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Autore: Little_Lotte    19/11/2016    6 recensioni
Atene, 1995.
Dopo lunghi anni di pace e di silenzio, le antiche armature di Bronzo si risvegliano, in cerca di nuovi Cavalieri ai quali affidare il proprio potere, e spetterà proprio ai neo cavalieri d'Oro - Shun di Virgo, Hyoga di Acquarius, Shiryu della Bilancia, Seiya di Sagitter, Ikki del Leone e Marin dei Pesci - addestrarli ed infondere loro tutta la propria conoscenza.
Ma il tempo è trascorso per tutti e molte cose sono cambiate, laggiù al Grande Tempio: I nuovi Maestri saranno in grado di adempiere il compito affidatogli da Athena?
Ed i nuovi allievi sapranno essere all'altezza di chi li ha preceduti?
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte nessuno dei futuri allievi riuscì a chiudere occhio, tutti troppo nervosi al pensiero di quanto sarebbe accaduto loro di lì a poche ore.

La cena si svolse per lo più in silenzio, fatta eccezione per quelle poche chiacchiere di cortesia che i giovani si scambiarono fra una portata e l'altra, e subito dopo mangiato tutti si ritirarono nelle proprie stanze, per riposare o meditare; la dea Athena – o Lady Kido, come l'aveva chiamata Marin - aveva messo a loro disposizione un intero palazzo, così che ognuno avesse una camera da letto personale.

Marin aveva anche detto loro che avevano la possibilità di decorarla a loro piacimento, il che aveva riscontrato l'immediata approvazione di James, il quale già si prefigurava con quali nuovi ed affascinanti modellini avrebbe tappezzato ogni centimetro quadrato della sua stanza.

Cleo, da parte sua, era semplicemente felice di poter godere di un suo spazio personale nel quale poter leggere, disegnare e fantasticare liberamente, senza sentirsi costantemente sottoposta al giudizio degli altri.

Fu davvero bello, per una volta, poter trascorrere un po' di tempo in serenità e probabilmente lo sarebbe stato ancora di più, se solo l'ansia non avesse continuato a logorarla per tutta la notte, fino al mattino successivo, quando – con ben poche ore di sonno alle spalle – Marin si presentò agli alloggi dei giovani allievi ed intimò loro di fare presto, poiché l'appuntamento con Athena era stato anticipato di almeno un paio di ore.

“Athena preferisce velocizzare la cerimonia.” aveva detto loro la Sacerdotessa, dopo aver buttato tutti giù da letto troppo tempo prima che essi potessero affermare di aver dormito un numero di ore che potesse dirsi dignitoso “La Dea ritiene che i tempi siano già propizi, dunque non ha alcun senso attendere fino a mezzogiorno. Adesso vestitevi e mettete qualcosa sotto i denti, non so dirvi quanto durerà la cerimonia e potrebbero anche trascorrere delle ore prima di poter fare ritorno alla vostra base.”

La maggior parte dei ragazzi sembrò reagire piuttosto bene alla notizia – forse perché preferivano liberarsi da quel peso il prima possibile – ma Cleo, al contrario, sembrò esserne profondamente turbata.

“Non è possibile, è troppo presto!” gemette la bambina, mentre lei e James si alzavano di malavoglia dal tavolo della prima colazione “I-io non ce la faccio, mi sento mancare il fiato!”

James non poté trattenersi dal ridacchiare sommessamente.

“Dai, Cleo... Rilassati!” esclamò in tono vivace e gioviale, tentando di trasmettere all'amica almeno un po' del suo genuino ottimismo “ Sei troppo nervosa, dovresti provare ad essere un po' meno pessimista! Prova a guardare il lato positivo della situazione.”

Cleo lo guardò malamente, con aria evidentemente perplessa.

“Il lato positivo, dici?” ripeté con fare scettico “Come può esserci un lato positivo in tutto questo, me lo vuoi spiegare?”

James sospirò profondamente, per poi sorridere.

“Beh, non sei curiosa di sapere in che cosa consiste questa prova?” chiese “Insomma, tutto questo mistero non ti eccita neanche un po'?”

“No, per niente.” rilanciò l'altra, facendo una smorfia “A dire il vero, mi preoccupa e basta. Non sapere che cosa il futuro abbia in serbo per noi è davvero frustrante, mi mette addosso un'ansia tremenda.”

“Scherzi? Io invece lo trovo incredibilmente stimolante!” echeggiò improvvisamente una voce sconosciuta alle loro spalle.

James e Cleo si voltarono di scatto in direzione di quella voce misteriosa, incuriositi: Di fronte a loro, una ragazzina dall'aspetto piuttosto vivace e lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo sorrideva allegramente, come se non riuscisse a contenere il proprio entusiasmo.

“Scusate, non volevo farmi gli affari vostri.” disse la ragazzina, con leggera sfacciataggine “Non ho potuto fare a meno di ascoltare le vostre parole.”

Cleo e James restarono in silenzio, fissando la biondina con espressione stranita, mentre quest'ultima continuava a sorridere ampiamente.

