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Autore: lady lina 77    20/11/2016    3 recensioni
Poldark 10x02.
Quando quello sparo fende l'aria attorno a Trenwith e Ross Poldark fa la sua comparsa, è chiaro a tutti che è un uomo nuovo, che finalmente ha capito i suoi errori ed è pronto a farvi ammenda. Questa storia racconta, attraverso le immagini ufficiali e quelle non andate in onda, il difficile percorso che faranno lui e Demelza da quel momento fino alla scogliera dove si ritroveranno.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non potevo firmare, non potevo partire così, lasciando le cose in sospeso con Demelza. Perché lei ha ragione, è una fuga la mia, dalle mie responsabilità e dalla delusione che leggo nei suoi occhi ogni volta che incrociano i miei.

Galoppo verso Nampara, è ormai buio. Devo vederla, devo parlarle dannazione, la nostra ultima conversazione è stata pessima.
Quando arrivo a casa, tutto è insolitamente buio e solo una fioca luce proviene dalla cucina. E' strano, non è tardi e Demelza a quest'ora di solito è ancora sveglia. Entro in casa con una strana ansia, come mi accade spesso da quella notte...

E in cucina trovo Prudie, seduta al tavolo che tenta di cucire qualcosa. C'è un silenzio di tomba in casa e ogni volta che, tornando, non trovo Demelza, sono assalito dal sordo terrore che se ne sia andata. E chi le darebbe torto, dopo tutto quello che ha patito a causa mia? "Dov'è la signora? E Jeremy?" - chiedo a Prudie, con urgenza.

"Il signorino Jeremy sta dormendo. La signora...".

"La signora?".

Prudie deglutisce e la mia ansia aumenta. "Ecco, oggi c'è stato un incidente a Trenwith e...".

"E? Avanti Prudie, devo tirartele fuori con la forza le parole di bocca?".

"Gli uomini di Warleggan hanno sparato alla signora".

"Cosa?". D'un tratto è come se l'aria nei polmoni mi si prosciugasse. Hanno sparato a... Non so se urlare, se spaccare tutto o se andare da

George a finire quanto iniziato qualche giorno fa quando ha definito la mia Demelza una sguattera. Ma ora l'unica cosa che farfuglio, col terrore nel cuore che le sia successo qualcosa di male mentre ero 'a giocare a fare il soldato', è chiedere come sta. "Demelza...è grave? Dove...?".
Prudie si affretta a tranquillizzarmi. "No signore, la pallottola l'ha sfiorata di striscio sul braccio sinistro, niente di preoccupante, ha solo perso un po’ di sangue. Le hanno sparato perché quel maledetto damerino ha recintato il terreno attorno a Trenwith e la signora è passata di lì. Capite che non potevamo lasciargliela passare liscia a quello lì! Passi il recinto, passi che aggredisca noi, ma la signora no! Non doveva permettersi. E così Jud e gli altri minatori stanno marciando verso Trenwith per dare a fuoco tutto".

"Dov'è Demelza?" - urlo. Non ci sto capendo molto, sono solo sconvolto e preoccupato per mia moglie e non riesco a credere che lei stia prendendo parte alla follia di cui mi ha appena messo a conoscenza Prudie. Nonostante tutto, nonostante il male che loro ed io le abbiamo fatto, non farebbe mai nulla del genere alle persone innocenti presenti in quella casa.

"E' corsa a Trenwith per cercare di fermarli. Le ho detto di non farlo, che era giusto che quelle persone pagassero ma lo sapete, la signora non ascolta".

Nonostante tutto sorrido alle parole di Prudie perché in fondo non è nemmeno lontanamente pensabile che Demelza possa volontariamente fare qualcosa di male che coinvolgerebbe Geoffrey Charles e zia Agatha, la conosco così dannatamente bene, ammetto a me stesso. Ma non è ancora il momento di perdersi in pensieri romantici su mia moglie perché è comunque in pericolo. Mi precipito nella libreria,  prendo la mia pistola e poi corro fuori verso il mio cavallo, mentre nelle orecchie mi rimbombano le parole: "Le hanno sparato... E' a Trenwith per cercare di fermare la rivolta... E' ferita...".

