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Autore: Kodamy    16/05/2009    8 recensioni
E fu così che, dopo essersi chiesto più volte cosa si provasse a morire del tutto, Yu Kanda concluse che essere morti fa veramente schifo.
[LaviKanda] [LaviLenalee] [con sprazzi di MarieMiranda] [spoiler fino alla 186esima notte]
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lenalee Lee, Miranda Lotto, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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{As death goes on}

{As death goes on}


Capitolo Tre

“ il gioco della colpa ”

 

“Maledetto l'uomo che confida nell'uomo,
che pone nella carne il suo sostegno
 e dal Signore allontana il suo cuore.”
(Geremia, 17, 5)

 

Qualcuno bussò alla porta del capezzale di Yu, qualche ora dopo che Lavi ci avesse piantato le tende.
Lavi, non avendone voglia, non rispose. Non servì a molto, comunque, dal momento che il Generale Tiedoll la aprì lo stesso, fermandosi sulla soglia.

 

Il suo sguardo schermato dagli occhiali si era fermato solo un attimo su Lavi – ed il suo sguardo aveva gli occhi rossi di pianto.

Pover’uomo.

Rimase fermo, qualche attimo.
Poi, come se nulla fosse accaduto, non entrò e richiuse la porta.

 

Lavi non lo biasimò affatto.
Lo sapeva, che Tiedoll era in qualche modo convinto che Kanda sarebbe andato sicuramente all’inferno per colpa di Lavi. Aveva a lungo sentito i loro discorsi, qualche mattina presto. Mentre faceva finta di dormire e dava loro le spalle, voltato verso il muro. Grato per le lenzuola che coprivano i loro corpi non-proprio-vestiti.

 

All’epoca in cui Tiedoll, gettando all’aria ogni concetto di privacy in nome del suo affetto paterno, entrava nella camera di Yu.
(perché Tiedoll aveva sempre le chiavi delle stanze dei suoi discepoli)
Era uno dei lati negativi di averlo come maestro. Sentiva la mancanza della sua famiglia a Parigi, di sua moglie che aveva detto ‘ti aspetterò, ti aspetterò’ - ma chi ci crede davvero? – e di figli diventati grandi senza di lui.

A Tiedoll piaceva, giocare alla famiglia – ed era, appunto, uno dei suoi lati discutibilmente negativi.

 

L’altro lato negativo, dal punto di vista di Lavi, era quello che Tiedoll era uno dei pochi, nell’Ordine, a credere ancora in Dio. Nonostante la guerra, Tiedoll credeva ancora nelle favole.

Aveva sentito i suoi discorsi con Kanda, quelle mattine.

 

“Di nuovo…?”

“Dovrei dirlo io. Non sono affari suoi, Gener---”

“Sì che lo sono.”
”Se se ne esce
di nuovo con quella storia del padre, giuro che…”
”E’ un
peccato, Yu-kun.”
”…”
”L’innocence finirà per voltarti le spalle. Per colpa…”

“… Mugen non lo farà.”

“… lo spero. Lo spero davvero.”


Il saperlo ancora ancorato a questa vita, forse, gli aveva fatto sentire quella gioia egoisticamente sbagliata che anche Lavi, nel profondo del cuore, sentiva.

 

Non deve bruciare fra i dannati, ecco forse cosa pensava il Generale. Non deve.

 

E poi, il tacito ‘non certo per merito tuo, Bookman Junior’.


Tiedoll era stato sempre diffidente, nei confronti di Bookman. E a maggior ragione.
No, era sicuro che Tiedoll fosse sempre stato un padre premuroso e protettivo.
Una mamma chioccia fin troppo dedita ad assicurarsi che i suoi discepoli riuscissero ad arrivare fino alla fine della guerra senza troppe cicatrici, fossero esse fisiche o mentali.

 

(basti vedere come c’era riuscito male, poi)

 

No, Lavi non poteva proprio biasimarlo. I piani alti sentivano sempre tutti un po’ in colpa, quando si trattava di Yu.

Era incredibilmente facile, dal momento che anche Yu tendeva a dare la colpa di qualsiasi cosa agli altri, anche quando la colpa – diciamocelo chiaro e tondo – era solo sua.

 

Un po’ quando i cani randagi ammazzano i bambini per strada.

