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Autore: Zahlen    14/11/2016    1 recensioni
Due anni fa una ragazza che mi piaceva lasciò il liceo per andare a studiare altrove. Non ebbi più notizie di lei. Ma sabato scorso imbatté in lei. E queste umili righe sono anneggate di tutte le emozioni che provai in quest' instante.
E se volete saperla tutta, durano ancora.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era da tanto tempo che non la vedevo. Era da tanto tempo che non la sognavo. Era da tanto temo che non la temevo.

Tu che perdi tempo prezioso per leggere le patetiche lamantele di un disgustoso ragazzaccio che non sa fare altro che fantasticare sulle ragazze fighe fino nel suo letto ma senza mai né rivolgerle la parola né cercare di avvicinarle ti devo almeno la verità come ricompensa.

Lasci che ricostituisca lo scenario. Andai in un festival di manga, videogiochi e fumetti Marvel con alcuni amici vestiti, direi, sobriamente in confronto a me. Facevo cosplay per la prima volta e per festeggiare questo presi le sambienze di un eroe di anime per adulti che pochissimi sono riusciti a sopportare fino alla fine del terzo episodio. Era anche la prima volta che degli sonosciuti scattavano foto di me, talvolte insieme a loro. Era anche la prima volta che facevo ribrezzo alla gente ma questo è un' altra storia che veramente non m' importa. Perché il posto colpito si trova sotto la pelle, ricoperto dal petto grasso, nascosto dal reggiseno scuro che presi in prestito a mia madre.

Eravamo venuti qui soprattutto per partecipare a una gara d' un videogioco, e iscriversi fu la prima cosa che facemmo, la primissima prima di sfruttare al massimo tutto il divertimento che difondevano i diversi articoli qui presenti.

Il primo scontro era stato abbastanza facile, mi soddisfeci della performanza. Mi giro in modo che dessi le spalle allo schermo che annunciava che il mio personaggio era vincente. Ed non sarei dovuto farlo poiché quest' atto pose fine al piacere che provavo di trovarmi qui.

La riconobbi. Era là, davanti ai miei occhi che s' ingrandirono. Ora le palpebre s' erano rintanate dove trovarono spazio. Sotto la fronte era tutto materia biancastra assai ribrezzante.

Questa ragazza fu la prima che amai. Eravamo nella stessa classe durante l' ultimo anno delle medie. Mi volevo un po' di bene, ma come ad un compagno di classe che non avrebbe più rivisto perché sarebbe partita a studiare altrove. Io invece non le volevo solo un po' di bene, ma un mondo di bene. Non sapevo nemmeno che si poteva sentire qualcosa di tanto forte, anche per un membro della famiglia non avevo provato un sentimento simile. Forse quando ero più piccolo, ma nel frattempo le persone come lei mi fecero capire che quel coso strano che da l' impressione che qualcuno ti da una coltellata nella pancia non doveva esistere per una sola ottima ragione : fa un male insopportabile.

Subito e davanti a tutti le mie gambe tramarono, pensavo che stessero per abbandonarmi alla mia sorte senza che potesse scappare per evitare la fucilata del boia. Pure le mie mani ostantarono il mio stato d' animo. Si mossero da sole e vennero a coprire la mia bocca che stava per fuoriuscire un grido che tutti nella città sarebbero potuti origlare. Un cadavere da cui il sangue usciva tutt' ora non mi avrebba tanto travolto. Un ragno, perché questo è la cosa che mi può tormentare di più, sarebbe stato meno terrificante.

Decisi di parlarle. Per prima la chimai per nome. Un nome che trovo il più bello al mondo ma che non vi posso rivelare. Scusatemi.

Penso che forse era sorpresa. Immagino che dev' essere scioccante quando un ragazzo un po' grosso e che si è vestito con leggerissimi veisti da donna vi rivolge la parola, prendendovi alla sprovvista.

Ovviamente non mi riconobbe. Sorridenva stranamente. Un sorriso di preoccupazione s' era disegnato sulle sue labbra. Le dissi chi ero e capii che non ero tanto importante per lei all' epoca quanto in seguito per accertarsi di aver azzeccato l' immagine che la sua mente le proiettava non era quella sbagliata accennò ad un dettaglio molto particolare su di me. Almeno era giusto, era qualcosa che era l' unico a fare. E poi non ricordo cosa aggiunse ma intanto non sono rimasto troppo a lungo davanti alla sua bellezza raggiante che mi bruciava le pupille, ossia tagliai la corda.

Un po' più tardi dessi una sbirciata verso di lei per essere sicuro di non aver sognato e di aver discusso con una nube di fumo irreale. Ero sveglio e consciente.

Dopo questo le reazzioni si moltiplicarono. La coltellata che ricevai al ventre non si placava e il dolore diventava più acuto. Il mio sguardo fissava il vuoto. Non riuscivo più a contrarmi su nulla. La musica che sentivo non aveva effetto. E il peggio era che se non mi ritenessi, l' urina sarebbe uscita da sola, scendendo lungo i collant in più rivoli neri.


Scrivo questo foglio l' indomadi di quest' accaduto. Ne ho assolutamente bisogno. Per me ora queste righe sono la più potente medicina.

Mentirei se dicessi che non sono ancora sotto scock. Quella visione ancora mi tormenta. E se lo svelo a qualcuno sia mi consiglierebbe di dimenticare tutto sia mi prenderebbe in giro.

Dimenticare tutto?

MA QUESTO COME LO FACCIO?!


Sapevo bene che non avevo voltato pagina. Ancora oggi, due anni dopo la sua partenza, utilizzo il suo nome come nickname per il gioco su cui ho lottato la viglia. Mi ha ispirato molti poemi, e per dire il vero quasi tutti quelli che ho scritto. Ma la vera senzazione di una pallottola che sarebbe dovuta ficcarsi nella cuore del bersaglio ma che mancandolo strappò una vena vitale e per mantenere la vittima viva non si può ritirarla lo senti quando diverse volte venne a tormentarmi la notte, quando dormivo male, nei sogni di ferro. A questi momenti, rializzando che non era la realtà, piangevo amaramente.

Non posso essermi innamorato. Vi prego, ditemi che questa malattia capita soltanto agli altri.

Non voglio percorrere la stessa sorte di mia sorella che s' innamora facilmente che scarica o viene scaricata facilmente.

Non voglio essere così debole, questo è la più vergognosa umiliazione, quest' Amore.

Vorrei non dover raccontarlo su questi fogli, funzionerà per un tempo, è il dopo che mi fa realmente paura.

Non voglio soffrire.

Non voglio piangere.

Non voglio essere patetico.

Non voglio che mi dicano di dimenticare.

Non voglio che mi prendano in giro.

Non voglio che mi raccontano cos' è successo loro con le loro ragazze o ragazzi.

...

Non vorrei più rivederla mai. Non vorrei mica averla riconosciuta.

Dio! Perché mi debba giocare questo scherzo crudele?


Un' amica, anche la sua, mi ha detto che la prima volta che avrei un desilusione d' amore la dovessi chiamare perché si possa “festeggiare questo come si deve”.

Non lo farò. Piuttosto aspetterò che legga questo una volta tradotto. Semmai dovesse farlo, capirebbe che è giunta l' ora che io riceva la batosta che mi ha promessa nonché il paio di schiaffi che mi farebbero tornare alla realtà. Una realtà fredda, crudele e piatta in cui non potrò mai dedicarmi a qualcun' altro perché sono soffocato da questo fantasma dai capelli lunghi che colano sulle spalle.

   
 
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