Galoppo come un pazzo, maledicendomi per il tempo perso a bighellonare e a decidere se fare il soldato o meno, se scappare o rimanere per cercare di sistemare le cose. Sono un idiota perché, mentre non c'ero, mia moglie è stata attaccata e io non ero lì a difenderla. George me la pagherà anche per questo ma ora devo fermare la rivolta o quegli uomini rischieranno di finire col cappio al collo per aver difeso una donna che avrei dovuto proteggere io.

Quando arrivo a Trenwith, lo spettacolo che mi si para davanti mi fa mozzare il fiato. L'intera staccionata in legno fatta costruire da George sta andando a fuoco e le fiamme disegnano nell'aria riflessi dai colori caldi. Una trentina, fra minatori e contadini, è schierata verso la casa e dall'altra parte ci sono George e i suoi scagnozzi, armati. E George punta una pistola contro mia moglie che sta in mezzo fra le due fazioni.

Devo fermare questa follia! Prendo la mia pistola e sparo in alto, in modo da attirare la loro attenzione. E poi mi avvicino col cavallo, al passo, tenendo la mia pistola ben visibile alla vista di George.

Tutti si voltano verso di me, anche Demelza lo fa e sembra stupita di vedermi lì. Alla finestra scorgo zia Agatha ed Elizabeth e mi rendo conto che non mi importa nulla di loro e di quello che pensano di me e di tutta questa faccenda, che l'unica cosa che voglio è fermare il disastro imminente, prendere mia moglie e portarla a casa, al sicuro. Ho messo a repentaglio il mio matrimonio, ho fatto del male alla donna che amo per un capriccio, per qualcosa che ora mi appare vuoto, freddo ed estraneo. Mi chiedo perché sono stato tanto folle da non capirlo subito, perché abbia dovuto ferire così profondamente Demelza prima di arrivare a questa consapevolezza che in fondo è sempre stata lì, davanti ai miei occhi che non hanno voluto vedere...

George mi si avvicina di alcuni passi. "Sei tornato per stare dalla parte della ragione o per fare la rivoluzione?".

Vorrei ucciderlo a suon di pugni ma devo trattenermi ed usare la ragione, non posso permettere che la battaglia si accenda e lì tutti, eccetto me e Demelza, non sembrano aspettare che questo. Mi volto verso i minatori e i contadini, li imploro di fare marcia indietro, di non gettare la loro vita per un verme come George, che hanno a casa una moglie e dei figli ed è per loro che devono vivere e lottare. Dopo un momento di proteste, sembrano capire, abbassano forconi e picconi ed arretrano.

George però non pare soddisfatto. "Che c'è Ross, i campi di battaglia non erano di tuo gradimento?".

Mi volto verso di lui, furente. "Attento George, ci metto un attimo a richiamarli".

George annuisce, abbassando la sua pistola. "E' per questo che sei tornato?".

Vorrei rispondergli a tono ma decido che anche per me non ne vale la pena perché non sono tornato per lui. "No" – dico, semplicemente. Mi volto verso Demelza, è per lei che sono quì, per lei e nessun altro, perché non si senta tradita una seconda volta, abbandonata e trascurata da un uomo che sfugge ai problemi. Sono quì per tirare su i cocci rotti e cercare di aggiustarli, per tentare di riconquistarla, per rivedere i suoi occhi guardarmi con l'amore e l'ammirazione di una volta. Non so se ci riuscirò, le ho fatto troppo male ma ci devo provare. E' l'amore della mia vita e senza di lei sarei perso, morto, nulla avrebbe più senso. Tendo una mano verso di lei che, silenziosa, mi guarda, sperando che mi raggiunga sul cavallo.