Non è colpa del cane, dicono.
E’ colpa di chi l’ha messo su, di chi l’ha abbandonato, chi l’ha maltrattato.

 

Ecco.

Con Yu aveva sempre funzionato così, nei piani alti dell’Ordine.


Si accoccolò appena di più fra le lenzuola, nascondendo una nota di disappunto. Quelle lenzuola lacerate non avevano l’odore di Yu, odoravano solo di pulito.
Dovevano essere state sostituite dopo il primo avvistamento del ‘vandalo’.  Lavi chiuse gli occhi, e continuò tuttavia a respirarne l’odore asettico. Sapeva, in qualche modo, che la cosa avrebbe fatto infuriare Yu

(leggasi infuriare come  i m b a r a z z a r e)

e sperava, in qualche modo, che la cosa lo avrebbe fatto infuriare abbastanza da presentarsi di nuovo.

 

Non funzionò, e Lavi rimase solo con la compagnia di una manciata di ricordi.

 

 L’infermeria gli era sembrata, a quel tempo, un luogo incredibilmente noioso. Con il polso buono – l’altro purtroppo fratturato in seguito all’ultima missione – stava affrontando una delle tante letture che il Panda gli voleva far imparare a memoria. Annali.

“Cosa devo fare con te?” stava dicendo un uomo dall’aspetto dimesso, seduto accanto al lettino di fronte al suo, mentre lavorava a maglia. La ragazzina sul letto non aveva risposto, fin troppo intenta ad osservare caparbia un punto indefinito di fronte a sé. Peccato che quel punto indefinito sembrava coincidere con il petto di Lavi.
E la cosa faceva sentire l’allievo di Bookman leggermente a disagio.

 

“Sei così giovane. Questa tua impulsività non ti farà bene, e non farà bene neanche a me. Cosa devo fare con te e con Daisya? Prendi Marie, ad esempio…”

 

Oh, si.

 

Lavi ricordava bene. Prendi Marie, ad esempio.

Tiedoll lo sapeva bene, che Daisya e Kanda sarebbero stati la sua rovina.

Sapeva che sarebbe dovuto andare contro le stesse leggi della natura, e seppellire i suoi stessi figli.

 

Ricordava bene come, a quel punto, lo sguardo della ragazzina aveva momentaneamente incontrato quello di Lavi. Come il suo broncio, su quelle labbra color pastello, si fosse appena accentuato. Quasi non avesse voglia di essere sgridata a quel modo, davanti ad estranei.

 

Lavi ricordava di averla trovata una cosa terribilmente carina.

Aveva begli occhi, quella ragazzina. Di un grigio scuro sfumato quasi di blu – quasi nero, ma non proprio.

 

“Smettila,” aveva detto la ragazzina.

Già. Lavi ricordava bene, ed ogni volta che ricordava, immancabilmente scoppiava a ridere.
Scoppiò a ridere anche lì, sul letto, da solo. Una risata un po’ amara che, se non appropriatamente controllata, rischiava di sfogare in lacrime senza troppe pretese.

Dalla voce, era stato evidente che la ragazzina non fosse una ragazzina.

 

“Stupido… stupido vecchio, sto bene da una vita! Mi faccia uscire di qui! Non ne poss---“
”Se passare un paio di giorni in infermeria è l’unico modo per far sì che tu stia più attento, la prossima vol---“

“--- non ho bisogno di stare in infermeria! E sono sicuro che…”
”… che sarà un’esperienza utile e formativa dal punto di vista sociale, ne sono sicuro anch’io.”


”Fuori. Esca. Fuori. Di. Qui.”

 

“Sonno? Allora sì, farò meglio ad andare. Dormire fa bene ai feriti, il corpo si concentra tutto a guarire la ferita, sai?”
Non c’è, una feri---“
”E poi, ho lasciato soli Daisya e Marie. Temo Marie non riesca a tenerlo sotto controllo… Se ti senti solo, Yu-kun---“
Kanda.”
”--- puoi sempre parlare con l’allievo di Bookman, no? Avete la stessa età, mi pare. Mi raccomando, non fare il timido.”

“… timido?!”

 

“Sono sicuro andrete perfettamente d’accordo.”


Lavi si ritrovò a domandarsi se Tiedoll si fosse mai pentito, di aver detto quelle parole.
A domandarsi se, magari, se le ricordasse ancora.

