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Autore: Riveraythn    18/11/2016    0 recensioni
Una scelta, una condanna, un sacrificio.
Per sopravvivere alla guerra, alla sorte, sarà necessario ciò che ormai è perduto.
La verità non è mai stata più nascosta, la realtà spietata e le decisioni difficili. La perdizione è facile, la giustizia piena di sfaccettature, la pace delicata e solo un cuore appesantito è capace di resistere a tutto questo. Ma la solitudine è ricca di sofferenza, la magia un nemico interiore e i ricordi, quelli sono l'unica giusta via che può tener ancorato a un futuro migliore. Il Principe delle Serpi, tuttavia, avrà bisogno di crescere per affrontare la vita, per affrontare il fato e per lui il nuovo anno ad Hogwarts sarà completamente rivoluzionato dal passato. La sua furbizia è l'unica compagna di viaggio, l'unica che può aiutarlo e le sue capacità dovranno affinarsi per diventare migliori, come la sua persona.
Il rischio è sempre pronto a soffocarlo, la lucidità vacilla quando gli occhi si appannano, l'arrendersi però non è contemplato.
#Drarry #BlaisexNP (Stephen James) #HermioneRon
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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"L'uomo può sopportare le disgrazie,
esse sono accidentali e vengono dal di fuori:
ma soffrire per le proprie colpe,
ecco l'aculeo della vita."
Oscar Wilde_
 
**** 1997 – presente ****
Harry pov.
Assottigliai pericolosamente le palpebre mentre studiai il nuovo giovane entrato nella stanza, che ovviamente non mi convinceva per nulla. A partire dagli occhi di diverso colore, così chiari e spietati, per finire alla sua aria piena d’orgoglio. Non capivo innanzitutto perché Albus si mostrasse tanto felice per quel ragazzo e ancora di più non comprendevo affatto la felicità palpabile di Malfoy. Decisi quindi di cercare di ignorare quel senso di fastidio che si allargò nella pancia quando captai la complicità tra i due, probabilmente tra famiglie ricche si comprendevano bene, anche se l’Auror non sembrava il solito viziato egocentrico. Nonostante avesse una postura fiera e motivata, affascinante nel mistero della sua pericolosità sottile. Non mi piaceva, in realtà, non mi convinceva per niente. Sembrava un Mangiamorte in incognito e sicuramente lo avrei tenuto d’occhio, dato che non avevo voglia di ritrovarmi in un’altra trappola di Riddle, come l’anno scorso e sapere che il biondo riuscisse sempre a lasciar sorgere quel senso di colpa profondo era devastante. Non riuscivo a tollerarlo, a sopportarlo, specialmente perché era così dannatamente calmo mentre esprimeva le sue parole con gravosità. Non capivo come potesse essere cresciuto tanto in questi ultimi mesi, era come se mancasse un passaggio per completare quel puzzle di incertezze, di dubbi che mi stavano martoriando la mente. Per quanto avessi questioni più importanti a cui pensare, sapere che il Principe dei Serpeverde stava diventando una reale minaccia mi lasciava parecchio perplesso e inebetito. Negli anni era stato una continua spina nel fianco, ma mai lo avevo preso in considerazione come realmente pericoloso e ora invece sembrava essere tanto perfido quanto suo padre, forse anche peggio. Sapeva grattare le ferite mai rimarginate, che il tempo stava cicatrizzando, ma che tornavano a sanguinare non appena apriva bocca. Non riuscivo proprio a trovare una spiegazione. Anche se ero certo che quella serpe ora avesse il Marchio nero, non mi capacitavo di come potesse apparire così tranquillo e ombroso, specialmente dopo la scenetta del Cappello che gli aveva parlato in quel modo spaventato. Inoltre il fatto che aveva preso fuoco per un semplice tocco aveva sconvolto tutti quanti, specialmente me. Non riuscivo a trovare risposte ed era fin troppo frustrante. Hermione forse lo era più di me, lei che aiutata dal suo genio le risposte le creava dal nulla. Quindi eravamo parecchio sorpresi da quel cambio di ruoli. Sicuramente stavano tramando qualcosa, il problema era scoprire cosa e quel Aleksej di certo non aiutava, dato che sembrava essere a conoscenza di alcune cose a noi nascoste. Mi stava agitando tutto questo, specialmente pensare che i miei nemici fossero passi davanti a me non stava aiutando la mia calma precaria, già arrivata al minimo il primo giorno e già persa non appena messo piede qui dentro. Era tutto troppo strano, era tutto un maledetto quesito continuo di cui loro già avevano trovato la giusta strada verso la fine del problema, lasciando me indietro insieme a Ron e ‘Mione.
Li guardai mentre Malfoy scherzò con Ryurik, allentando la pressione venutasi a creare nell’ufficio di Silente e soffocai un sibilo infastidito di cui rimasi stupito qualche secondo prima di concentrarmi invece sulle parole pronunciate dal Preside poco prima. Il Purosangue aveva usato Magia Involontaria probabilmente e questo non poteva che essere altamente rischioso per l’incolumità di tutte le persone qui dentro. Soprattutto considerata la potenza celata dietro, che era riuscita a colpire persino il Cappello Parlante. Qualcosa non quadrava, visto che quella serpe non era mai stata tanto forte, nonostante fosse molto intelligente in certe situazioni. Era cambiato e potevo constatarlo da tutto. Inoltre potevo sentire quanto i suoi insulti stessero assumendo un altro livello di crudeltà, gli anni passati lo faceva per puro diletto personale, adesso pareva che parlava solo per il gusto di ferirmi e sapeva perfettamente dove colpirmi per farmi rimanere in silenzio, accolto dal pianto che tutt’oggi non cessava a ricordo di tutta quella morte che avevo causato. Come poteva conoscere i miei punti deboli? Sapevo che tutti avevano notato la fragilità del mio cuore quando ero tornato con Diggory o quando ero rimasto devastato dopo la perdita di Sirius, ma non avrei immaginato che il Principino l’avesse colta tanto bene, magistralmente. Non era assolutamente da lui capire le persone e le loro emozioni, il loro cuore, nonostante da sempre sapeva vedere le debolezze altrui e prendersene gioco, usarle a suo piacimento. Era impossibile fosse cambiato tanto in sole poche settimane dalla fine della scuola a Giugno. Suo padre non gli copriva più le spalle perché era in prigione, ma comunque il suo nome contava moltissimo e lo sapeva, se ne vantava continuamente. Oltretutto aveva Tom al suo fianco, sicuramente, quindi era per questo che aveva iniziato a mostrarsi nel suo vero spessore? Era davvero così forte da averci ingannato tutti per mostrarsi solo alla fine nella sua totale pericolosità? No, qualcosa era assente nella mia testa e non aveva idea di cosa fosse.
 
“Potter, riesco a sentire le rotelle del tuo cervello –di cui ora concepisco l’esistenza- fino a qui. Potresti di grazia smetterla così da evitare di perdere fumo in tutti quei tuoi complessi ragionamenti inutili?” Sollevai lo sguardo puntandolo su Zabini e potei scorgere quel ghigno malevolo. Era un perfetto stronzo, a volte più del suo amico dato che lui usava l’ironia per colpire le persone e renderle inefficienti, mentre l’altro solo per cattiveria sentita con tutto se stesso.
 
“Pensavo vi piacesse essere al centro dei pensieri altrui, vedrò di cambiare opinione allora” risposi con altrettanto sarcasmo, conscio che con quell’adolescente potessi fare solo questo per zittirlo.
 