“Ciao, mi chiamo Charlotte!” trillò briosamente “Vengo dall'Irlanda, un paese moooolto più freddo rispetto alla Grecia. E voi di dove siete?”

James fu il primo a farsi avanti, tentando di rompere quell'imbarazzo nel quale lui e Cleo erano inevitabilmente piombati.

“Beh... Io sono James, molto piacere.” disse, allungando una mano verso Charlotte affinché lei la stringesse; poi si voltò in direzione di Cleo e con un leggero cenno del capo aggiunse “E questa, invece, è la mia amica Cleo.”

Cleo abbozzò un rapido sorriso, a tratti impacciato.

“C-ciao.” balbettò timidamente.

“Da dove venite, ragazzi?” incalzò nuovamente Charlotte, quasi calpestando le parole di Cleo “Anche voi siete stati strappati alle crudele braccia di un qualche orfanotrofio disperso nel mondo?”

James rise: “Più o meno. Io vengo da New York e... ”

“Wow, New York!” lo interruppe Charlotte, frenetica “La chiassosa, vibrante e colorata New York City! Scommetto che ti divertivi un mondo da quelle parti.”

Il ragazzino storse il naso.

“Non esattamente.” rispose “Sai, la vita in orfanotrofio non era certo il massimo.”

“Oh, a chi lo dici!” esclamò Charlotte, con una smorfia “Niente in tutta la mia vita mi ha mai reso tanto felice quanto la notizia di poter finalmente abbandonare quel postaccio! E tu, Cleo, da dove vieni?”

Cleo abbozzò un sorrisetto timido.

“Da Creta.” mormorò.

“Dunque non hai fatto molta strada!” esclamò Charlotte, ridendo sotto i baffi; poi iniziò a guardarsi intorno con attenzione, scrutando ogni singolo angolo da cima a fondo “Beh, che ve ne pare di questo posto? Sicuramente è meglio della bettola in cui ho vissuto fino a ieri! E di Marin, che cosa ne pensate? A me sembra una tipa davvero in gamba, ma ancora non ho capito se mi piace Athena... Insomma, ha un'aria così seria... Troppo seria. Non so, non mi piacciono le persone che non sorridono mai. Voi che ne pensate?”

James e Cleo si fissarono in silenzio, sempre più attoniti e perplessi.

“Dunque, io...” farfugliò James, incerto “A dire il vero, i-io non saprei.”

“Già, come immaginavo!” lo interruppe Charlotte, come se la sua esuberanza non le avesse lasciato il tempo di ascoltare con attenzione le parole del ragazzino “E' ancora troppo presto per esprimere giudizi, anche sui compagni. Sì, confesso di non essermi ancora fatta una particolare idea su nessuno.”

James e Cleo, a quel punto, smisero di fissarsi l'un l'altra e dirottarono il proprio sguardo – ancora piuttosto stranito – in direzione di Charlotte, scrutandola curiosamente. La ragazzina se ne accorse e, a quel punto, non poté trattenersi dall'arrossire per l'imbarazzo.

“Oh, cielo... Scusatemi, come al solito ho parlato troppo!” balbettò vergognosamente “Tendo a farlo spesso, specie quando conosco una persona nuova. In effetti Miss O'Malley me lo diceva sempre, io mi ostinavo a darle contro, ma in effetti immagino che avesse ragione e... Oh, no! Perdonatemi, l'ho fatto di nuovo!”

Cleo guardò la ragazzina con aria intenerita e le sorrise, affabilmente.

“Non preoccuparti, non è certo un problema.” le disse con voce morbida “A dire il vero, mi piacciono le persone loquaci. Insomma, io me ne sto sempre zitta!”

“Già, posso confermarlo.” intervenne allora James, con un risolino canzonatorio “Cleo non è esattamente la persona più chiacchierona ch'io abbia mai conosciuto. Però è davvero carina e gentile, su questo non si può certo discutere.”

Charlotte sorrise a sua volta.

“Bene, questo è davvero fantastico!” esclamò allegramente, guardando Cleo “Ho bisogno di persone carine e gentili nella mia vita, credo di non averne conosciute abbastanza fino ad ora. Spero allora che diventeremo amiche.”

Cleo ampliò enormemente il proprio sorriso, facendo segno di sì con il capo.

“Oh, lo spero anche io.” rispose “Avrei davvero bisogno di un'amica vera.”

“Hey, ed io chi sarei allora?” protestò a quel punto James, lievemente offeso.

Cleo emise un leggero risolino.

“Eddai, James... Non te la prendere.” lo rabbonì “Non è mica la stessa cosa, tu sei un maschio!”

“Già, si sa che noi fanciulle siamo delle creature superiori.” echeggiò Charlotte, in tono fintamente altezzoso “E' un dato di fatto, non possiamo farci niente!”

I tre si guardarono negli occhi per pochi istanti, prima di scoppiare all'unisono in una risata fragorosa che ruppe completamente tutta la tensione e l'imbarazzo; fu come se quel piccolo gruppetto di fanciulli fosse da tempo legato da una solida amicizia, nessuno – passando di lì – avrebbe mai potuto pensare che non si conoscessero da più di ventiquattro ore.