In qualche modo, era stato il generale a far sì che si parlassero la prima volta. Lavi era abbastanza sicuro che, con il senno di poi, Tiedoll gli avrebbe
ca-te-go-ri-ca-men-te impedito di rivolgergli la parola.

E avrebbe portato Yu lontano da quella
maledettissima infermeria.

Invece no. Invece Tiedoll se n’era andato, e Lavi era rimasto.

Era stato quello, principalmente, l’errore.

 

“… Lavi?” bussò una voce, appena bassa ed ovattata, al di là della porta. Per un attimo, Lavi non la collegò proprio a nessuno, sollevando appena la testa dalle lenzuola rovinate. Batté ciglio.

 

E’ questo, pensò, il brutto di fare gli amiconi. Nessuno capisce quando vuoi essere lasciato in pace.

 

Ancora una volta, non rispose e chiuse gli occhi.

Ancora una volta, inspirò profondamente le lenzuola, nella speranza di innervosire Yu.

Reclamando attenzione.

 

Ancora una volta, fallì.

 

“… Lavi?” stava ripetendo quel vocino garbato e fioco.
Qualche attimo di stasi, e quel vocino soggiunse un molto meno sicuro “… Kanda?”

 

Lenalee.
Lenalee era fuori dalla porta. E, considerando la sua
… illuminante scelta di parole…

… Lenalee sapeva.

Ottimo. Ora devo anche cercare di non farla piangere.

Cacciò via il pensiero poco lusinghiero, ed ebbe anche la presenza di spirito di sentirsi in colpa.

Bene, non sto ragionando bene. Dio…

 

La ragazza probabilmente si stancò d’aspettare fuori, e fece appena capolino all’interno della stanza sottosopra, aprendo la porta con un piccolo cigolio dei cardini.

Lavi la osservò squadrare la stanza con fare quasi riverente, impaurito. Timoroso.

Lo stesso sguardo di quando setacciava una stanza alla ricerca di Leverrier, quando sapeva perfettamente che era lì all’Ordine, in visita – in visita, diceva lui, ma per Lavi e Kanda e Komui e per tutti quelli che conoscevano Lenalee, la visita la faceva fare agli altri, sì, una visita all’Inferno.


(‘già stato, non era nulla di speciale,’ diceva Yu
 e Lavi rideva anche se doveva far finta di dormire
 e Tiedoll scuoteva il capo con disappunto)

 

“Non è qui,” esordì quindi il rossino – la stessa frase riservata a Leverrier. Non è qui, non è qui. Tranquilla.

Lo sguardo arrossato di Lenalee si posò infine sul letto, un po’ infranto, un po’ accusatorio.

 

“Ma ci sei tu. Perché non mi hai risposto?” tono appena tradito. Cauto. Cammina sui vetri. Sospettoso.

 

“Dormivo,” mentì fin troppo facilmente Lavi, sollevandosi seduto fra le coperte.

“Non ci credo,” mormorò saggiamente lei.

“Fai bene,” concesse l’altro.

 

Per un po’, rimasero in silenzio. Lenalee chiuse la porta alle sue spalle. Gli occhi a mandorla scuri – così simili a quelli di Kanda, agli occhi di un occidentale profano come lui, eppure il colore… il colore no, per niente – si posarono distrattamente sulla clessidra infranta. Le labbra di bocciolo si erano piegate appena all’ingiù.

 

“E’ stato lui,” commentò Lavi, facendo spallucce.

“Questo non la rende una cosa meno terribile.”

 

, decise Lavi, effettivamente ha ragione.

 

Il materasso cigolò appena sotto il peso esile della ragazza, che gli si sedette accanto senza troppi complimenti, e senza guardarlo in volto. Lavi le permise di farlo, scostando a sua volta lo sguardo sulla finestra rotta, da cui subdolo filtrava un alito di vento freddo.

”Stavo pensando,” esordì infine, ancora una volta, infrangendo il silenzio.

“A cosa?”

“E’ venuto Tiedoll, prima. Non è entrato, però,” il rossino fece spallucce, stringendo appena le labbra “pensavo che è davvero un uomo sfortunato. Prima Daisya, poi…”

“Fa del suo meglio,” concesse la ragazza, tono appena abbassato di un’ottava. “Ma non è mai abbastanza.”

