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Autore: Hermit_    18/11/2016    7 recensioni
È difficile capire cosa spinge le persone a fare quello che fanno, è difficile capire perché i sentimenti e le emozioni siano così importanti per gli esseri umani, è difficile capire cosa sia l’amore e cosa l’odio. Ma c’è davvero una differenza tra questi due sentimenti così opposti eppure così simili?
“Glielo diceva spesso, ti odio, forse perché era vero, o forse no. Lui odiava Near, l’aveva da sempre odiato. Odiava i suoi modi di fare, il suo modo di arricciarsi i capelli quando era pensieroso, la posizione che assumeva simile a quella di Elle, i suoi capelli bianchi e persino il fatto che fosse basso. […] Sapeva che non avrebbe dovuto fare quei pensieri, ma non ne poteva più di fingere che non fosse così. Il suo “sentimento” per Near, non sapeva come altro descriverlo, lo distruggeva dentro ogni giorno di più, soprattutto perché non riusciva a controllarlo. Non riusciva a capirlo.”
[Storia classificata quarta al contest "Truth or Dare? Love is in the air! Indetto da Sethmentecontorta sul Forum di EFP]
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Hermit_
Titolo: Cioccolata bianca
Fandom: Death note
Pacchetto: verità, Ψ
Introduzione : È difficile capire cosa spinge le persone a fare quello che fanno, è difficile capire perché i sentimenti e le emozioni siano così importanti per gli esseri umani, è difficile capire cosa sia l'amore e cosa l'odio. Ma c'è davvero una differenza tra questi due sentimenti così opposti eppure così simili?
"Glielo diceva spesso, ti odio, forse perch é era vero, o forse no. Lui odiava Near, l 'aveva da sempre odiato. Odiava i suoi modi di fare, il suo modo di arricciarsi i capelli quando era pensieroso, la posizione che assumeva simile a quella di Elle, i suoi capelli bianchi e persino il fatto che fosse basso. [ …] Sapeva che non avrebbe dovuto fare quei pensieri, ma non ne poteva pi ù di fingere che non fosse cos ì. Il suo "sentimento " per Near, non sapeva come altro descriverlo, lo distruggeva dentro ogni giorno di pi ù, soprattutto perch é non riusciva a controllarlo. Non riusciva a capirlo. "





 

CIOCCOLATA BIANCA
[Storia partecipante al contest "Truth or Dare? Love is in the air! Indetto da Sethmentecontorta sul Forum di EFP]

 

 

A volte le cose che amiamo ci rendono schiavi, è questo quello che pensava Mello. L'aveva capito in tutti quegli anni che l'amore fosse un sentimento stupido e terribilmente difficile da gestire. Era così che se l'era cavata per tutta la vita, costringendosi a rinchiudere il suo cuore in una bolla impenetrabile, dura e fredda quasi simile alla pietra.
Si Prendeva gioco di coloro che provavano questo sentimento e allo stesso tempo li invidiava in un modo malsano e malato, ricordandosi che lui non poteva provarlo. Perché lui era Mihael Keehl e sapeva che le debolezze portavano solo dolore, dolore e lacrime; eppure c'erano dei momenti in cui si ritrovava a pensare che sarebbe stato tutto più semplice se si fosse lasciato andare un poco, se avesse lasciato scaldare un pochino la pietra che gli si era formata intorno al cuore. Dopotutto ognuno aveva le proprie debolezze, chi più importanti e chi meno, qualcuno l'avrebbe biasimato se anche lui ne avesse avuta una?
Probabilmente sì, e quella persona sarebbe stata lui stesso.
La cicatrice che aveva al volto gli ricordava che anche lui poteva essere ferito, che era una persona normale. Ed era proprio questo che faceva ribollire il sangue nelle vene a Mello; lui non voleva essere uno qualunque, lui voleva essere il numero uno. Sempre.

Lasciò cadere la cenere che si era fermata sul bordo della sigaretta aldilà della finestra e non la guardò nemmeno quando, nel buio di quella nottata fresca, si andò a posare sui petali delle Fresie appena sbocciate che sembravano voler annunciare la loro presenza con il loro colore giallo che ricordava tanti spicchi di sole. Non fecero un movimento quando la cenere rovinò i loro petali immacolati ma, al contrario, a rompere l'armonia e la calma di quella sera c'era la collana che il ragazzo portava al collo che tintinnava sul suo petto nudo come se seguisse il ritmo della gamba che si muoveva incontrollata.

