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Autore: Tigre Rossa    17/11/2016    6 recensioni
“Zio, zio!”
“Dimmi piccolo, cosa c’è?”
“Raccontami una storia.
“Una storia? Ma è già molto tardi...”
“Per favore!”
“D’accordo, d’accordo. Che tipo di storia vorresti?”
“Una bella storia. Una storia vera. Una storia diversa dalle altre.”
“Va bene anche una storia triste?”
“Perché, una storia può anche essere triste?”
“Sì, può esserlo.”
“Non lo sapevo. Allora certo, voglio sentirla.”
“Va bene, va bene. Allora. . . “
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Una piccola storia un po' diversa e senza pretese per farmi perdonare della mia scomparsa... la figlia prodiga è tornata a casa.
Genere: Angst, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Perché era reale'
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Solo una storia triste


 

 

 

“Zio, zio!”

“Dimmi piccolo, cosa c’è?”

“Raccontami una storia."

“Una storia? Ma è già molto tardi...”

“Per favore!”

“D’accordo, d’accordo. Che tipo di storia vorresti?”

“Una bella storia. Una storia vera. Una storia diversa dalle altre.”

“Va bene anche una storia triste?”

“Perché, una storia può anche essere triste?”

“Sì, può esserlo.”

“Non lo sapevo. Allora certo, voglio sentirla.”

“Va bene, va bene. Allora. . . “

 

 

C’era una volta, tanto ma tanto tempo fa, un regno fatto di oro e argento, protetto da un’alta ed imponente montagna. Quel regno era abitato da un popolo di forti e coraggiosi nani, e i più forti di loro sedevano sul trono. Tra questi, c’era un giovane principe dai lunghi capelli color notte, dal sorriso più luminoso dei diamanti e dai grandi occhi azzurri. Era buono e coraggioso, ed un giorno avrebbe guidato lui quel popolo fiero. O almeno così credeva.

Una triste mattina, però, accadde qualcosa di terribile, che cambiò per sempre il suo destino.

Un gigantesco drago sputa fiamme, proveniente da terre lontane, attaccò il regno sotto la montagna per impossessarsi dei suoi tesori. I nani lottarono a lungo, e il principe dagli occhi azzurri tentò di fermare la bestia, ma non poterono fare nulla. Furono sconfitti, e per salvarsi dovettero fuggire, abbandonando la loro casa. Il popolo dei nani era ferito, spezzato, abbandonato a se stesso. Non aveva più niente e non sapeva cosa fare,ma nessuno degli altri regni non volevano aiutarlo. Così, il principe, distrutto dal dolore, si fece forza, raccolse la sua gente e la condusse per il mondo, alla ricerca di un posto dove ricominciare. Vissero molti anni duri, e spesso dovettero fare quasi da servi agli uomini ed agli elfi per riuscire a vivere. Il principe aveva un cuore fiero, ma accettò quel destino e fece tutto quello che era necessario per proteggere il suo popolo. Lottò contro armate di nemici, lavorò notte e giorno senza stancarsi né lamentarsi mai, sacrificò ogni cosa. Ormai non sorrideva più, sempre tormentato dalla sua patria lontana e dal destino che l’aveva travolto e trascinato così lontano.

Dopo molto tempo, riuscì a trovare un posto dove fermassi e riposare, ma continuava a guardare verso l’orizzonte, pensando alla sua casa perduta, e sognando dentro il suo cuore di poter tornare un giorno a riprendersela.

 

“Il principe era davvero coraggioso.”

“Sì, è vero. Lo era.”

“Come si chiamava?”

“Thorin. Si chiamava Thorin.”

 

 

Molti anni dopo, però, il principe senza regno decise di partire. Voleva riprendersi casa sua, ed era disposto a tutto per riuscirci. Così, prese con sé dodici compagni, dodici nani fedeli che erano sempre stati al suo fianco, e si mise in viaggio. Ma il drago era ancora vivo e custodiva la montagna, e lui non aveva idea di come riuscire ad entrare. Così, un vecchio e strano stregone innamorato delle avventure gli suggerì di prendere con sé uno scassinatore, affinché aprisse nel fianco della montagna una porticina invisibile. Il principe si fidò e gli chiese di trovargli il migliore scassinatore di tutti i regni, ed lo strego lo portò da uno hobbit.