 

Non sembrava sull’orlo di una crisi di pianto – anzi, considerato il suo umore negli ultimi giorni, Lavi non pensava d’azzardare troppo nel dire che Lenalee sembrava di buon umore. Relativamente parlando.

Per questo, si concesse un semplice: “Quando mai lo è?”

 

Completamente disilluso.
Lavi era solito mostrare davvero poco, di quella parte del suo carattere.

Soprattutto con Lenalee.

Perché Lenalee ci rimaneva male, e piangeva anche per lui.

 

(è per questo, che Lenalee non può essere Kanda e Kanda non può essere Lenalee)

 

(vallo a dire a me stesso sedicenne, questo)

 

Lenalee non pianse, ma piegò le labbra in una smorfia di disappunto. Non negò.

Non fece nulla.

 

“Ti ricordi? Mi hai salvato la vita, la prima volta che l’ho conosciuto,” perché parlare del passato aveva sempre infastidito (imbarazzato) Kanda, e magari così si sarebbe fatto vivo. “Ne? Voleva trapassarmi il collo con Mugen.”

Lenalee, appena disorientata dal cambio di discorso, accennò un sorriso non troppo sentito e decisamente triste, perché troppo colmo di malinconia. “Lo avevi chiamato Yu-kun, no?”
Lavi schioccò la lingua. “Ma ero sicuro, che si chiamasse Yukun! Tiedoll l’aveva chiamato così dall’inizio!”

“Fortuna che c’ero io,” mormorò lei, guardandosi le mani. E un dossier immaginario – lo stesso dossier con cui aveva colpito Kanda dietro la nuca?

“Mi sono sempre chiesto come facevi, a domarlo con un po’ di carta.”

 

“Che diavol---“
”In infermeria si dovrebbe riposare! Non è certo posto per sfoderare le spade contro chi è già ferito!”
”Ma…”
”E poi, come mai sei in piedi? Hai bisogno di riposare! La ferita si riaprirà, così…”
”--- non c’è
nessuna ferita, come devo dirve---“
”--- ti fa molto male? Non devi più fare una cosa così… così…
stupida…”
 

“Ero brava a farlo sentire in colpa, suppongo,” confessò la cinese, scostando lo sguardo. “Sono sempre stata brava a farlo.”

“Non ammetterlo,” la ammonì lui “potrebbe essere ancora nei dintorni.”

Lenalee sollevò lo sguardo, più dura del solito.
Severa.
Lavi si rese conto che, effettivamente, quel commento sarebbe potuto sembrare un tentativo di scherzare su una cosa fin troppo seria. Scostò lo sguardo.
“Non appena gli hai detto che eri preoccupata, si è riseduto subito sul letto con l’aria di un cane rabbioso che è appena stato bastonato come si deve dalla padroncina.”

“Già.”

Il tono rimase freddo.

“E’ sempre stato così. ‘Va bene, ti sono amico, ma non è detto che mi debba piacere!’” tentò Lavi di riscaldarlo un po’, imitando la voce di Yu.
La peggiore imitazione del giapponese che avesse mai fatto nella sua vita.

Patetica. Pessima.
Rabbrividì nel farla.
Aveva dimenticato mica com’era la voce di Yu?
Perché era uscita così male?

 

Lenalee, forse per pura cortesia, ridacchiò lo stesso.

Aveva di nuovo gli occhi lucidi.

 

“Mio fratello dice… che dobbiamo aiutarlo ad andare avanti,” mormorò, di tutta risposta alle sue battute.

 

Qualcosa, nel suo tono, suggerì a Lavi che la cinese non aveva alcunissima voglia di lasciarlo andare.

Lenalee, voleva dirle. Per cosa si è sacrificato Allen? Cosa crea gli Akuma? Non sono questi sentimenti a…?

 

Ma non lo disse.

 

“Sarebbe la cosa più giusta,” disse, invece.

Qualcosa, nel suo tono, gli suggerì che non aveva alcunissima voglia di lasciarlo andare neanche lui.

 

Erano in due a non volerlo. Lenalee si sarebbe impuntata su questo.
E probabilmente lo sapevano entrambi, perché Lenalee era sempre stata terribilmente percettiva quando si trattava di capire le persone. Forse, anche più percettiva di Lavi.