Se fosse stato loro possibile, avrebbero approfittato di quella splendida giornata di sole per uscire all'aperto, giocare ed approfondire ulteriormente quell'appena nata amicizia, ma la voce di Marin risuonò con veemenza alle loro spalle, intimandoli di accelerare i tempi.

“ Charlotte, Cleo, James... Coraggio, ragazzi, stiamo aspettando solo voi!”

I tre arrossirono imbarazzati ed assentirono in silenzio, seguendo rapidamente Marin assieme al resto della compagnia.

“Bene, allora... A quanto pare ci siamo, ragazzi.” esordì allegramente Charlotte, incapace – tuttavia – di celare una certa preoccupazione nella propria voce “Andiamo a conoscere il nostro destino.”

Cleo e James si guardarono e poi sorrisero, seguendo la loro nuova amica e dirigendosi verso l'arena, dove – di lì a breve – la loro vita sarebbe cambiata una volta e per sempre, in una maniera che ancora facevano tanta fatica ad immaginare.

*

“Athena? Siete pronta, Mia Signora?”

Athena ebbe un violento sussulto, nell'istante in cui la voce altisonante di Shiryu la distolse dai propri pensieri. I due si ritrovavano ancora all'interno del Grande Tempio e nonostante l'insistenza del Cavaliere della Bilancia ad accelerare il passo, la giovane dea sembrava essere tutt'altro che intenzionata ad abbandonare quei luoghi sacri.

“Mia Signora.” ripeté Shiryu “Va tutto bene?”

“Sì, certamente.” gli rispose allora la fanciulla, in tono chiaramente malinconico “Perdonami, Cavaliere, ero sovrappensiero.”

Shiryu, insospettitosi da quell'atteggiamento così misterioso e distaccato, iniziò ad osservare la fanciulla con aria circospetta, prima di domandarle con fare inquisitore: “Siete certa che sia tutto a posto? Ho il timore che tutta questa faccenda dei nuovi allievi vi stia stressando più del dovuto.”

Athena sospirò profondamente.

“Sono la vostra Dea, Shiryu, è normale che la sorte di voi Cavalieri mi stia tanto a cuore.” rispose tagliente “Mi stupisco di questa tua perplessità.”

“Vi osservo da molto tempo, Milady, e credo che non siate realmente concentrata sul qui ed ora.” rilanciò duramente Shiryu, a mo' di ramanzina “La vostra mente è altrove ed ho serie ragioni di pensare che mi stiate nascondendo qualcosa.”

“No di certo, Cavaliere!” saltò su Athena, con un tono di voce che lasciava chiaramente presagire il contrario di quanto stesse affermando “ No, io... Non potrei mai avere dei segreti con te, sei il mio Gran Sacerdote. So bene quanto sia importante l'onestà fra di noi.”

Shiryu continuò a fissare la fanciulla in silenzio, con espressione scettica ed incerta, e facendola sentire visibilmente a disagio.

“Shiryu, ti prego di non farmi il terzo grado.” rilanciò Athena, tentando di mascherare - dietro ad un tono di voce fermo e deciso - la propria agitazione “Ricordati che sono la tua dea e che esigo il massimo del rispetto.”

“Sono solo preoccupato per voi, Milady.” insistette Shiryu, addolcendo i propri modi “Se qualcosa vi crea dei pensieri negativi io ho tutto il diritto di esserne al corrente, specialmente se ciò rischia di costituire un pericolo per me e per i miei compagni.”

Saori ebbe un violento sussultò, come se con quell'ultima affermazione Shiryu avesse dimostrato di avere, in qualche modo, colpito nel segno.

“T-tu parli a vanvera, Shiryu.” la fanciulla tentò di sviare il Cavaliere dai propri sospetti “Non ti sto nascondendo niente, sono solo un po' in ansia per la cerimonia di oggi. E' normale un po' di agitazione per i miei futuri Cavalieri, ma posso assicurarti che non vi è davvero niente di cui allarmarsi.”

Shiryu, ancora scettico, continuò a fissarla intensamente e con aria inquisitrice.

“Davvero devo credere alle vostre parole?”

Saori sospiro profondamente e rivolgendo al Cavaliere uno sguardo profondo e all'apparenza sincerò rispose: “Sei il mio fidato consigliere, Shiryu: Sai che non oserei mai mentirti.”

Le parole di Athena sembravano ancora incerte, ma Shiryu decise di abbozzare e di provare a fidarsi di lei; del resto era pur sempre la sua dea ed il Cavaliere sapeva che, per nessuna ragione al mondo, a lui ed ai propri compagni era concesso dubitare di lei.

“Bene, allora.” disse infine il Gran Sacerdote, con un leggero sospiro “Credo che sia meglio raggiungere i miei compagni nell'Arena, Marin dovrebbe arrivare a breve con i fanciulli. Voi cercate di non farvi attendere troppo, Milady.”

“Cosa? Oh, sì... Certamente!” replicò Athena, piuttosto distrattamente “Tu avviati pure, Cavaliere, io arriverò fra poco.”

