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Autore: Kira Eyler    12/11/2016    7 recensioni
[doubledrabble mancata]
Storia nata come uno sfogo personale, dopo aver ricordato i momenti trascorsi con il mio amico... pappagallo.
"[...] Con nostalgia osservo i colori delle tue piume: rosse alla gola e sotto al becco, verdi su tutto il resto del tuo piccolo corpo; gli occhi piccoli e neri, tanto curiosi e dolci, e il becco che mi faceva tenerezza. Neanche così posso descrivere quanto eri bello e speciale per me! [...]
[...] chi insinua che solo “i quattro zampe” provano amore, dice una grande bugia."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo

Ieri ho osservato per puro caso le immagini salvate sul pc. C’erano le immagini del mio criceto, delle mie tartarughe, dei miei cani e del mio coniglio; inoltre, c’erano numerose foto di numerosi uccelli: pappagalli, canarini e tanti altri, la maggior parte salvati quando caddero dal loro nido.Tra quelle immagini sei apparso tu, Polly. Non un cane, un gatto, o un criceto, ma un pappagallo, maschio per di più. Eri speciale e lo sei ancora, piccolo.
Con nostalgia osservo i colori delle tue piume: rosse alla gola e sotto al becco, verdi su tutto il resto del tuo piccolo corpo; gli occhi piccoli e neri, tanto curiosi e dolci, e il becco che mi faceva tenerezza. Neanche così posso descrivere quanto eri bello e speciale per me!
Ero piccola, davvero piccola: vidi in TV un programma con un pappagallo identico a te, chiamato Polly, che parlava e stava sempre accanto al suo padroncino. “Voglio anche io un uccellino che parla”: avevo subito pensato. Era un bel sogno, che si staccava completamente dalla mia immagine stereotipata degli uccelli. Tormentai i miei genitori per averti e alla fine eccoti a casa.
Provai ad insegnarti a parlare fin da subito, stando ore e ore accanto alla tua gabbietta, dicendo le solite frasi: “Polly, devi dire ‘Ciao’!”; “Polly, dimmi se hai fame!”; “Dimmi ‘ti voglio bene’!”. Pensavo davvero che, come nel programma, avresti imparato a parlare! Al pensarci ora mi viene da ridere. Ricordo quando mi avvicinavo con fare deluso a te, e, vedendoti volare spaventato, pensavo che mi odiassi.
Continuai a provare ad insegnarti qualche parola, mettendomi però a debita distanza per non spaventarti, e tu mi guardavi fisso negli occhi; forse per paura, forse perché riuscivi a capirmi sul serio.  Presi a parlarti anche di cosa facevo a scuola, di come imparavo a scrivere e di come la maestra dell’asilo inventava nuovi giochi: diventasti un altro amico fidato, dopo la morte della mia cagnolona.
Un giorno tornai da scuola e la prima cosa che feci fu recarmi nella mia stanza, dove c’eri tu, accanto alla finestra. Invece di salutarti, andai a posare il mio cappotto sul letto, e ti sentii cinguettare in un modo assordante, volando a destra e a sinistra, come impazzito o spaventato da qualcosa; ero spaventata, perché al tempo credevo che tu potessi vedere cose che io non vedevo, e anche perché vicino a te non c’era nessuno. Mi avvicinai piano alla tua gabbia, chiamandoti per nome con le lacrime agli occhi per la paura, e quando fui proprio vicina a te... ti fermasti. Ti posizionasti vicino le “sbarre” della gabbietta, ci poggiasti contro la testa e cinguettasti; ti accarezzai quella testolina morbida, e tu non ti spostasti.
Scoppiai a piangere di gioia: volevi che ti accarezzassi, che ti parlassi; mi volevi bene e mi avevi sempre ascoltato. Ti facevi accarezzare solo da me, ricordo; se qualcun altro voleva accarezzarti, dovevo mettermi vicino a lui e chiamarti per nome. Ogni volta che mi avvicinavo alla gabbia, ecco che ti trovavo pronto per le coccole.
Ti viziai: come cibo solo semi di girasole, possibilmente posti sul palmo della mia mano; coccole prima di spegnere le luci per dormire, o iniziavi a “cinguettare” in modo fastidioso e “stonato”. Fosti il primo e l’ultimo uccello domestico che si comportò così.
Ricordo quando in gabbia venne a farti compagnia una pappagallina uguale a te, e iniziasti a trattarla davvero male: beccate, colpi d’ala, la scacciavi quando si avvicinava a te e cinguettavi nervoso di continuo. Non potevo più accarezzarti, o darti da mangiare, perché lei aveva paura di me: di conseguenza, non potevo calmarti. Quando però fummo costretti a separarvi, poiché trovammo la tua compagna quasi in fin di vita, potei di nuovo avvicinarmi; la prima cosa che feci fu sgridarti,  dirti che “picchiare la tua amica non era giusto, perché era una cosa cattiva”. Però, la mia rabbia passò grazie alla tua dolcezza: stavi di nuovo richiedendo delle coccole.
Sarò pazza ad insinuare che anche gli animali pennuti possono amare, ascoltare e capire gli uomini, ma non dimenticherò mai il nostro legame, Polly. Mi hai insegnato che l’amicizia non è solo tra uomo e animale a quattro zampe, che l’amicizia può anche non essere formata da leccate e baci, o dal dormire e andare in giro insieme. Occuperai un posto speciale nel mio cuore e nei miei dolci ricordi.
Al tuo ricordo, da quando ti vidi per la prima volta a quando mi lasciasti durante il Capodanno, a causa dei fuochi d’artificio dal rumore troppo forte, mi riempio di tristezza: mi sale un nodo alla gola e la lacrime agli occhi, ma cerco di non piangere e di pensare ad altro. Non è sciocco dire che per un pappagallo si può piangere e si può provare nostalgia; chi insinua che solo “i quattro zampe” provano amore, dice una grande bugia.


Angolo Autrice:
Salve. Come già detto, questa storia è nata con l'intenzione di aiutarmi a sfogare la nostalgia e la tristezza, poiché la scrittura mi aiuta molto in questo caso. L'ho pubblicata solo per un motivo: ricordarmi di quel pappagallo che mi fece ricredere sugli uccelli, almeno in parte. (anche perché gli altri che ho avuto e che ho, hanno una paura matta di me xD) Se trovate errori potete segnalarmeli in una recensione: scrivendo e rileggendo con le lacrime agli occhi, ci sarà qualcosa fuori posto. 
Grazie a chi ha letto e alla prossima,
Kira-chan.

 
 
   
 
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