(se solo non fosse così caparbia nel vedere solo ciò che vuole vedere…)

 

“Non voglio,” disse, soltanto. Con quel vocino appena infranto che sa di supplica-ma-non-proprio, quel tono di piccola principessa che vuole l’erba voglio. Tecnicamente, quel tono che cade sotto la dicitura: ca-prìc-cio.

 

[s.m. 1. voglia improvvisa e stravagante, desiderio bizzarro; 2. bizza improvvisa caratteristica dei bambini]

 

“Può davvero stare con noi per sempre,” ragionò lei, quando Lavi non rispose e si limitò a guardare il vuoto. “Almeno, fin quando non saremo noi a morire. Può restare con noi! Dio ha…”

 

Lavi s’irrigidì appena.

 

“… per una volta che…” la sentì chiaramente, tirare su col naso. “… per una volta che Dio ha ascoltato una mia preghiera! Per una volta! Non è giusto, Lavi, non è per niente giusto, non è…”

 

Fu più o meno in quel momento, che il vetro si infranse.

 

oOoOoOo


Fluttuare dal piano dell’esistenza a quello della sonnacchiosa non-esistenza non è affatto divertente.

Anzi.

Fa venire una leggera nausea che comporta una fastidiosa mancanza di concentrazione, che comporta il bisogno di non-pensare e ti riporta al problema iniziale, ovvero, il non-esistere.

 

E’ un fottutissimo circolo vizioso.

Ecco a che conclusione era arrivato Yu Kanda

 

(oltre alla più elementare ‘essere morti fa schifo’)

 

La sua percezione del mondo reale si faceva sempre più intermittente. Problema che si era presentato più o meno nel momento in cui Marie e Lavi e la tizia si erano presentati nella sua stanza – … suasuasuasua non possono ancora toglierla vero? non lo sopporterebbe, nossignore non lo sopporterebbe, qualcun altro lì…

 

Lavi sdraiato sul suo letto.

Tiedoll che fa capolino – non imparerà mai?

Lavi sdraiato sul suo letto.

Lenalee seduta accanto a Lavi.

 

Il desiderio di farsi vedere da loro era pari a zero, vale a dire inversamente proporzionale al suo orgoglio che tende ad infinito. O qualcosa del genere.


Lavi era solito dirne, di cose.
Kanda ne ricordava la metà della metà, delle assurdità snocciolate dall’allievo di bookman.

 

(quando non voleva farlo dormire e per dispetto sussurrava matematica e fisica e la nuova psicoanalisi e geografia e fottutissime lezioni di arabo nelle orecchie)

 

Non riusciva a voler essere lì abbastanza fortemente da combattere il naturale istinto di voler essere semplicemente altrove. Non riusciva a fare niente, perché diviso tra questi due istinti e preso dal caratteristico desiderio di voler mandare tutto all’aria.

 

‘è sempre stato così’

‘mio fratello dice…’

‘… più giusta’

‘non voglio…’

 

E’ come una radio mal sintonizzata.

Il continuo sfocarsi della scena non faceva che fomentare il senso di nausea.

Poi, una semplice frase riverberò nel marasma di sensazioni.

 

‘può davvero stare con noi per sempre’

 

Era la voce di Lenalee. Per un attimo, tutto sembrò diventare più chiaro. Lenalee seduta accanto a Lavi, e Lavi ignaro che gli guardava attraverso, e Lenalee con lo sguardo basso che fa i capricci. Il respiro figurato – di cui tecnicamente non aveva neanche bisogno – gli rimase bloccato figurativamente in gola.

 

Quell’orrida sensazione di ansia-sto-per-capire-ma-non-voglio, sembrava comprimergli l’anima – o comprimerlo del tutto, dal momento che non sembrava esserci così tanta differenza, schiacciarlo, sì, schiacciarlo finchè non avrebbe avuto altra scelta che implodere o esplodere e…


’per una volta che Dio ha ascoltato una mia preghiera! per una volta!’

 

… colpa sua.

 

Colpa sua.

Lenalee aveva chiaramente ammesso che tutto questo orrido fottutissimo casino era colpa sua.

 

Colpa sua!

 

Fu un moto tanto istantaneo quanto istintivo. Dal momento che ormai era fatto solo di spirito, e non aveva il suo corpo ben temprato dalla meditazione a frenarlo.