Il suo sguardo è freddo e allo stesso tempo stupito, è titubante e posso capirla. Ma dopo attimi che mi paiono lunghi come secoli abbassa il viso, annuisce e stringe la mia mano. Le lascio il posto sulla sella, le redini, la aiuto a montare il groppa e le stringo la vita, lasciando che sia lei a condurre il cavallo.

Poi, senza dire nulla, senza voltarmi nemmeno una volta a vedere la desolazione di quel luogo e la pochezza delle persone che vi vivono, ci allontaniamo insieme, in silenzio, nel buio della notte, a seguito dei contadini che, borbottando, se ne stanno tornando a casa.
Demelza è silenziosa, ha lo sguardo basso e non mi degna di una parola mentre, placidamente, procediamo verso casa nel buio della notte. La guardo e mi accorgo della fasciatura al suo polso sinistro e la rabbia mi assale nuovamente. “A casa, fammi dare un occhio a quella ferita” – le intimo, gentilmente.

“E’ solo un graffio”.

“Beh, voglio darci una controllata lo stesso”.

Demelza alza le spalle, dandomela vinta. Per alcuni istanti il silenzio ripiomba fra di noi come un macigno ma poi, prendendomi alla sprovvista, mi rivolge la parola. “Elizabeth aspetta un bambino”.

“Oh…”. Per un attimo non so cosa dire, in verità al momento nulla che riguardi Elizabeth riesce a turbarmi o a preoccuparmi, l’unica cosa che attanaglia il mio petto è la freddezza di mia moglie, un qualcosa che non le è mai appartenuto e che ora mi destabilizza perché so di essere stato io a renderla così.

Arriviamo a casa e Demelza con un gesto veloce mi ridà le redini e scende da cavallo, lasciando a me l’incombenza di portarlo nella stalla.

Scompare alla mia vista, entra in casa e chiude la porta dietro di se senza dire una parola.

La raggiungo alcuni minuti dopo nella nostra camera da letto. O meglio, quella che è stata la nostra camera. Una strana ansia mi attanaglia il petto e ho bisogno che lei si volti verso di me, che mi parli, che mi urli dietro tutto il suo odio, che faccia qualsiasi cosa le passi per la mente pur di rompere il muro che ha creato fra noi.

Sta sistemando alcune cose in una borsa, non mi chiedo nemmeno il perché, tutto sembra ovattato e coperto dal rumore del violento temporale che si è appena scatenato. “E così, Elizabeth aspetta un bambino” – dico, giusto per spezzare il silenzio, più che per reale interesse. “George sarà al settimo cielo”.

“George ha conquistato tutto quello a cui tieni” – mi risponde, senza voltarsi.

Alzo le spalle davanti a quell’osservazione. “Non tutto ma molte cose a cui tengo, in effetti”.

Finalmente Demelza si volta, studiandomi in viso. Ha una freddezza e una calma talmente controllate da farmi venire i brividi, stento a riconoscerla. Chiude la borsa con cui stava armeggiando e lascia la stanza, scendendo al piano di sotto. “Lo supererai” – mi sussurra, mentre la sua voce si perde nel corridoio.

Resto perplesso e mi guardo in giro. Il mobilio è a posto, tutto pare in ordine ma c’è qualcosa di diverso in quella stanza, di cui non mi ero ancora accorto. Ogni oggetto di uso quotidiano di Demelza e i suoi vestiti che di consuetudine appoggiava sulla sedia sono spariti, le candele che usava accendere ogni sera per dare luce e calore all’ambiente sono spente ed è come se ogni traccia di lei in quella camera si sia volatilizzata.

Un terrore sordo prende possesso di ogni fibra del mio corpo, mi rendo conto che sta per accadere un qualcosa che non ho mai contemplato come possibile ma che è capace di terrorizzarmi. “Demelza?”. La chiamo, la mia voce attutita dal rumore dei tuoni, ma non ricevo risposta.

