Questa storia è uno spinn off prequel riguardante due personaggi secondari della mia originale Il Giglio Nero, pertanto può essere letta anche senza aver letto la storia principale
Carlos
Duncan arrivò fino ai trent’anni seguendo il
percorso che era stato tracciato
per lui.
Secondogenito
di una famiglia a servizio del duca di Berwick, il più
celebre bastardo dello
sfortunato re Giacomo II, era cresciuto vicino Madrid sapendo fin dalla
più
tenera età di essere stato destinato al chiostro. I suoi
genitori non erano
ricchi, suo nonno perse le proprie terre quando a seguito della
Gloriosa
Rivoluzione re Giacomo venne costretto a cercare asilo per
sé e per la sua
famiglia presso il cugino francese, destinato a languire in preghiera a
Saint
Germaine en Laye assieme alla sua giovane regina italiana e al principe
di
Galles, più noto come il Pretendente. Il conte di Berwick
allo scoppiare della
guerra in Spagna seguì il cugino Orleans in quel nuovo Paese
per puntellare e
salvare la monarchia traballante di Filippo V, il pazzo sovrano che
sempre
dipese dalle mogli e la cui lussuria portò alla morte la
regina Luisa e al
governo la regina Elisabetta Farnese.
John
Duncan dopo aver preso in moglie Anna Giraudo, cameriera savoiarda di
una delle
dame della regina Luisa, la regina tanto amata dal popolo che non
perdeva
occasione di gridare “ viva la Savoyana “ ogni
volta che l’odiata Elisabetta
lasciava i palazzi reali, aveva deciso che l’unico sistema
per continuare a
vivere in Spagna era diventare più spagnolo degli spagnoli.
A differenza del
suo signore e dei tanti uomini che avrebbero affollato
l’entourage del
Pretendente, lui non credeva ad una restaurazione della casata degli
Stuart, a
sentir lui erano in ritardo e il polo si era fin troppo abituato prima
all’usurpatore Guglielmo e poi a quella pigra sfrontata della
principessa Anna.
Pertanto aveva preso lezioni di spagnolo e costretto sua moglie ad
imitarlo, e
si era riavvicinato alla religione cattolica nella quale aveva
battezzato i
suoi figli.
L’Inquisizione
infatti era sempre presente e vigilava costantemente alla ricerca di
eresie e
comportamenti errati, dopo aver massacrato i marrani e condannato
all’esilio i
moriscos, scoraggiati gli eretici solo i tiepidi e gli atei restavano
da
perseguire e sebbene al rogo ora si preferisse la pubblica penitenza
tutti
sapevano che il re era un uomo molto religioso e come avesse concesso
ampi
poteri al Santo Uffizio che solo a Filippo V doveva rispondere.
John
era morto poco dopo il ritorno di re Filippo sul trono, lasciando
precise
istruzioni a suo figlio: non doveva immischiarsi nella politica
giacobita, doveva
essere buon cattolico e far dimenticare le loro origini forestiere.
Juan Duncan
aveva obbedito di buon grado scegliendo per suo figlio maggiore Felipe
precettori spagnoli che gli venivano raccomandati da sua sorella Luisa,
badessa
in un convento vicino l’Escurial dove venivano istruite le
bambine dell’alta
nobiltà. In quanto al secondogenito, battezzato Carlos come
il primo figlio
della regina Elisabetta, Juan aveva le idee chiare sul suo futuro:
Carlos
sarebbe entrato negli ordini e vi avrebbe fatto carriera, forse un
giorno sarebbe
divenuto persino vescovo, idee che sua moglie Isabel
Vallejo, eternamente preoccupata della sua anima e convinta che con un
figlio
negli ordini le anime della famiglia avrebbero presto trovato la via
del
paradiso.
Carlos era
nato lo stesso anno in cui il folle e
grasso don Fernando diveniva Sua Maestà Cattolicissima
Ferdinando VII ed
Elisabetta Farnese cessava finalmente la sua influenza sul trono, per
Juan
Duncan non vi era epoca migliore in Spagna e aveva instillato quelle
idee nei
due figli sopravvissuti.
Mentre il
primogenito apprendeva i rudimenti della
cavalleria e studiava per poter assumere un giorno una posizione a
corte
accanto al signor conte Carlos era stato mandato in seminario in
giovane età,
le voci di seminaristi che fuggivano o peggio ancora dichiaravano di
voler
abbandonare l’abito erano sempre più numerose e i
Duncan erano convinti che
prima Carlos avesse vissuto quella vita e meno avrebbe trovato la forza
di
rinunciarvi.