Questo hobbit, però, non era come il principe se lo aspettava. Era giovane ed inesperto e non aveva mai messo il naso fuori dalla porta di casa sua, né aveva il minimo desiderio di farlo. Aveva paura della sua stessa ombra e l’idea di dover affrontare un drago lo spaventava oltre misura. Il principe, allora, si arrabbiò, prese i suoi compagni e lasciò il buco hobbit, deciso a non perdere tempo con qualcuno che non sarebbe mai stato disposto ad aiutarlo.

Ma il piccolo hobbit lo sorprese. Ripensò alle sue parole ed ai suoi canti di fronte al fuoco e, quando ormai erano lontani, corse così tanto da raggiungerli e si mise a loro servizio. Il principe dagli occhi azzurri rimase sorpreso, ma lo prese con sé.

All’inizio, fu solo d’intralcio. Combinava un guaio dopo l’altro, mettendo a rischio i nani e la missione, e il principe avrebbe solo voluto liberarsi di lui. Era un peso, e nient’altro.

Lo hobbit era così triste che pensò di lasciare la compagnia, ma prima che potesse farlo caddero tutti in un’imboscata. Combatterono senza sosta, ma i nemici erano troppi, e lo stesso principe stava quasi per morire. Allora, il piccolo hobbit si fece coraggio, tirò fuori il suo ancora più piccolo coltello e si mise tra lui ed il nemico, proteggendolo e salvandogli la vita.

Alla fine, grazie ad alcuni amici uccelli dello strano stregone, la compagnia riuscì a fuggire, e quando il principe aprì gli occhi capì cosa lo hobbit aveva fatto per lui. Allora dimenticò ogni cosa, lo abbracciò e lo ringraziò con tutto il cuore, lasciandolo senza parole. Quel giorno, il principe triste sorrise per la prima volta dopo anni. Da quel momento, lui e lo hobbit divennero amici.

 

“Davvero?”

“Sì, e non c’erano amici più leali di loro due.

Avrebbero affrontato un’intera armata di draghi, per proteggersi a vicenda.”

 

La compagnia affrontò numerose avventure e grandissimi pericoli, ed ad ogni prova il principe e lo hobbit diventavano più vicini. Si affidavano l’uno all’altro senza esitazione. Quando furono catturati tutti tranne lo hobbit, il principe non ebbe alcun dubbio sul fatto che avrebbe trovato il modo di liberarli. E lo hobbit sapeva che poteva contare sul principe, sempre e comunque. Si volevano bene, e il principe si fidava di lui più di chiunque altro.

Ma ben presto, l’amicizia che il piccolo hobbit provava per il principe dagli occhi azzurri mutò in qualcos’altro. Pian piano, mentre i giorni passavano, si rese conto di vedere solo lui, di desiderare solo il suo bene e la sua salvezza, e la notte sognava il suo sorriso e la sua voce profonda.

Si era innamorato del principe senza corona.

Lo hobbit un po’ si vergognava di quel sentimento ed un po’ non lo capiva, ma soprattutto aveva paura. Aveva paura che i sentimenti del principe non fossero gli stessi, paura di rovinare tutto, paura di non essere abbastanza. Così, rinchiuse quell’amore senza futuro nel suo cuore e rimase in silenzio, lasciando che fossero i suoi gesti e solo i suoi gesti a parlare per lui.

 

 

“Perché non gliel’ha mai detto?”

“Cosa?”

“Perché lo hobbit non ha mai detto al suo principe che si era innamorato di lui?”

“Oh, glielo disse. Solo, lo fece quando era troppo tardi.”

 

Alla fine, dopo un lungo cammino, la compagnia giunse alla montagna. Il piccolo hobbit riuscì ad aprire la porticina invisibile ed i nani entrarono, commossi di essere finalmente a casa. Ma il drago era ancora lì e non aveva alcuna intenzione di andarsene. Lottò con tutte le sue forze contro di loro, deciso a ridurli in cenere ed a cancellarli per sempre, ma il principe non glielo permise. Organizzò un piano con i suoi compagni e riuscì a cacciare il drago, che volò via furioso, senza sapere di andare incontro alla sua morte.

I nani avevano finalmente riconquistato il loro regno, e il principe senza titolo la sua casa. Erano felici più che mai, ma quella felicità non era destinata a durare. Il drago, mostro crudele e senza onore, aveva gettato una maledizione sul tesoro del regno, e il principe cadde vittima della follia. Non pensava più alla sua casa, ma solo all’oro ed ai gioielli, e ne era gelosissimo. Maltrattava i suoi amici e non voleva parlare con nessuno. Era cattivo, violento, ed i suoi occhi erano oscurati. Sembrava una persona completamente diversa. L’unico a cui permetteva di stargli vicino era lo hobbit, che nonostante la maledizione continuava ad amarlo e cercava di annullarla a tutti i costi.