“Pensavo che non fossimo tanto importanti da essere tra i tuoi pensieri, saperlo ha fatto arrivare il mio ego al suo massimo picco” disse, lasciando comparire il suo solito sorrisetto sghembo annoiato e si accarezzò le labbra strette tra loro, mentre sembrò pensarci su.
“No, in effetti non mi è mai importato il tuo parere, il mio ego ne è rimasto indenne. Dev’essere davvero scocciante per te sapere che solo io posso scalfirlo, immagino, non che mi interessi davvero” finì come se fosse una cosa urgente da sapere e questo in qualche modo mi inviperì e divertì al tempo stesso. Indeciso sbuffai sonoramente, non sapendo davvero come poter incassare quelle parole puntate semplicemente a colpirmi. E ci era riuscito, dannato Salazar.
 
“Sei mostruosamente narcisista, lo sai?” domandò la Parkinson, mentre studiò il ventitreenne  apertamente irritato dalla serpe corvina, che voltandosi verso l’amico subì la sua occhiataccia penetrante e ciò mi diede un pizzico di sollievo. Aleksej sembrava non apprezzare molto Zabini, anzi, a quanto parlavano i suoi occhi lo disprezzava e non poco, per mia somma gioia nonostante le due piccole donne sembrassero completamente rapite dalla fisionomia del russo, ancora sulle sue.
 
“Tutte cose che sapevamo già. Possiamo andare e smetterla di perdere tempo? Preferirei subito mettermi al lavoro con Nikolaj” affermò Malfoy, stancamente e lo fissai con dispetto, sorto in pochi secondi dalla sua intromissione. Non lo riuscivo davvero a sopportare per quanto potessi provarci, era davvero troppo viziato e protagonista eccentrico per farlo. Lo odiavo terribilmente e nemmeno credevo di poter provare un simile sentimento, eppure sembrava non fosse tanto difficile da sentire con la sua presenza al mio fianco che tornò a studiarmi distaccato.
 
“Ci stiamo solo assicurando sia tutto apposto, sai vorremmo evitare i tuoi stupidi complotti quest’anno dove sembra che l’unico rimasto ancorato alla sua immaturità sia tu” sputai, riconoscendo l’ingiustizia della mia sentenza che captò in tutto il suo attacco e le sue iridi grigie saettarono nelle mie tornando a essere crudeli, fin troppo per un diciasettenne.
 
“Tutti ci portiamo dietro qualcosa, tu per esempio ancora oggi lasci che gli altri vengano feriti al tuo posto senza far nulla.” Il dolore al petto divenne presto nauseante e la voglia di picchiarlo irrefrenabile, il senso di colpa crebbe inesorabilmente e le lacrime pizzicarono velocemente le mie pupille. Il pianto lo mantenni incatenato alla mia anima mentre essa si spezzava. La sofferenza tuttavia mi tolse il respiro quando ricordai il corpo privo di vita di mio zio varcare il velo.
 
“Basta così, sei libero di andare Signorino Malfoy” tuonò Albus, dopo quell’ennesima frase strascicata per ferirmi come sapeva sarebbe accaduto, ma ero già stanco di piegarmi davanti a lui e alle sue provocazioni tanto insensibili. Non gli avrei permesso di vedermi ancora una volta sul punto di disperazione più duro da sopportare.
 
“Con permesso” sibilò passandomi oltre, senza più guardarmi in faccia e rapidamente rimanemmo solo io, Hermione e Ron con Silente preoccupato per la mia sanità mentale. Ne aveva tutto il diritto, dato che stavo sentendo di cadere a pezzi ogni giorno di più, avvolto da quel senso di solitudine che dall’estate appena passata continuava ad abbracciarmi.
 
****
 
“Io davvero non capisco” proferii infine, sedendomi scomposto sul divano davanti al focolare, nella sala comunque dei Grifondoro. Il rosso mi avvolse col suo calore e il dorato creò una luce soffusa sopra le nostre teste. Mi slacciai la cravatta per respirare meglio e mi sbottai i primi bottoni della camicia chiusa per bene, quella mattina. Mi passai le dita sulla nuca grattandomi nervoso la gola e mi tolsi gli occhiali per riposare, stanco dalla giornata appena vissuta e da quel susseguirsi di strani eventi.
“Come ha fatto a dare fuoco al Cappello Parlante?” chiesi sconfitto, senza trovare risposta una nonostante da ore la stessi ricercando con tutto me stesso. Insieme ai miei due amici potevo considerarmi frustrato e stressato al pensiero che il biondo se ne stesse tranquillo qui a scuola mentre era complice di Voldemort, un assassino spietato.
 
“Non lo so, sembra che qualcosa sia evoluto in lui, ma non riesco a intercettare cosa” sussurrò sovrappensiero Hermione, prima di guardare nuovamente il grosso tomo sulle sue cosce, aperto sulla storia della magia. Sbuffai d’accordo, scuotendo il capo e Ron sembrò arrabbiato al mio fianco, quando strisciò un piede sul tappetto pesante.
 
“È sempre lo stesso stronzo, solo che è si è incattivito ora che suo padre non gli da favoritismi” affermò, incrociando le braccia al petto mentre morse un panino afferrato dalla Sala Grande mentre venivamo in camera. Avevo intravisto Aleksej presentarsi ai professori con Malfoy alle spalle, spiegando che lo avrebbe aiutato e quindi di non preoccuparsi, che era lì in vesti ufficiali per non far preoccupare nessuno, per la sicurezza di tutti. Non ci credevo minimamente, ma come sempre non era importante il mio pensiero una volta che Silente decideva come agire e cosa fare al momento stesso. Spesso era lui a dirigere le mie azioni, lui era quello che decideva del mio futuro anche se ero io a viverlo ogni giorno, in bene e in male. Come ero io a doverne portare il peso, a lui non interessavano le vittime in cui sarei incorso, per quanto gli dispiaceva. Ero io l’importante e oltre me la sconfitta di Tom Riddle, una volta per tutte. Senza più ritorni impensabili. Avrei decisamente preferito che non tornasse, che nessuna brutta cosa accedesse ancora, ma era chiaro che il mio destino aveva deciso di affrontarmi e non mi rimaneva che prepararmi adeguatamente. Dovevo imparare a controllare la Magia che spesso prendeva il sopravvento e dovevo riuscire a incanalarla solo in qualche pensiero specifico, senza preoccuparmi del resto. Dovevo padroneggiare le mie emozioni e non lasciarmi comandare da esse come sempre era accaduto, potevo farcela sicuramente, infondo l’anno prima avevo estirpato Voldemort dalla mia mente quando aveva tentato di prendere il controllo. Avrei potuto rifarlo ancora, non sarebbe stato difficile se solo avessi imparato la disciplina verso me per primo. Eppure non pensare al pericolo intorno a me era molto difficile, specialmente quando quella serpe mi si avvicinava o entrava nel mio campo visivo, non sapevo come, ma riuscivo a sentirlo dentro, non me lo spiegavo comunque. Ne restavo solo enormemente confuso, sobbalzato dalla sorpresa.
 
“Penso che dobbiamo fare più attenzione, qualcosa ci sfugge” lo avvertii, perdendomi nelle mie riflessi mentre mi graffiai leggermente il mento con le unghie. Non capivo, non riuscivo a comprendere a cosa dovessi prestare maggior attenzione. Era deprimente, mi sentivo deriso da me stesso in qualche modo ed era decisamente morbosamente triste.
 
