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Autore: Budo    19/11/2016    2 recensioni
una bettola alla buona, uno staff un po' fuori di testa, clienti strani e animali fuori dal comune. questo è lo sfondo alle avventure di Mattia, cameriere poco esperto a La Bettola. Tutte le situazioni qui narrate sono fatti VERI, per quanto assurdi possano sembrare.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Mia madre sosteneva spesso che gli amici sono la nostra seconda famiglia, a volte addirittura migliore della nostra d’origine, perché è quella che ci scegliamo noi. Onestamente non sono mai stato molto d’accordo con questa definizione. Almeno non del tutto.
Come primo punto, io non mi sono mai scelto gli amici. Con questo non voglio dire che non ne avessi, per carità, ma sono sempre stati i compagni di classe, gli amici del calcetto, gli amici di nuoto, i compagni della biblioteca e i deficienti del mare. Insomma, gente con cui mi trovavo costretto, per la maggior parte dei casi, a passare del tempo perché avevo avuto la sfiga di incontrare e di condividere quartiere, passioni e lido.
Ma se, col passare del tempo, con gli altri ragazzi che conoscevo il rapporto è andato scemando, con quella che, inizialmente, era solo “la mia collega del lavoro serale” si stava cominciando a creare uno di quei rapporti che sembravano destinati a durare, come solo con Daniele era successo. Sarà stata la spropositata quantità di tempo che passavamo insieme, o il fatto che fosse un tipo di persona completamente diversa da quelle che ero solito frequentare, ma lei mi piaceva tanto e i momenti che passavamo insieme erano sempre piacevoli.
 
La nostra amicizia era cominciata quella sera di settembre, sabato, che avevamo fatto solo cinque coperti e avevamo chiuso per le undici nemmeno. Né io né Leila avevamo voglia di tornare a casa, così l’ho accompagnata a prendere una birra, vergognandomi come un ladro a bere il mio delizioso bicchiere di thè al limone. Non era il fatto del thè in sé per sé, ma quando l’ho chiesto il barista mi ha guardato stortissimo e mi ha detto: «limone? Ma sei serio? Le bestie di Satana prendono il thè al limone!»
«Allora non ti conviene farmi incazzare» gli ho risposto guardandolo negli occhi, ma quello era scoppiato a ridere, insieme a Leila, e io mi sono sentito morire, non sapendo se le risate erano dovute alla mia battuta, probabilmente uscita male, o al fatto che come bestia di Satana risultassi davvero poco credibile.
Quella sera io e Leila parlammo davvero per la prima volta.  Insomma, qualche parolina durante o dopo il servizio ce l’eravamo scambiata, si intende, ma non era certo una conversazione seria e, di certo, non potevo dire di conoscerla.
Così «allora, cosa fai nella vita, a parte la Cameriera-SchiavaDegli StronziSenzaRispettoDeiNostriClientiDiMerda?» chiesi una volta seduti al tavolino tondo del bar, in mezzo a una cinquantina di persone che non sapevo abitassero in paese.
Rise.
«Studio Chimica. Ho appena finito il primo anno. E fra un po’ si comincia il secondo»
«Ah! Napoli o Roma?»
«Napoli. Trenitalia permettendo dovrei arrivarci in un’oretta, mentre per Roma sono già un’ora e mezzo, senza contare metro varie che non so prendere perché ho un senso dell’orientamento che fa schifo.»
Risi.
«Si!» continuò. «Pensa, sono quasi vent’anni che vivo in questo stramaledetto paesino e mi sono persa non so più quante volte.»
«Ma se è una sola via!»
«Appunto! Senso dell’orientamento di merda!»
Le dissi che, invece, io non studiavo nulla. Avevo lasciato gli studi una volta terminato liceo, ma alla sua richiesta di ulteriori spiegazioni le dissi che non mi piaceva studiare e volevo subito la mia indipendenza, giustificando che non ero tipo da grandi sogni e grandi ambizioni e che volevo impararmi un mestiere e vivere così, senza perdere tempo a diventare un barbone acculturato col pezzo di carta. Cercavo di tagliare il discorso, non avevo proprio voglia di parlarne. Lei rise.
«Dai, seriamente! Devi ammettere che la storia del barbone acculturato ha un certo fascino».
«Seriamente! E tu perché hai scelto di fare proprio Chimica?»
«Che domande, così posso sintetizzare la droga e diventare ricca sulle spalle dei coglioni che si drogano. Mi sono già messa d’accordo con Gianni, che fa Architettura, e lui è disposto a progettarmi il laboratorio sotterraneo vicino casa mia. È perfetto!»
 