E
il piano era perfettamente giunto a compimento, nonostante le visite
mensili a
casa dei genitori Carlos Duncan aveva in uggia il mondo, preferiva la
pace del
seminario al brio che poteva trovare nei salotti e a differenza di
molti suoi
confratelli che mantenevano atteggiamenti mondani come corrispondenze
con
innamorate o leggevano di nascosto libri proibiti, lui era rimasto puro
dimostrandosi come uno dei migliori allievi. Aveva preso i voti a
diciotto anni
e tutti, dai suoi insegnanti al vescovo e i suoi familiari si erano
aspettati
grandi cose da un ragazzo con la sua spiritualità.
L’abito
telare per lui era sufficiente, la pace del chiostro preferibile a
qualsiasi
palazzo e ignorava del tutto gli affari del mondo, sapeva che in
confessione
avrebbe udito peccati indicibili ma sapeva altrettanto bene che gli
uomini
spesso peccano se esposti alle tentazioni, tentazioni che lui aveva
evitato e
che erano state tenute lontane da lui nei suoi primi diciotto anni di
vita.
Il
suo primo incarico era stato a Montjoy, la
Catalogna poteva anche continuare a far la Fronda e a desiderare
l’odiato
Asburgo ma era una regione devota, la città era piccola ed
era un ottimo punto
di partenza si era detto il vescovo. Carlos infatti non era
eccessivamente
ambizioso, semplicemente sapeva che tutti si aspettavano che divenisse
vescovo
e a quell’obbiettivo era pronto a sacrificebbe origini Era
stato un modello, si
era rivelato un ascoltatore discreto durante le confessioni, le sue
prediche
erano appassionate ma non oltrepassavano i limiti della decenza e
sentirlo dire
Messa era un’esperienza superlativa, aveva una buona
conoscenza del latino e
soprattutto non c’erano pettegolezzi su di lui, niente donne,
nessun debito che
fosse troppo oneroso, nessun vizio che potesse in qualche modo
pregiudicare
quella che sarebbe stata una brillante ascesa.
Montjoy e
altre città della Catalogna furono
onorate di averlo come parroco, più gli anni passavano e
più il vescovo poteva
dirsi sicuro che la diocesi era in buone mani e che padre Carlos
sarebbe stato
un ottimo sostituto quando sarebbe venuto il momento.
questo
nonostante la giovane età dodici anni dopo aver preso i voti
Carlos Duncan
venne scelto come parroco del vicino convento di Nuestra
Señora del Pilar nei
pressi di Montjoy con l’incarico di occuparsi della salute
spirituale delle
suore, verificare la fede delle novizie e occuparsi delle ragazze che
vi erano
alloggiate come allieve in attesa del matrimonio.
La
madre superiora in persona, suor Maria Luisa, lo aveva accolto alla
porta non appena
Carlos era sceso dalla diligenza.
Suor Maria
Luisa era una donna di circa cinquant’anni, badessa senza
vocazione e
appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà
asturiana, orgogliosa del
suo convento in cui viveva come una gran dama e che controllava col
pugno di
ferro, la mancanza di vocazione non le impediva di occuparsi di ogni
più
piccolo dettaglio, indossava il velo come se questo fosse la sua
corona,
orgoglioso e pesante.
<<
Padre Carlos, a nome della comunità tutta le do il
benvenuto, Sua Eccellenza
don Francisco mi ha scritto così bene di lei e …
volersi occupare delle nostre
ragazze non sarà impegnativo, le consorelle sono ragazze a
modo e le allieve
hanno bisogno solo di un po’ di disciplina di cui ci
occupiamo noi. Venga
padre, mi sono assunta l’onore, e l’onore, di
accompagnarla e le mostrerò il
nostro convento, alloggerà nei pressi della cappella quando
si recherà in
visita per le confessioni tre giorni a settimana, sono sicura che
troverà il
luogo incantevole >> lo salutò suor Luisa con
un sorriso che tuttavia non
arrivò agli occhi prima di scortarlo.
Carlos
l’aveva udita discutere sul
nulla con un sorriso compiacente, il luogo era sicuramente ameno ma non
era di
quelle piccolezze terrene che doveva occuparsi, non lui almeno.