Shiryu annuì silenzioso e poi si allontanò, lasciando così la fanciulla sola con i propri pensieri.

Ella iniziò a camminare avanti e indietro, con impazienza, quasi a voler temporeggiare; sapeva di avere un importante compito da svolgere, eppure – per qualche arcana ragione – sembrava non voler adempiere al proprio dovere.

Inoltre, la conversazione con Shiryu l'aveva notevolmente turbata: Detestava mentire ai suoi cavalieri, ma non poteva certo rivelare al Gran Sacerdote quale fosse la reale natura dei propri pensieri.

In fin dei conti, neppure lei andava particolarmente fiera di quel che stava facendo.

“Non dovevo cedere alla mia ira.” pensò fra sé e sé “Non dovevo permettere al mio orgoglio e alla mia vanità di avere la meglio sul mio senso di Giustizia.”

Eppure, era accaduto.

Per molti anni la giovane Saori aveva tentato di mettere a tacere i propri sentimenti e lo spirito di Athena aveva sempre scelto di assecondarla, occludendo a sua volta la superbia che ella stessa, per natura, era portata a provare; tuttavia, con il trascorrere degli anni, il rancore di Saori si era accresciuto al punto tale di tramutarsi in rabbia e l'impeto vendicativo di Athena si era di colpo risvegliato, aggrappandosi ad esso e pronto a punire chiunque fosse responsabile del dolore e della sofferenza della propria controparte umana.

Del resto, Athena non amava essere seconda a nessuna e Saori, dal canto suo, non era poi così brava a convivere con un cuore spezzato.

“Adesso basta.” si ammonì ad alta voce “Basta pensare a lei... Adesso non è importante. Non devi distrarti dai tuoi doveri, né permettere a questi stupidi capricci di distoglierti dalle tue responsabilità. Tu sei la dea Athena... Non puoi dimenticarlo.”

Sospirò profondamente, per farsi coraggio.

Era un momento troppo importante per permettersi di essere egoista, adesso doveva pensare solamente ai suoi Cavalieri. Non vi era niente che meritasse, in quel momento, più della sorte delle Armature di Bronzo.

Saori tirò un ennesimo sospiro e poi, dopo essersi ricomposta, si decise finalmente a mettersi in marcia verso l'Arena, dove Marin e gli altri Cavalieri l'attendevano con impazienza.

Il tempo per pensare era ormai agli sgoccioli, adesso era giunto il momento di agire.

Ed Athena avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere, affinché niente e nessuno potesse in alcun modo interferire con i suoi piani.

*

In quello stesso momento, nell'Arena del Combattimento, un gruppo di ragazzini spaventati si guardava intorno con impazienza, tutti incerti se provare più ansia o eccitazione per quanto stava per accadere loro; alcuni di loro, più spavaldi, tentavano di mascherare le proprie preoccupazioni dietro un atteggiamento superbo ed altezzoso, ma non tutti riuscivano a mantenere la calma ed il proprio sangue freddo.

Naturalmente, Cleo faceva parte di quest'ultima categoria.

“Accidenti, perché ci mettono tanto?” domandò la ragazzina, guardandosi nervosamente intorno con aria circospetta “Eppure erano proprio loro ad avere così tanta fredda di cominciare!”

James le mise una mano sulla spalla, provando a tranquillizzarla, ma quel tentativo di trasmetterle sicurezza venne brutalmente reso vano da Charlotte, la quale echeggiò con fare teso ed impaziente: “Se non si muovono ad arrivare giuro che do di matto, mi stanno facendo malissimo i piedi ed ho bisogno di mettermi a sedere! Possibile che qui in Grecia siano tutti così ritardatari? Non è così che si trattano i nuovi arrivati, non dalle mie parti!”

“Charlotte, bada a come parli!” la sgridò Marin, udendo le sue parole “Non ci si rivolge in questo modo alla dea Athena!”

Charlotte fece una smorfia: “Mica stavo parlando con lei! Ho detto solo che dalle mie parti non...”

Charlotte, silenzio!”

La ragazzina alzò gli occhi al cielo e sbuffò, e proprio in quel momento ecco che finalmente la dea Athena fece il proprio ingresso nell'Arena, con il suo solito modo di fare austero ed altezzoso; tutti i Cavalieri si inchinarono a lei, in segno di rispetto, e lei rivolse loro un rapido sorrisetto di cortesia, quasi forzato.

“Perdonate il mio ritardo, ragazzi.” mormorò la fanciulla, senza apparire realmente dispiaciuta “Immagino che siate tutti molto ansiosi di conoscere il vostro futuro, dunque cercherò di non farvi perdere altro tempo.”

Cleo, Charlotte e James si fermarono ad osservarla con attenzione, così come il resto dei loro compagni.

“Adesso desidero che vi mettiate tutti in fila e vi posizionate di fronte a me, in maniera ordinata: Io vi chiamerò uno ad uno e tenterò di entrare in contatto con il vostro Cosmo, per capire a quale Armatura esso sia più affine.”

“Io questa storia del Cosmo ancora devo capirla.” bisbigliò Emma, nell'orecchio della sua amica Gwen.

