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Autore: Reik93    08/11/2016    3 recensioni
Tratto dal testo:
Eri tu.Calda come un abbraccio, fragile come un sorriso, tenace come sempre.
«Ogni volta a contraddirmi, Evans».
«Fino alla fine, Potter».
Bastava poco, bastava un ricordo, bastava permettergli di salire a modellarci i pensieri e a riempirci la testa di sogni. E all’improvviso erano le decorazioni di Natale, era una sciarpa che poteva diventare maglione sferruzzando tutto il giorno, era la carta per i regali e quella per gli inviti, era la promessa strappata che Sirius si sarebbe comportato bene, erano i baci come pegno.
Era il nostro futuro che ci stava con il fiato sul collo.
Eri tu. Eravamo noi. Era solo ieri.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Eri tu
 
 
Uno sbuffo fumoso. Il riflesso scialbato delle lands. Una copia maltrattata de Il Quidditch attraverso i secoli. La risata molle di Sirius, coperta dalla mia.
«Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento».
Eri tu. Con i tuoi capelli di fiamma, e le fiamme negli occhi.
«Ci si vede, Mocciosus!». Lo scherno di due labbra scottate.

 
L’odore d’inchiostro e polvere. Lo stemma della Casa. La ruga verticale sulla fronte della McGranitt. Una crepa sui miei occhiali.
«Venti punti per Grifondoro».
«Vedi, Evans, perfino la professoressa sa apprezzare gli scherzi».
Eri tu. La rabbia trattenuta che ti accalorava il viso e i pugni stretti ai bordi della divisa, di un improbabile color senape.
«Venti punti in meno, Black». Un sorriso che si spegneva, un altro che si allargava.
 
 
Il buio. Lo scoppiettio di un camino. Una piuma dentro dita nervose. La relazione di Pozioni da finire.
«Lettere d’amore per il sottoscritto, Evans?».
Il mio arrivo inatteso, il tuo malcelato sussulto.
Eri tu. Le sopracciglia distese come le ali di una civetta delle nevi, leggera e grave allo stesso tempo, sospesa in quell’attimo di eternità che la rende bellissima.
Finché non punta la preda.
«Cielo, Potter! Quanto solo si deve sentire il neurone che spazia nel vuoto della tua testa!».
 
 
Le zucche di Hagrid. Il profumo dell’erba umida. I salici in riva al lago. L’espressione sconfortata di Lunastorta.
«Per quel che vale, io non credo che tu sia una brutta persona. Anche se ti circondi di idioti».
«Come fai a dirlo?».
«Daresti la vita per quegli idioti. E non c’è forma d’amore più grande di questa».
Eri tu. Uno sguardo gentile e il mondo di Remus che s'illuminava dietro il tuo sorriso. E il mio che si apriva per creare uno spazio che prima mancava.
«Ramoso! Vieni fuori da lì!»
 
 
Il tramonto. Risate lontane. Le primule. Il rosso. Soprattutto rosso.
«Evans…».
«Lasciami in pace».
Eri tu. Rannicchiata in un angolo, aggrovigliata nel dolore del tradimento e della scoperta. Fanno male quanto un anatema, le parole. E non muoiono mai del tutto. Si depositano sul cuore o sullo stomaco in attesa di scoprire se il loro sarà un destino di pianto o di rabbia, perché dal cuore nascono le lacrime e dallo stomaco i litigi.
«Pensavo avessi bisogno di aiuto». Il mio tono, contrito.
«Non da te». Il tuo, spezzato. «Ma grazie».
Sarebbe stato pianto.
 
 
Le orme. Il freddo. I dolci allo zenzero di Mielandia. I guanti senza dita. La cioccolata calda di Madama Piediburro. Una sciarpa per due.
«Oh, James!».
Eri tu. Con il naso arrossato e la primavera negli occhi.
«Tutto questo tempo a supplicarmi di uscire con te, e ora non mi prendi neanche la mano?».
Credevo di sapere tutto sul volo, ma le altezze raggiunte dal mio cuore quando la tua piccola mano gelata ha stretto la mia non le avevo mai nemmeno sfiorate.
 
 
Il castello. Una confezione aperta di Api Frizzole. I corridoi svuotati dalle vacanze. Natale. Le occhiate allucinate di Madama Prince. Neve.
«Il mio era un invito a studiare, James».
«Ho bisogno di un incentivo». Uno sbuffo speranzoso.
Eri tu. La resina dolce dei tuoi occhi, il respiro trattenuto tra i denti, il rosso vermiglio delle tue labbra, una promessa di carne e miele.
«Bene. Ora pren-».
«E tu credi che possa davvero studiare dopo questo?».
 
 
La burrobirra ai Tre Manici di Scopa. La Gazzetta del Profeta. Le insicurezze di Codaliscia e le insicurezze di tutti.
«C’è qualcosa là fuori, qualcosa di terribile. Non possiamo ignorarlo per sempre».
Eri tu. Con gli occhi puliti di chi cerca la verità, ma anche fragili, di chi teme e vorrebbe aprirsi alla vita senza rimanerne schiacciato.
E la tua mano che cercava la mia, e la mia mano che si aggrappava alla tua.
«Anch’io ho paura, Lily».
 
 
Ultimo anno. I fiori di campo. La terra molle. L’ombra del faggio. I mantelli appallottolati sopra le borse. Agitazione, la mia. Curiosità, la tua.
«Abbiamo condiviso la stessa scuola, la stessa Casa, un numero considerevole di richiami per comportamenti che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza degli studenti…».
Eri tu. Che ridevi della mia collaudata imitazione della McGranitt, e i tuoi capelli erano onde di fuoco sulle spalle, sul viso, sulla bocca. Ma a bruciare ero io.
«Dove vuole arrivare, signor Potter?».
«A fare di lei la signora Potter!».
 
