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Autore: Bali2607    14/11/2016    1 recensioni
Nell'aria si sentiva l'intenso profumo delle primule in fiore.
Leggera, quasi indistinta, una fragranza di oleandro.
Era quel profumo che preannuncia l'imminente arrivo dell'estate.
Quel profumo al quale non si riesce a restare indifferenti.
Rievoca ricordi, emozioni, fa nascere sogni e speranze.
Proprio laggiù, nella piccola radura posta al limitare del boschetto di faggi, non sarebbe stato strano imbattersi in due piccole figure.
Sdraiate sotto la quercia secolare al centro della radura, fissavano la chioma dell'albero, tra le cui foglie si intravedeva una casettina in legno per i merli.
Un po' sgangherata e col tetto leggermente storto, ma comunque la loro casetta. La avevano iniziata a costruire all'avviciniarsi del decimo compleanno di Dean, quando ormai sembrava che gli anni riservati ai loro meravigliosi giochi d'infanzia stessero volando via.
Non avevano voluto essere aiutati nemmeno nel fissare i chiodi, non tanto perché fossero orgogliosi, ma perché era una ragione di principio.
L'anno seguente Dean avrebbe cominciato a frequentare le scuole medie mentre Jane sarebbe rimasta ancora un anno alle elementari.
Entrambi speravano che le cose non sarebbero cambiate più di tanto, ma in cuor loro sapevano che il loro rapporto non sarebbe più
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Era una tiepida mattina di inizio settembre nella cittadina di Palm Beach, in Florida.
In un quartiere residenziale del west side, attorniata da ville signorili e giardini ben curati, spiccava, facendo la sua bella figura, casa Smith. 
La casa era immersa nel silenzio, fatta esclusione per il ticchettio dell'orologio, ma l'atmosfera piacevolmente ovattata della mattina fu interrotta dallo squillo di un telefono. 
Dean aprì gli occhi di scatto, si riscosse dal dormiveglia e non provó nemmeno a rispondere. Se fosse stato urgente, avrebbero richiamato.
Alzatosi a sedere sul letto, cercò di fare ordine nei suoi pensieri.
Tutto quello che ricordava della serata precedente era la parte che aveva preceduto la festa: Micheal che con un gran sorriso apriva loro la porta di casa, l'ampio soggiorno trasformato in una vera e propria pista da ballo, la musica altissima che perforava i timpani e soprattutto l'alcool. 
C'erano alcolici praticamente ovunque, chissà come aveva fatto Micheal a procurarseli.
Dean si era messo alla ricerca dei suoi amici ma c'era così tanta gente che pareva impossibile anche solo imbattersi per caso in uno di loro.
Allora si era diretto al tavolino dei drink, dove poteva avere una visuale migliore su tutta la casa.
Si era appena versato un mojito quando aveva sentito qualcuno afferrarlo per le spalle e strattonarlo così forte da fargli gettare l'intero contenuto del bicchiere a terra. 
Dean si era girato di scatto, con già un insulto pronto sulla punta della lingua, ma non era rimasto affatto sorpreso di ritrovarsi davanti Chris che rideva a crepapelle.
"Il solito coglione" lo rimproverò in modo amichevole.
"Sai che mi diverto con poco" rispose Chris, senza riuscire a smettere di ridere. 
Chris, nome completo Christopher, era proprio quello che si dice "un gran fusto". 
Nonostante il suo aspetto potesse trarre in inganno, occhi di un azzurro vivido, capelli biondi e vaporosi e fisico frutto di numerose ore di lavoro in palestra, nonnbisognava lasciarsi trarre in inganno.
Dean aveva imparato a conoscerlo di più nell'ultimo anno e lo riteneva una persona sulla quale poter contare.
Gli diede una pacca amichevole sulla spalla e chiese notizie degli altri della compagnia.
Chris aveva giusto aperto la bocca per dire qualcosa, ma in quel momento lo sguardo di Dean era stato attirato verso la porta che si era spalancata.
E subito capì di non essersi sbagliato. Non poteva farci nulla, quando si trattava di lei aveva sempre il giusto presentimento. 
Non avrebbe saputo spiegare il loro tipo di rapporto, ma di sicuro Jane era per lui molto più di una semplice amica.
Con lei ne aveva passate tante e non gli riusciva ripensare ad un singolo momento o ricordo d'infanzia nel quale non fosse stata coinvolta. Quasi come la sorella minore che non aveva mai avuto.
Eppure ultimamente aveva iniziato a vederla sotto una luce diversa, a nutrire per lei dei sentimenti ben più profondi di quelli che si dovrebbero nutrire per una sorella.
Quella sera indossava un abito blu che le esaltava le curve dei fianchi, i capelli sciolti le ricadevano sulle spalle in lunghi riccioli castani, giusto un velo di trucco intorno agli occhi verdi. 
