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Autore: belle_delamb    15/11/2016    2 recensioni
L’ho sognata nuovamente. La porta ad arco, che pare scavata nella roccia, che si apre sulla rampa di scale e oltre a cui si vede il mare schiumoso e azzurro. Questa volta però il sogno non si è fermato qua. Questa volta ho superato la porta e mi sono ritrovato sulle pietre scivolose a osservare la scogliera rocciosa e verdeggiante. La brezza marina mi ha immediatamente colpito, ho inspirato a fondo il profumo del mare. E poi ho sentito un rumore alla mia destra. In fondo alla rampa di scale stava una donna avvolta in un bianco sudario, il viso pallido più bello che avessi mai visto, lunghi capelli neri come la notte. Stava piangendo ed erano lacrime di sangue quelle che le rigavano le guancie.
-Perché piangi?- le ho chiesto e solo allora mi sono accorto che la sua bocca era cucita con un filo nero.
Inutile domandare, non mi avrebbe mai potuto rispondere. Ho fatto un passo verso di lei, ma mi sono accorto che non riuscivo a muovermi.
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Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ho sognata nuovamente. La porta ad arco, che pare scavata nella roccia, che si apre sulla rampa di scale e oltre a cui si vede il mare schiumoso e azzurro. Questa volta però il sogno non si è fermato qua. Questa volta ho superato la porta e mi sono ritrovato sulle pietre scivolose a osservare la scogliera rocciosa e verdeggiante. La brezza marina mi ha immediatamente colpito, ho inspirato a fondo il profumo del mare. E poi ho sentito un rumore alla mia destra. In fondo alla rampa di scale stava una donna avvolta in un bianco sudario, il viso pallido più bello che avessi mai visto, lunghi capelli neri come la notte. Stava piangendo ed erano lacrime di sangue quelle che le rigavano le guancie.
-Perché piangi?- le ho chiesto e solo allora mi sono accorto che la sua bocca era cucita con un filo nero. Inutile domandare, non mi avrebbe mai potuto rispondere. Ho fatto un passo verso di lei, ma mi sono accorto che non riuscivo a muovermi.
Il sogno si è dissolto così, nel nulla, come se non ci fosse mai stato. Sono sceso dal letto e mi sono preparato per partire, quindi ho appuntato queste poche parole per riuscire a ricordarlo.

Christian progettava il viaggio al Castello Blu da quando lo conoscevo. Era il suo grande desiderio visitare quel luogo arroccato sulla montagna, le cui mura si affacciavano sul mare. Fin da quando avevamo deciso di passare le vacanze insieme il mio amico era stato ben chiaro sul luogo in cui dovevamo andare.
- Un’ala del castello è stata adibita a hotel dai nuovi proprietari- mi aveva spiegato –questa è la nostra occasione-
La sua, forse. Io avevo altri sogni, altri obiettivi.

