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Autore: Hitchhiked    12/11/2016    0 recensioni
Ripensando alla mia vita riesco a suddividerla in piccoli spezzoni, che rappresentano i momenti più importanti da me vissuti.
Amo chiamare Trailer questi momenti di pazzia random, nei quali la mia vita sembra un film.
Con la differenza che non è un film ma la mia vita, o almeno lo era.
In questa storia vi narrerò di come ho conosciuto i miei migliori amici.
Nata come idea di un racconto a sei mani, ma a causa degli eventi successivi non è mai successo nulla di simile.
Quindi, si.
Dedico questo racconto a Dan.
Dedico questo racconto ad Elia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di dire qualsiasi cosa riguardo a Elia, devo fare una precisazione: il ragazzo del quale vi parlerò, che ho incontrato in piena estate, quando ero meno alta di un metro e che è stato il mio migliore amico, con il quale ho corso, riso e scherzato non si rende nemmeno conto di non essere un ragazzo, ma solamente il ricordo di un ragazzo.
Quindi non è l’Elia che potreste incontrare passeggiando per strada e con il quale potreste cianciare riguardo al tempo: il protagonista dei miei racconti, delle mie memorie e dei miei ricordi è differente, semplicemente perché Elia stesso è cambiato con il tempo.
Adesso condivide solamente lo stesso nome con il mio ricordo.

Detto questo, direi che possiamo iniziare.
C'è un bambino che gioca, che corre con le braccia alzate e gonfia le guance, piroetta su se stesso, vortica sui piedi, inciampa sulle sue caviglie e le ginocchia gli cedono, ora è tutt’uno con il terreno.
Poi si rialza, appoggiandosi peso sulle mani, i pugni stringono i fili d'erba troppo lunghi e poi, con un colpo di reni trasferisce tutto il suo peso sulle spalle e comincia a camminare sulle braccia: passi morbidi, instabili e veloci. Arriva ad un punto nel quale anche le braccia gli cedono e lui ruzzola in avanti piegando il collo, si rialza e ricomincia a correre, come fosse un pazzo.
Condivido con voi il pensiero che questa descrizione non è l’ideale per iniziare: dovrei cominciare dall’aspetto fisico ecc. ecc., ma ritengo che la cosa che mi aveva colpito nel primo momento nel quale ho guardato Elia non siano state le sue spalle ossute o le clavicole sporgenti, e nemmeno le ciglia lunghe, di quel tipo talmente bello che una qualsiasi ragazza sarebbe disposta ad uccidere per averle; la prima cosa che io, bambina di sette anni annoiata notai, guardando Elia, fu il suo sorriso.
Come tutte le cose meravigliose, anche il sorriso di Elia è difficile da descrivere: pensate al più bel sorriso che voi abbiate mai visto: non dico quei mezzi ghigni o sorrisetti affettati, qui sto parlando del Più Bel Sorriso.
Concentratevi, passate in rassegna amici, familiari, conoscenti e sconosciuti; perfino quei cugini che non vedete mai, finché non lo trovate.
Ora, sempre che siate così fortunati da averne mai visto uno, quello è il tipo di sorriso che illuminava la faccia di Elia, muovendo addirittura le orecchie e arricciando leggermente la punta del naso.
Direi ora di andare più sul generale, quelle cose che sono ritenute poco importanti e delle quali non si parla ai primi appuntamenti per non fare brutta figura o sembrare strani: quei dettagli che come schegge di vetro, una volta accostati compongono il nostro riflesso.
Ma qui stavamo parlando di una persona, non specchi, quindi: Elia ha questa nonna, da parte materna, partita di testa che gli invia soldi per il compleanno quattro volte l'anno; aggiungete voi i vari onomastici e il Natale che si ripetono una decina di volte. Questo porta ad avere una proficua cassa di fondi per le gite al supermercato prima di qualsiasi maratona di film, che sembra prosciughi tutto il denaro che la nonna smemorata sperpera, perché Elia è sempre al verde.
Vi potreste forse chiedere: “cosa diavolo combina un ragazzo che vive ancora con i genitori con dei soldi?”
Presto detto: Elia non accumula soldi, non ne fa pile e non li spreca in cibo, dato che un portacenere pesa più di lui.
Con quei soldi Elia ci compra vestiti, è davvero il ragazzo con più vestiti che io conosca, e credetemi quando vi dico che conosco abbastanza ragazzi.