“Si, la sua Magia a quanto pare è aumentata e anche la sua astuzia, oggi non ho davvero intuito se stesse mentendo o dicendo onestamente la realtà dei fatti” dichiarò la Grenger, leggendo il libro su cui il suo sguardo era puntato e il solo sentire quelle parole mi indispettì dato che nemmeno io avevo captato menzogne o verità, come solitamente riuscivo a fare nei suoi riguardi. Sembrava fosse diventato dannatamente esperto a mascherarsi.
 
“Teniamo d’occhio anche quel Russo, magari come il viziato ha il Marchio Nero sotto quei tatuaggi” sussurrai, rimettendomi gli occhiali per distinguere i bimbi che entrarono nella casata correndo ovunque per ispezionare l’intera area e scoprire nuove cose.
 
“Non siamo neanche sicuri che lo abbia Malfoy, Harry” mi fermò la ragazza guardandomi indispettita dalla mia frase, dal mio continuo accusare il biondo di qualcosa di cui non eravamo veramente certi nonostante lo avessimo visto al Magie Sinister insieme ad altri Mangiamorte. Questo per me valeva più della prova tangibile che sicuramente avremmo trovato sul suo avambraccio sinistro.
“Non saltiamo a conclusioni affrettate, rischiamo di combinare guai se lo facciamo.” Annuii, senza farle notare il mio dissenso e mi scrollai i capelli mori disordinati.
 
“Non vedo l’ora di spedirlo in prigione come suo padre.” Sollevai un sopracciglio sentendo il tono infastidito di Ron e la sua espressione concentrata, furiosa e al tempo stesso timorosa, con quel ragazzo nei paraggi e la sua potenza notevolmente aumentata era normale. Eppure in qualche modo doveva essere cresciuto per divenire tanto forte, anche sera stato solo uno scatto, nessuno poteva rimanere tranquillo con quella serpe a piede libero per il castello. Era decisamente discutibile la sua presenza non sorvegliata da qualcuno. L’Auror non contava dato che era suo amico e probabilmente era influenzato dalla ricchezza del Principino. Digrignai i denti, sospirando esausto e sperando di poter andare presto a dormire per risvegliarmi in un modo senza questi infiniti problemi ininterrotti.
 
“Piuttosto dovremmo pensare anche al discorso del Cappello, ha ragione quando parla di unione e lo sapete bene” iniziò Hermione, poggiando il tomo al suo fianco per farci capire fosse arrivato il momento di parlare di cose ancora più serie, secondo il suo punto di vista. La guerra che sicuramente avrebbe coinvolto tutti gli studenti, quindi e che davvero era più rilevante di un solo giovanotto che aveva sempre avuto tutto dalla vita, che non si doveva preoccupare della sua incolumità o di quella delle persone al suo fianco, dato che già si erano arrese alle idee omicide e piene di superficialità di quel pazzo senza freni. Lui sarebbe stato uno tra i primi al fianco di Voldemort, quindi era meglio pensare a come poter aiutare il resto della scuola.
“Qualche idea?”
 
****
 
Mi sgranchii le spalle una volta rimesso in piedi e scoppiai a ridere vendendo l’espressione corrucciata di Ron, esausto dopo le ore di studio avvenute dopo aver buttato giù diversi piani che potessero aiutarci a difenderci da Riddle, che non avrebbe risparmiato nessuno. Noi invece quest’estate avevamo preferito risparmiarci qualche compito e questo era il risultato.
 
“Scommetto che tra qualche anno diventerai una professoressa di Hogwarts” sbiasciò il rosso alla nostra amica che con aria saputella si pavoneggiò, pensando sul serio che fosse un complimento e per l’ennesima volta mi chiesi quale problema avesse, ma non volevo davvero saperlo. Decisamente no, era una bellissima persona anche per quelle sue stranezze. Come Luna, in un certo senso. Corrugai le sopracciglia e decisi di non dirle di averla paragonata alla Corvonero, non ero sicuro che l’avrebbe presa bene anche se ci era affezionata. 
 
“Mentre tu ripeterei l’ennesima volta questi esami” protestò con ironia divertita, liberando un sorriso bonario che fece intenerire Ron, che comunque le fece la linguaccia senza trovare un modo degno di risponderle. Non riuscii a trattenermi, continuando a sogghignare e mi beccai un piccolo schiaffo dalla ragazza, che si sciolse la coda liberando i ricci castani.
 
“A proposito, ‘Mione tu sai che voleva dire Silente su Aleksej? Intendo quando ha parlato del fatto che gli ha fatto bene andare via dal castello” le chiesi, ricordandomi di quell’affermazione e diventandone curioso. Più informazioni avevo riguardo quell’Auror, meglio era per noi e per l’intero corpo studentesco.
 
“No, ma anch’io ci ho fatto caso e mi sono messa apposta a cercare qualcosa prima, ma non ho trovato niente. Potrei comunque provare a chiedere a Lumacorno quando avremo la nostra prima lezione, Malfoy sarà presente e magari si vanterà di saperlo rivelandoci qualche piccolo dettaglio” disse, speranzosa che commettesse quel piccolo errore e che dubitavo fortemente avrebbe fatto, dato che stranamente stava diventando più calcolatore di prima. Non ne ero sicuro, ma non mi sembrava più agisse dall’istinto di dimostrare qualcosa a me o agli altri, lo faceva per un altro obbiettivo e anche questo mi preoccupava dato che non poteva essere nulla di buono, per mia sfortuna.
 
“Non credo accadrà, ma possiamo tentare e inoltre Lumacorno mi sembra un professore tranquillo, vedremo cosa nasconde anche lui” sbadigliai, stanco da quella giornata interminabile e sorrisi quando notai gli altri due fare lo stesso. Silente mi aveva informato che il maestro di pozioni nascondeva un segreto che ci avrebbe aiutato a capire meglio Tom, quindi stavo cercando un modo per farlo parlare senza insinuare domande nella sua mente e non era facile.
 
“Possiamo rimandare tutto a domani però? Non vedo l’ora di riunire la squadra di Quidditch” irruppe Ron, seguendomi lungo le scale diretti nella nostra camera, con la Grifondoro al seguito e notai l’occhiata di Ginny mentre mi ritirai per dormire, salutando la sala comune con una buonanotte generale.
“Harry, anche quest’anno sarai sicuramente il nostro cercatore, devi assolutamente farci sognare.” Annui distrattamente, sentendo un impeto d’adrenalina al pensiero di ricorrere il boccino mentre l’aria mi sferzava sul volto e potei riconoscere l’impellente desiderio di volare farsi strada lungo il mio corpo mentre mi cambiai, quando la Grenger chiuse le palpebre per non essere in imbarazzo e con cautela mi misi sotto le coperte, invitandola a sedersi ancora un pochino con noi.
 
“Non sto più nella pelle, finalmente torneremo a giocare. Lo aspettavo da tutta l’estate” dichiarai ricordando quanto avessi desiderato la mia scopa costretto tra le mura dei miei zii, prigioniero della mia stessa casa. Se avessi potuto sarei scappato e non mi avrebbero più rivisto.
 
“Sai che adesso hai una tua dimora? Prima o poi dovrai andarci, non puoi evitarlo, Sirius te l’ha lasciata apposta.” Mi morsi un labbro alle parole della castana, sapendo quanto fossero vere, ma non volendo ammetterlo a me stesso per via del dolore che avrebbe comportato mettere piede dove un anno prima avevo festeggiato il natale col mio zio, quando ancora era vivo e passato oltre il velo. Era tremendamente tormentoso come ricordo e non volevo averci nulla a che fare, per quanto potessi evitarlo, stava divenendo sempre più difficile.
 