Partimmo una calda mattina di luglio. Christian era alla guida della macchina che gli aveva appena regalato il padre per il compleanno. Non parlammo molto durante il viaggio. Io ero reduce da una scelta difficile, il mio amico invece era troppo felice per potersi concentrare seriamente su un qualsiasi voglia argomento di conversazione. Arrivammo al castello verso il primo pomeriggio. Era sbalorditivo come esso si stagliasse contro il cielo azzurrissimo. Aveva alte torri e spesse mura. Fummo subito accolti da una vecchia cameriera che ci condusse nelle nostre stanze.
-Questo castello è molto antico- ci spiegò –è stato teatro sia di eventi atroci sia di avvenimenti felici-
-Ci può raccontare qualche storia?- chiese Christian, entusiasta.
-C’è una leggenda da queste parti, ma non so se a voi può interessare-
-A noi interessa qualsiasi leggenda- insisté Christian.
-Si tratta della triste storia di Lady Rose, si narra che fosse una dama di grande bellezza. Nessuno sapeva da dove venisse, alcuni narrano che nacque dalla spuma del mare come Venere, altri sussurravano che fosse una sirena che aveva perso la coda perché bramosa di vivere in superficie, comunque il signore del castello, un lord tanto ricco quanto crudele, se ne innamorò alla follia e la fece sua sposa, portandola via alle acque a cui apparteneva. I primi tempi furono felici, il lord, seppur malvagio, era talmente affascinato da lei che faceva di tutto pur di accontentarla, ma la vera natura non si può sopprimere per sempre e ben presto lui tornò alle sue oscure pratiche nei sotterranei. Un giorno la fanciulla decise di andare a vedere di cosa si occupava, nonostante gli avvertimenti di lui, temendo forse di essere tradita. L’uomo la scoprì mentre lo spiava e seppur l’amasse alla follia non poté far altro che punirla: le cucì la bocca con un filo nero e spesso, in modo tale che non potesse mai andare a riferire ciò che aveva visto quel giorno-
Il mio cuore a quelle parole sussultò. Il sogno mi aveva certamente lasciato troppo scosso.
-Che storia orrenda!- esclamò Christian –Ora possiamo vedere il castello?-
La cameriera ci guidò in un tour per il castello e infine ci mostrò le nostre camere. Erano entrambe spaziose, con due letti matrimoniali a baldacchino e comò in legno di quercia. Nessun oggetto che potesse far ricordare che non eravamo più ai tempi dei cavalieri e delle principesse. Non c’era televisore, né telefono. Quel posto mi metteva addosso una certa sensazione d’ansia anche se non avrei saputo dirne il motivo. Proseguimmo la visita scendendo in cortile, un luogo spoglio e non certo confortante. Non riesco a descrivere la mia sorpresa quando mi ritrovai a fissare la porta dei miei sogni. Era proprio lei, ad arco, in legno, lasciata aperta in modo tale che si potesse vedere l’inizio delle scale che scendevano e la ringhiera oltre la quale c’era l’azzurro splendente del mare e le scogliere rocciose e lussureggianti di vegetazione. Per poco non mi sentii male a quella visione. Ero nel luogo dei miei più oscuri incubi. Incredibile come nessuno si accorse del mio malessere. Christian superò anche la porta per vedere ciò che c’era oltre di essa.
-Uno spettacolo!- esclamò.
Io cercai di non guardare. Quel luogo mi metteva i brividi. Era come se mi ritrovassi all’improvviso all’interno del mio peggior incubo, come se da un momento all’altra la donna con le labbra cucite mi potesse apparire di fronte.
-Vieni qua- mi chiamò il mio amico.
Scossi la testa, la gola serrata per l’ansia che m’impediva di rispondergli a parole.
-Non dirmi che soffri di vertigini-
Con un gesto gli feci capire di lasciar perdere e mi allontanai di qualche passo, ispirando a fondo, lottando contro l’aria che mi mancava. Cosa stava succedendo? Perché tutto quello che più temevo stava diventando realtà? Non credevo alle coincidenze, non ci avevo mai creduto e poi quella coincidenza sarebbe stata troppo incredibile.
-Si sente bene?-
Mi voltai e vidi la vecchia cameriera che ci aveva accompagnati fin lì. Deglutii e mi sforzai di sorridere. –La stanchezza del viaggio- mentii.
-Posso comprendere- annuì –pesavo che la storia di Lady Rose l’avesse impressionata- mormorò, quasi tra sé.
-Perché mai avrebbe dovuto?- ma mi sembrava di vedere proprio lì di fronte a me la povera Lady Rose, avvolta nel sudario, le labbra cucite per sempre affinché non potesse rivelare l’oscuro segreto del marito.
-È una storia che impressiona molte persone … e poi è proprio da quella porta che si narra che sia giunta e dalla quale probabilmente se n’è andata-
-E com’è successo?- -Nessuno lo sa, dicono in una notte di tempesta- abbassò la voce –è tornata al luogo dal quale veniva-
-Fu il marito?- chiesi in un sussurro, temendo che alzando la voce avessi potuto richiamare il suo spirito ovunque si trovasse.
-Non lo sa nessuno, ma alcuni diedero la colpa al consorte-
-E altri?-
-Come succede sempre in questi casi le ipotesi sono molto diverse, ma temo di averla davvero impressionata-
Si tirava indietro proprio ora? –Mi farebbe piacere conoscere tutte queste teorie-
E proprio in quel momento sentii Christian chiamarmi.
-Avremo modo di riparlarne più tardi- disse la cameriera, prima di allontanarsi.
Non tentai di fermarla, avrei riaffrontato l’argomento più tardi, in un altro momento.

