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Autore: donteverlookback    08/11/2016    1 recensioni
La chiesa di San Girolamo era incantevole. La navata era coperta di petali di fresie rose e fiori d’arancio, ai banchi erano legati mazzolini di fiori dai colori vivaci.
E la sposa non si vedeva.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fiori D’Arancio
 
La chiesa di San Girolamo era incantevole. La navata era coperta di petali di fresie rose e fiori d’arancio, ai banchi erano legati mazzolini di fiori dai colori vivaci.
E la sposa non si vedeva.
A un passo da me lo sposo dondolava sui talloni e spostava il peso ora su un piede e ora su un altro; poi si spettinava i capelli e ricominciava da capo. I suoi capelli chiari erano sparati in duecento direzioni diverse, come se le ciocche avessero litigato tra di loro. Mi avvicinai a lui e gli battei una mano sulla spalla, cercando al contempo di fermarlo su una sola porzione di pavimento…e fallendo miseramente.
"Si vede che ha accettato la mia proposta di scappare col testimone!" dissi cercando di distrarlo un po’; di tutta risposta lui mi tirò un pugno su un braccio "Ahi! Ma che fai?". Si ripassò le mani fra i capelli prima di cominciare di nuovo a dondolare sui talloni "Smorzo la tensione!". No, io avevo smorzato la tensione, lui mi aveva picchiato!
Ma vabbè. Cose che si fanno per i migliori amici. Cose che si fanno per Alessandro.


Alessandro ed io ci siamo conosciuti all’università, al primo anno di giurisprudenza, il nostro primo giorno.
E avevamo entrambi sbagliato aula.
Prima della lezione ci eravamo messi vicini, in ansia per quello che ci aspettava, eccitati per quello che stava per iniziare; quando la lezione era cominciata il professore aveva esordito con “Benvenuti al vostro primo giorno del vostro primo anno di economia” e noi ci eravamo girati così in fretta che avevo sentito le  vertebre del mio collo scricchiolare con prepotenza. La faccia di Ale aveva la stessa espressione che credevo di avere sulla mia, un terrore sano… e una strana voglia di ridere.
Dopo ci eravamo alzati ed eravamo corsi via, ignorando le domande irritate del professore e correndo all’impazzata fino al banco della segreteria per chiedere affannosamente dove era la lezione di diritto civile.
“Al plesso di Sant’Agata” rispose la segretaria confusa dal nostro affannare “ma…” non la lasciammo neanche finire e partimmo di corsa, reggendo convulsamente i nostri zaini, per sant’Agata. Circa un chilometro più in là.
Quando eravamo arrivati, madidi di sudore e a malapena capace di respirare, avevo sbattuto con tanta forza contro la porta dell’aula che quella si era aperta battendo contro il muro con un rumore assordante.
Cento e rotti studenti di giurisprudenza, pronti ad apprendere i metodi per salvare o distruggere le persone, si erano girati a fissarci. Il professore era diventato così rosso che temevo che esplodesse da un minuto all’altro.
E noi eravamo scoppiati a ridere.

Da quel giorno eravamo diventati amici, con quell’imprinting improvviso che può accadere solo nelle grandi storie d’amore…o d’amicizia. E quando Ale era arrivato da me, con la faccia di chi aveva visto la Madonna, avevo saputo che era innamorato cotto; e Vanessa era stata un raggio di sole, una risata fresca col gorgheggio finale alto incredibilmente allegra.
Erano stati quattro anni insieme, sopravvivendo all'erasmus di lei e al lavoro di lui. Io nel frattempo ho cominciato a frequentare Ilaria ed eravamo diventati un magnifico quartetto, sincronizzati nei valori e nelle passioni. Un magnifico quartetto di amici.
E poi Ale le aveva chiesto di sposarlo.
Era stato preso in un turbine di preparativi e presentazioni ai parenti di lei che aveva una famiglia più allargata di quella dei Windsor; lui mi mandava video in cui imitava lei che diceva “dobbiamo andare a trovare la zia…” e lui che faceva finta di impiccarsi. Io ne ridevo.
Poi era arrivato da me un pomeriggio con la faccia mortalmente seria.
“Mike” aveva cominciato sedendosi sul mio divano. Mamma mia che ansia quando faceva il serio. “Devo chiederti una cosa. Vuoi…” e allora avevo dovuto per forza smontare quel momento drammatico. “Sì, sì, mille volte sì!” avevo urlato in falsetto protendendo l’anulare alla ricerca di un anello inesistente. “Dai, cretino!” mi aveva spintonato ridendo; era tornato serio un attimo dopo “Mike senti, volevo sapere se vuoi farmi da testimone.”
“Stai cercando di farmi piangere? Perché non ci riuscirai.” Ottenni una risatina da parte sua “Ma non doveva farlo tuo fratello?”.
“Tommaso ha voluto un altro ruolo” disse guardandosi le mani intrecciate, per poi alzare lo sguardo e fare un piccolo sorriso “Vane è incinta”. Lo placcai sul divano ammaccandogli il cervello, forse per sempre, cantando We Are The Champions (non mi chiedete perché, quando sono contento mi partono canzoni in modalità shuffle).
“Ma aspetta, aspetta” dissi riemergendo dal divano e abbandonando lì il cadavere del mio migliore amico “Cosa c’entra Tommaso?” assunsi la mia aria finto-seria “E’ lui il padre, non è vero?”. E Ale resuscitò solo per tirarmi uno schiaffo. Che ragazzo violento. “Macchè, cretino. Vuol fare il padrino al bambino e quindi ha ceduto il posto a te.”. Ci alzammo entrambi. “Sono così felice per te.” Sospirai nel suo orecchio, abbracciandolo “il mio migliore amico diventa padre.”.
Il suo viso era strano. Come infastidito, o triste. Qualcosa non andava.
“Ehi, che succede?”
Aveva scosso la testa e si era grattato la nuca “Sono solo confuso. E spaventato. E voglio che il bambino sia bello come me perché, insomma, guardami” disse facendo un vago cenno al suo metro e ottanta.
“Facciamo che questo a Vane non glielo dico, eh?” dissi, battendogli di nuovo la mano sulla spalla per poi tirarmelo di nuovo addosso per stritolarlo. Quando lo lasciai gli sorrisi.
Non detti importanza al fatto che non mi aveva ricambiato.

Quel mattino di primavera, insomma, stavo cercando di calmare il mio migliore amico. Lo tenni fermo sull’altare e provai a lasciarlo, pronto ad inchiodarlo al pavimento se si fosse reso necessario. Vedendolo fermo lo lasciai e mi feci di nuovo da una parte, scambiandomi un sorriso con la mia Ilaria che stava nella schiera delle damigelle. Un secondo dopo partì la marcia di Wagner e Vanessa sbucò dal fondo della chiesa, camminando a ritmo di musica. Ad Ale sfuggì una lacrima.
“Maledizione, Mike” disse girandosi appena verso di me. “Non sono innamorato”.

Angolo dell’autrice
Salve a tutti. Non so se questa debba rimanere una OS oppure se mi verrà voglia di allungarla. Per ora non credo, ma non ci giurerei. L’idea di questa One Shot mi è venuta da un post che avevo letto non mi ricordo dove e l’ho voluta ampiare.
Nnnnnon so, fatemi sapere che ne pensate, se vi va.
Donteverlookback

 
  
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