“Ci andrò, te lo prometto, solo non ora.” Mi distesi, dando le spalle ad entrambi per perdermi tra le foto incastrate tra i pensieri di Sirius e i miei genitori, sentendo le lacrime zampillare sugli angoli degli occhi. Dopo tanto tempo ancora mi faceva male sapere che persone che m’amavano, erano morte per proteggermi da quel omicida senza cervello. Era indubbiamente ingiusto ed era sbagliato, sarebbero dovuti restare con me e donarmi la famiglia che tanto desideravo, non sparire ancora prima che potessi conoscerli o abituarmi alla loro presenza. Chiusi gli occhi per abbandonarmi alle carezze immaginare che sentii lungo le guance e cercai con tutto me stesso di concentrarmi sull’affetto che sentivo al solo ricercare i loro volti nella mia mente troppo annebbiata dai fatti accaduti per darmi pace. Finché, dopo molto tempo e silenzio, non caddi nell’oblio dimenticando ogni cosa.
 
**** 1996 – un anno prima ****
 
Draco si congratulò con se stesso quando lesse sul giornale l’ennesimo buon articolo sulla sua famiglia ricca, ben voluta da tutti e mal vista da altrettanti, seppur temuta da tutti e la foto dove sia lui che i suoi genitori sorridevano in modo maligno era una prova schiacciante della loro nobiltà. Nessuno aveva l’eleganza dei Malfoy.  Non potevano proprio dire il contrario, anche se avrebbero potuto contraddirlo su tante altre cose, almeno prima di venir cruciati per quell’osare troppo. Il biondo comunque era entusiasta di quel nuovo anno, non perché fosse felice che l’Oscuro signore fosse tornato, ma perché sentiva qualcosa di diverso vibrare nel suo stesso corpo sempre teso per qualche strano motivo. Voleva assolutamente sapere cosa gli stava succedendo e probabilmente quei sogni c’entravano qualcosa, seppur non li capisse e non si capacitasse delle sue stesse azioni. Infondo lui non aveva sbagliato quando aveva porto la sua mano a Potter, vendendo rudemente rifiutato, quindi perché avrebbe dovuto rifarlo? Sarebbe stato un gesto stolto da parte sua e questa era la prima prova che dimostrava la ridicolezza di quei sogni che ultimamente stava facendo regolarmente, già la seconda volta non era stata più una sciocchezza e stava ancora cercando di comprendere cosa realmente volesse dire tutto quello. Era strano, considerato che il Grifone non lo sopportava almeno quanto lui non sopportava quel Sopravvissuto per pura fortuna. Scrollò le spalle, infastidito quando pensò alle parole di quel moretto, di quello creato sicuramente dal suo inconscio mentre riposava tranquillo, indifeso. Che probabilmente non era molto diverso da quello reale visto i discorsi e l’istintività presente in ogni gesto. Non che lui fosse esattamente diverso, ma almeno sapeva di non dover essere costretto a indossare le vesti nobiliari, per quanto trovasse meraviglioso nascondersi dietro di esse il più del tempo che passava in compagnia, o con conoscenze politiche. Era da sempre stato addestrato per essere un signore, non si sarebbe mai scomodato a privarsi dei suoi valori per qualcuno, era una garanzia il suo nome nel mondo Magico e lo sapeva bene. Inoltre dopo il ritorno di Voldemort era ancora più cosciente del pericolo, per quanto lo mascherasse con finta idiozia, ma sapere suo padre nelle grazie del potente mago in parte lo tranquillizzava, anche se non era sicuro vista l’instabilità del suddetto. Oltretutto non era totalmente sicuro che avrebbe vinto quella guerra, dato che già in passato era stato sconfitto dal Golden Boy. Doveva tener conto di tutte le probabilità e doveva cercare una scappatoia a ognuna di esse. Non era facile, ma lui era un grandioso calcolatore.
 
“Potter è stato assolto da ogni accusa, per questo è qui” lo avvertì la serpe corvina, seduta al suo fianco e questo gli fece sollevare incredulo un sopracciglio mentre strappava il giornale dalle mani di Blaise, che sbuffò per la mancata grazia.
 
“Dimmi che è uno scherzo, non può davvero averla passata liscia dopo aver usato la magia” disse in risposta, sconcertato dalle parole che stava leggendo e dalla consapevolezza che davvero era stato giustificato per aver usato la magia fuori da Hogwarts. Grazie a Silente, ovviamente. Si aspettava che il vecchiaccio ci avesse messo lo zampino dato che quel trio la passava sempre liscia per merito proprio suo.
“Non ci posso credere” sibilò infine, frustrato quando posò pesantemente l’articolo sul tavolo tra di lui e la Parkinson che pigramente si portò le unghie davanti alla bocca per mordicchiarle.
 
“Anche tu saresti stati scagionato, non dovresti sorprenderti. Tu hai tuo padre, Potter ha il preside” snocciolò come se fosse una cosa ovvia a chiunque, tranne che a lui. Si sentiva ancora oltraggiato dalla cosa e l’amica stava girando solo il coltello nella piaga.
 
“Questo non c’entra, io ho sempre subito ogni dannatissima punizione. Mio padre non impedisce la mia crescita” ribatté con scarso entusiasmo, infiammato però dal fastidio dell’intera situazione venutasi a creare per via del Grifondoro rilasciato.
“Questo è favoritismo portato all’estremo” dichiarò, in modo drammatico, come se ne andasse del suo orgoglio e gli importasse davvero.
 
“Tuo padre ti salva da qualsiasi cosa, lo sai meglio tu di me e non giustificarlo in qualche modo, dato che anche lui è un’estremista. Ricordo ancora le sue punizioni sulla tua pelle” proferì Zabini di rimando, assottigliando pericolosamente le palpebre per sfidarlo a controbattere, irritato dal biondo che per via dell’orgoglio non accettava di vedere le colpe di suo papà.
 
“Non è la stessa cosa” proferì infine, sulla difensiva mentre si strinse nelle spalle a disagio, mordendosi un labbro per guardare oltre la finestra del treno in movimento.
 
“No, certo, Silente non ha mai punito il suo amato Sfregiato facendolo sentire una nullità inutile e senza dignità” sibilò ancora il corvino, con tono rischioso, continuando ad apparire arrogante e certo nelle sue convinzioni per nulla traballanti quando Draco lo fronteggiò con indugio, cercando una risposta che lo facesse tacere e non la trovò. Non avrebbe comunque ammesso la ragione del moretto di fianco.
 
“Smettiamola di deprimerci per favore, siamo già abbastanza tristi a concentrare i nostri discorsi su quegli stupidi” affermò la ragazza, quando posò la sua tazza fumante nuovamente sulla superficie in legno spesso.  Inclinò il capo per farsi una coda, quando i capelli neri le caddero davanti alla spalla in quelle onde ben curate. Se li sistemò e tornò a studiare i due amici, che continuarono a rimanere immutabili e silenziosi, persi nel loro orgoglio di sempre.
“La finite? Non siete voi a dover litigare” sbiascicò esasperata da quell’atteggiamento considerato ancora infantile nella sua mente.
 
“Non stiamo litigando, lui difende quel Golden Boy” accusò Draco, realmente ferito al pensiero che il suo migliore amico non fosse dalla sua parte in quella piccola cosa, ma anzi, la usasse per sollevare ricordi dolorosi, che voleva lasciarsi alle spalle anche se senza troppo successo.
 