<< Non
posso crederci, mi scusi ma suor Maria Isabel non sa tenere buone le
più grandi
>> disse ad un certo momento suor Luisa prima di alzare
la voce, <<
Suor Isabel, porti le nostri ospiti e le novizie via di qui, ora!
>> e
Carlos vide fanciulle ridenti correre via tra sorrisi e volti
arrossati,
nessuna di loro lo colpì finché quasi per caso
non si rese conto che due occhi
lo avevano fissato per un istante di troppo e con uno sguardo di sfida.
Anni dopo
quella fanciulla sarebbe
divenuta la sua sposa.
Eulalia
Maria Valdes era stata abbandonata in fasce
al convento, le suore l’avevano trovata una mattina sulla
ruota degli esposti,
placida e tranquilla, che dormiva serena nell’attesa di
entrare nel regno di
Nostro Signore o sfinita dal tanto lacrimare.
Era dovere
delle pie sorelle crescere gli orfani e
così loro avevano fatto mandando a cercare la balia e
cominciando a svolgere
ricerche discrete per sapere cosa bisognava scrivere sul certificato di
nascita
di quel povero esserino pallido che però era così
silenzioso.
Suor Maria
Rafaela, la decana, aveva subito
stabilito che era opportuno battezzare la povera orfana, scavalcando
così le
eventuali decisioni della badessa, le due donne come tutto il convento
ben
sapeva si trovavano vicendevolmente odiose, suo Maria Rafaela era la
figlia di
un semplice marinaio di Barcellona ma a causa della sua età
avanzata era la più
rispettata e la più ascoltata dalle sue sorelle, cosa che
mandava il sangue
alla testa di suor Maria Luisa che pure era la badessa, posizione che
ricordava
in ogni occasione possibile.
La piccola
orfana fu solo l’ennesimo mezzo della
lotta tra la sessantenne popolana e l’appena trentenne
nobildonna, troppo
diverse per intendersi e troppo simili per poter tentare di convivere
in pace.
Venne
deciso di battezzarla Eulalia Maria Valdes,
Eulalia perché sua madrina fu la decana e suor Maria Rafaela
era rimasta molto
affezionata alla sua città natale, la soleggiata e ribelle
Barcellona che in
ogni occasione ricordava al re Cattolicissimo della sua passata gloria
e di
come fosse legata alla Castiglia solo a causa del matrimonio di re
Ferdinando.
Maria in onore della Santa Vergine che aveva protetto la bimba fin
dall’inizio
della sua vita non permettendole di morire e Valdes perché
questo era il
cognome della prima balia accorsa al monastero, Alba Valdes, moglie del
locandiere la quale aveva di recente perso il suo sesto figlio, nato
morto.
Solitamente
le piccole orfane venivano
alloggiate presso il convento il tempo sufficiente affinché
imparassero un
mestiere utile e poi venivano mandate a servizio ma fin
dall’inizio le suore si
resero conto che la bambina sarebbe stata un’eccezione: era
infatti di
carnagione troppo chiara per essere spagnola e quei capelli biondi
sicuramente
non erano catalani, troppo chiari. Le suore più giovani e le
novizie si erano
lanciate in romanzi in cui la piccola orfana era il frutto
dell’amore tra un
soldato tedesco, forse un principe, e una duchessa, o forse
un’Infanta avevano
sussurrato. Sciocchezze si era limitata a dire suor Maria Luisa,
probabilmente
la madre era la bastarda di qualche soldato arrivato con
l’Asburgo e di qualche
donna svergognata e traditrice, sicuramente la madre doveva essere una
donnaccia e il padre … solo Nostro Signore sapeva dove si
trovasse ma quella
bambina non avrebbe mai ottenuto un attestato che testimoniava la sua
limpieza
de sangre, pertanto che una volta cresciuta Eulalia scegliesse di
prendere il
velo sarebbe stata una saggia decisione per tutti.
Eulalia era
così cresciuta al convento
assieme alle ospiti e alle novizie, non conoscendo il mondo esterno,
non ne
avvertiva il bisogno in quanto i suoi bisogni erano semplici e le
ospiti erano
in prevalenza figlie della piccola nobiltà o della scarsa ma
vibrante borghesia
catalana e per quanto si vantassero niente di quello di cui discutevano
aveva
mai realmente interessato la bambina, i palazzi e gli abiti preziosi ai
suoi
occhi non avevano la stessa attrattiva dei giochi e della natura che
abbracciava il sacro edificio.