“Ragazzi, fate silenzio.” tuonò nuovamente Marin, con voce severa “Ascoltate attentamente le parole di Athena, si tratta di una questione di enorme importanza.”

Poi estrasse dalla propria saccoccia una pergamena sgualcita e la porse ad Athena, la quale la srotolò con attenzione ed in silenzio iniziò a scorrere la lunga lista di nomi che vi erano scritti. Poi, finalmente, iniziò a chiamarli uno ad uno.

“Tomas! Vieni avanti.”

Tomas si mosse lentamente e con incertezza in direzione di Athena, fermandosi di fronte a lei nell'istante in cui questa fece lui cenno; la donna sospirò profondamente ed allungò una mano verso di lui, posò il palmo sulla sua fronte e poi chiuse gli occhi, rilasciando una calda e luminosa aurea che irradiò interamente lo spazio circostante.

Tutti i bambini indietreggiarono, spaventati, ed anche se lo stesso Tomas avrebbe voluto fare altrettanto, l'energia rilasciata dal corpo di Athena impedì lui ogni genere di movimento, lasciandolo semplicemente immobile ad attendere il responso della dea.

Durò appena pochi istanti, poi gli occhi della dea si spalancarono e l'aurea attorno a lei si spense di colpo, decretando infine la sentenza tanto attesa.

“Nicolas, da quanto sono riuscita a percepire, il tuo Cosmo è particolarmente affine a quello della Costellazione del Dragone; ciò significa che verrai addestrato per il possesso di tale armatura e che il tuo Maestro sarà Shiryu della Bilancia, nonché Gran Sacerdote del Grande Tempio di Athena.”

Nicolas si voltò curiosamente in direzione dei Cavalieri d'Oro, riconoscendo immediatamente Shiryu dal sorriso affettuoso che questi gli rivolse; il ragazzino si sentì di colpo sollevato, rasserenato da quell'inaspettato gesto di cortesia nei suoi confronti.

“Coraggio, Nicolas, va a raggiungere il tuo Maestro.” lo esortò Athena, senza scomporsi minimamente “E' bene che l'allievo incominci da subito a prendere confidenza con il proprio mentore.”

Nicolas annuì in silenzio e raggiunse Shiryu in silenzio, nascondendosi dietro la sua enorme armatura. Il Cavaliere lo fissò teneramente, non potendo impedirsi di sorridere ancora.

“Non preoccuparti, Nicolas.” mormorò gentilmente “Sono stato un allievo anch'io e so bene quel che si prova. Ti prometto che andremo d'accordo, non avrai nulla da temere insieme a me.”

Il ragazzino sorrise a sua volta, ulteriormente sollevato.

“Grazie, Maestro.” rispose, ed in quel momento Shiryu avvertì un improvviso moto di orgoglio e soddisfazione.

Era ufficialmente un vero Maestro e di lì a poco anche i suoi amici avrebbero scoperto che cosa significa provare una simile sensazione.

“Charlotte: E' il tuo turno.”

“Auguratemi buona fortuna, amici!” esclamò la ragazzina, rivolgendosi a James e Cleo “Penso che ne avrò bisogno.”

Poi si avvicinò ad Athena e si posizionò di fronte a lei, così che questa potesse ripetere ancora una volta il proprio rituale.

“Dunque...” mormorò infine la dea “Tu sarai addestrata per il possesso dell'armatura di Pegasus, ed il tuo Maestro sarà...”

Seiya sorrise compiaciuto e gonfiò orgogliosamente il petto, gongolando al solo pensiero di sentir pronunciare il proprio nome.

Shaina, Sacerdotessa dell'Ofiuco.”

“Che cosa? No, questo non è possibile!” Seiya interruppe brutalmente la solennità di quella cerimonia “Prova ancora, Athena, qui deve esserci un errore!”

“Che cosa c'è, Seiya?” rilanciò immediatamente l'Ofiuco, in tono visibilmente provocatorio “Per caso non mi ritieni all'altezza di addestrare un futuro Cavaliere di Athena?”

Seiya avvampò di colpo ed iniziò a tartagliare: “N-Non... Volevo dire questo, è solo che dovrebbe spettare a me l'incarico di addestrare il futuro Cavaliere di Pegasus. D'altra parte, sono stato io stesso ad indossare quell'armatura.”

Shaina lo fissò duramente.

“Armatura che tu hai rubato al mio allievo, Seiya.” mormorò con fare rabbioso.

Il Sagittario sostenne senza timore il suo sguardo, replicando a denti stretti: “Ho vinto lealmente quella battaglia, l'armatura di Pegasus era destinata a me e non ho imbrogliato per ottenere quanto mi spettava. Il mio non è stato un furto ma una degna conquista, Shaina: Ti prego di non dimenticarlo.”

Shaina non rispose e si limitò a mordersi forte il labbro, con fare eloquente.

“No, Seiya.” bisbigliò poco dopo, facendo bene attenzione che nessuno potesse udirla “Non potrò mai dimenticare quello che hai fatto.”