 

Lavi gli aveva detto, una volta, che pensava avesse uno spirito terribilmente passionale in tutto quello che faceva. Che lo si vedeva dal modo in cui si arrabbiava.

 

Lavi gli diceva tante cose.

 

Yu voleva distruggerle tutte. Una cosa vale l’altra, iniziò dalla finestra.

 

“E’ colpa vostra.” sbottò, con tutta la razionalità che può possedere un’anima priva di cervello. La sua voce uscì più fredda e sibilante del solito, ed andò ad unirsi ai cocci di vetro che cadevano sul pavimento freddo e ruvido.  Con l’uso, si andò riscaldando appena. “Fottutissima colpa vostra.”

 

Li vide, chiaramente. Lenalee lanciò un grido degno dei suoi migliori, richiamando le gambe al petto ed addentrandosi sul materasso – finendo per mettersi in trappola da sola, contro il muro. “… Kanda?” mugolò, con voce confusa.

 

Lavi ebbe la presenza di spirito di farsi appena più avanti dopo l’attimo di puro panico iniziale – frapponendosi fra Kanda e Lenalee. Quella traccia di nebbia era tornata, ed ancora una volta, era colma di emozioni che Kanda non avrebbe mai mostrato neanche sotto tortura.

 

Yu Kanda non la prese bene. Quel fascio di emozioni si ridusse semplicemente ad una gelosia subliminale – poco più d’un attimo, prima di essere riconvertita in rabbia.

 

“Cosa è colpa nostra, Yu?” stava dicendo Lavi, e Kanda odiava quel tono, quel tono misurato e controllato e terribilmente strategico. Odiava non capire cosa pensasse Lavi quando Lavi capiva perfettamente cosa stesse pensando lui, e odiava come spesso lo trattava come un animale cresciuto in cattività e come…

 

oOoOoOo


 
Apparentemente, Yu era davvero arrabbiato con lui.

Questo! Questo è colpa vostra!” stava sbottando la traccia di nebbia, e per un attimo la sua immagine si fece più vivida. Talmente vivida che era possibile vedere il barlume adirato negli occhi, il barlume da animale in gabbia perfettamente definito e quasi reale, ed il corpo avvolto nell’abbraccio del tatuaggio spigoloso che no, no, no, Yu-chan, non ti dona affatto.

”Non può esserlo,” ragionò Lavi, stringendo le labbra. Per un attimo, sembrò combattuto.

 

“L’ha detto lei!” protestò di tutta risposta il fantasma.

 

“Non sa quello che dice,” replicò, con notevole convinzione. Talmente tanta convinzione, che Lenalee si ritrovò a soffocare un mugolio indignato prima che abbandonasse le labbra, per un attimo dimentica della surreale situazione.

 

“Ma certo che lo sa! Lo sai. Fosse per me, se la mia vita è finita è fi-ni-ta. Non ci sono certo così attaccato da…”

“… e come farebbe questo a rendere tutto colpa nostra?” incalzò il rossino. Alzando la voce, senza rendersene conto.

 

Oh, Yu.

Litigavano sempre, lui e Yu. Ogni volta che tornava dalla missione, Lavi era lì.
Pronto a litigare.

Era un po’ come il loro personalissimo bentornato a casa e poi…

 

“Non avreste dovuto… non avreste dovuto…” stava soffiando il fantasma, scotendo il capo. Mordendo il suo fantomatico labbro invisibile.

 

“Importarcene? Preoccuparci?” mormorò Lenalee, la cui voce sembrava mormorare ‘nonpuoichiederciquesto’.
Starti vicino?” suggerì invece Lavi, assottigliando appena lo sguardo di quell’unico occhio che mostrava al mondo. Il volto del fantasma sembrò farsi appena più nitido.

 

“Esattamente.”

”Allora,” esordì il rossino, stringendo appena le labbra “il tuo rimorso è quello di… averci abbandonato?”

”Il… il mio rimorso? Ah, figuriamoci se… no, no, è colpa vostra, colpa vostra che…”

 

“Sei stato cresciuto dal Vaticano,” e la voce di Lavi era quella voce da ‘ne-so-più-di-te-e-non-ammetto-repliche’ “Lo sai che l’unico motivo per cui non si riesce ad andare avanti sono le questioni in sospeso.”