Il ragazzo dall'intelligenza fuori dal normale fece un grosso respiro prima di decidere di tornare al coperto e chiudere le porte della veranda, che produssero un suono simile al crack dei bastoncini quando venivano pestati.
"Non trattenerti, dì pure quello che vuoi dire" annunciò nella penombra della stanza, apparendo come una creatura scura illuminata dalla luna che si scorgeva dalle ventane. La sua frangia bionda gli copriva parte del viso piegato verso destra ma, nonostante ciò, si poteva distinguere il luccichio combattivo dei suoi occhi come se fosse la principale attrazione nella grande stanza. Il suo petto glabro era curvato in avanti e su di esso si scorgeva solo l'ombra della collana d'argento raffigurante una croce; portava dei boxer di flanella che gli fasciavano le cosce e la prominenza del basso ventre mentre le gambe erano nude, esposte.

Near lo osservava minuziosamente dal suo letto a una piazza e mezza come se Mello fosse il protagonista di un ritratto, l'espressione apatica che non lasciava intravedere nulla se non indifferenza. I suoi occhi scuri si mossero incontrollati sulla figura del biondo e a volte indugiarono per minuti interi su dettagli particolari. A volte Mello si chiedeva cosa gli passasse per la testa; non lo aveva mai capito.
Si sentì un fruscio e Neal si spostò qualche centimetro più in là rispetto a dove era prima. Non disse niente, ma Mello capì al volo.
A grandi passi si avvicinò sempre di più al letto, ora il suo viso appariva illuminato e solo dal collo in giù non c'era altro che buio e oscurità. Gli disse quello che provava. "Ti odio."
Glielo diceva spesso, ti odio, forse perché era vero, o forse no. Lui odiava Near, l'aveva da sempre odiato. Odiava i suoi modi di fare, il suo modo di arricciarsi i capelli quando era pensieroso, la posizione che assumeva simile a quella di Elle, i suoi capelli bianchi e persino il fatto che fosse basso. Odiava la sua figura in generale, odiava averci a che fare e odiava che fosse così dipendente da lui. Sapeva che non avrebbe dovuto fare quei pensieri, ma non ne poteva più di fingere che non fosse così. Il suo "sentimento" per Near, non sapeva come altro descriverlo, lo distruggeva dentro ogni giorno di più, soprattutto perché non riusciva a controllarlo. Non riusciva a capirlo.
"Ti odio" ripeté ma di nuovo le sue parole non ebbero alcun effetto su Near. Come se provasse sentimenti…
Avrebbe dovuto essere abituato al carattere di Near, eppure no. Ogni volta che lo trattava con indifferenza sentiva ribollirgli il sangue nelle vene, come in quel momento.
Senza pensare, da impulsivo qual era, si abbassò fino ad arrivare alla sua stessa altezza, occhi negli occhi e solo qualche centimetro a separarli, per strattonargli il colletto della camicia bianca con rabbia. Non ne poteva più.
Reagisci, cazzo! gli gridava nella testa.