Quella notte scoppiò un violento temporale. Mi rigirai nel letto, infastidito dai tuoni e dai lampi. Il vento era così forte da far tremare il vetro della finestra e da uno spiffero nel muro entrava l’aria gelida. Avevo mangiato troppo quella sera, concentrandomi sui piatti raffinati preparati dal cuoco del castello per non pensare al mio incubo. Christian si era dimostrato un gran bevitore e avevo dovuto accompagnarlo personalmente in camera. Sicuramente lui in quel momento stava riposando bene. Mi pentii di non aver esagerato anch’io con il vino, forse se lo avessi fatto in quel momento sarei stato immerso nel mondo dei sogni e non in ascolto di ogni flebile suono. Un forte rumore, quasi uno schianto, mi fece sobbalzare e mettere seduto nel letto. Mi ero appisolato ed era stata tutta opera della mia fantasia? Oppure c’era stato realmente un trambusto nella notte? Mi alzai, il cuore in gola. Per terra c’erano delle pozze d’acqua, quasi delle impronte. Osservai la stanza buia, certo di vedere un movimento sospetto da un momento all’altro. Restai sorpreso e forse anche un po’ deluso quando vidi che non c’era nessuno che si nascondeva nelle tenebre. Una folata di vento gelido mi fece capire che lo schianto era stato provocato dall’apertura della finestra. Mi alzai e procedetti verso di essa scalzo, stringendomi le braccia intorno al corpo per riscaldarmi. Ecco spiegata l’acqua sul pavimento. Ridacchiai tra me per la mia paranoia e chiusi la finestra. Qualcosa attrasse la mia attenzione proprio mentre stavo per tornare a letto. Due figure abbracciate. Alzai la testa e vidi che erano proprio laddove si trovava la porta dei miei incubi. Rapido tirai le tende e mi allontanai, troppo agitato per continuare a guardare oltre. Cosa stava succedendo? Ispirai e mi appoggiai al muro. Ma in fondo cos’avevo visto? Non di certo un fantasma, potevano ben essere due persone in carne e ossa, nonostante la pioggia battente. La cosa più sensata sarebbe stata tirare la tenda e guardare, ma mi mancò la forza. Tornai a letto e questa volta piombai in un sonno profondo.

L’incubo mi fece visita più violento del solito questa volta. C’era sempre la porta oltre alla quale si vedeva il mare, ma ora la donna con la bocca cucita, Lady Rose probabilmente, mi fissava ferma sotto di essa, pallidissima e con i lunghi capelli neri bagnati. Non poteva parlare, ma quello sguardo bruciante sembrava un grido, un’accusa. Sangue nero le scendeva dalle labbra ferite. Allungò le braccia verso di me e aprì le mani come se volesse afferrarmi e portarmi via con sé, oltre quella porta, trascinarmi nel mare e lasciarmi affogare. Mi svegliai urlando e dibattendomi.

-L’ha sognata?- chiese la vecchia cameriera quando mi vide scendere a colazione con profonde borse sotto gli occhi.
-Mi faccia indovinare, non sono il primo?- chiesi, sedendomi al tavolo.
-La leggenda impressiona molte persone- rispose evasivamente lei.
-Lei sa qualcosa che non mi vuole dire-
-So molte cose- rispose lei, evasiva.
-La prego- mormorai –io devo sapere, altrimenti impazzirò-
La cameriera mi fissò con i suoi occhi scuri. Un tempo doveva essere stata una bella donna, ma ora era solo una pallida e rugosa signora ben oltre la mezz’età. –Dicono che Lady Rose portasse sfortuna- disse infine in un sussurro come se fosse un terribile segreto.
-In che senso?-
-Dopo il suo arrivo successero delle strane cose, persone morte affogate anche laddove l’acqua era bassa, il mare era sempre agitato e divenne impossibile pescare- deglutì e attese qualche secondo prima di proseguire –quando lei scomparve questi strani fenomeni cessarono-
-Portava sfortuna quindi-
-Sono solo leggende-
Una leggenda che mi stava sconvolgendo la vita.
-Ha preferenze circa le pietanze?- mi chiese lei, un disperato modo di cambiare discorso.
Ordinai un caffè e una brioche alla marmellata, quindi cercai di pensare ad altro. L’arrivo di Christian non mi aiutò.
-Dovremmo andare a visitare il corridoio degli antenati- mi disse, prima ancora di sedersi al tavolo.
-Non mi sembra un nome molto confortevole-
-Da quando ti fai fermare da un nome?-
-Non puoi negare che sia un po’ lugubre-
-Questo non fa che accendere la mia curiosità-
E fu così che mi convinse a seguirlo, in fondo un corridoio che male poteva portarmi? Non sicuramente più che la porta sul mare. Fu invece una pessima decisione e lo capii non appena vidi il ritratto che stava al centro della parete, proprio all’ingresso.
-Incredibile- esclamò Christian – quell’uomo è identico a te-
Ed effettivamente aveva gli stessi lineamenti marcati, gli identici capelli corvini, occhi blu come i miei e addirittura un’uguale voglia sulla guancia destra. Una coincidenza che mi mise i brividi addosso.
-Mettiti vicino, così ti faccio una foto con il tuo sosia- urlò il mio amico, non comprendendo la gravità della cosa.
Appena mi fu possibile cercai la cameriera per potergli chiedere un chiarimento.
-Quello è il ritratto del Lord che sposò Lady Rose- mi spiegò –e ho notato subito quanto lei gli assomiglia, ma penso che si tratti solo di una coincidenza-
Annuii, perso nei miei pensieri. Coincidenza o meno quella storia non mi piaceva.