Il resto della serata procedette per lo più in maniera tranquilla, qualche battutina, una sua seconda birra, un po’ di chiacchiere e poi la accompagnai a casa, con la promessa che avremmo fatto altre di quelle serate.
Così la birretta-thè post servizio divenne praticamente un’abitudine, aggiungendosi rapidamente al caffè pre-servizio e a qualche colazione sporadica quando la mattina non dovevo lavorare al bar, ossia il lunedì.
Daniele, allora, divenne assillante. Credo di aver cominciato a parlare davvero spesso di lei, perché non aveva mai insistito così tanto nel conoscere dei miei amici. Va bene, devo ammetterlo, non aveva mai insistito perché quello con tanti amici tra me e lui era lui. Si può dire che Daniele fosse il mio unico amico, all’epoca. Credo gli sembrasse strano che io conoscessi e frequentassi persone al di fuori di lui.
Gliela presentai, allora, un mercoledì pomeriggio di inizio ottobre, e lei venne insieme a Gianni. Il primo commento del mio amico Daniele è stato un sussurro al mio orecchio con «carina, la tipa. Chissà se si è tinta di azzurro anche sotto». Si è guadagnato una gomitata nelle costole ed è finita lì, con lui che rideva quasi con le lacrime agli occhi.
Daniele e Gianni si trovarono praticamente subito, complice la comune passione per la Juve che sto ancora cercando di capire. E quello fu un piacevole pomeriggio che passammo in spiaggia, con la chitarra di Daniele e il canto consapevolmente stonato di Leila a rovinare qualsiasi cosa, tanto che a un certo punto abbiamo rinunciato per disperazione. Riprendemmo, però, praticamente immediatamente, con Leila che ballava tutta intorno a noi ad occhi chiusi e piedi scalzi sulla sabbia fredda, manco fosse piena estate. E non è che sapesse ballare così bene.
Sinceramente ne fui davvero sorpreso. Dopotutto, sul lavoro dimostrava di avere una grazia fuori dal comune, che invece andava completamente a farsi fottere quando tentava di ballare. Sembrava una foca che cerca di tornare a mare correndo sulla sabbia, che a tratti diventa un pinguino che agita le pinne al cielo. Era davvero una cosa inguardabile.
Ridemmo tanto. Non ridevo così tanto e non stavo così bene da una vita, credo. Quella serata è stata una delle più belle della mia vita. Tornai a casa il sorriso sul volto e la mente serena. Stampai praticamente subito la fotografia che ci eravamo scattati lì, in spiaggia, e la appesi al muro sulla scrivania. Eravamo tutti così allegri e sorridenti. Felici.
Ero felice. Sì, lo ero davvero.
 
 
NDA
Ehilà! No, non sono morto, quindi eccomi ancora qui, sempre in terribile ritardo.
So che qui non si parla del ristorante, ma volevo un capitolo che approfondisse un po’, o almeno cominciasse a raccontare, del legame di amicizia che si instaura tra Mattia e Leila, perché diventerà molto importante nel corso della storia. ed è un legame che prescinde dal lavoro. il capitolo è venuto più corto di come mi aspettassi, ma non volevo nemmeno raccontare troppo. Così è uscita fuori questa cosa, un po’ diversa da quello che avete letto nei capitoli precedenti.
Ringrazio chi ha inserito questa storia tra i preferiti, chi continua a seguirmi, chi lascia un scritto un pensiero e chi legge, sorride e passa oltre.
Baci a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate, e al prossimo aggiornamento!
   
 
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