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Autore: Betulini2000    18/11/2016    0 recensioni
El secreto de Puente Viejo- Anno 1938. La famiglia Castro Castañeda vive felice e serena a Cuba, il tempo è passato in fretta ed Esperanza e Beltrán sono ormai grandi. All’Havana sono contenti, ma Puente Viejo attira come una calamita. Hanno bisogno di chiarire tutti i dubbi che abitano nella loro mente e, non potendo resistere al desiderio di scoprire quali segreti nasconde il paesino spagnolo, metteranno a rischio il loro. Lanciandosi in questa grande avventura, riusciranno a mantenere il segreto più grande? O verranno scoperti da chi in passato ha fatto tanto male ai loro genitori?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Castañeda, Martin Castro, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anno 1950
“Juanita, Fé è venuta a ritirare le fotografie del battesimo di suo nipote?”
“si, è passata giusto questa mattina con la figlia ed il piccolo Ramón.” La giovane Julia si era sposata da poco con Rafael Mirañar, figlio minore di Hipólito e Gracia, che si era rivelato un ragazzo con la testa sulle spalle e sensato come pochi.
“che tesoro quel bambino. Com’è strana la vita, i figli delle due famiglie più simpatiche e movimentate di Puente Viejo, sposati e con un pargoletto.”
“già, ma la cosa più buffa è che Rafael sia un ragazzo serio, visto il padre che si ritrova. Hipólito è generoso e simpatico, ma strano da morire”
“avrà preso da Gracia” Beltrán e Juanita si guardarono e risero. Quella formata da Julia e Rafael non era l’unica giovane coppia che si era formata in paese, infatti il primogenito di Hipólito e Gracia, Tomás, molto simile al fratello sia fisicamente che caratterialmente, si era sposato qualche anno prima con Sofía, la figlia di Severo e Candela ed il matrimonio aveva dato i suoi frutti; infine c’era Marcos Moliner che si era innamorato perdutamente di Blanca, la cubana con cui stava Beltrán e che si era trasferita cinque anni prima a Puente Viejo, e, poiché il sentimento era reciproco, dopo appena tre mesi erano già a giurarsi amore eterno all’altare. Blanca e Beltrán avevano chiarito ogni cosa ed erano rimasti buoni amici, anche se a lui non piaceva il modo in cui a soli quattro anni quel mocciosetto di suo figlio girava attorno alla piccola Inés. I coniugi Castro Ortuño avevano due bambini: Bosco, di nove anni, ed Inés che ne aveva appena compiuti tre. Il figlio adottivo di Gonzalo e María, con il consenso della moglie, aveva deciso di chiamarli come chi lo aveva messo al mondo, per onorare la loro memoria. Più volte Candela e Fé gli avevano raccontato la storia dei suoi veri genitori e,anche se non era tanto bella come quella di chi lo aveva cresciuto, era rimasto sconvolto dal fato a loro avverso, quindi visto che aveva scelto di perdere il loro cognome, gli sembrava giusto ricordarli in qualche modo, e perché non farlo tramite i nipotini? Gonzalo e María erano rimasti piacevolmente colpiti dalla sua decisione ed adoravano i piccoli, chiunque li amava perché erano bellissimi ed incredibilmente teneri.
“Padre … mi avevate promesso che oggi saremmo andati a fare una passeggiata a cavallo” disse il piccolo Bosco entrando nel grande salone della Villa con gli stivali già sporchi di fango.
“certo cucciolo mio, adesso io e tua madre facciamo una veloce telefonata alla zia Esperanza e poi noi due partiamo all’avventura.” Fece l’occhiolino al giovanotto che sorrise, felice. Beltrán alzò la cornetta del telefono e diede il numero alla centralinista, nel frattempo Juana si avvicinò a lui con in braccio Inés e gli posò il mento sulla spalla. Mentre aspettava il collegamento con Cuba, lui pensò a quanto fosse immensamente felice: aveva una casa bellissima, nessun problema economico lo torturava, faceva il lavoro che amava e, soprattutto la sua famiglia era meravigliosa, che cosa avrebbe potuto chiedere di più alla vita? Magari avere i suoi fratelli, il suo migliore amico ed i genitori accanto a lui … ma se loro erano contenti all’Havana, non poteva fare altro che rallegrarsene.
“fratello … fratello mi senti?”
“si Espe, sono qui”
“che bello sentire la tua voce, mi manchi. Ci mancate tutti”
“e voi mancate a noi. Che mi racconti? Tutto bene?”
