della Guardia avrebbe dovuto sapere tutto sull’identità di coloro che mettevano in pericolo la vita del suo sovrano, ma la politica non era mai stata il suo forte. Lui si occupava di tenere l’ordine, di garantire la sicurezza, di allontanare i pericoli. Non era solito guardare in faccia nessuno, non gli importava sapere il nome e lo stato di chi aveva davanti: se costituivano un problema, si preoccupava di far sì che non fossero più in grado di nuocere nessuno; al resto non badava.

«Capitano!»

La voce di un giovane soldato di cui non ricordava il nome lo distolse dai suoi pensieri. Il ragazzo zoppicava e aveva il volto sporco di sangue, ma pareva tutto sommato piuttosto in salute.

«Il re vuole parlarti.»

Naturalmente.

Se il re voleva parlargli, significava che il re era vivo; e questo era certo un bene. Tuttavia, l’espressione del giovane che era venuto a convocarlo era tetra e non prometteva nulla di buono.

Il re è vivo, ma le donne?

«Bene.»

Con un cenno risoluto, Zeru sorpassò il suo sottoposto, dirigendosi verso la carrozza e sperando che il suo passo deciso non tradisse il suo tremito interiore.

   
 
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