Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |       
Autore: Diana924    18/11/2016    1 recensioni
XVIII° , Catalogna, la regione più orgogliosa della Spagna si sta riprendendo dalla guerra che l'ha vista contro il resto del regno supportando Carlo d'Austria. Regione orgogliosa, fiera delle proprie tradizioni e della propria indipendenza, la regione di santa Eulalia ha pagato il suo tradimento con la perdita della propria lingua e delle proprie singolarità.
E' qui, in una terra saldamente legata alle proprie radici ma che pure si sta aprendo alle nuove idee che sboccia l'amore tra Carlos Duncan ed Eulalia Valdes.
Lui è il secondogenito di una famiglia aristocratica, costretto a prendere i voti senza una vera vocazione compensata però da una sfrenata ambizione, lei abbandonata da neonata in un convento conosce solo la vita monastica e sta per prendere i voti. Entrambi però sanno che da quando i loro sguardi si incrociano niente sarà più come prima
[ Spinn off prequel di un'originale storica, Il Giglio Nero in cui si narrano in dettaglio le vicende dei coniugi Duncan, apparsi nel 40° capitolo, non è necessario aver letto la storia principale]
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Inquisizione, Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia è uno spinn off prequel riguardante due personaggi secondari della mia originale Il Giglio Nero, pertanto può essere letta anche senza aver letto la storia principale




Carlos Duncan arrivò fino ai trent’anni seguendo il percorso che era stato tracciato per lui.

Secondogenito di una famiglia a servizio del duca di Berwick, il più celebre bastardo dello sfortunato re Giacomo II, era cresciuto vicino Madrid sapendo fin dalla più tenera età di essere stato destinato al chiostro. I suoi genitori non erano ricchi, suo nonno perse le proprie terre quando a seguito della Gloriosa Rivoluzione re Giacomo venne costretto a cercare asilo per sé e per la sua famiglia presso il cugino francese, destinato a languire in preghiera a Saint Germaine en Laye assieme alla sua giovane regina italiana e al principe di Galles, più noto come il Pretendente. Il conte di Berwick allo scoppiare della guerra in Spagna seguì il cugino Orleans in quel nuovo Paese per puntellare e salvare la monarchia traballante di Filippo V, il pazzo sovrano che sempre dipese dalle mogli e la cui lussuria portò alla morte la regina Luisa e al governo la regina Elisabetta Farnese.

John Duncan dopo aver preso in moglie Anna Giraudo, cameriera savoiarda di una delle dame della regina Luisa, la regina tanto amata dal popolo che non perdeva occasione di gridare “ viva la Savoyana “ ogni volta che l’odiata Elisabetta lasciava i palazzi reali, aveva deciso che l’unico sistema per continuare a vivere in Spagna era diventare più spagnolo degli spagnoli. A differenza del suo signore e dei tanti uomini che avrebbero affollato l’entourage del Pretendente, lui non credeva ad una restaurazione della casata degli Stuart, a sentir lui erano in ritardo e il polo si era fin troppo abituato prima all’usurpatore Guglielmo e poi a quella pigra sfrontata della principessa Anna. Pertanto aveva preso lezioni di spagnolo e costretto sua moglie ad imitarlo, e si era riavvicinato alla religione cattolica nella quale aveva battezzato i suoi figli.

L’Inquisizione infatti era sempre presente e vigilava costantemente alla ricerca di eresie e comportamenti errati, dopo aver massacrato i marrani e condannato all’esilio i moriscos, scoraggiati gli eretici solo i tiepidi e gli atei restavano da perseguire e sebbene al rogo ora si preferisse la pubblica penitenza tutti sapevano che il re era un uomo molto religioso e come avesse concesso ampi poteri al Santo Uffizio che solo a Filippo V doveva rispondere.
John era morto poco dopo il ritorno di re Filippo sul trono, lasciando precise istruzioni a suo figlio: non doveva immischiarsi nella politica giacobita, doveva essere buon cattolico e far dimenticare le loro origini forestiere. Juan Duncan aveva obbedito di buon grado scegliendo per suo figlio maggiore Felipe precettori spagnoli che gli venivano raccomandati da sua sorella Luisa, badessa in un convento vicino l’Escurial dove venivano istruite le bambine dell’alta nobiltà. In quanto al secondogenito, battezzato Carlos come il primo figlio della regina Elisabetta, Juan aveva le idee chiare sul suo futuro: Carlos sarebbe entrato negli ordini e vi avrebbe fatto carriera, forse un giorno sarebbe divenuto persino vescovo, idee che sua moglie Isabel Vallejo, eternamente preoccupata della sua anima e convinta che con un figlio negli ordini le anime della famiglia avrebbero presto trovato la via del paradiso.