“Non difendo nessuno, dico solo di evitare di dire menzogne in nostra presenza, dato che conosciamo la tua famiglia meglio di chiunque altro” protestò quindi Blaise, scrollando le spalle con indifferenza e le diede poi alla serpe pallida, che rimase interdetta quando vide quel modo di fare distaccato. Il Principe dei Serpeverde non riusciva a comprendere perché quel ragazzo fosse tanto arrabbiato in quel momento.
 
“Quindi?” domandò, dopo aver ponderato bene se fosse il caso visto l’aria scocciata che ora dominava il volto di Zabini, che si inviperì dopo quell’ennesima mancata sagacia.
 
“Hai bisogno che i tuoi elfi domestici capiscano per te le mie parole in modo da spiegartele con un disegnino?” lo attaccò, ormai palesemente sul piede di guerra e cogliendo impreparato il minore dei Malofoy lo lasciò senza parole, sconvolto per qualche secondo in cui incassò quel colpo acido. Scosse il capo, non riuscendo a recepire come mai il sedicenne fosse tanto scettico e decise quindi di restare a bocca chiusa per i rimanenti minuti in cui lo studiò attentamente. Captò il suo respiro regolare e la fronte imperlata dal calore della cabina, scorgendo anche il lieve rossore sugli zigomi che dimostrava la stanchezza del viaggio. I vestiti tuttavia leggeri fasciavano il fisico asciutto dandogli un’immagine affascinante. Alla fine colse cosa realmente Blaise odiasse di tutto quello.
 
“Pensavo ne avessimo già discusso, dovevo imparare certe cose e l’ho potuto fare solo tramite certe esperienze” bisbigliò in tono cauto, attento alla reazione che avrebbe scatenato la sua frase. Non si aspettava sicuramente che il corvino si alzasse per uscire immediatamente, dandogli dell’idiota. Sentì anche qualche riferimento al fatto che compresse come mai non fosse stato smistato in Corvonero, ma raccolse quelle sommosse come pregi da aggiungere alla infinita lista egocentrica.
 
“Sai che non gli piace ricordare come le hai imparate, perché ti ostini a difendere l’indifendibile?” proruppe infine Pansy, avendo visto quella scena ripetersi già in passato e sapendo benissimo a cosa fosse dovuta, visto che Blaise nonostante non lo dimostrasse sempre, teneva veramente al biondo ancora non sicuro di cosa dire a tal proposito.
 
“Lasciamo perdere” decise, alla fine, uscendo per andare a cercare il moro con il quale avrebbe voluto immediatamente far pace.
 
****
 
Quasi due ore erano passate dalla scomparsa di scena di Zabini, in cui Draco aveva dormito per una buona mezz’ora e del sopracitato ancora nessuna traccia. Stava realmente iniziando a preoccuparsi, Tyger e Goyle poi non stavano aiutando essendo due amebe capaci solo di seguirlo, appicciati come sanguisughe non erano capaci di organizzarci per cercarlo in più posti contemporaneamente. Sarebbe stato chiedere troppo.  Però aveva trovato Potter, insieme alla piattola e quel rosso, che davvero detestava con tutto se stesso. Non voleva farla tanto lunga per via di quei sogni che vedeva protagonisti lui e Harry, quindi decise di evitare di perderci troppo tempo non essendo in grado di prevedere l’intensità di quelle giade che lo avevano già fissato una volta, prima che l’Espresso partisse quella mattina. Non sarebbe stato da lui non dire nulla, ma neanche si sentiva all’altezza di usare il suo solito sarcasmo e quindi optò per una semplice frecciatina sulla sua liberazione.
 
“Avevo letto che eri stato dissolto, ma non credevo addirittura così velocemente, Silente deve influire più di quanto immaginassi” dichiarò passando vicino al trio in cui Harry, che sembrava scosso e infuriato per qualcosa di personale, rispose alla provocazione estraendo la bacchetta per puntarla contro di lui, basito dalla mossa.
 
“Harry, è solo Malfoy” sentì dire Wesley che tenne il Grifone immobile per le spalle, quando però realizzò fosse a un soffio di distanza dal suo viso rimase perplesso, ma ne approfittò elaborare meglio il volto dalla carnagione rosata, seppur chiara, le labbra piene e vermiglie, seguite dal naso dritto e quegli smeraldi enormi nascosti dalla frangia scura, disordinata. Non era per niente brutto, riconobbe, ma non sapeva curarsi. Una grande pecca, secondo il suo modesto parere. Però, nonostante ciò, lo continuava a studiare con moderato disprezzo.
 
“È completamente impazzito, che bella notizia” si rivolse ai due scagnozzi alle sue spalle, mentre lo Sfregiato abbassò l’arma con stizza nata non appena aveva continuato a provocarlo. Si distanziò, per precauzione, ricordando il motivo per cui ora si trovava lì in corridoio e nonostante una parte di lui volesse restare finché Potter non sarebbe esploso in quella rabbia che sembrava stesse cercando contenere, girò le spalle per andarsene con passo sostenuto.
 
****
 
“Mh?” bisbigliò quando Blaise prese posto accanto a lui, sulla carrozza diretta al castello. Vedeva chiaramente quanto fosse ancora allibito dal suo modo di fare, ma era lì e questo per lui era più importante di qualche dissapore.
 
“Non mi andava di rimanere da solo e so quanto nessuno ti sopporta quando diventi isterico al pensiero di dover nuovamente ordinare le tue cose in quelle camere non abbastanza pregiate per ricchi giovani come noi, che meritano il meglio” lo schernì senza troppa allegria, regalandogli un mezzo sorriso intrigante capace di tranquillizzarlo dato che era tutto passato per la felicità delle Parkinson, che ora si mostrava più calma dinnanzi a entrambe le serpi. Ne ebbe la prova quando udì il suo sospiro di sollievo.
 
“Mi agito quando discutete e non vi parlate, conoscendo l’orgoglio maschile. Mi dimentico che in qualche modo tornate sempre l’uno dall’altro” confessò, arrossendo appena per quell’ammissione smielata, per nulla da loro che li fece leggermente sobbalzare. Non si aspettavano certe parole.
 
“Draco non può stare senza di me, lo sai” lo derise ancora il corvino, anche se era visibilmente colpito da quella consapevolezza che li aveva colti impreparati, ma che avevano imparato a conoscere fin nella sua profondità col tempo vissuto insieme.
 
“E si sa che ogni di cui ho bisogno ce l’ho, in quanto Malfoy” proferì con fierezza, ridendo divertito insieme agli altri due Serpeverde, che alzarono gli occhi al cielo dilettati dalla quella risposta. Quel passaggio sulla carrozza creò una solenne sinfonia nella sua mente, che con calma lo accolse in un mondo di tranquillità quando chiuse le palpebre, tra le braccia del moretto.
 
****
Draco pov.
Sbuffai sentendo addosso quel tessuto morbido che comunque non ero abituato a indossare. La canottiera rossa, che risaltava l’argento delle mie iridi, appariva sanguigna contro la mia pelle pallida. Era un contrasto in confronto ai capelli platino e le sopracciglia del medesimo colore, mi piaceva anche se mai lo avrei ammesso a voce alta. Scesi quindi le scale che mi avrebbero portato nel giardino, mentre mi guardai intorno. Lo spettacolo delle mura bianche, in pietra, avvolte nelle nuvole grigie e quel cielo comunque sereno, con gli alberi rigogliosi come sfondo e un’atmosfera di pace a incorniciare tutto. Era in qualche modo bellissimo, mai prima d’ora mi ero soffermato a pensarci, a dire il vero. Il venticello era una libidine fresca, capace di raffreddare il corpo sotto quei raggi fin troppo caldi. La Magia aleggiava solenne intorno a me e potevo sentirla vibrare in ogni fibra, insieme a quella calma apparente che il silenzio maestoso trasmetteva attraverso il fogliamo in leggero movimento, accarezzato dalla brezza. Nessun pericolo all’orizzonte, niente che avrebbe potuto farmi male.
 