 

Cazzate. Cazzate! Non ho questioni in sospeso. Non ho questioni e basta.”

Lavi conosceva quel tono. Era il tono che gli faceva smettere di discutere, ed abbordare la tattica dell’assalto fisico. Nostalgia, maledetta nostalgia-

Dovete aver fatto qualcosa, l’ordine deve aver fatto qualcosa…” stava continuando Kanda, e persino la sua voce si stava incrinando. Una cosa talmente rara, talmente aliena, che per un attimo Lavi pensò di non trovarsi affatto di fronte al fantasma di Kanda, ma a qualcosa di ripugnante che cercava semplicemente di imitarlo. “… deve aver fatto qualcosa, lo fa sempre, ci prova gusto a fottere con il culo degli altri no? Non è quello che fa sempre?”

 

Lenalee nascose appena il viso – un po’ per la scelta di parole, un po’ perché ammettere che Kanda avesse ragione sarebbe stato del tutto controproducente.

Così tanta rabbia. Così tanta passione.
Lavi pensò che Kanda era solito mostrarla in altri ambiti.

In battaglia, e a letto. Per lui erano sempre state la stessa cosa.

Eros e Thanatos, avrebbero detto gli antichi greci.
Sesso e morte.

 

… e ora anche dopo la morte stessa? Oh, beh. Tutti i fantasmi peccano di incoerenza.
In fondo sono solo proiezioni di risentimento.

Sono solo…

 

… quello.

 

Il solo rendersene conto fece male. Il corpo semi-translucido di Yu era proprio lì, davanti a lui. Era solo quello? Un fascio di rancore e risentimento, un’impressione che tutto l’odio che Kanda aveva provato in vita – e dio, se ne aveva provato! – si era lasciato alle spalle?

 

Solo quello?

 

Lavi portò una mano alla tempia.

Lenalee li stava guardando.

 

“Una volta per tutte. Speravo solo che fosse finita una volta per tutte,” stava mormorando Kanda. E sembrava più morto di quanto un morto avrebbe il diritto di sembrare.

 

“Ed invece ti ritrovi ad infestare il tuo letto di morte. Guarda un po’ te la vita,” mormorò Lavi, di tutta risposta, prima ancora di riuscire a controllarsi. Tutto, tutto per dargli la scusa di essere caustico e di vedere non il fascio di risentimento e rancore, tutto per vedere oltre l’impressione e per rivedere semplicemente Yu, semplicemente lui.

 

“Lavi!” protestò Lenalee scattando appena in avanti verso di lui.

 

Il fantasma di Yu si limitò a guardarlo per un po’. Il respiro affannato – perché i fantasmi respirano? Pura inerzia? – sembrò calmarsi in un perfetto non-respiro. Perfetta imitazione di morte – è così che dovrebbe essere.

 

“Non avrei mai dovuto…” stava mormorando.

 

Ed il cuoricino di Lavi cadde un pochino a pezzi.
No, nessun alito di vita.
Le sue parole non avevano offerto nessuno alito di vita.
Erano soltanto riuscite a spostare il “non avreste dovuto” a “non avrei dovuto”. Niente di più.

Sentì distrattamente anche il cuore di Lenalee creparsi un pochino di più. Probabilmente si era accorta anche lei, che Kanda si stava pentendo di aver creato una breccia nella spessa cinta di mura che gli cingeva il cuore. Si stava pentendo di aver creato una breccia per loro.


Alla fine, finì per sentirsi in colpa anche lui.

Ricordò quant’era stata calcolata e pianificata la loro prima volta, e ricordò com’era tutto frivolo e falso ed era solo un gioco, e semplicemente ‘non posso avere Lenalee tanto vale accontentarsi della cosa più vicina’.

Ricordò distrattamente un dolore simile a quello che stava provando in quel momento. Il suo non-cuore si era spezzato già una volta, per colpa di Kanda – e stranamente, non era stato con la sua morte. Ricordò quando Yu, sapendo che Lavi sapeva – della clessidra del loto della fottuta data di scadenza – aveva gridato e lo aveva preso a pugni ed era sembrato il ritratto di un animale in gabbia, ferito e spinto di spalle contro il muro, pronto a difendersi azzannando l’aggressore.