Mi precipito al piano di sotto e sul corridoio che da verso l’ingresso noto due grossi bauli a cui non avevo fatto caso prima. Demelza è vicino al camino, sta sistemando altre cose nella borsa che ha riempito in camera, mi volge le spalle e non riesco a vederla in viso. “Che cosa stai facendo?”.

Si volta verso di me, la sua espressione pare sfinita ma sembra che si stia sforzando di essere fredda. "Porto Jeremy da mio padre e una volta che saremo lì... Chi lo sa!" - conclude, chiudendo la borsa.

Spalanco gli occhi terrorizzato. Vuole tornare da suo padre con Jeremy, preferisce andare da quell'uomo che da bambina l'ha riempita di frustate piuttosto che stare quì con me? Davvero l'ho spinta a questo? "Mi stai lasciando? Sono tornato per te, ho scelto di non andare in guerra".

"Quello che scegli tu non è più un mio problema, conta solo quello che scelgo io".

"Ma sei mia moglie!" - provo ad argomentare, mentre il terrore prende il posto della mia razionalità. Non può andarsene, non voglio perderla...

Demelza sorride, un sorriso freddo e distante. "Tolta dalle fogne per essere una signora? Beh Ross, non lo sarò mai ma non importa perché sono fiera, orgogliosa, risoluta e sincera e non mi accontento di essere la seconda scelta".

La seguo disperato, mentre si avvia verso la porta. "Perché dovresti esserlo?". E' una domanda stupida, ora lo so. Lo pensa perché io ho sempre fatto in modo che si sentisse così, non mi sono mai fermato a pensare a quanto male le facessi ogni volta che correvo da Elizabeth ed ignoravo lei e nostro figlio, non mi sono mai chiesto se lei avesse bisogno di me, non le ho mai fatto sentire che era l'unica donna del mio cuore.

Demelza si volta verso di me, esasperata. "Perché tu ami Elizabeth, tu amerai sempre Elizabeth, perché non riesci a nascondere il tuo dolore ora che George possiede il suo corpo e la sua anima! Vuoi negarlo?".

Deglutisco, le sue parole mi fanno male. Ho tradito la sua fiducia e tutto l'amore che ha sempre provato per me e anche dopo, quando avrei dovuto solo strisciare e chiedere scusa, non ho fatto altro che farle del male e accampare scuse per il mio pessimo comportamento. Come avrebbe potuto capire che non era per Elizabeth che stavo male ma per lei, per il fatto di non averla più al mio fianco? Come poteva capirlo se non mi sono mai sforzato di dirglielo? Non sono mai stato davvero sincero con lei riguardo ai miei sentimenti passati per Elizabeth ma mi rendo conto solo ora che per Demelza sono sempre stati chiarissimi. "Non nego di averla amata, molto prima di posare gli occhi su di te lei era il mio primo, perfetto ed intoccabile amore".

"Mentre io sono quello noioso, imperfetto ed ordinario".