Il Cavaliere d'Oro alzò le braccia al cielo e sbuffò sonoramente.

“In ogni caso, Athena, ritengo che vi sia un errore in questo tuo responso.” insistette “Ti prego, potresti riprovare a...”

“Nessun errore.” lo zittì Athena, spazientita “Placa i tuoi bollenti spiriti, Cavaliere, la cerimonia è ancora molto lunga ed il volere di Athena non deve essere messo in discussione. Torna al tuo posto, adesso, senza fare storie. Charlotte, tu puoi raggiungere Shaina.”

Charlotte annuì silente, chiaramente confusa ed intimorita dalla scena cui aveva appena assistito; fortunatamente il sorriso materno di Shaina la fece sentire di colpo molto più tranquilla e rilassata e nel momento in cui la mano della fanciulla si posò gentilmente sulla sua, per infonderle coraggio, la bimba capì che non avrebbe potuto chiedere di meglio come sua Maestra.

Athena levò un ennesimo sospiro, pronta a ricominciare.

“James!” chiamò a gran voce, facendo di colpo sussultare il ragazzino.

Lui e Cleo si guardarono intensamente negli occhi e la bimba non poté fare a meno di scorgere una certa preoccupazione nello sguardo dell'amico.

“Che ti prende? Non dirmi che hai paura?!” fece lei, con fare canzonatorio “Non dicevi che non vi era assolutamente niente di cui preoccuparsi?”

“Stai zitta, Cleo, in questo momento ho una tale paura che mi rimangerei tutto quello che ho detto fino ad ora!” esclamò nervosamente James, immobile come una statua e tutt'altro che intenzionato a raggiungere Athena – la quale, naturalmente, stava già incominciando a spazientirsi.

“James! Muoviti, non abbiamo tutto il giorno.”

Il ragazzino sbuffò a pieni polmoni e si diresse verso la dea, pronto – più o meno – a ricevere lo stesso trattamento dei propri compagni. Tutto sommato, pensò, gli altri due non sembravano aver sofferto o provato dolore durante quel trattamento, dunque le cose dovevano essere molto più semplici di quanto lui le dipingesse al momento.

“James, tu verrai addestrato per il possesso dell'Armatura di Phoenix.” decretò infine la dea – molto più velocemente di quanto James non si aspettasse, in effetti “Il tuo Maestro sarà Ikki, Cavaliere del Leone.”

James si voltò di scatto in direzione dei Cavalieri d'Oro e riconobbe immediatamente Ikki dal passo in avanti che questi fece nel sentir pronunciare il proprio nome: Era un uomo piuttosto robusto e dall'aria decisamente severa, ed al contrario di quanto avevano fatto i suoi colleghi non rivolse al proprio allievo alcun genere di cenno o gesto di conforto.

James lo raggiunge a malincuore, lo sguardo fisso a terra ed il morale visibilmente sotto ai tacchi. Ikki lo fissò curiosamente, senza -tuttavia - lasciar trapelare alcun genere di emozione sul proprio volto.

“E' bene che tu lo sappia sin da ora, ragazzino.” mormorò cupamente, con voce gutturale “Non sarà facile ottenere quell'armatura: Il Cosmo della Fenice non è semplice da governare, avrai bisogno di tutte le tue forze e di tutto il tuo coraggio. Pensi di potercela fare?”

James affondò gli incisivi nel labbro inferiore, annuendo.

“S-sì.” la sua voce risuonò flebile e spezzata “C-credo di sì.”

Ikki non sorrise, ma qualcosa nei lineamenti del suo volto suggerì un improvviso cambio di intenzione, come se in qualche modo volesse davvero trasmettere un senso di sicurezza e di complicità al proprio allievo.

“Non ti darò tregua, ragazzino.” aggiunse il Leone “Giusto perché tu sappia che con che razza di Maestro avrai a che fare.”

James avrebbe voluto trovare il coraggio di ribattere, ma le parole gli si mozzarono in gola e decise di abbozzare, indirizzando nuovamente il proprio interesse verso la dea Athena.

A quel punto fu il turno di Gwen, che venne a sua volta assegnata ad Ikki – e lei e James si scambiarono un lungo sguardo astioso, già perfettamente consci di quella che sarebbe stata la loro competizione – e poi di Ermès, il primo ad essere assegnato al Cavaliere di Acquarius, per il possesso dell'armatura del Cigno.

Infine, arrivò il turno di Cleo.

La bimba si avvicinò ad Athena e questa procedette ancora una volta con il proprio rituale, il cui responso fu: “Armatura di Andromeda, Maestro Shun di Virgo.”

Un tenero sorriso paterno irradiò completamente il volto di Shun; non capiva bene perché, ma aveva la netta sensazione che quella ragazzina avrebbe compiuto grandi cose, con il passare del tempo.

Non appena Cleo lo ebbe raggiunto, il Cavaliere posò dolcemente una mano sulla sua spalla e le sorrise affabilmente.

“Tranquilla, non devi avere paura.” disse, quasi le avesse letto nel pensiero “So che può sembrare spaventoso, ma ti assicuro che non hai davvero niente da temere. Almeno, non finché ci sarò io.”