 

“Yu…” mormorò, tendendo la mano per toccarlo proprio come aveva fatto quella volta. Non ci arrivò mai.

 

Kanda tentò di schiaffeggiargliela via, proprio come quella volta. E lo voleva, eccome se lo voleva.

 

La sua mano passò ugualmente attraverso il braccio di Lavi.


Per un attimo, si fermarono entrambi. Poi, per la seconda volta, Yu scomparve semplicemente nel nulla.

 

Lenalee abbassò lo sguardo, non sapendo più dove guardare.

 

 

 

Fine Capitolo Terzo

 

 

 

 

A/N: Mi diverto troppo. Lo ammetto >_<” … se il capitolo è troppo confuso, fatemi sapere. Il problema è che tutto mi si sta trasformando in un monologo interiore, da queste parti @_@

 

Ermellino: grazie <3 … sono nata per spezzare i cuoricini, o così mi dicono =D *fa finta di essere dispiaciuta*

 

Rebychan: Ja, ja. Sono convinta che, in qualche modo, Kanda trovi molto facile reagire a tutto o arrabbiandosi, o facendo finta che non gli interessi. Ha deciso di essere mooolto arrabbiato, qui XD – anche perché c’è già Lavi, che sta facendo finta di essere indifferente >_<”. Marie è fatto d’amore, proprio come Miranda, e i due, non so, vengono naturalmente scritti come una coppia. Almeno dalla sottoscritta XD Cioè, li immagino talmente evidenti, che persino Kanda che non ricorda il nome di Miranda, si è accorto che stanno sempre appiccicati XD Komui lo vedo come un personaggio particolarmente tragico, nel suo piccolo. Parlando di abnegazione – nghè XD – quella che ha per sua sorella è indescrivibile. Le vuole un bene dell’anima. Vorrei anche io un fratello come lui ç.ç Lavi è confuso, principalmente – mi sono accorta a metà strada che effettivamente quello che prova è quello che guida il Conte alle persone che possono diventare akuma. Ed è una cosa terribile ç.ò In questo capitolo, sviluppo sia nella relazione fantasma sia nel passato. Yay! *_*/ Viva me~

 

Bulma90: Grazieee~ Ahn, se non fosse riuscito a vederlo di nuovo, la storia si sarebbe conclusa al vecchio capitolo. Coff, coff. Ero tentata giusto per aggiungere un altro po’ di drama, ma poi mi sono considerata sadica e mi sono costretta a scrivere X°D Spero che il capitolo ti sia piaciuto *_* [sìsì, sono adorabili insieme. Hanno quella particolare alchimia che mi fa andare in brodo di giuggiole *_*]

 

_NaNa_: Kanda è fra noi! Temete nemici dell’ere--- coff, coff. Beh, digerire un nuovo fantasma dopo che l’ultimo ha quasi distrutto l’ordine, dev’essere una cosa abbastanza difficile. Considerando che il soggetto in questione era vittima di attacchi d’ira omicida anche PRIMA di morire. X°°°D No? Povero povero Lavi ç_ò

 

Kumie: … aw ç_ò Il LaviLenalee. Non è poi così evidente nella fanfic, tuttavia c’è e dovevo avvertire nell’intro. Forse dovrei avvertire anche che è di secondo piano rispetto al LaviKanda? Uhmmm, dubbio, dubbio. Ma andando avanti~ Grazie mille per i complimenti sullo stile – perché in fondo, lo ammetto, sono quelli che più mi mandano in brodo di giuggiole e mi fanno stringere forte forte il peluche di Mokona (?). Mi piace entrare nella mente dei personaggi, e soprattutto, cerco sempre di renderli il più umani possibile. Con i desideri contrastanti, ed i pensieri fuori luogo che non si dicono mai a voce alta, e tutto quell’egoismo che è proprio degli esseri umani. E son contenta ogni volta che mi rassicurano che qualcosa del genere è arrivato ç.ò Giuro, al settimo cielo.  Per quanto riguarda i personaggi secondari – una storia ha sempre bisogno di più di due personaggi, per essere completa, a mio parere. E ho un debole per i personaggi secondari in generale X°D In particolare Marie e Miranda *-* Non c’è bisogno di alcune scuse, mi ha fatto toccare il cielo con un dito, deh *-*

  
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