"No!". Cerco di fermarla prima che raggiunga la porta. "No Demelza, non ordinario. Ma sì, imperfetto, umano, reale". Riesco a ottenere la sua attenzione, si gira verso di me e mi accorgo che i suoi occhi sono lucidi come troppo spesso in questi ultimi mesi. Sospiro. "Tutto quello che quella notte mi ha insegnato – e Dio sa che avrei dovuto rinsavire in altri modi ma la mia arroganza, la mia idiozia sono stati spettacolari – è che se prendi un amore idealizzato e lo porti al livello di uno imperfetto, non è quello imperfetto a soffrire". Mi avvicino ma non la sfioro, anche se vorrei asciugare le lacrime che le bagnano il viso, non so se ne ho ancora il diritto. "Il mio vero, reale e costante amore non è per lei, è per te. Lei non si metterà mai più fra di noi". Non so se era quello che voleva sentirsi dire, non so se servirà a non perderla ma volevo lo sapesse perché è quello che provo. Senza Elizabeth sono sopravvissuto, ho ricominciato a vivere anche piuttosto bene ma se perdessi lei sarei finito, la mia vita non avrebbe un senso. E' mia moglie, la mia amante, la mia migliore amica, l'unica che mi sia sempre rimasta vicina in ogni decisione giusta o sbagliata che ho preso, l'unica capace di abbracciarmi e farmi sentire al caldo e al sicuro anche quando ero circondato dal gelo. Amo la sua voce, adoro sentirla cantare, resto incantato, costantemente, ogni volta che guardo quei suoi lunghissimi capelli rossi, è la madre dei miei figli ed è l'unica con cui voglio passare il resto della mia vita. "Non andartene, anche se non me lo merito, anche se non TI merito, ti prego, resta. Ho bisogno di te, amo te e non perché Elizabeth ha scelto George ma perché sei l’unica con cui mi sento completo".

Demelza mi guarda in silenzio e poi si appoggia al muro, lasciandosi cadere a terra. "Lo dici ora ma fra una settimana, fra un mese o fra un anno ricapiterà... Vedrai Elizabeth e vorrai di nuovo lei, dimenticandoti di me. E io non ce la faccio, non ho il coraggio e la forza di rivivere quello che ho vissuto negli ultimi anni. Quante volte mi hai giurato amore eterno e quanto a lungo sono durati i tuoi proponimenti? Lo spazio che intercorreva al successivo incontro con Elizabeth, Ross... Perché lei è perfetta e io non posso competere con la perfezione. Cos'hai provato, sul serio, stasera, quando l'hai vista?".

Scuoto la testa, mentre i sensi di colpa tornano a tormentarmi. Odio averla fatta sentire così e soprattutto odio non essermene mai accorto o curato. Mi inginocchio davanti a lei ma evito di toccarla, non è il momento per farlo. "Mi è sembrata un'estranea, una nemica. Non è vero che tu non sei perfetta Demelza, lo sei per me. So che non mi credi e so anche che mi sono comportato da perfetto idiota con te, che ti ho fatta soffrire e che non te lo meritavi, che ti sei sentita invisibile ai miei occhi per tanto ma ti prego, tu mi conosci, sai che non ti sto mentendo".

Demelza annuisce, si asciuga le lacrime con la mano e poi mi guarda senza dire una parola. Già, lei mi conosce e io conosco lei. E mi sta aprendo uno spiraglio ora, permettendomi di starle accanto. Mi siedo al suo fianco nel corridoio, lentamente le cingo le braccia e la attiro a me e lei appoggia la testa contro la mia spalla, piangendo silenziosamente. "Avevi detto che avresti dato un occhio alla mia ferita" – sussurra.
Sorrido. "Se resti e me ne dai il tempo, lo farò volentieri".

Alza gli occhi su di me, sono ancora velati di lacrime. "Si Ross..." - sussurra, quasi stupita essa stessa di quelle parole.

La abbraccio ancora più forte. "Perdonami per tutto il male che ti ho fatto".

"Ci vorrà tempo, credo...".

"Lo so". E' più di quello che potrei meritare e sperare, mi sta offrendo una seconda possibilità e anche se non me lo merito, mi sento la persona più felice sulla faccia della terra. Frugo nella mia tasca, c'è qualcosa che le devo dare e che ho cercato come un pazzo di recuperare, negli ultimi giorni. "Ho una cosa per te" – le dico, dandole una piccola custodia di pelle.

Stupita, Demelza la apre. "Ma Ross, è la mia collana! Quella che avevamo venduto per ripagare i debiti. Come hai fatto a ritrovarla?".

Osservo quel gioiello che rappresenta gli stenti e la povertà che Demelza ha dovuto patire a causa delle mie scelte scellerate. Ho desiderato ricomprarglielo fin dal primo momento in cui l'avevamo venduto ed è stato il mio unico pensiero appena ho avuto abbastanza denaro per farlo.