“il lavoro va a gonfie vele, siamo i fotografi più richiesti di tutta la regione. I bambini stanno bene, Juanita ed io ci amiamo ogni giorno di più, insomma non potrebbe andare meglio”
“ne sono felice. Anche noi stiamo benissimo, la locanda ormai è la più gettonata della città, ed in famiglia tutto va magnificamente. Il lavoro non ci manca e non manca neanche a nostra madre che è alle prese con la nuova collezione estiva. Manuél invece è impegnato con il suo nuovo cannocchiale.”
“sarà felice come una pasqua allora”
“più di un bambino in un negozio di caramelle” Beltrán e Juanita risero di gusto.
“molto presto ci rivedremo sorella mia, verremo a trovarvi all’Havana assieme a Roque e Pía per conoscere il nostro nuovo nipotino e per il matrimonio di Clara”
“mio marito sente tanto la mancanza dei genitori, per fortuna che ormai manca poco, vi aspettiamo a braccia aperte” dall’altro capo del telefono si sentì Manuél chiamare a gran voce Espe.
“ora devo andare, ci sentiamo. Ti voglio bene, Beltrán.”
“anche io” il giovane abbassò la cornetta con un grande sorriso stampato sulle labbra, proprio lo stesso che, dall’altra parte dell’oceano, compariva sul volto della sorella mentre faceva il medesimo gesto.
 
“Amore mio, perché mi hai chiamata?” chiese Esperanza entrando nella sala d’osservazione.
“ce l’ho fatta, l’ho montato!” Manuél aveva un sorriso a trentadue denti e corse subito ad abbracciare la sua sposa.
“non avevo dubbi, quando ti metti in testa qualcosa ci riesci sempre”
“si, è una delle mie qualità” lui mise in evidenza il petto, fiero di sé stesso. Il giovane non solo gestiva la locanda assieme alla famiglia, ma aveva anche completato gli studi, diventando un astronomo a tutti gli effetti e si cimentava a trasmettere le sue conoscenze sull’universo ai figli ed ai clienti.
“e dimmi, a cosa dovrebbe servirci?”
“come? Ciò che ti ho spiegato ieri non è servito a nulla? Con questo le stelle sembrano tanto vicine da poterle toccare. Dà un’occhiata” lei fece come le aveva detto e restò stupita dall’efficienza dello strumento, non se ne intendeva ma sembrava valere pienamente tutti i soldi spesi per comprarlo.
“denaro ben speso.”
“certo, i nostri clienti aumenteranno in maniera esponenziale con questo gioiellino.” Accarezzò delicatamente il suo nuovo strumento, lo trattava come se fosse un essere umano.
“non che adesso ci manchino, ma saranno ben accolti.”
“credo che dovrai iniziare a studiare anche il cinese, il giapponese e l’indù perché verranno ospiti fin dal lontano oriente per potersi godere questo spettacolo” Esperanza adorava il suo entusiasmo, era davvero contagioso. Forse avrebbe dovuto davvero cimentarsi nell’impresa di appendere quelle lingue strane e complesse, chissà in futuro avrebbero potuto esserle utili.
“hai sentito, piccolo? Il tuo papà è al settimo cielo” disse la Castro accarezzandosi dolcemente la pancia: erano ormai al loro terzo figlio.
“e come non esserlo? Ho al mio fianco il grande amore della mia vita… e mia moglie” Espe lo fulminò con lo sguardo, ma si tranquillizzò quando vide una smorfia di scherno sul volto di lui.
“ovviamente scherzo, tesoro. Niente potrà mai essere più importante di te e dei nostri angioletti” si avvicinò per baciarla ed il mondo attorno scomparve.
“su, dai. Ora muoviti, sai bene che tra qualche ora abbiamo la festa di fidanzamento di Clara e Gabriel e tu ancora sei tutto sporco.” Manuél corse a cambiarsi e poi aiutò la moglie a preparare la serata.
 
Alla fine l’interesse innocente che la piccola Clara e Gabriel provavano fin da bambini si era davvero trasformato in amore: erano una meraviglia per gli occhi, proprio come Jorge e Luz. Quest’ultima era la figlia minore di Celia, un’amica che María aveva conosciuto in convento e che si era trasferita a Cuba all’incirca sei anni prima con tutta la famiglia al seguito. Jorge e Luz si erano conosciuti al battesimo del secondogenito di Espe e Manuél, ed era stato amore a prima vista.