Cleo non poté fare a meno di sorridere a sua volta, estasiata dallo sguardo vivace con cui Shun si rivolgeva a lei.

“E' così bello!” pensò “Ed i suoi occhi trasmettevano pace e sicurezza. Non avrò mai più paura, se continuerà a guardarmi in questo modo.”

Anche Emma, pochi istanti dopo, divenne allieva di Shun e l'ultimo ad essere chiamato all'appello fu Raul, il ragazzino dallo sguardo imbronciato che aveva attirato l'attenzione di Cleo il giorno precedente, durante il loro primo incontro con la dea Athena.

La bimba si ritrovò inevitabilmente a sorridere, quasi senza rendersene conto.

Era davvero interessante, quel Raul, anche se di poche parole e dall'aspetto tutt'altro che socievole; eppure i suoi occhi chiari trasmettevano uno strano senso di inquietudine ed era come se nascondessero un segreto, un mistero al quale solamente pochi eletti avrebbero potuto accedere.

Cleo non ne comprendeva bene il perché, ma avrebbe tanto voluto far parte di quel gruppo di privilegiati.

“Raul, anche tu sarai assegnato al Cavaliere di Acquarius e verrai addestrato per il possesso dell'armatura del Cigno. Puoi raggiungere il tuo Maestro ed il tuo compagno.”

Raul annuì e si diresse verso Hyoga, il quale aveva già preso Ermès sotto la propria ala protettiva; i due si guardarono negli occhi e Hyoga venne colto da un improvviso brivido, come se un fulmine lo avesse colpito in pieno petto.

Quegli occhi, pensò, erano talmente profondi da ricordargli il mare della Siberia – il suo mare.

“Dobbiamo aver paura di te, Maestro?” domandò il ragazzino, con aria quasi di sfida “Il nostro addestramento sarà duro e faticoso?”

Hyoga sorrise sornione.

“Probabilmente sì.” replicò “Tutto dipende da voi due, dalla vostra determinazione e dalla capacità che avrete di sopportare il dolore.”

Raul sorrise a sua volta, con fare altrettanto beffardo.

“Direi che potrebbe essere divertente.”disse, per poi rivolgersi ad Ermès “A me piacciono le sfide.”

Il suo avversario non rispose, chiaramente intimorito; non conosceva bene quel bambino, ma gli era già abbastanza chiaro che gli avrebbe dato del filo da torcere.

“Bene, direi che per oggi è tutto.” asserì infine Athena “Se i vostri Maestri non hanno niente da dire, credo che i giovani allievi possano fare ritorno al loro dormitorio. Gli addestramenti avranno ufficialmente inizio domani mattina, all'alba.”

“All'alba?” protestò Nicolàs “Non vi sembra un po' troppo presto?”

“Non fare storie, Nicolàs.” lo ammonì il suo Maestro, guardandolo severamente “Se la dea Athena stabilisce un orario, questo deve essere rigorosamente rispettato.”

“Inoltre” aggiunse Ikki “E' bene che vi abituiate sin dal principio ai ritmi di un Cavaliere di Athena.”

I ragazzini sospirarono all'unisono, con la stessa disperata rassegnazione – cosa che intenerì in egual misura tutti i rispettivi maestri. Infine, fu Shiryu a dare definitivamente il permesso ai ragazzi di congedarsi e ad incaricare Marin di scortarli nuovamente ai propri alloggi.

“Beh, direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza!” esclamò Seiya, con una certa allegria “Dal momento che fino a domani mattina non dovremo dedicarci ai nostri nuovi impegni, pensò che me ne tornerò a casa e schiaccerò un pisolino!”

Shaina storse il naso.

“Non ti sembra un atteggiamento da irresponsabili?” lo ammonì duramente.

Seiya fece una smorfia.

“Inizierò ad essere responsabile da domani.” tagliò corto “Per il momento, voglio solamente pensare a me stesso e andare a dormire. Arrivederci a tutti.”

Si allontanò senza aggiungere altro, mentre il resto dei Cavalieri lo salutava con aria assente. Shaina, chiaramente turbata da quel gesto immaturo e dalla totale mancanza di affetto con cui il Sagittario si era rivolto a lei, chinò mestamente il capo e si morse con forza il labbro inferiore, sforzandosi di ingoiare le lacrime.

Shun, tutt'altro che distratto da quella situazione, si avvicinò a lei cautamente e la prese sotto braccio, come a volerla rincuorare.

“Shaina, va tutto bene?” domandò allarmato “Non so, ho avuto la sensazione che fra te e Seiya vi fosse del...”

“So cavarmela da sola, grazie.” lo zittì la ragazza, guardandolo malamente “Non c'è bisogno che tu ti preoccupi per me, sono grande abbastanza da riuscire a gestire il mio rapporto con Seiya in maniera autonoma ed adulta.”

Shun annuì in silenzio, quasi mortificato da quella reazione.

“Sì, lo so. Perdonami.” farfugliò “E' solo che nelle tue condizioni...”