Avete presente quei film anni 50, nei quali i protagonisti fanno saltare le monetine sui binari del treno? Quelli nei quali tutti bevono costantemente frappè senza mai ingrassare e che hanno sempre dei vinili sottobraccio?
Ecco, Elia e io siamo cosi, solo che noi il frappè lo chiamiamo milk-shake, che fa più moderno.
Facciamo anche quella cosa dei binari, che, per quanto stupida, ci piace: mettiamo l'orecchio su quelle dannate rotaie, e sentiamo le vibrazioni del treno che arriva, e ci sembra essere dei fottuti indiani d'America mentre aspettano l'arrivo di una mandria di cavalli.
E dopo corriamo appena sentiamo un fischio, o vediamo delle scintille, perché abbiamo visto troppi film nei quali tante persone fanno una brutta fine, e ritorniamo quando il ferro è ancora caldo e lucido, a recuperare quelli che una volta erano 50 centesimi, e ora sono 50 centesimi a dieta.
La prima volta che li chiamai così, Elia rise. E io impazzisco quando lui ride.

Elia è uno showman; più per scena che per altro: s’improvvisa attore per scacciare la noia, se ne esce con tutto da niente.
Eravamo al circolo un giorno nuvoloso di novembre, il che è un bene e un male allo stesso tempo, la nebbia intendo: quando c'è (la nebbia) nella mia città non c'è niente altro, quando c'è, non riesci a vedere assolutamente nulla. Il che preclude giocare a golf, ovviamente. Quindi si trasforma in un bene per noi perché il circolo è vuoto: il barman e i camerieri non vengono neppure, quando c'è nebbia, ci siamo solo noi e le statue.
Ed è ancora un male perché ci annoiamo.
Ma è ancora un bene perché guardo come Elia diventa un attore: gli basta solo un pubblico, e siccome Elia è l'attore, io e Dan siamo il pubblico.
Si improvvisa ballerino di Tiptap nei bagni rimbombanti, muove passi di tango aggrappandosi disperatamente alle tende rosse, diventa un attore fallito caduto in una depressione con varie sfortune, esagitato studente nel maggio francese, codardo soldato nella guerra di Spagna, hippie canterino di San Francisco, scrittore che non puo pronunciare la “enne”, vecchia ipocondriaca, qualsiasi cosa ti venga in mente; tu la nomini e dopo un momento è lì, sotto le false sembianza del tuo migliore amico.
Ha fatto un provino una volta, solo perché aveva perso una scommessa con me: lo hanno cacciato perché ha portato come argomento il complotto riguardo alla morte di Letcher.
Dio, a volte sa come essere stupido.

Ha avuto due risse nella sua vita, le ha perse entrambe.

"Cioè, non che ci abbia mai fatto molto con quella racchetta, andiamo, era uno schifo" ha detto scuotendo la testa. Scuote la testa abbastanza di frequente.
Parlavamo di racchette da tennis e di mazze da golf; quale altro argomento da trattare alle due di mattina, mentre giocavamo a canasta.
È un genio di canasta, mi batte sempre, non importa a che ora si svolga la partita o quanto io imbrogli, lui riesce a vincere.
Avevamo finito di mangiare un qualcosa preso al giapponese.
Se c'è una cosa che Elia non sa fare è mangiare con le bacchette del giapponese, ma ama andarci, a quel ristorante fatto per crudisti, e fare un casino assurdo.





Angolo Autore:
Sarei felice se qualcuno recensisse, anche solo per dire che non vi interessa una cippa fritta di quello che fa Elia, ma sappiate che io continuerò a scrivere, non importa quanto sia poco interessante.
E dopo esigo le scuse per aver insultato la monotonia di Elia.
   
 
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