“È fantastico” sussurrai respirando a pieni polmoni l’aria pulita. Ma improvvisamente il senso di solitudine si allargò nel mio cuore, come al Manor non c’era nessuno con cui potessi condividere la gioia del paesaggio, niente che potesse completare quella mia contentezza effimera.
 
“Sono d’accordo.” Mi voltai per riconoscere un momento dopo la figura allegra del Grifone, avvolto in una maglietta bianca a mezze maniche. I jeans strappati e i capelli ordinati in un’acconciatura pettinata crearono ai miei occhi eleganza e compostezza. Quelle iridi di smeraldo pulito, così grande sul quel viso dalla carnagione abbronzata, quella bocca vermiglia chiusa in un sorriso dolce e quelle gote così piene da essere color pesco, dove piccole gocce di sudore colarono oltre il mento. Niente occhiali, solo quelle giade a scrutarmi con gioia e quando si sedette al mio fianco, sul gradino, sentii qualcosa di famigliare scaldarmi dandomi la consapevolezza che non fossi solo io a poter scorgere la bellezza diffusa in tutto questo splendido luogo. La felicità palpabile di Potter era così tenera da poter addolcire chiunque, persino me.
Sorrisi, accorgendomi della delicatezza del suo passo quando si posizionò in ginocchio, per accarezzare alcuni fiori cresciuti tra le pietre e li odorò, udendone il suono gioioso che emisero in un tacito movimento supino.
“Come stai?” mi chiese serenamente, quando riportò lo sguardo nel mio.
 
“Ora bene” sussurrai prima di sporgere automaticamente la mano per stringere la sua spalla con attenzione, risvoltando il tessuto per liberargli i bicipiti muscolosi dopo tutti gli allenamenti di Quidditch. Annuì con enfasi e captò il vero sollievo trovato a riscontrare la sua presenza.
 
“Raccontami del Manor, Draco” bisbigliò come se non volesse condividere con altri quella chiacchierata e ne rimasi intrigato, dato che da sempre vivevo in sibili nascosti agli altri per trovare vantaggi politici o parlar male di chi considerato inferiore o traditore. Chiusi le palpebre, ricordando le pareti fresche durante l’estate e calde durante l’inverno.
 
“È splendido. Quando entri dal cancello nero posto difronte al viale d’ingresso, che conduce al portone interamente creato con pomelli d’oro, in legno scuro –se non erro di quercia puoi cogliere gli alberi che durante l’estate fioriscono con petali bianchi, donando al giardino immenso un’atmosfera di gioia pura. Le siepi attentamente tagliate ogni giorno con cura e l’erba rifinita sono un terreno morbido dove stendersi quando si vuole fare un picnic, per godersi il vento che sbattendo contro le vetrate crea un sottofondo leggero, puoi udire persino le piante cantare delle loro giornate ricche di allegria. Le fontane emettono uno scrosciare cadenzato e l’acqua limpida cattura la sete di molti volatili che per trovare conforto si issano sul marmo per abbeverarsi. La suddivisione studiata nei minimi dettagli crea due spazi diversi in cui si possono compiere diverse mansioni. Solitamente sulla parte destra mi piace godermi i momenti soleggiati in totale silenzio, per ammirare il panorama intorno a me. Dall’esterno non si può vedere perché le mura ricoprono il perimetro, con aria dominante. La parte sinistra invece la uso per allenarmi, è adibita appositamente per aiutarmi il più possibile a destreggiarmi con qualsiasi incantesimo. Mi piace creare scontri, mi piace come le piante intorno a me gridano e stridono il mio nome in modo da cercare di farmi capire come agire, di pensare al totale luogo in cui sono in modo da sfruttarlo nella sua interezza. Conoscendolo in modo impeccabile posso destreggiarmi al meglio delle mie capacità e non mancano mai di ricordarmelo.
D’inverno invece non posso passarci troppo tempo, ma amo sedermi sulle panchine in marmo bianco per guardare come la neve gelata crea cumoli vicino agli alberi, che lodano la sua compostezza come se fosse una liturgia, come se fosse una svolta che disperatamente attendevano sotto il cocente sole estivo tempo prima. L’aria diventa pungente e ti perfora le ossa, facendoti sentire ghiacciato e ipotermia, ma il fascino della rugiada mattutina che sboccia sui germogli che appaiono morti, ma di cui il lieve russare può essere udito se ci si avvicina abbastanza. Un letargo in cui raccolgo forze per la primavera che giungerà. Ogni cosa diventa bianca, ogni sporco scivola via donando un’eterea immagine a ogni cosa e l’acqua nelle fontane si ghiaccia formando specchi invisibili, nei quali si può rimirare il proprio riflesso. D’altra parte invece si può attuare un allenamento più rigido, che insegna a nascondere il dolore degli arti, per raggiungere gli obbiettivi prefissati. La bassa temperatura è molto dura e gli incantesimi riscaldanti rischiano di non essere abbastanza, perciò devi spingerti al massimo del tuo potere trovando tutto ciò che ti serve solo in te stesso.
 
Quando poi le foglie iniziano a cadere formano disegni lungo il terreno che sembrano essere fatti apposta, si può sentire la secchezza se si fa attenzione al tocco, piccole e raggrinzite. I fiori cantano dei petali perduti con malinconia e li richiamano a sé con disperazione, nonostante sappiano che prima o poi saranno destinati a rincontrare ciò che gli mancano altrove. Il cielo luminoso si scurisce lasciando il sipario alle nuvole enormi, che piangono insieme a loro la caduta di ciò che amano e la pioggia spesso investe in tutto il suo dolore, con quella pioggia, nonostante sia d’aiuto per dar da bere in modo da sollevare ciò era rinsecchito.
 
Ma quando i germogli iniziano a fiorire lasciando spazio a nuova vita penso sia la parte più bella -l’arcobaleno spesso ne condivide la felicità e insieme ad esso anch’io- raccogliendo quella bellezza nella lotta estenuante per crescere al meglio. Si fanno conoscere come bimbi appena nati, i fiori, creando nuove melodie in grado di delinearli nella loro fierezza e l’acqua rompe quella patina superiore per tornare a sgorgare limpidamente, scivolando lungo la fontana per giungere sull’erba verde che torna ad allungarsi in modo da creare un morbido cuscino.”
 
“Hai passato molto tempo nel tuo giardino, da solo, vero?” mi interruppe facendomi spalancare gli occhi, mi ero completamente dimenticato della sua presenza e arrossii appena.
 
“I miei genitori preferiscono rimanere nelle mura della villa, a sbrigare affari che per ora non mi competono fortunatamente” risposi atono, al ricordo delle mille volte in cui chiesi a mio padre di camminare con me e delle altrettante innumerevoli volte in cui me lo aveva vietato severamente. Mia madre invece declinava sempre le offerte per stare in compagnia o uscire a far compere, nonostante non mancasse mai di assicurarsi di darmi un bacio o una carezza.
 