"L'ho cercata e non mi sono arreso. E' un pegno Demelza, del mio amore e della mia devozione per te".

Chiude la custodia e mi guarda, non sembra ancora serena, non del tutto. "Partirai per la guerra?".

"Un giorno, non ora! Ho cose più importanti per cui lottare quì". Non potrei mai partire in questo momento, non con questa situazione fra di noi. Demelza aveva ragione, sarei stato solo un codardo se l'avessi fatto. "Sai, come dicevi tu, era una fuga la mia. E poi, quando ho capito che non avevo più nulla da perdere, forse un elaborato tentativo di suicidio. Credevo di non aver più niente per cui lottare quì, di aver perso tutto".

Inaspettatamente mi abbraccia. "Ross..." - sussurra, contro il mio petto. E in quel momento capisco che mi ama ancora, che non ha mai smesso di farlo e che, come dal primo giorno in cui ci siamo incontrati, si preoccupa per me. Mi era mancato tutto questo, mi ero sentito perso senza averla vicina e non voglio mai più sentirmi così. Voglio lottare perché sia felice, perché non si senta più seconda a nessuno, perché si senta amata, lei e nostro figlio che ho ignorato troppo a lungo per seguire i miei sogni di bambino.

Non ci diciamo nulla, restiamo abbracciati in quel corridoio, mentre fuori la tempesta infuria, per tutta la notte. Non ci baciamo, non ci tocchiamo, ci sarà tempo per farlo ma ora tutto quello di cui abbiamo bisogno è stare quì vicini, di nuovo insieme. Per il resto ci sarà tempo...
Al mattino la tempesta è passata e si sente in lontananza il fragore del mare in tumulto.

Ci svegliamo insieme e Demelza appoggia la testa alla parete. "Dwight partirà stamattina?".

"Probabilmente, se ci sbrighiamo e andiamo fino alla scogliera, vedremo passare la sua nave assieme alle altre dirette ai campi di battaglia" – le dico, prendendole il braccio sinistro, togliendogli le bende. Osservo la ferita, non è grave e nemmeno profonda, guarirà presto. "Non tenerti addosso quelle bende, lascia che il braccio prenda aria, ti farà bene".

"D'accordo".

Mollemente ci tiriamo in piedi, è molto presto, Jeremy sta ancora dormendo e Prudie si prenderà cura di lui mentre siamo fuori.
Ci avviamo verso la scogliera, un vento impetuoso scompiglia i capelli di Demelza che mi precede silenziosamente di alcuni passi.
Quando arriviamo sul promontorio, una decina di navi da guerra ci passano davanti, dirette verso l'ignoto.

Demelza le guarda e io mi avvicino a lei, quasi timoroso. Si volta e mi guarda in viso, mi si mozza il fiato da quanto è bella. Come ho potuto non accorgermene prima? I nostri occhi si incontrano, è come se fra noi ora ci sia un tacito assenso ad avvicinarci l'un l'altra. Le sfioro le guance con la mano, la accarezzo e Demelza si avvicina ancora di più. I nostri visi si accarezzano e dopo un tempo che mi sembra infinito, finalmente le nostre labbra si sfiorano in un delicato e timoroso bacio. Come se per noi fosse la prima volta e in fondo è così, è un nuovo inizio e non voglio correre, non voglio più sbagliare, non voglio più farla soffrire. La desidero da morire ma aspetterò i suoi tempi, standomene al mio posto. La abbraccio, le do un altro bacio sulla fronte e Demelza, finalmente, mi cinge la vita con le sue braccia.

E in silenzio rimaniamo lì, sferzati dal vento impetuoso della Cornovaglia, di nuovo insieme e pronti a ricominciare.

E' davvero un nuovo inizio e finalmente siamo solo io e lei nella nostra storia insieme, senza più nessuno a dividerci.
  
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