Carlos era nato lo stesso anno in cui il folle e grasso don Fernando diveniva Sua Maestà Cattolicissima Ferdinando VII ed Elisabetta Farnese cessava finalmente la sua influenza sul trono, per Juan Duncan non vi era epoca migliore in Spagna e aveva instillato quelle idee nei due figli sopravvissuti.

Mentre il primogenito apprendeva i rudimenti della cavalleria e studiava per poter assumere un giorno una posizione a corte accanto al signor conte Carlos era stato mandato in seminario in giovane età, le voci di seminaristi che fuggivano o peggio ancora dichiaravano di voler abbandonare l’abito erano sempre più numerose e i Duncan erano convinti che prima Carlos avesse vissuto quella vita e meno avrebbe trovato la forza di rinunciarvi. E il piano era perfettamente giunto a compimento, nonostante le visite mensili a casa dei genitori Carlos Duncan aveva in uggia il mondo, preferiva la pace del seminario al brio che poteva trovare nei salotti e a differenza di molti suoi confratelli che mantenevano atteggiamenti mondani come corrispondenze con innamorate o leggevano di nascosto libri proibiti, lui era rimasto puro dimostrandosi come uno dei migliori allievi. Aveva preso i voti a diciotto anni e tutti, dai suoi insegnanti al vescovo e i suoi familiari si erano aspettati grandi cose da un ragazzo con la sua spiritualità.

L’abito telare per lui era sufficiente, la pace del chiostro preferibile a qualsiasi palazzo e ignorava del tutto gli affari del mondo, sapeva che in confessione avrebbe udito peccati indicibili ma sapeva altrettanto bene che gli uomini spesso peccano se esposti alle tentazioni, tentazioni che lui aveva evitato e che erano state tenute lontane da lui nei suoi primi diciotto anni di vita. Il suo primo incarico era stato a Montjoy, la Catalogna poteva anche continuare a far la Fronda e a desiderare l’odiato Asburgo ma era una regione devota, la città era piccola ed era un ottimo punto di partenza si era detto il vescovo. Carlos infatti non era eccessivamente ambizioso, semplicemente sapeva che tutti si aspettavano che divenisse vescovo e a quell’obbiettivo era pronto a sacrificebbe origini Era stato un modello, si era rivelato un ascoltatore discreto durante le confessioni, le sue prediche erano appassionate ma non oltrepassavano i limiti della decenza e sentirlo dire Messa era un’esperienza superlativa, aveva una buona conoscenza del latino e soprattutto non c’erano pettegolezzi su di lui, niente donne, nessun debito che fosse troppo oneroso, nessun vizio che potesse in qualche modo pregiudicare quella che sarebbe stata una brillante ascesa.

Montjoy e altre città della Catalogna furono onorate di averlo come parroco, più gli anni passavano e più il vescovo poteva dirsi sicuro che la diocesi era in buone mani e che padre Carlos sarebbe stato un ottimo sostituto quando sarebbe venuto il momento. questo nonostante la giovane età dodici anni dopo aver preso i voti Carlos Duncan venne scelto come parroco del vicino convento di Nuestra Señora del Pilar nei pressi di Montjoy con l’incarico di occuparsi della salute spirituale delle suore, verificare la fede delle novizie e occuparsi delle ragazze che vi erano alloggiate come allieve in attesa del matrimonio.

La madre superiora in persona, suor Maria Luisa, lo aveva accolto alla porta non appena Carlos era sceso dalla diligenza.

Suor Maria Luisa era una donna di circa cinquant’anni, badessa senza vocazione e appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà asturiana, orgogliosa del suo convento in cui viveva come una gran dama e che controllava col pugno di ferro, la mancanza di vocazione non le impediva di occuparsi di ogni più piccolo dettaglio, indossava il velo come se questo fosse la sua corona, orgoglioso e pesante.

<< Padre Carlos, a nome della comunità tutta le do il benvenuto, Sua Eccellenza don Francisco mi ha scritto così bene di lei e … volersi occupare delle nostre ragazze non sarà impegnativo, le consorelle sono ragazze a modo e le allieve hanno bisogno solo di un po’ di disciplina di cui ci occupiamo noi. Venga padre, mi sono assunta l’onore, e l’onore, di accompagnarla e le mostrerò il nostro convento, alloggerà nei pressi della cappella quando si recherà in visita per le confessioni tre giorni a settimana, sono sicura che troverà il luogo incantevole >> lo salutò suor Luisa con un sorriso che tuttavia non arrivò agli occhi prima di scortarlo.