“Continua, com’è il resto del Manor?” domandò interessato e quando incontrai quelle iridi curiose, luminose, dovetti distogliere lo sguardo per non sentirmi sopraffatto da quella pace interiore che mi donarono i suoi occhi. Prima d’ora mai mi era capitato, con lui. Forse perché mi concentravo sempre sull’inutilità delle sue opere in favore del prossimo.
 
“La villa è imponente, quando posi i piedi sulle scale –anch’esse in marmo bianco che contro le vetrate blu creano una facciata elegante- puoi vederla in tutta la sua altezza e ti senti piccolo a confronto. Spesso, durante i balli, il soppalco è ricco di persone che trovano confronto nelle colonne dove capitelli corinzi hanno bellissimi intagli, si possono cogliere anche lungo la stessa colonna. Le portefinestre, sempre suddivisi in riquadri di vetro, hanno serrature argentee per continuare a dare un’immagine sofisticata e aggraziata, le quattro nel mezzo portano tutti alla sala principale, la più grande del Manor. Le due laterali all’ufficio e alla sala adibita per disegnare. Quando si cammina lungo il pavimento si può sentire quanto sia maestoso, si capta la sua forza ed è come se fosse vivo, nella sua imponenza.
Entrando subito ti accorgi dei divani posti al centro della stanza, un grande lampadario cala dal soffitto, fatto di diamanti e si intona perfettamente al tessuto argenteo dei divani, piccole rifiniture più chiare creano un intreccio floreale di rose, intrigante e ammaliante. Come il tappeto posto sotto di essi, in cui da piccolo mi piaceva giocare per sentirne la morbidezza contro il corpo. I candelabri posti in punti strategici della sala danno un’aria misteriosa, insieme al focolare sulla destra. I quadri di famiglia creano bisbigli melodici, anche se spesso confabulano con disprezzo. La musica che echeggia in ogni angolo durante le feste gli dà un’aria regale, le gradinate che scendono dal secondo piano giungono composte sul pavimento.
Due porte laterali, dietro le scale, portano a un’altra stanza dove si pranza. Un lungo tavolo è collocato nel mezzo, un cestino di frutta è posto al centro –così come il lampadario identico a quello della sala primaria- e  molte sedie eleganti girano intorno ad esso. Tutte fatte in oro bianco, con intagli di serpenti e draghi lungo i manichi e sulla parte superiore dello schienale. Velluto verde accoglie quando ci si siede. Sono molto grandi e quando ero piccolo facevo fatica a restare composto, ma col tempo ho trovato la mia educazione. Il camino scoppietta sempre sulla sinistra e piccole cornici presentano foto dei miei genitori o quadri dipinti da artisti importanti.
Le cucine sono immense, ma ci stanno solo gli elfi domestici e mi è stato sempre proibito entrarci, non potevo guardare la servitù svolgere lavori di basso rango, secondo il pensiero dei Malfoy e qualsiasi altro nobile. Una volta ci provai, ma venni rapidamente catturato da mia madre che mi avvertì di non rifarlo mai più, perché sarebbe subentrato mio padre e per me non sarebbe stato piacevole. Così non lo feci mai più, pensando alla mia sicurezza. Eppure tentai sempre di guardare oltre le porte, senza scovare nient’altro che elfi stanchi.”
 
“Cosa sarebbe successo se tuo padre ti avesse beccato?” Il tono di voce del moro mi parve rigido, profondamente irritato e lo fissai, per studiarne i tratti seri con cui mi stava studiando attentamente.
 
“Mi avrebbe punito per impartirmi quell’insegnamento” sibilai, ricordando perfettamente le dure ore in cui dovevo subire maledizioni precarie, tutte per non ripetere mai più ciò che avevo fatto.
 
“Per esempio?” continuò, interessato sinceramente a capire cosa avevo subito nella vita e scrollai le spalle, indispettito dalle mie memorie tanto tormentose.
 
“Quando a cinque anni riprodussi sulla tela un quadro babbano mi fece scrivere su un foglio, per circa tre ore, che non potevo fare tale torto alla famiglia, non dovevo diventare una delusione e la penna con cui lo scrissi riprodusse quelle parole come tagli nella mia pelle, lungo tutto il mio corpo. La prima cosa che sentii quando scrissi la prima lettere fu un lancinante dolore al fianco e quando mio papà sollevò un sopracciglio sfidandomi a lamentarmi tacqui, continuando ciò che dovevo e da quel momento imparai a non eseguire più certi scandali” spiegai, cercando di districarmi dalla sofferenza soffocante che mi appesantì i polmoni e non ricambiai il suo sguardo furente.
 
“Eri così piccolo” sussurrò, disgustato dalla mia risposta e scacciai velocemente la smorfia identica alla sua, per assumere un atteggiamento indifferente.
 
“Ho imparato, va bene così” conclusi la piccola discussione, mentre scivolai in un limbo di silenzio dove il Grifondoro cercò di ritornare in possesso della sua volubile pazienza che spesso e volentieri non aveva, purtroppo.
 
“E lo studio di disegno? È tuo?” domandò dopo molto tempo, cambiando argomento facilmente e sorrisi entusiasta.
 
“Si, le tele volano sempre ovunque in danze armoniche e quando ne ho bisogno con lentezza si bloccano davanti a me, per venire macchiate di colore poco dopo ed esserne in qualche modo lusingate. Una piccola lampada lampeggia sempre in mia presenza e la piccola scrivania su cui pongo le pergamene dove ho creato qualche schizzo prima. I quadri di paesaggi dello stesso Manor, intorno a me, mi calmano e mi donano abbastanza fiducia da creare nuove opere immaginarie, per cui i miei genitori vanno molto fieri rendendomi felice. Le finestre mi donano la vista spettacolare dei giardini che seguono le mura della casa e le tende bianche permettono alla luce di entrare abbastanza, senza farmi male agli occhi. Inoltre posseggo varie matite, carbone nero magico, di cui non spreco neanche una parte quando lo sfumo contro la carta con la punta calda del pennello umido, che ogni due minuti scarica ciò che contiene per tornare pulito. Inoltre le tempere che macchiano si trasformano in facce divertenti quando le pulisco nei tovaglioli.
La mia camera è direttamente sopra allo studio, sul secondo piano ed è grande quanto esso. Il letto a baldacchino è color petrolio, i divanetti e le poltrone invece sono in pelle nera intorno al piccolo tavolo dove solitamente ci appoggio il materiale per fare i compiti o per scrivere lettere ai miei amici. La scrivani è sotto la specchiera è fin troppo espansiva per me, ma mi piace perché posso appoggiarci molte cose. Utile in qualsiasi momento. Nonostante i tre armadi e le due cassettiere è vuota. Mia madre mi compra sempre vestiti nuovi, che non uso il più delle volte, ma di cui la ringrazio comunque mentre li metto via, al sicuro. Inoltre ho un bagno personale dove c’è una vasca bianca, capace di farmi massaggi rilassanti e una doccia davvero sofisticata che mi lascia trovare pace quando rilascia sinfonie di storie dei miei antenati. Racconti molto belli, anche se spesso tragici, segreti al resto del mondo.”
 
“Esci mai da casa tua?” Alzai un sopracciglio preso alla sprovvista, ma annuii con cautela nonostante arricciai il naso.
 
“Si, per andare a fare compere o vedermi insieme ad altri nobili, per cene politiche quasi sempre.” Sbuffò sconsolato e si mise comodo sulle mani appoggiate sulle pietre. Ora ero perplesso, sembrava dilettato e incerto nonostante su di lui aleggiasse ancora un senso di rabbia ben visibile, ma lasciato alle spalle per evitare l’ennesimo litigio.
 