Ma prima che potesse riuscirci, si riunirono di fronte alla montagna numerosi eserciti, tutti che volevano una parte del tesoro dei nani. Il principe non aveva alcuna intenzione di cedere alle loro pretese, anche se sapeva che se non l’avesse fatto la montagna sarebbe stata attaccata e tutti loro sarebbero morti. Lo hobbit tentò di farlo ragionare, ma quando questi si rifiutò di ascoltarlo, decise di salvarlo a tutti i costi, anche mettendo a rischio la propria vita.

Una notte rubò il tesoro più prezioso del regno e lo portò di nascosto ai capi degli eserciti, affinché avessero qualcosa con cui ottenere un patto. I capi, stupiti dal suo coraggio e dal rischio che stava correndo, cercarono di convincerlo a restare con loro, al sicuro, ma lui non aveva alcuna intenzione di abbandonare il suo principe, e così tornò indietro, senza temere le conseguenze. Non poteva lasciarlo affrontare tutto quello da solo, e dentro si sé aveva giurato di stare al suo fianco fino alla fine.

 

 

“Lo amava veramente così tanto, zio?”

“Lo amava più della sua stessa vita.”

 

 

Il giorno dopo il principe scoprì quello che aveva fatto e si sentì tradito; furioso, lo scacciò del regno, maledicendolo e spezzandogli il cuore come lui aveva appena fatto col suo. Il piccolo hobbit fu costretto ad andarsene, ma il suo sacrificio non servì a nulla; il principe ormai perduto si rifiutò di cedere e decise di scendere in battaglia. All’ultimo momento, però, tornò in sé, e divenne di nuovo il principe giusto ed onorevole che i suoi nani avevano deciso di seguire e di cui lo hobbit si era innamorato. Questi pensò che allora tutto sarebbe andato bene, che ogni cosa si sarebbe risolta, ma . . .

 

 

“Perché ti sei fermato, zio? C’è qualcosa che non va?”

“No, piccolo. Solo che. . .è una parte molto triste e molto difficile da raccontare.”

“Non fa niente, vai avanti.”

“Io . . . d’accordo.”

 

 

Il principe vinse la battaglia, ma non del tutto. Il suo peggiore nemico, che l’aveva seguito per tutto il cammino, l’aveva sconfitto, e fu costretto ad intraprendere un viaggio senza ritorno per un mondo oscuro, senza luce né gioia, da cui non avrebbe mai potuto fare ritorno.

Lo hobbit fece appena in tempo a raggiungerlo prima che partisse e, piangendo, quasi senza rendersene conto, gli rivelò i suoi sentimenti. Allora il principe, senza dire niente, gli prese il viso rigato di lacrime e lo baciò dolcemente. Fu un bacio di addio, tenero e triste come era stata tutta la sua storia, e quando lo hobbit aprì stupefatto gli occhi il principe che gli aveva rubato il cuore se n’era già andato.

Ferito ed affranto, il piccolo hobbit innamorato ripartì e tornò a casa sua, anche se avrebbe voluto non fare più ritorno. Si chiuse lì dentro, sbarrò le porte  e le finestre e non uscì mai più, chiudendosi in un mondo oscuro molto simile a quello che gli aveva rubato il suo amore. Forse, vive ancora lì, tutto solo in mezzo all’oscurità, con il cuore spezzato e negli occhi il riflesso del sorriso del suo principe. Forse, resterà lì fino a quando non potrà raggiungerlo nel suo mondo oscuro. Ma questo solo i saggi lo sanno.

 

 

“È una storia davvero triste.”

“Lo so, piccolo. Lo so.”

“Io però credo che il principe Thorin tornerà a prendere il suo hobbit, un giorno. Alla fine, riuscirà a tornare da quel mondo oscuro, vedrai. Lui è riuscito a tornare a casa, no? Riuscirà anche a tornare da lui. Si presenterà alla sua porta e busserà tanto da farlo spaventare e da farlo correre ad aprire. Quando lo vedrà, lo hobbit triste scoppierà in lacrime, ed allora lui lo abbraccerà, gli chiederà scusa per averlo lasciato, gli dirà che lo ama anche lui e lo porterà con sé, per poi non lasciarlo più. Vedrai che sarà così!”

“Vorrei . . . vorrei che fosse vero, bambino mio. Lo vorrei tanto.”

“. . . “

“Perché stai piangendo, zio Bilbo?”

 

 

 


  
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