Dean le fissò i piedi e non potè far a meno di abbozzare un sorriso alla vista delle All Star bianche e sdrucite che calzava al posto dei tacchi: Jane non si smentiva mai. Così diversa dalle altre ragazze, così... così Jane.
Si riscosse dal suo sogno ad occhi aperti e si ritrovò la mano di Chris che gli veniva agitata davanti agli occhi.
"Terra chiama Dean, ci sei?"
Dean annuì e proprio in quell'istante si sentì travolgere da un abbraccio.
Jane gli saltò al collo e gli stampò un sonoro bacio sulla gancia.
"Ehi tu, si sto parlando con te DinDin, ti stai divertendo?" 
"Jane! Sai benissimo che detesto quel soprannome" la fissò Dean con un finto sguardo arrabbiato, ma subito dopo ricambiò l'abbraccio.
"Lo so, lo so, per questo mi diverto tanto. Sapevi che da arrabbiato sei ancora più carino?" 
Tipico di Jane, ma non doveva assolutamente farsi strane idee. Quello era il suo modo di fare complimenti, tutto qui.
A quel punto lei si girò verso Chris e lo abbracciò in modo altrettanto affettuoso. 
La loro amicizia era nata sui banchi di scuola, dato che frequentavano la stessa classe.
Tutti e tre presero posto su alcuni sgabelli traballanti e iniziarono a parlare del più e del meno, delle vacanze appena trascorse e dell'imminente inizio della scuola.
"Vi sembrerò esagerata, ma devo ammettere che questa estate è stata la migliore della mia vita" disse Jane "ero sempre da qualche parte, non rimanevo mai troppo a lungo nello stesso posto, per una settimana sono addirittura andata a trovare uno zio che non sapevo di avere in Italia!"
"Ah, la patria della pizza! Che paradiso" sospirò sognante Chris.
"Non per il tuo superfisicochenonsopportaicarboidrati" canterellò Jane.
Dean non poteva che concordare con lei: trascorrere un'intera estate lontano dalla monotonia della loro cittadina doveva essere stata una liberazione. 
Non che fosse un brutto posto in cui vivere: si affacciava sull'oceano e durante l'estate era una piuttosto ambita metà turistica, ma semplicemente era troppo soffocante. 
Molti avrebbero pagato pur di rimanere bloccati per tre lunghi mesi in quel buco assolato, ma non Dean, lui  aveva sempre voluto evadere da quella monotona quotidianità.
Da quel piccolo paese che aveva tanto amato da bambino ma che ora non desiderava altro che lasciarsi alle spalle.
Jane notò che Dean era parecchio assorto, gli diede di gomito e gli sussurrò: "Ma l'estate prossima non credere di potermi sfuggire" accompagnando le parole con un occhiolino ammiccante.
"Guardali come sono teneri, mi fanno commuovere" sentì esclamare Dean da una voce alle sue spalle.
Era Tom, chi altrimenti, accompagnato da Gabe, Jenn e Lizzie.
Li conosceva tutti dall'asilo e con il tempo aveva imparato a sopportare e a convivere con i difetti (e persino con i pregi) di ognuno di loro.
Credeva fermamente che, per essere in grado di gestire un vero rapporto di amicizia, la cosa in assoluto più difficile fosse accettare i pregi dell'altro, non tanto i suoi difetti.
Certo, i difetti infastidiscono, ma col tempo si affievoliscono man mano, finché diventa quasi difficile notarli. 
Per questo Dean ormai non faceva più caso all'irritante schioccare delle nocche di Gabe, al sorrisetto sornione che assumeva Tom ogni volta che la conversazione ricadeva su di un argomento piccante, nè tantomeno al classico esibizionismo da cheerleader di Jenn.
Ma il più delle volte sono i pregi che rovinano un rapporto. Cosa assurda ad una prima impressione.
Come potrebbero mai delle caratteristiche positive mandare alla deriva un'amicizia? 
Dean ci aveva messo un po' a capirlo, ma poi la soluzione era arrivata da sè.
Era giunto alla conclusione che la cosa peggiore era vivere un rapporto affettivo in un costante stato di insicurezza, di svalutazione di se stessi, di convinzione di essere inferiori all'altro. 
Una vera amicizia non conosce invidia o rammarico di non essere all'altezza, una vera amicizia è essere felici l'uno per l'altro.
È voler bene. Nel senso più vero del termine. E fiducia di poter contare sull'altro.
E se avere un amico vero era proprio difficile di quei tempi, beh, lui poteva dirsi fortunato: aveva Jane.





































 
   
 
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