Quella sera andai in camera tardi. Io e Christian avevamo passato il tempo in un’estenuante partita a scacchi. Mi rifugiai nel letto dopo aver tirato le tende e controllato che la finestra e la porta fossero ben chiuse: non volevo brutte sorprese. Spensi la luce, chiusi gli occhi e tentai di dormire, ma il sonno, sfortunatamente, non venne. Mi girai, non sapendo cosa fare. E a un certo punto percepii una presenza alle mie spalle. Mi voltai e la vidi. Era pallida e tremante, l’acqua le gocciolava dai capelli. Sulle labbra rosse spiccava un nastro nero. Era avvolta nel sudario. Mi si avvicinò e con una mano si toccò la bocca. Il filo che gliela cuciva scomparve. Lasciò scivolare il suo triste abito e me la ritrovai nuda di fronte, con piccole squame azzurre che le ricoprivano in alcuni punti la pelle diafana delle gambe. Mormorò qualcosa, forse un nome. Io ero pietrificato al mio posto. La donna s’infilò nel letto come se fosse stato suo. La sua bocca s’incollò sulla mia prima che avessi il tempo di comprendere realmente quello che stava succedendo. Un attimo dopo eravamo una cosa sola, lei sopra di me, le sue mani gelide sul mio corpo bollente. Chiusi gli occhi mentre i suoi denti si piantavano delicati nella mia spalla. Gli riaprii solo quando lei smise di mordermi e allora vidi il suo volto: un teschio pallido. Lanciai un urlo che squarciò il silenzio della notte.

Fui svegliato dalla voce di Christian e dal suo battere alla porta. Mi girai di lato, mezzo addormentato, certo che mancasse qualcosa al mio fianco. Le mie dita sfiorarono una cosa umida. Sbattei le palpebre. Ciocche scure di capelli erano abbandonate accanto a me … ed erano bagnate. La visita di Lady Rose non era stata solo un sogno. Mi misi seduto nel letto, la testa che mi girava e urlai a Christian di finirla di gridare in quel modo. Dovevo ragionare e soprattutto dovevo arrivare alla conclusione di quella storia, qualsiasi essa fosse, anche se, lo sapevo bene, non mi sarebbe piaciuta.
Quella mattina cercai la cameriera e scoprii che quello era il suo giorno di riposo. Dovevo sapere cosa stava succedendo, non avevo più tempo per aspettare. Fortunatamente la domestica non era ancora uscita. La raggiunsi nella sua stanza. La donna era vestita in modo casual, una maglietta e un paio di jeans, all’apparenza non adatti alla sua età.
-Mi dispiace, signore, ma non ho molto tempo- mi disse.
-Solo un attimo- e rapidamente le raccontai quello che mi era successo.
La cameriera non mi parve sorpresa da quella storia. –Allora è tornata-
-Cosa vuol dire?-
-Questa notte ricorrerà l’anniversario della sua sparizione e la marea si alzerà fino a sfiorare la cima delle mura, come la notte in cui lei se ne andò-
Un brivido mi scosse senza sapere esattamente perché. Ricorreva l’anniversario della sua scomparsa, ma questo cosa voleva dire? In fondo tutto ciò che era successo cosa significava? Una volta avevo letto che succede a tutti, prima o poi, di sognare qualcosa che si scopre essere reale, è semplicemente un caso, sogniamo così tanto durante la notte che può capitare che ci sia un sogno che si rivela essere corrispondente alla realtà. E poi una volta svegli si aggiungono elementi che non erano inizialmente presenti. Sì, doveva trattarsi proprio di questo. Improvvisamente, dopo due giorni d’ansia mi sentii più tranquillo. Dovevamo rimanere lì solamente una notte, non di più, dopo tutta quella storia sarebbe soltanto stato un avvenimento divertente da raccontare a figli e nipoti. Salutai la cameriera e uscii. Andai su e giù per il castello cercando di non pensare a nulla di particolare. Christian era intento a fotografare i giardini, ci saremo rivisti solo a cena. Passai una volta davanti alla porta sul mare e, nonostante un brivido che mi percorse, cercai di mantenere la calma. La giornata passò in fretta.