"Non è vero."
Per un attimo Mello si sorprese. Non si aspettava una risposta da lui, anzi, non si aspettava alcun tipo di emozione.
Le sue labbra deformate in un ringhio si indebolirono sempre di più, e perfino le mani sulla sua camicia allentarono la presa. Improvvisamente sentiva la bocca secca. "…Cosa?"
"Non è vero. Non mi odi."
In poco tempo Mello ritornò lo stesso, le sue mani ripresero forza e la sua espressione si accigliò diventando di nuovo quasi crudele. "Cosa? E tu che ne sai?"
"Lo so. Ti conosco da quando eravamo piccoli."
Una risata che non aveva niente di piacevole uscì dalle labbra del biondo; era ironica e non raggiunse nemmeno gli occhi. "Oh, stai zitto."
Con un movimento brusco lo spinse sul letto e gli si mise a cavalcioni sopra. Ecco, così gli piaceva, pensò facendo passare un dito sulla guancia del ragazzo; Near gli piaceva sotto di lui, sopraffatto della sua presenza.
Le sue unghie finirono per graffiare la sua guancia e Mello ridacchiò felice. Era una cosa da pazzi, ma era felice. Near era nelle sue mani, e in quelle di nessun altro. Avrebbe potuto fargli quello che voleva, lì, quella sera, perfino ucciderlo. Ma allora cosa ne sarebbe stato di tutta la sua vita? Cosa ne sarebbe stato di tutte le fatiche per raggiungere il suo livello? Come avrebbe fatto a vivere senza nessun numero uno sempre davanti a lui?
No, lui era il numero uno!
"Cosa stai pensando, eh?" lo provocò, come faceva sempre. Si divertiva. "Un penny per i tuoi pensieri" canticchiò ma non c'era niente di rassicurante nella sua voce.
Near finalmente girò il viso per sfuggire alla sua presa ma subito le dita di Mello, più forti e più salde, tornarono ad afferrare le sue guance e a premere fino a costringerlo ad aprire la bocca. Adesso lo guardava intensamente. "No, Near. Non farmi arrabbiare."
Disse questo, e come se gli avesse comandato qualcosa, Near scese con le mani ad abbassarsi i pantaloni per quanto riusciva con il corpo di Mello sopra di sé.
Perché la sua espressione non cambiava? Gli piaceva, forse? Gli piaceva essere trattato così? No, doveva essere una tortura per lui, per forza. Altrimenti tutto sarebbe stato inutile.
"Che fai?" chiese, ma quando non ricevette risposta lo ripetè gridando.
"Mi tolgo i pantaloni" rispose lui, il tono che usava era lo stesso con cui parlava di matematica. Mello non ne fu sorpreso.
"Perchè?"
Near ebbe un guizzo al sopracciglio che si alzò come di volontà propria. "Perchè mi tolgo i pantaloni? Pensavo fosse quello che volessi."
"Pensi, pensi, pensi. Pensi sempre! Smettila di pensare."
"Mello." Sulle sue labbra il suono del suo nome era appena accennato, le sue labbra a malapena si aprirono per dirlo. Che c'è, Near, troppo sforzo?
"Mello" ripetè "non sono un tuo nemico. Non lo sono mai stato."
"Zitto." Non voleva sentirlo, non voleva sentire cosa avesse da dirgli.
Near non poteva capire, non poteva capire quali sentimenti lo stessero attanagliando in quel momento, in quale confusione si trovasse e quanto avrebbe voluto non avere più tra i piedi quel piccolo esserino bianco e allo stesso tempo drogarsi della sua presenza che stranamente lo faceva sentire bene come altre poche cose al mondo. Near era la sua tavoletta di cioccolato personale. Peccato che fosse bianco, e lui odiasse il cioccolato bianco.

Si spostò quel tanto che bastava per permettergli di abbassarsi completamente i pantaloni e si buttò sulle sue labbra come se non le avesse assaggiate da troppo tempo. Non si limitò ad assaggiarle, le divorò letteralmente. Afferrò un suo labbro fra i denti e lo torturò fino a farlo sanguinare.
Senti la mia presenza, Near, adesso?
Quando ebbe finito con le sue labbra si abbassò e continuò la sua tortura sul collo mormoreo del ragazzo. Lo morsicò e lo leccò come più gli piaceva e non fu soddisfatto finchè un grosso succhiotto non comparve lì dove era stato fino a un attimo prima.
Un debole mugugno sfuggì dalle labbra del piccolo ragazzo, e Mello sorrise sulla sua spalla. Da quanto tempo assisteva a quella scena? Da quanto tempo continuava quel loro gioco malsano e folle, in cui Mello lo veniva a "trovare" tutte le notti e Near lo faceva entrare senza fiatare? Da quanto tempo non aspettava altro che il sole tramontasse per vedere l'espressione leggermente scomposta di Near alla luce della luna? Da quanto tempo?

Tutto era iniziato la sera in cui il caso Kira fu affidato nelle loro mani, alla scomparsa di Elle. Per un momento, ricordò, era stato felice. Si era sentito davvero emozionato al pensiero di dover risolvere un caso serio, un caso che nemmeno il grande Elle era riuscito a risolvere!
Ma poi la felicità era stata sostituita da un senso di inquietudine, un senso di improvvisa paura. Chi sarà il successore, si era chiesto, lui era uno dei più bravi ma Near anche. Come avrebbero fatto a decidere, avrebbero fatto una sfida? Era decisamente più bravo di lui in logica ma in strategia aveva poche possibilità di batterlo. Se fosse stato un duello fisico, la vittoria era quasi assicurata.
"Chi si occuperà del caso, Watari?" aveva chiesto al direttore, trepidante. Ma poi lui l'aveva guardato, e improvvisamente era come se Mello avesse capito già tutto.
"Vorrei che vi occupaste entrambi del caso, tu e Near, Mello."
E in quel momento il mondo gli era caduto addosso.
In seguito Mello non accettò mai di collaborare con il suo rivale, se ne andò per la sua strada e tutt'ora si occupava di casi per conto suo. Da quel giorno il suo odio per il piccolo ragazzo crebbe sempre di più, sempre di più, fino a che Near non diventò solo un rivale, diventò di più: una droga, un pensiero costante, c'era solo lui nella sua testa, nei suoi sogni, nei suoi incubi; immaginava di incontrarlo e di ucciderlo o di torturarlo nel peggiore dei modi.
Questo era stato il suo intento circa qualche settimana dopo il colloquio con Watari. Si era diretto in camera del ragazzo con l'intenzione di ucciderlo, ma Near lo aveva scoperto e nell'esatto istante in cui i suoi occhi scuri avevano guardato in quelli marroni di Mello, quest'ultimo sentì che doveva vendicarsi in un altro modo. Da allora quello era il suo pensiero costante.