 
Il mondo fuori, così scuro. Le nuvole all’orizzonte. Notizie cattive e notizie pessime. I Mangiamorte. L’Ordine. Il bubolare del gufo. Le lettere, troppe lettere, di Sirius.
«Come ha detto Silente, le profezie sono solo un mucchio di parole innocue. È l’importanza che gli uomini attribuiscono a queste parole a renderle pericolose».
«Tu-sai-chi pare vi dia molta importanza».
Eri tu. Che mi chiedevi con lo sguardo dov’era la vita che ti avevo promesso.
Ero io che distoglievo il mio, perché non avevo risposte.
 
 
Il mondo dentro, così chiaro. Verde chiaro. Godric’s Hollow. Harry. Odore di talco e bagnetti. Harry. Sudore. Risate. Harry. I biscotti alle mandorle di Bathilda. Noi e Harry. Noi in Harry.
«Non è bellissimo, Felpato? Mio figlio. Guarda che mani! Diventerà sicuramente un Cercatore, per i Grifondoro ovvio! E i capelli. Hai mai visto un bambino con così tanti capelli? E le ginocchia. E i piedi, guarda che piedini. E la bocca. E i denti».
«James, nostro figlio non ha ancora i denti».
«Ma li avrà. E saranno bellissimi, come i tuoi. Un filo di perle bianche»
«Intanto ha bisogno di essere cambiato».
Eri tu. Divertita dal fiume di parole che prendeva possesso della mia bocca e che cercavi di arginare. Ma è davvero possibile, poi, arginare la felicità?
«Senza magia…». Il terrore nei miei occhi.
«Ma…Lily!». Le mie proteste.
«Niente ma. Fatti aiutare dal suo padrino». La risata strozzata di Sirius.
 
 
Il mondo dentro, chiaroscuro. Pipistrelli di cartapesta. Zucche fatiscenti. Notizie liete. Castagne arrostite. Paura, tanta. Speranza.
«Dovremmo comprare dei dolcetti per Harry. E per lui». La mia mano sul tuo ventre.
«O lei».
Eri tu. Calda come un abbraccio, fragile come un sorriso, tenace come sempre.
«Ogni volta a contraddirmi, Evans».
«Fino alla fine, Potter».
Bastava poco, bastava un ricordo, bastava permettergli di salire a modellarci i pensieri e a riempirci la testa di sogni. E all’improvviso erano le decorazioni di Natale, era una sciarpa che poteva diventare maglione sferruzzando tutto il giorno, era la carta per i regali e quella per gli inviti, era la promessa strappata che Sirius si sarebbe comportato bene, erano i baci come pegno.
Era il nostro futuro che ci stava con il fiato sul collo.
Eri tu. Eravamo noi. Era solo ieri.
 
 
Foglie calpestate. Un boato. Il pigiama azzurro di Harry. Polvere. La porta sventrata. I polmoni svuotati dalla paura.
«Lily, prendi Harry e corri! È lui! Vai! Scappa! Io lo trattengo!».
Ho il tempo per voltarmi a guardarti. È solo un attimo, eppure è il più lungo della mia vita.
Forse dovrei sfruttarlo meglio, prendere la bacchetta, pensare. Invece lo riempio di te, perché ha ragione Mocciosus, noi Grifondoro preferiamo i muscoli al cervello. E il cuore, Lily, è un muscolo strano. Dà la vita e vive la propria, per questo lo trascuriamo spesso, dandolo per scontato. Tanto batte, tanto è lì.
Non ci si sofferma mai troppo su ciò che non si può controllare, fino a quando non finiamo per esserne controllati.
E il cuore, prima o poi, si stanca di venire ignorato. Allora balla, fa le bizze, perde il ritmo e corre il doppio per rimediare. Diventa snervante, ma è il solo modo per sentirsi porre le domande giuste, lui, che le risposte sa come cercarle e dove. Ecco perché batte.
Ho imparato ad accontentarlo, per cui ti guardo. Hai i capelli sciolti, ti si affollano sul viso come nel risucchio dei vagoni di King’s Cross e trattengono la luce come il lago straziato dal tramonto. Sulle tue labbra sta per formarsi il mio nome, le ho amate troppo e troppo a lungo per non riconoscere la piega inconfondibile che le tende attorno ai denti mentre pronunci la prima sillaba. È crudele sapere che non vedrò la lingua premuta sugl’incisivi per liberarsi dell’ultima. Ma tu hai capito.
È il nostro addio, questo.
I tuoi occhi dilagano. Ho sempre pensato che racchiudessero la vita in miniatura, bianchi intorno, come il nulla in cui galleggia, e l’iride al centro, scostante come la varietà imprevedibile che la caratterizza. Li ho amati.
Ho amato il modo in cui illuminavano le cose, e il modo in cui le cose s’illuminavano.
Perché la vita è luce, Lily. E ogni istante al tuo fianco io mi sono sentito luminoso.
È il nostro addio e avremmo voluto fosse diverso, ma ci è toccato in sorte un mondo pieno di limiti, di ombre, di angoli bui che riempiono la nostra ultima istantanea di terrore e di verde.
Il colore della mia morte è quello dei tuoi occhi, Lily. 
Si accende sul mio volto e lo scolpisce di un sorriso. Sto per morire e sorrido.
E il mio sorriso non dà tempo all’amarezza di ghermirmi il cuore.
Che è già libero, è già oltre. E non saprà mai quanto spento appaia il mondo senza la sua luce.





Spazietto Autrice.
...che dire? Niente, è venuta così, inattesa. 
So che è un soggetto trito e ritrito, però se volete lasciarmi un vostro pensiero sarei felice come sotto l'effetto della Felix Felicis!
Grazie



 
  
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