Erano le undici di sera quando tornai in camera. Mi sentivo stanco ma non avevo sonno, quindi mi dedicai subito a fare la valigia. Le campane scandirono la mezzanotte quando finalmente finii. Sbadigliai e feci per entrare in bagno quando sentii una voce. Qualcuno che mi chiamava, ma non pronunciava il mio nome, era quasi un richiamo atavico, impossibile resistergli. Le parole sembravano provenire da un canto antico. Mi ritrovai nel corridoio senza quasi accorgermene. Scesi le scale e uscii nell’aria fresca della notte. Le stelle illuminavano la strada con la loro gelida luce. Sapevo da dove proveniva quel suono, quella melodia. Improvvisamente mi ritrovai in un altro tempo. Una bella fanciulla mi aspettava di fronte alla porta sul mare. Lunghi capelli corvini le ricoprivano le spalle e un bell’abito scuro le cingeva il corpo magro. Era completamente bagnata.
-Giungi dal mare, mia sirena?- mi uscì di bocca.
Lei mi venne incontro e appoggiò le sue labbra contro le mie. –Sono fuggita al mio promesso sposo, il mare non potrà nulla contro di me se tu mi difenderai-
-Io ti difenderò sempre, Rose-
Non era stato così. Un attimo dopo mi ritrovai davanti a un’altra scena. La ragazza di prima, le labbra cucite, un sudario bianco, sporta sul bordo della ringhiera, verso il mare. Ci misi alcuni istanti a capire che ero io a tenerla in quella posizione.
-Ti amo, Rose, ma tu appartieni al mare, la mia gente soffre, non posso permetterti di rovinare il mio piccolo regno- sospirò –ti ho cucito le labbra perché non dicessi a nessuno da dove provenivi, ora ti restituisco al tuo promesso e so che egli non ti farà alcun male, ma ti riaccoglierà e ti tratterà come merita una creatura del mare-
Lei scosse violentemente la testa e dalle sue labbra chiuse uscì un mormorio privo di senso. La spinsi giù.

Mi svegliai come da un sogno ad occhi aperti. Sbattei le palpebre, improvvisamente consapevole di ciò di cui mi ero reso colpevole. L’avevo uccisa io, nessuna scusa che potesse giustificare la mia colpa. Ora ero oltre la porta e potevo vedere il mare in tempesta, la sua schiuma bianca che sbatteva violentemente contro le scogliere. Ricordai le parole della cameriera, la marea ben presto si sarebbe alzata, dovevo tornare in camera. Mi voltai, ma la porta dietro di me si era chiusa. Provai ad aprirla, la colpii con rabbia, ma non ottenni nessun risultato. La melodia che mi aveva precedentemente attirato lì ricominciò. Mi girai e vidi Rose emergere dalle acque e cominciare a salire le scale che la dividevano da me come succedeva nei miei sogni. Non aveva più le labbra cucite, né indossava il sudario, ma il suo corpo era cinto solo da qualche alga verde e squame scure le ricoprivano le gambe. Non disse una parola, mi venne solo incontro e mi ritrovai con le sue labbra gelide premute contro le mie. Un bacio d’addio. In quel momento compresi che non sarei mai uscito da quella situazione.

Ho scritto questa lettera mentre aspettavo la mia fine. Ho trovato questo foglio e una penna in tasca, ci avevo già annottato il sogno avuto prima di partire, così ho potuto lasciare la mia folle testimonianza. So che in molti non mi crederanno, ma ormai io sono oltre ogni preoccupazione di questo tipo. C’è una fessura sotto la porta, spingerò sotto di essa questo foglio prima che la marea la raggiunga e cercherò di bloccarla con la penna, in tal modo spero di riuscire a far sapere a tutti qual è stata la mia fine. Ho paura, certo, ma in fondo al cuore so che sto per unirmi con la creatura che amo da prima ancora di nascere in questa vita.
   
 
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