“E per te stesso? Per vedere i tuoi amici?” domandò dopo aver ponderato bene le parole, come feci io in quel momento.
 
“I miei amici dipendono dalle mie alleanze, dalle voci che ci sono in giro e sull’immagine che avrei stando con loro, tutto si ripercuote sulla mia famiglia se commetto una decisione sbagliata o dico una parola di troppo a chi non devo. Alcune persone nell’ambito aristocratico sono viste male e non posso permettermi di trascorrere tempo con loro, privandone chi lo merita, anche se trovassi più piacevole la compagnia dei primi.” Fortunatamente gli Zabini e i Parkinson erano sempre visti bene nella società, quindi potevo permettermi di stare con loro. La preferivo a quella della maggior parte dei ragazzi imbecilli che conoscevo. In realtà la mamma di Blaise era più temuta che rispettata, ma riusciva comunque ad avere grande influenza sulla moltitudine di persone intorno a lei. Il figlio non era dello stesso avviso e spesso compiva atti di piccola ribellione che sua madre ignorava deliberatamente per convivenza pacifica tra i due, visto che si servivano a vicenda, lui per avere un posto ricco in cui alloggiare e vivere, lei per trovare il testimone perfetto per ogni suo matrimonio.
 
“Fai mai qualcosa che non includa manipolare le cose intorno a te per trovarne vantaggio?” ritentò, affranto alla sola immaginazione di una vita del genere e negai col capo, grattandomi la nuca.
 
“Sono abituato così, per me questa è la normalità che vivo anche in Serpeverde, per mantenere alto il mio nome e la mia fama di Principe, o leader, non posso permettermi di pensare a cose banali quali l’amicizia o l’avventura. Tutto è prefissato, con uno schema ben preciso da seguire e sfruttare per profitto proprio. Lo puoi usare contro altri, puoi aspettare il momento per far affondare altri ed ergerti, ma ci vuole sempre grande astuzia per non rimanere sopraffatto da questi giochi di potere. Non è semplice, ma quando vivi nella maschera di dominanza impari a essere un capo intolleranti verso il resto.” Finsi di non cogliere lo sguardo compassionevole che lessi sulla sua faccia quando rimasi privo di altre parole  e cercai di capire perché ne fosse tanto schifato, ma per era impensabile visto che era la mia quotidianità.
 
“Ti andrebbe di essere libero con me, qui?” Le sue giade luminose mi mozzarono ogni insulto che sarebbe potuto scappare al pensiero che non gli piacesse il mio mondo e, seppur insicuro, esibii un sorriso certo.
“Nessun guadagno se non noi stessi” finì, compiaciuto e ne rimasi inebetito, sentendo però qualcosa sciogliersi nel mio cuore che mi portò ad accettare, contento di essere in quel luogo strano.
 
****
 
La serpe bionda si svegliò, sbattendo le palpebre con lentezza quando sentì la presa famigliare delle mani dell’amico sulle spalle, che lo fecero tornare immediatamente attento alle circostanze intorno a lui e notando l’entrata di Hogwarts ringraziò sommessamente prima di poggiare il piede a terra, raccogliendo la sua valigetta e proseguì verso il castello con aria aristocratica. La folla intorno a lui urlò serena contro il nuovo anno scolastico, nonostante un senso di paura accompagnasse ogni persona e Draco si sentì a disagio, quando si rese conto di chi stesse cercando in mezzo a tutta quella gente di volti conosciuti. Finché riconobbe quegli occhiali tondi che erano puntati verso di lui, quelle iridi verdi che lo scrutarono per qualche minuto confuse e frastornate. Si chiese se Potter avesse fatto qualche sogno come il suo, ma capì immediatamente che era impossibile visto che altrimenti entrambi erano vittime di Magia Incontrollata e lui di certo non aveva problemi con il suo potere ben disciplinato. In qualsiasi caso preferì ignorare quella sensazione di sollievo al pensiero che non fosse da solo, realmente, in quel mondo tanto simile quanto lontano dal vero in cui viveva. In cui lui e il Grifone Non sarebbero mai andati d’accordo nemmeno sotto tortura, dove non riuscivano ad avere neanche uno scambio di battute innocuo.
 
“Ehi, sei pronto?” chiese Pansy, preoccupata quando vide l’amico scombussolato da qualcosa a lei ignoto e subito venne rincuorata. La maschera aristocratica dei Malfoy era nuovamente presente nella fisionomia del Principe al suo fianco.
 
“Immagino sia solo stanco dato le vacanze avute” schernì Blaise, quando Draco alzò lo sguardo dilettato al ricordo delle città visitate, della Russia e della Cina. Bei ricordi che avrebbe custodito per tanto tempo nel suo futuro.
 
“Si, la prossima volta potreste venire anche voi se solo non foste impegnati” rispose, quando un braccio lo avvolse intorno alle spalle per spingerlo oltre i cancelli della scuola e il ragazzo si scostò dalla porta quando il Golden Trio varcò la stessa soglia, ignorando spudoratamente i Serpeverde che cercarono di evitare qualche battuta sconveniente, data la stanchezza impressa in qualsiasi movimento facessero.
“Sicuramente certa gente non sarebbe nemmeno fatta entrare, ma voi fortunatamente vi distinguete da questi discutibili elementi” lanciò comunque una frecciatina, Malfoy, all’indirizzo dei Grifondoro che gli lanciarono subito sguardi furenti e si sistemò la cravatta verde prima di superarli con padronanza di una raffinata eleganza.
 
“Nemmeno noi vorremmo entrare in un posto condiviso dal vostro enorme ego” rispose la Grenger facendo ridere i due rosso-oro dietro di lei e il Principe delle serpi non perse l’opportunità di deriderli.
 
“Lo hai appena fatto, Sanguesporco, come ogni giorno degli ultimi quattro anni” sputò, insultandola con gusto e quando i verde-argento risero sommessamente, Potter e Wesley serrarono il pugno andando via con Hermione, abbattuta quando si rese conto di aver totalmente sbagliato l’uso delle parole. Ma, una cosa in comunque, fu che tutti le persero completamente quando entrò con passo stridente una signora dalle vesti rosate e i capelli di una pettinatura eccentrica sul capo, il biondo ne rimase orripilato. Il Preside le diede un benvenuto educato e la condusse in Sala Grande, dove in pochi minuti tutti si sarebbero riuniti per il primo banchetto. Non era certo di voler sapere chi fosse e Potter sembrò del suo stesso avviso quando scappò letteralmente verso le scale, verso la torre dove sarebbe stato al rifugio.
 
“Andiamo?” Annuì, incamminandosi verso i sotterranei mentre si rese conto che quei sogni erano davvero impossibili, visti la grande differenza di direzioni presa tra lui e l’altro giovanotto. Non capì comunque se ciò lo rendesse triste o arrabbiato.
 








Note finali:
Mi scuso per l'immenso ritardo, sto lavorando molto ed essendo Londra molto grande ci metto ore per fare qualsiasi cosa.
Comunque se avete voglia passate nella pagina dedicata ai protagonisti di questa storia, dove scriverò qualche racconto passato di due di loro: Blaise e Draco.
Sto scrivendo il prossimo capitolo, mi piacerebbe ricevere un vostro parere per come sto impostando la storia e magari per quache dubbio che nutrite.
Alla prossima, grazie a chiunque mi legga!
Ren xxx
  
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