“ahimè, anche se mi costa ammetterlo, è giunto i momento di lasciare andare anche la mia dolce Clarita. Anche lei è diventata una giovane donna, pronta per affrontare il mondo, e sono felice di lasciarla nelle mani di un bravo ragazzo. Sapevo fin dal principio che sareste finiti insieme, tutti lo sapevamo, è un bene che anche in questo caso l’amore abbia trionfato.” Gonzalo pronunciò il suo breve discorso con le lacrime agli occhi, poi alzò un calice di vino. “non voglio dilungarmi, altrimenti scoppierò a piangere. A Clara e Gabriel!”   gli invitati brindarono alla loro felicità ed i festeggiati si baciarono. María si avvicinò al marito e gli asciugò le lacrime che gli rigavano il volto.
“sto bene, vita mia”
“so che è difficile per te lasciarle andare, come lo è per me.” lui le prese la mano e se la portò alle labbra.
“se ci sei tu con me, niente sarà mai difficile.”
“pensa che tra poco questa locanda sarà piena di pargoletti: oltre a quelli di Espe, ci saranno anche quelli di Clara e Jorge. Ho realizzato tutti i miei sogni, tesoro, non solo quelli nel campo della moda, ma soprattutto quello di avere tanti figli e un mucchio di nipoti. Guardaci: questa famiglia è o non è l’immagine della gioia?” Gonzalo si guardò intorno e sorrise.
“certo. Sono felice che ogni tuo desiderio si sia realizzato. Tu sei sempre stata il mio sogno, e ti ho qui con me quindi anch’io sono pienamente appagato della mia vita” si baciarono ancora una volta, sottolineando il loro amore che non sarebbe mai stato intaccato dal tempo. In quel momento passò davanti a loro Alba, la maggiore dei figli di Espe, che corse in braccio allo zio Tristán, seguita dal fratellino Martín. L’uomo aveva organizzato un’avvincente caccia al tesoro per tenere impegnati tutti i bambini e farli divertire; con queste sue trovate geniali, si era accaparrato la simpatia dei piccini ed anche dei grandi, che intanto potevano rilassarsi e chiacchierare tranquillamente. Quando la gara iniziò, Manuél e sua moglie uscirono dalla locanda ed andarono a fare una passeggiata sulla spiaggia.
“secondo me vincerà Alba come ogni anno, è davvero una bambina sveglia, proprio come Martín”
“si, il mio giovanotto e la mia adorata principessa”
“c’era un periodo in cui chiamavi me così” disse Espe.
“adesso non più, Alba e la piccola in arrivo hanno preso il tuo posto”
“devo essere gelosa del cannocchiale e delle mie bambine, per caso?” si finse indignata.
“tu sei la mia regina” stavano camminando mano nella mano, quando lui si fermò a baciarla. Il cielo stellato non faceva che rendere più romantico il momento.
“come fai a sapere che sarà una femmina?”
“lo sento qui” indicò il cuore. “e so anche come potremo chiamarla”
“cioè?”
“Felicidad” il sorriso per un attimo si spense sul volto della donna.
“mi prendi in giro? Quel nome mi ricorda troppo la Montenegro e le bugie che ti ho raccontato a causa sua”
“lei è morta e sepolta ormai, non pensarci più. Mi piacerebbe chiamarla così perché rispecchia esattamente la nostra vita. Siamo felici, e la felicità è la cosa più importante” Espe ritornò con la mente alla primavera del 1938, quando suo padre le aveva regalato la collanina che ancora portava al collo, e che le aveva dato il coraggio di partire. Poi pensò al male che quella megera e Fernando avrebbero potuto farle ed alle persone che aveva trovato e lasciato in quel paesino spagnolo. Capì che tutto quello, in fin dei conti, apparteneva al passato, ed il passato non sarebbe mai tornato, nel bene e nel male.
 “sai? Hai ragione, se sarà una femmina la chiameremo così” decise che gli avvenimenti passati non avrebbero dovuto condizionare il suo futuro, e Manuél non avrebbe potuto essere più contento della sua scelta. Si baciarono nuovamente e poi si soffermarono a guardare il cielo,le stelle avevano davvero il potere di parlare, e probabilmente loro fin dal principio sapevano che la storia tra Espe e Manuél sarebbe andata a finire nel migliore dei modi. Il firmamento è il custode del destino degli uomini e la luna è testimone del suo avverarsi. C’era plenilunio ed Esperanza, guardando quella palla rotonda e splendente ebbe l’impressione che le facesse l’occhiolino.
, pensò.
 
FINE
   
 
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