Carlos l’aveva udita discutere sul nulla con un sorriso compiacente, il luogo era sicuramente ameno ma non era di quelle piccolezze terrene che doveva occuparsi, non lui almeno. << Non posso crederci, mi scusi ma suor Maria Isabel non sa tenere buone le più grandi >> disse ad un certo momento suor Luisa prima di alzare la voce, << Suor Isabel, porti le nostri ospiti e le novizie via di qui, ora! >> e Carlos vide fanciulle ridenti correre via tra sorrisi e volti arrossati, nessuna di loro lo colpì finché quasi per caso non si rese conto che due occhi lo avevano fissato per un istante di troppo e con uno sguardo di sfida.

Anni dopo quella fanciulla sarebbe divenuta la sua sposa.

Eulalia Maria Valdes era stata abbandonata in fasce al convento, le suore l’avevano trovata una mattina sulla ruota degli esposti, placida e tranquilla, che dormiva serena nell’attesa di entrare nel regno di Nostro Signore o sfinita dal tanto lacrimare.

Era dovere delle pie sorelle crescere gli orfani e così loro avevano fatto mandando a cercare la balia e cominciando a svolgere ricerche discrete per sapere cosa bisognava scrivere sul certificato di nascita di quel povero esserino pallido che però era così silenzioso.

Suor Maria Rafaela, la decana, aveva subito stabilito che era opportuno battezzare la povera orfana, scavalcando così le eventuali decisioni della badessa, le due donne come tutto il convento ben sapeva si trovavano vicendevolmente odiose, suo Maria Rafaela era la figlia di un semplice marinaio di Barcellona ma a causa della sua età avanzata era la più rispettata e la più ascoltata dalle sue sorelle, cosa che mandava il sangue alla testa di suor Maria Luisa che pure era la badessa, posizione che ricordava in ogni occasione possibile.

La piccola orfana fu solo l’ennesimo mezzo della lotta tra la sessantenne popolana e l’appena trentenne nobildonna, troppo diverse per intendersi e troppo simili per poter tentare di convivere in pace.

Venne deciso di battezzarla Eulalia Maria Valdes, Eulalia perché sua madrina fu la decana e suor Maria Rafaela era rimasta molto affezionata alla sua città natale, la soleggiata e ribelle Barcellona che in ogni occasione ricordava al re Cattolicissimo della sua passata gloria e di come fosse legata alla Castiglia solo a causa del matrimonio di re Ferdinando. Maria in onore della Santa Vergine che aveva protetto la bimba fin dall’inizio della sua vita non permettendole di morire e Valdes perché questo era il cognome della prima balia accorsa al monastero, Alba Valdes, moglie del locandiere la quale aveva di recente perso il suo sesto figlio, nato morto.

Solitamente le piccole orfane venivano alloggiate presso il convento il tempo sufficiente affinché imparassero un mestiere utile e poi venivano mandate a servizio ma fin dall’inizio le suore si resero conto che la bambina sarebbe stata un’eccezione: era infatti di carnagione troppo chiara per essere spagnola e quei capelli biondi sicuramente non erano catalani, troppo chiari. Le suore più giovani e le novizie si erano lanciate in romanzi in cui la piccola orfana era il frutto dell’amore tra un soldato tedesco, forse un principe, e una duchessa, o forse un’Infanta avevano sussurrato. Sciocchezze si era limitata a dire suor Maria Luisa, probabilmente la madre era la bastarda di qualche soldato arrivato con l’Asburgo e di qualche donna svergognata e traditrice, sicuramente la madre doveva essere una donnaccia e il padre … solo Nostro Signore sapeva dove si trovasse ma quella bambina non avrebbe mai ottenuto un attestato che testimoniava la sua limpieza de sangre, pertanto che una volta cresciuta Eulalia scegliesse di prendere il velo sarebbe stata una saggia decisione per tutti.

Eulalia era così cresciuta al convento assieme alle ospiti e alle novizie, non conoscendo il mondo esterno, non ne avvertiva il bisogno in quanto i suoi bisogni erano semplici e le ospiti erano in prevalenza figlie della piccola nobiltà o della scarsa ma vibrante borghesia catalana e per quanto si vantassero niente di quello di cui discutevano aveva mai realmente interessato la bambina, i palazzi e gli abiti preziosi ai suoi occhi non avevano la stessa attrattiva dei giochi e della natura che abbracciava il sacro edificio.

