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Autore: thestoryreader    11/11/2016    0 recensioni
La storia si basa sull'esperienza vissuta da Sara, sorella di Merle e Daryl che si ritrova a dover lottare per la sua vita e per ritrovare i suoi fratelli. La storia di the walking dead vista da un punto di vista diverso.
Genere: Avventura, Azione, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dall’inizio dell’epidemia che aveva trasformato praticamente tutta la popolazione mondiale (o quasi) in vaganti, Sara non aveva mai smesso di cercarli. Quando la prima volta si era accorta di quello che stava succedendo il suo primo pensiero era stato rivolto a loro.
La prima volta successe al college. Stava andando a lezione come al solito, chimica, con il suo zaino grigio, i capelli castano ramati al vento e un libro di Stephen King sotto il braccio. Adorava Stephen King. Diceva sempre a Daryl che se mai avesse avuto abbastanza soldi per comprare un biglietto aereo per il Maine, avrebbe cercato la sua casa per tutto il paese e avrebbe bussato alla sua porta per stringergli la mano. Il fratello tutte le volte accennava un sorriso, a lui interessava più che altro guardare lo scintillio negli occhi della sorella quando parlava delle sue passioni. Avevano 10 anni di differenza e due padri diversi ma il legame che si era stretto tra loro era così forte che il loro rapporto era più che altro quello che esiste tra due migliori amici. Si fidavano ciecamente l’uno dell’altro e durante gli ultimi 20 anni, l’età di Sara, si erano sempre coperti le spalle a vicenda. Con Merle era diverso. LUI era diverso e Sara lo sentiva. Nonostante tutto però le mancavano tutti e due. Da quando era al college non li vedeva poi così spesso. Peccato, pensò. Varcò la porta dell’edificio color rosso dove ormai frequentava da almeno 2 anni il corso di chimica. Pensava a come avrebbe superato l’esame di matematica, non proprio il suo forte e quanto ancora avrebbe dovuto studiare per laurearsi. La sua attenzione, però, fu catturata da un gruppo di ragazzi che guardava la tv nella sala studi. Il notiziario. Alcune ragazze cominciarono a parlare tra di loro con fare preoccupato e anche i ragazzi non sembravano tranquilli. Poi vide il giornalista e capì, capì che era successo qualcosa di grave e che non si sarebbe risolto in fretta. Alle sue spalle un incendio e la polizia che correva. Non riuscì a capire di cosa si trattasse, il segnale fu interrotto improvvisamente. Lo schermo della tv si scurì. Le lampade a neon che di solito mandavano un continuo ronzio, cessarono di funzionare. Fu in quel momento che iniziò a pensare a loro. Ai suoi fratelli. La sua mente ebbe solo il tempo di pensarli. Una forte esplosione eccheggiò nel parcheggio fuori dall’edificio. Tutti i ragazzi che poco prima stavano guardando il notiziario iniziarono a correre fuori dall’aula studi e ne vide anche molti altri uscire dalle aule dove probabilmente si stava svolgendo una lezione. “Merda, che sta succedendo?” pensò. Decise di vedere dove andavano tutti. Impaurita seguì la massa cercando di non farsi schiacciare dalla folla. Quando finalmente riuscì a uscire e respirare l’aria del mattino quello che vide la sconvolse. Le macchine nel parcheggio erano in fiamme e i militari a ridosso del cancello della scuola sparavano al di fuori della recinzione. Le persone correvano e in quel caos Sara si rese conto di non aver mai provato così tanta paura in vita sua. Si arrestò, paralizzata a 100 metri dal cancello. E fu allora che li vide. Se fosse stato un sabato sera molto probabilmente avrebbe detto a se stessa che stava avendo delle allucinazioni dovute a qualche shottino di troppo. Ma era un mercoledì mattina e l’aria fresca del mattino le ricordava che, sì, era sveglia e, no, quelle non potevano essere allucinazioni. Nel parcheggio vide i primi vaganti. Camminavano lentamente con le mani protese in avanti e emettevano dei lamenti molto grotteschi. Alcuni non erano provvisti di alcune parti del corpo ma sembravano non curarsene, chi non poteva camminare strisciava. I militari sparavano ma gli zombie (così la sua mente aveva deciso di chiamarli) non cadevano, anzi continuavano a camminare. Un urlo la dissestò dalla paralisi. Una ragazza a terra era stata attaccata da uno di loro. Lui cercava di mordergli il corpo ma la ragazza lottava con tutte le sue forze, cercando di tenerlo lontano. Sara si guardò intorno in cerca di qualche oggetto che potesse aiutarla. Vide un estintore e vi si precipitò. Lo prese e corse verso la ragazza che ormai stava quasi per mollare la presa: stava perdendo. In preda al panico e all’adrenalina sferrò un colpo alla testa del mostro che ricadde supino non molto lontano dalla ragazza. Immobile. “Il punto debole è la testa” si disse Sara. La ragazza era già scappata così lei decise di correre e rifugiarsi all’interno dell’edificio. Oltrepassata la porta corse verso le scale nel tentativo di salire nei piani superiori dell’edificio. Pensò quasi ridendo che era la prima volta in tutta la sua carriera universitaria in cui faceva quelle scale così velocemente. Arrivata al secondo piano si fermò. “Dove posso andare” si chiese e l’unico posto che le balzò in mente fu il laboratorio di chimica. Poteva nascondersi li dentro visto che le porte erano ermetiche e nel caso la situazione fosse peggiorata sarebbe potuta scappare dalla finestra e atterrare sul tetto dell’edificio, molto più basso. Inoltre il laboratorio funzionava con un generatore quando la corrente andava via. E c'era un fottuto telefono. Qualcosa che la poteva collegare con l'esterno. Una volta entrata nel laboratorio percepì subito l’odore dell’acetone. Trattenendo una smorfia, si diresse verso la cattedra in cerca del telefono, non notando che una delle porte del laboratorio era rimasta splancata. Mentre cercava invano il suo unico mezzo di comunicazione con l’esterno, lo sentì, un grugnito sommesso proveniente dal corridoio. Presa dal panico aprì una delle ante dell’armadio e vi si lanciò dentro senza pensarci. si sedette sul fondo dell’armadio, nell’unico spazio disponibile. Chiuse gli occhi e iniziò a contare. Iniziò a contare tutte le volte che aveva detto ai suoi fratelli che li amava, le volte che aveva baciato qualche ragazzo o il numero dei guai che aveva combinato. O che si era sentita davvero felice e che aveva sorriso per le cose semplici della sua breve vita come i biscotti appena sfornati la mattina o il caffè caldo dopo che sei stata fuori tutto il giorno al freddo. “è così che me ne vado?” si chiese “non lotterò nemmeno per trovarli? non ho forse il diritto di dire loro addio?”. Fu così che rimase in silenzio mentre una decina di vaganti passava davanti all’armadio. Chissà se potevano sentire la ragazza che contava all’interno dell’armadio. Chissà se potevano sentire il suo odore o sentire che il suo respiro stava rallentando e le forze che la stavano abbandonando. Fu così che quasi inaspettatamente Sara si addormentò in quell’armadio del laboratorio di chimica del secondo piano del Georgia Insitute di Atlanta.
   
 
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