Era una
bambina tranquilla, discreta e
soddisfatta della vita che conduceva e soprattutto ignorava di essere
uno dei
mille motivi di attrito tra la badessa e la decana. Spesso giocava con
le
piccole ospiti e negli anni aveva stretto amicizia con Alexia
Buenavente,
figlia di un banchiere di Lleida che era anche la nipote della cuoca,
suor Maria
de la Paz che amava la cucina speziata e continuava ad aggiungere
spezie dai
mille sapori nonostante i divieti della badessa.
Alexia si
sarebbe sposata con un
lontano cugino che non aveva mai visto e lei ed Eulalia proprio per
quello
aveva legato con lei, Alexia aveva paura di lasciare quel luogo e
provava
un’indicibile avversione per il matrimonio, come le aveva
confessato quando
aveva compiuto dodici anni se avesse potuto avrebbe preso i voti ma
sapeva
troppo bene quali fossero i suoi doveri e suo padre mai avrebbe
accettato che
la sua unica figlia entrasse in convento, la dote per il matrimonio si
poteva
trovare ma quella per il convento mai.
Arrivata a
tredici anni Eulalia Valdes
sapeva leggere e scrivere quanto basta, era discreta nelle faccende
domestiche
ma soprattutto aveva comunicato alle pie sorelle il suo desiderio di
voler
rimanere e una volta cresciuta prendere i voti, per la
felicità di suor Maria
Rafaela che già pensava di potersi servire di lei contro la
badessa.
La piccola
guerra tra le due era al
culmine quando suor Maria Luisa annunciò che
l’indomani avrebbe accolto
personalmente il nuovo sacerdote incaricato del benessere spirituale
sia delle
suore ché delle ospiti ben sapendo che suor Maria Rafaela si
sarebbe arrabbiata
con lei per non essere stata consultata, fatto che suor Maria Luisa
ignorava
ricordando ogni giorno alle sue consorelle che era lei a comandare e
non la
decana.
Quella
mattina cominciò come le
precedenti per Eulalia. Si era svegliata al suono delle campane e dopo
aver
recitato le sue preghiere aveva raggiunto le altre per il mattutino,
sebbene
avesse quattordici anni tutti concordavano che a breve la sua cerimonia
avrebbe
avuto luogo. Eulalia non desiderava una vita diversa o una famiglia e
non invidiava
nemmeno le ospiti o le consorelle che ricevano visite dai familiari,
sarebbe
stato inutile invidiare qualcosa che lei non avrebbe mai avuto inoltre
non era
l’unica orfana al monastero e aveva udito racconti su come le
orfane o fossero
costrette ad una vita di umiliazioni o come dovessero costruirsi la
propria
fortuna, concetto che lei non riusciva a comprendere.
Aveva
svolto i suoi incarichi e poi
era uscita a giocare con le altre, suor Maria Isabel, addetta alle
giovani era
più una sorella e un’amica per loro che
un’istitutrice, avendo preso i voti
senza vera vocazione adorava trovare momenti di svago e di
divertimento,
atteggiamento che la rendeva sospetta alla badessa, attirava il sorriso
sulle
labbra della decana e la rendeva amata dalle ospiti e dalle novizie
più
giovani.
Era
così immersa nei giochi che quasi
non udì la voce della badessa: << Suor Isabel,
porti le nostri ospiti e
le novizie via di qui, ora! >> e un’occhiata ad
Alexia le rivelò che il
nuovo sacerdote era arrivato. Eulalia aveva visto solamente due uomini
nella
sua vita, il vecchio giardiniere Juan e il precedente parroco don
Fernando, per
questo i suoi occhi indugiarono un momento di troppo sul nuovo
sacerdote, era
un uomo giovane, nel fiore degli anni, di una bellezza virile che
faticava a
comprendere e aveva degli occhi particolari, sembravano tristi
pensò Eulalia
per un istante prima di correre via.
Non poteva immaginare che anni dopo avrebbe avuto un figlio da quell’uomo.
lo so, dico sempre 3 mesi ma poi torno prima. Comunque, in questa mini long, che secondo i miei piani dovrebbe durare 7/8 capitoli, si parlerà di due personaggi secondari de Il Giglio Nero, ossia i coniugi Duncan, Carlos ed Eulalia apparsi nel 40° capitolo e di come si siano prima incontrati, amati, sposati e come poi abbiano conosciuto il protagonista maschile della storia princiale, Jean Antoine Ducatel. Come sempre i prestavolto si troveranno sull'album dsulla mia pagina fb Diana924(EFP )