“Dimentica le mie condizioni.” ringhiò la fanciulla, guardandosi nervosamente intorno per accertarsi che nessuno stesse ascoltando quella conversazione “Nessuno deve esserne a conoscenza, te l'ho già detto.”

Shun inarcò un sopracciglio: “E come pensi di fare con l'addestramento? Non credo che la cosa sia particolarmente conciliante con una gravidanza.”

Shaina – decisamente colta in fallo – sospirò profondamente e gettò ancora una volta lo sguardo a terra.

“Non lo so.” ammise “Confesso di non averci neppure pensato, io... Io non voglio dover rinunciare a questo incarico, non voglio dare a nessuno la soddisfazione di vedermi crollare.”

“Chi mai potrebbe desiderare una simile soddisfazione?”

“Non voglio più discuterne, Shun, ti prego.” Shaina si scostò bruscamente e si allontanò dall'amico “Ora desidero restare un po' da sola... Ho bisogno di pensare. Ti supplico, non cercare di farmi cambiare idea.”

Annuì annuì silente, con fare comprensivo.

“Certamente, amica mia.” pronunciò solennemente “Perdonami per aver insistito, avrei dovuto comprendere sin dal principio il tuo stato d'animo.”

Shaina rivolse lui un dolce sorriso.

“No, perdonami tu per essere sempre così rabbiosa.” mormorò “Non so perché, ma ultimamente vedo sempre tutto così nero!”

“Sono gli ormoni della gravidanza.” spiegò Shun “Il tuo corpo cambia e la tua mente deve adattarsi a tale cambiamento. Non è semplice per nessuna donna, tanto meno per una Sacerdotessa di Athena. Vorrei dirti di parlarne con Seiya, ma so già che sarebbero parole sprecata. Ti chiedo solo, tuttavia, di non prendere sottogamba la situazione e riflettere se sia davvero necessario accettare questo oneroso incarico; so che non è da te disobbedire ad un ordine di Athena, ma non voglio neppure che tu metta a rischio la tua incolumità e quella della creatura.”

Shaina sospirò nuovamente, stavolta a metà fra il divertito ed il rassegnato.

“Non cambierai mai, Shun.” decretò “Continuerai a preoccuparti per gli altri e a prenderti cura di loro, fino alla fine dei tuoi giorni. E di questo, te ne sono immensamente grata.”

Shun gongolò soddisfatto e poi, finalmente, si decise a lasciar andare Shaina, facendo cupamente ritorno dal suo compagno.

“Non ha voluto ascoltarti?” domandò retoricamente Hyoga.

“Ovviamente no.” replicò Shun, con un sospiro sconsolato “Come al solito, preferisce cavarsela da sola.”

Hyoga guardò il Cavaliere con aria visibilmente intenerita.

“Shun, non puoi pretendere di dover sempre aiutare gli altri.” gli disse, con voce morbida e gentile “Alcune persone, semplicemente, non lo desiderano. Ammiro molto il tuo buon cuore – è una delle tante ragioni per cui ti amo – ma a volte dovresti imparare a restartene da parte e a non immischiarti troppo nella vita degli altri. Anche per il tuo bene.”

Il Cavaliere di Virgo si torturò pensieroso il labbro inferiore, interrogandosi su quanto Hyoga gli aveva appena detto.

“Tu credi che io stia esagerando, Hyoga? Che mi preoccupo troppo per gli altri?”

Hyoga lo guardò dolcemente e gli rivolse un ennesimo sorriso traboccante di affetto.

“Io credo solamente che dovresti cercare di indirizzare le tue attenzioni verso chi ne ha veramente bisogno.” asserì “Ad esempio, con le tue allieve. Prova a concentrarti solamente su di loro, da adesso in poi.”

Shun assentì e subito si aggrappò al braccio di Hyoga, stringendosi dolcemente ad esso.

“Grazie, Hyoga.” cinguettò felicemente “Davvero non so che cosa farei senza di te.”

Hyoga carezzò i capelli del compagno e lo fissò con sguardo eloquente, poi i due si rimisero silenziosamente in cammino verso le rispettive case, abbandonando momentaneamente i pensieri e mettendo da parte le preoccupazioni, certi del fatto che – loro malgrado – esse sarebbero ben presto tornate a far loro visita.

Molto più presto di quanto potessero sperare.





N.d.A: Scusate, scusate, SCUSATE IL CLAMOROSISSIMO RITARDO.
Avrei davvero voluto aggiornare prima, ma non ho avuto tempo fra i miei millemila impegni... Purtroppo questa storia richiede molta ispirazione e concentrazione ed i tempi si sono allungati.
Come avete visto, i marmocchi sono stati assegnati ai rispettivi Maestri e ben presto daremo inizio ai loro addestramenti: Alcuni di loro sono destinati a trionfare (ed io l'ho reso piuttosto ovvio), altri - invece - hanno di fronte a sè un fato ancora incerto.
Come la nostra Shaina, che ben presto si ritroverà messa alle strette.
Come andranno a finire le cose?
E soprattutto, che cosa sta macchinando la nostra Athena?
Lo scoprirete (spero) molto presto... :D

  
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