Un altro affondo nel suo corpo piccolo, un altro affondo e per l'ennesima volta avrebbe avuto la sua rivincita.
Non si preoccupò del piacere di Near, tutt'altro. Non gli permetteva alcun movimento, lo improgionava tra le sue braccia come se fosse stato un suo prigioniero, un suo suddito. Eppure continuava a chiedersi se comunque, in ogni caso, era Near quello che aveva il controllo sulla situazione. Lui dai suoi occhi inespressivi che solo in quei momenti si scurivano poco di più, le sue labbra rosee da bambino che si aprivano leggermente e le guance rosse che stonavano decisamente con il suo colorito chiaro di sempre.
Seccato da quei pensieri e dall'espressione di Near, uscì da lui e con movimenti bruschi lo ribaltò come se fosse una bambola di pezza, premendogli la schiena con la mano e affondando nuovamente e senza delicatezza dentro di lui.
Non lo sopportava, lo odiava.
Ti odio, ti odio, ti odio!
Questo pensò quando finalmente venne ed uscì da lui velocemente.
Prima di alzarsi definitivamente dal letto, come comandato da un istinto proprio, non resistette dal mordergli la parte bassa della schiena facendogli uscire anche sangue.

Alzandosi, si affrettò a rimettere i boxer e riprese in mano la sigaretta. La accese e rivolse uno sguardo alla finestra: la luna ormai non illuminava più la stanza, c'era solo un enorme buio al di fuori di essa.
Quando si rigirò verso il letto, Near aveva la testa sul cuscino e si nascondeva sotto le coperte. Lo guardava senza dire niente, ma improvvisamente le sue labbra si aprirono nell'intenzione di dire qualcosa. "Tu... resterai, questa sera?"
Mello lo guardò e valutò cosa rispondergli. Alla fine non disse niente; Near non meritava risposte.
Trattenne la sigaretta tra le sue labbra e velocemente si rimise i pantaloni e allacciò per bene la giacca di pelle al petto.
"Vado" annunciò lentamente e senza guardarlo raggiunse la porta. Near fu troppo codardo per rispondere, ma poi, rispondere cosa? Che amasse Mello da sempre e avrebbe dato qualsiasi cosa per passare del tempo con lui, anche se palesamente lui lo odiava? O almeno, pensava di odiarlo?
Beh, probabilmente sarebbe stato inutile. Mello era troppo accecato dall'odio per rendersi conto che quello che provava era amore.

 

 

 

 

NB:

Ho deciso di troncarlo così perchè per tutta la storia non ho parlato di altro che odio, odio, odio e volevo far finire questa mini OS nominando la parola amore, argomento che in realtà era il tema principale della storia e che ho cercato di descrivere al meglio nei dettagli anche senza mai nominarlo e anzi parlando sempre delle cose che Mello odiava ma che in realtà amava -insomma, non so se son riuscita a far capire molto questa cosa, ma spero di sì-. Poi, beh, rileggendo mi sono resa conto che questa storia è un po' come se avesse una dinamica, come se fosse un pezzo di musica: inizialmente procede lenta con le descrizioni e tutto, poi c'è un momento di introspezione di Mello e tanta rabbia e foga, ma poi tutto ritorna come prima; le acque si calmano e Mello se ne va. Non so voi, ma ho adorato letteralmente questa cosa! ^^ Un po' anche per questo, la mia scelta è stata di fare delle pause un po' 'strane' durante il testo, non so se si notano molto o danno fastidio ma hanno un senso, non sono impazzita improvvisamente XD.
Vorrei ringraziare infine la GiudiciA Shiri Sixteen per aver creato questo contest e per avermi fatto partecipare. Non so quale sarà la sua valutazione, in quale posto finirò o se le piacerà la storia... ma la ringrazio già in anticipo qualunque sarà il risultato :3
E niente, spero vi piaccia e come sempre, lasciate un piccolo commentino se vi va... Ciao!

   
 
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