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Autore: fannyswriting    19/11/2016    0 recensioni
Erano gli anni settanta, erano anni dannati — e c’erano anche loro.
 Loro con le loro uniformi tinte di rosso, verde, giallo o blu, loro con i loro ideali e le loro speranze e la loro incapacità in Pozioni o la loro spiccata passione per Erbologia. Loro con le barbe che iniziavano a crescere e le mani che stringevano quelle di altri ragazzi; loro che bisbigliavano a Mirtilla Malcontenta di stare zitta mentre davano un bacio ad una loro compagna nel buio del bagno delle ragazze.

Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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#0Prologo.

Erano gli anni settanta e il mondo non era al sicuro.
Per quanto tutti sapessero che l’Ordine combatteva nelle strade, per quanto tutti fossero consapevoli che non era necessariamente destino che lui vincesse, per quanto molti ad Hogwarts stessa stessero dando del loro meglio per poter entrare nei ranghi a breve, c’erano altre certezze striscianti che oltrepassavano l’eroismo e la speranza.
Si sapeva — sì, si sapeva — che nonostante Albus Silente rappresentasse una fiaccola di luce contro l’odio, c’erano maghi là fuori, ed erano tanti, pronti a lanciare saette verdi a chiunque fosse diverso da loro, per il puro e semplice crimine di essere, per l’appunto, diversi da loro.
Si sapeva, anche se non si sarebbe mai dovuto sapere, che un ragazzino del sesto anno a Grifondoro spariva misteriosamente ad ogni luna piena e in molti sulle scale cangianti bisbigliavano che una volta uscito da Hogwarts non avrebbe mai più fatto ritorno.
Si sapeva poi che la famiglia di un ragazzino afro-britannico, uno dei migliori ai GUFO in effetti, l’aveva portato via da scuola per fuggire in America. Che concetto ridicolo, non era così? I Nati Babbani raccontavano che trent’anni prima un dittatore del loro popolo aveva terrorizzato il mondo con questa idea, questa discriminazione, e narravano che era Storia ormai; veniva perciò spontaneo chiedersi, come poteva non essersi estinta?
Non se lo sapevano spiegare, ma continuavano a raccontare. A portare avanti quella loro Storia, come servisse a qualcosa. D’altronde erano i primi, loro, ad avere paura. All’interno delle aule stesse in molti disprezzavano spudoratamente chiunque non avesse origini purosangue.
Mezza scuola aveva sentito la sfuriata di Lily Evans a quel suo amico Serpeverde, o no?
Erano gli anni settanta, erano anni dannati — e c’erano anche loro.
Loro con le loro uniformi tinte di rosso, verde, giallo o blu, loro con i loro ideali e le loro speranze e la loro incapacità in Pozioni o la loro spiccata passione per Erbologia. Loro con le barbe che iniziavano a crescere e le mani che stringevano quelle di altri ragazzi; loro che bisbigliavano a Mirtilla Malcontenta di stare zitta mentre davano un bacio ad una loro compagna nel buio del bagno delle ragazze.
C’era chi lo sapeva, e chi non lo sapeva, chi lo diceva fieramente e chi pensava non ci fosse nulla da dire. C’era persino chi sosteneva di essere stato beccato dalla Professoressa McGranitt una volta, e affermava che lei non avrebbe fatto parola di niente a nessuno.
C’erano ragazzi Mezzosangue informati sul mondo, sulla gente che fuori da lì non voleva andare in guerra — un’altra guerra Babbana, complessa e distante, in un posto con la V — e parlavano di rivoluzioni sociali e diritti civili e Woodstock, qualunque cosa significasse.
Non erano un gruppo, non erano uniti, non avevano un vero e proprio nome — ma erano in tanti, e non sarebbero rimasti in silenzio ancora a lungo. Nessuno di loro lo sarebbe stato.
La loro storia è sepolta nell’ombra, non raccontata, forse solo accennata. Due che sopravvissero l’avevano vissuta, ma l’uno marcì per tredici anni in prigione e l’altro visse tentando di dimenticare.
Molti altri nomi vennero nascosti dal tempo, dalla guerra, dalle macerie; altri ancora, insospettabili. Un ragazzino fuori come un balcone e fiero sostenitore (specie dopo due o tre Burrobirre) dell’idea che « secondo me siamo tutti bisessuali » finì per divenire giornalista e padre di una brillante eroina di Corvonero. Una professoressa composta, seria e vigile come un gatto diffuse per prima, o così narra la leggenda, una serie di informazioni che andavano ad attaccare chi giudicava malati coloro privi di qualsivoglia desiderio sessuale.
Anni e anni dopo, Alice Paciock, in ospedale, narrò di un suo lontano amico, costretto a indossare la gonna dell’uniforme ogni giorno — ma nessuno le credette, nessuno le credeva più ormai.
In ogni caso, furono eroi a loro modo, chiazze di colore nei fulmini dei Mangiamorte.
Erano gli anni settanta e questa è la loro storia. 

   
 
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