Era una bambina tranquilla, discreta e soddisfatta della vita che conduceva e soprattutto ignorava di essere uno dei mille motivi di attrito tra la badessa e la decana. Spesso giocava con le piccole ospiti e negli anni aveva stretto amicizia con Alexia Buenavente, figlia di un banchiere di Lleida che era anche la nipote della cuoca, suor Maria de la Paz che amava la cucina speziata e continuava ad aggiungere spezie dai mille sapori nonostante i divieti della badessa.

Alexia si sarebbe sposata con un lontano cugino che non aveva mai visto e lei ed Eulalia proprio per quello aveva legato con lei, Alexia aveva paura di lasciare quel luogo e provava un’indicibile avversione per il matrimonio, come le aveva confessato quando aveva compiuto dodici anni se avesse potuto avrebbe preso i voti ma sapeva troppo bene quali fossero i suoi doveri e suo padre mai avrebbe accettato che la sua unica figlia entrasse in convento, la dote per il matrimonio si poteva trovare ma quella per il convento mai.

Arrivata a tredici anni Eulalia Valdes sapeva leggere e scrivere quanto basta, era discreta nelle faccende domestiche ma soprattutto aveva comunicato alle pie sorelle il suo desiderio di voler rimanere e una volta cresciuta prendere i voti, per la felicità di suor Maria Rafaela che già pensava di potersi servire di lei contro la badessa.

La piccola guerra tra le due era al culmine quando suor Maria Luisa annunciò che l’indomani avrebbe accolto personalmente il nuovo sacerdote incaricato del benessere spirituale sia delle suore ché delle ospiti ben sapendo che suor Maria Rafaela si sarebbe arrabbiata con lei per non essere stata consultata, fatto che suor Maria Luisa ignorava ricordando ogni giorno alle sue consorelle che era lei a comandare e non la decana.

Quella mattina cominciò come le precedenti per Eulalia. Si era svegliata al suono delle campane e dopo aver recitato le sue preghiere aveva raggiunto le altre per il mattutino, sebbene avesse quattordici anni tutti concordavano che a breve la sua cerimonia avrebbe avuto luogo. Eulalia non desiderava una vita diversa o una famiglia e non invidiava nemmeno le ospiti o le consorelle che ricevano visite dai familiari, sarebbe stato inutile invidiare qualcosa che lei non avrebbe mai avuto inoltre non era l’unica orfana al monastero e aveva udito racconti su come le orfane o fossero costrette ad una vita di umiliazioni o come dovessero costruirsi la propria fortuna, concetto che lei non riusciva a comprendere.

Aveva svolto i suoi incarichi e poi era uscita a giocare con le altre, suor Maria Isabel, addetta alle giovani era più una sorella e un’amica per loro che un’istitutrice, avendo preso i voti senza vera vocazione adorava trovare momenti di svago e di divertimento, atteggiamento che la rendeva sospetta alla badessa, attirava il sorriso sulle labbra della decana e la rendeva amata dalle ospiti e dalle novizie più giovani.

Era così immersa nei giochi che quasi non udì la voce della badessa: << Suor Isabel, porti le nostri ospiti e le novizie via di qui, ora! >> e un’occhiata ad Alexia le rivelò che il nuovo sacerdote era arrivato. Eulalia aveva visto solamente due uomini nella sua vita, il vecchio giardiniere Juan e il precedente parroco don Fernando, per questo i suoi occhi indugiarono un momento di troppo sul nuovo sacerdote, era un uomo giovane, nel fiore degli anni, di una bellezza virile che faticava a comprendere e aveva degli occhi particolari, sembravano tristi pensò Eulalia per un istante prima di correre via.

Non poteva immaginare che anni dopo avrebbe avuto un figlio da quell’uomo.




lo so, dico  sempre 3 mesi ma poi torno prima. Comunque, in questa mini long, che secondo i miei piani dovrebbe durare 7/8 capitoli, si parlerà di due personaggi secondari de Il Giglio Nero, ossia i coniugi Duncan, Carlos ed Eulalia apparsi nel 40° capitolo e di come si siano prima incontrati, amati, sposati e come poi abbiano conosciuto il protagonista maschile della storia princiale, Jean Antoine Ducatel. Come sempre i prestavolto si troveranno sull'album dsulla mia pagina fb Diana924(EFP )

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Diana924