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Autore: Gwen Chan    13/11/2016    3 recensioni
Yuuri fatica ad abituarsi ai pattini nuovi. Per fortuna Victor è un allenatore attento.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I’ll carry you
 
Cambiare pattini a poche settimane dall'inizio del Grand Prix non era di certo un buon piano, ma quelli di Yuuri erano ormai così usurati che rischiavano di rompersi da un giorno all'altro. Più passava il tempo e più la loro sostituzione sarebbe stata un problema, Victor lo sapeva. Almeno, pensò, mentre Yuuri stringeva i lacci dei pattini nuovi per verificare che fasciassero bene le caviglie, il suo protetto avrebbe ancora avuto quasi ventiquattro giorni per abituarsi.
Fece ugualmente l'appunto mentale di fermarsi in farmacia a comprare qualche cerotto contro le vesciche.
 
***
 
“Un'altra volta” chiese Yuuri, la voce rotta dal fiatone, il corpo piegato contro la balaustra che delimitava la pista. La fronte arrossata per lo sforzo del programma libero era solcata da una ruga che poco si adattava al suo volto di solito così sereno e gioviale. Gocce di sudore scivolavano dalla punta del naso sul ghiaccio.
“Sei sicuro?” chiese Victor. Aveva già riavvolto il CD e ora l'indice rimaneva sospeso sul tasto play. Guardò Yuuri, ne osservò la bocca serrata e un'incertezza dei movimenti che di solito non era presente. Sapeva che il pattinatore aveva un'ottima resistenza, unita a una determinazione che negli ultimi mesi era diventata altrettanto forte; tuttavia da bravo allenatore - no, da brava persona che teneva a Yuuri - non aveva potuto ignorare le smorfie di dolore che il ragazzo aveva fatto per l'intera routine. Era la quinta volta che Yuuri la ripeteva e gli ultimi salti erano stati uno peggiore dell'altro. I quadrupli erano diventati tripli e i tripli doppi. All'ultimo Yuuri aveva quasi rischiato di slogarsi una caviglia per una caduta mal gestita.
“Un'altra volta!”
Victor scosse la testa. “Solo la sequenza di passi. Cerca di essere meno teso.”
Yuuri annuì con determinazione, scostando dalla fronte qualche ciuffo ribelle, prima di tornare in posizione al centro della pista, pattinando con scioltezza con le mani dietro la schiena. La musica ripartì e così feve Yuuri, con la medesima energia della prima volta.
 
Per quando l'orologio del palazzetto segnò le otto di sera Yuuri si stava ormai allenando da quasi cinque ore e aveva ripetuto i passi così tante volte che sul suo viso era quasi scomparsa ogni traccia di dolore. 
Victor batté le mani. “Ottimo. Per oggi basta.”
“Ma!”
“Non vuoi contraddire il tuo allenatore, vero?” lo avvertì col solito sorriso a trentadue denti che sapeva essere tanto solare quanto inquietante. 
Yuuri abbassò la testa e pattinò fino al bordo della pista, dove indossò i salva-lama con una mano stretta sulla spalla dell'allenatore per sostenersi. Victor gli porse poi gli occhiali. 
“Grazie.”
 
***
 
Non c'era bisogno di essere un allenatore professionista o un pattinatore con quasi undici anni di carriera alle spalle per capire che qualcosa non andava. Yuuri non aveva voluto che Victor lo accompagnasse in spogliatoio e lo aiutasse a togliere i pattini e ora i suoi passi erano eccessivamente lenti. Di una lentezza diversa da quella dovuta all’affaticamento da acido lattico.
Teneva gli occhi fissi davanti a sé, si mordeva il labbro inferiore e pareva voler muovere i piedi il meno possibile. Quasi li strascicava sull'asfalto. 
Victor comprese che farlo camminare fino alla pensione Katsuki sarebbe stato uno sforzo eccessivo.
“Sediamoci un attimo su quella panchina!” propose di colpo, trascinando con sé uno Yuuri ormai abituato alle stranezze del russo. L'espressione corrucciata sul suo viso mutò in una di sollievo non appena i suoi piedi furono alleggeriti dell'onere di sostenere il resto del suo corpo.
“Me lo devi dire se ti senti male. O se hai un problema.”
Yuuri si strinse nelle spalle. La voce di Victor era calma e un poco apprensiva, rendendo difficile capire se fosse più preoccupato o arrabbiato. Yuri scosse la testa con foga.
“Sto bene, davvero!” protestò.
Victor però si era già chinato a slacciare la prima scarpa, senza attendere un permesso di cui non avrebbe avuto bisogno. La stoffa scura, traspirante, delle Nike aveva potuto nascondere le macchie di sangue, ma altrettanto non si poteva dire per il calzino in spugna sul quali si estendevano larghe chiazze rosso scuro. Con delicatezza Victor lo sfilò, esponendo il piede nudo alla fresca aria serale. “Oh, Yuuri.”
Sul tallone e sui lati una serie di vesciche erano scoppiate a causa del prolungato sfregamento con la pelle ancora ruvida del pattino nuovo, esponendo la carne viva che ulteriori strofinii avevano tagliato. Vesciche più piccole erano apparse sulle dita, certe ancora intonse, un paio gialle di infezione. La situazione dell'altro piede non doveva essere migliore. 
E non aveva detto nulla, non una parola su quanto l’ultimo allenamento fosse dovuto essere una tortura, non una richiesta di rimandare.
“Sono stato stupido. Non avrei dovuto lasciarti indossare i pattini nuovi così a lungo.”
 
Victor strinse il calzino nel pugno, tenendo la scarpa appesa per le stringhe, e si girò. Accovacciato per essere alla stessa altezza di Yuuri, gli diede la schiena.
“Dai, sali. Ti porto a casa. Non puoi camminare in quelle condizioni.”
Di nuovo Yuuri provò a protestare, di nuovo Victor seppe essere convincente. Yuuri allacciò le braccia attorno al suo collo, morbide perché le mani non premessero sul pomo d’Adamo, e lasciò le Victor infilasse le braccia sotto l'incavo delle sue ginocchia per sostenerlo meglio. 
“Sei comodo?” si assicurò Victor raddrizzandosi. Yuuri annui, premendo appena il mento sulla spalla dell'altro. A volte dimenticava quanto fosse forte a dispetto delle apparenze. Una volta, per gioco, l'aveva sollevato sopra la testa durante uno degli allenamenti come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
“Grazie” aggiunse, le palpebre pesanti per la spossatezza che arrivava sempre una volta esauritasi l'adrenalina dell'allenamento. 
“L'amore è anche questo.”
 
Note: No, cioè, sono caduta nella rete della Victuuri e quindi beccatevi ‘sta roba mezza angst e mezza fluff. Flangst.
   
 
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