Videogiochi > Overwatch
Segui la storia  |       
Autore: Kemushi    20/11/2016    1 recensioni
[Overwatch][Overwatch]" L’idea che tutto fosse rimasto come l’avevo lasciato mi confortava come se fosse una vecchia foto sbiadita.
Improvvisa come un fulmine a ciel sereno, l’ombra di qualcosa, che a prima vista definii come enorme rapace, mi riportò alla realtà, lasciando sfumare lentamente i miei pensieri. "
[Fareeha Amari / Jesse McCree]
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Fareeha 'Pharah' Amari, Jesse Mccree
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I motori a propulsione mi vibravano sulla schiena e il suolo cominciò a mancarmi sotto i piedi.
Lui era ancora li, fermo, sorpreso forse, potevo sentire il suo sguardo pesante tentare di ancorarmi e tirarmi giù; lottai contro me stessa per non girarmi e chiedere ulteriori spiegazioni.
Aveva già detto abbastanza, avevo già capito troppo.
Come potevo anche solo sperare che sarebbe tornato per me? Probabilmente non aveva nemmeno mai avuto nessun interesse di sorta nei mei confronti.. E non mi importava. Il Jesse che conoscevo io era sparito, non giocava più a fare il cowboy, non voleva più diventare un agente della Overwatch come me; aveva rinunciato a tutto ciò che io avevo sempre desiderato, e si era unito ad una confraternita criminale.
Dovevo farmene una ragione, e pensare ora a proteggere il tempio.
Eppure era tornato..
Ero convinta che gli anni sarebbero passati senza notevoli cambiamenti, che il tempo avrebbe inibito il pensiero dell’abbandono.
Ma mi sbagliavo.
Ogni mia certezza era crollata alla semplice vista di quello stupido cappello, e si era frantumata davanti a quelle parole cariche di passato come nuvole in crepitante attesa della tempesta.
I ricordi dolevano come una pugnalata al cuore, e la consapevolezza che in lui i nostri momenti di gioia infantile erano probabilmente svaniti non faceva altro che aprire la ferita.
Chiusi gli occhi, respirai a fondo.
Il vento si infrangeva con violenza contro la visiera; l’aria che fischiava tra le pieghe dell’armatura e il frastuono del jetpack mi isolavano da qualunque suono avrebbe potuto circondarmi, e sovrastavano ogni mio pensiero.
Ero sola.
-  Pharah, dove sei? - vibrò la voce di Angela nell’auricolare.
Quasi sola.
Avevo sempre sfruttato il volo come fuga dalla realtà, come mio personale angolo di paradiso, in cui niente e nessuno avrebbe potuto disturbarmi o giudicarmi; finchè non mi installarono gli auricolari e il gps.
Da quel momento, Angela non faceva che chiamarmi dalla sua base di lavoro per ogni piccolo ritardo, per il più insignificante cambiamento di rotta, cercava conferme ad ogni istante e durante ogni mia giornata lavorativa; teneva fede con tutte le sue forze alla promessa con mia madre.
Era irritante.
Ma ormai, questa era la mia quotidianità, era la mia vita, era la corazza che mi ero costruita per sormontare qualunque tipo di dolore. Mi ero allenata duramente durante gran parte della mia vita per avvicinarmi quanto più potevo a ciò che desideravo; avevo lottato con me stessa per accettare il presente e non detestare i miei limiti. Rischiavo la mia vita ogni giorno per puro capriccio, e a nessuno importava. Se non forse ad un dottore come lei.
E dopotutto, era piacevole sapere che, se fossi morta, qualcuno se ne sarebbe accorto.
- Pharah?! - La voce dell’auricolare si incrinò in un fischio stridulo; non tutti i microfoni sopportano uno strillo così acuto.
Un sospiro, e la dottoressa tornò dolce e pacata.
- Dovevi essere arrivata all’avamposto almeno un’ora fa. -
Non sembrava un rimprovero, anche se lo doveva essere.  Non era mai riuscita ad alzare la voce con me, così come non era mai riuscita a farlo con nessun altro; d’altronde aveva il tono troppo delicato anche solo per sperare di urlare a dei guerrieri corazzati. Nonostante ciò, non avevo mai conosciuto nessuno che non la rispettasse, ed era questo che maggiormente ammiravo di lei.
- Dove sei finita? -
Si, giusto, l’attacco della Blackwatch.
- Ho bisogno di truppe al tempio di Anubi. - le risposi secca - Il prima possibile. -
Sentii il suono di un lieve ticchettio , doveva star digitando qualcosa.
- Pharah, tu hai già diverse truppe. - mi informò dolcemente, come suo solito - Di quanti soldati necessiti per proteggere un cumolo di sabbia? -
Sbuffai. - Sai perfettamente che non si tratta solo di sabbia. -
- Io lo so. - mi sussurrò compassionevole - Ma a nessuno importa di cosa ci sia sotto una vecchia piramide impolverata. -
Certo, lei non lo poteva sapere.
- Angela, la.. – Non sapevo come spiegarlo. Avevo paura di generare il caos, di allarmarla esageratamente, non sapevo quali parole sarebbero state migliori di altre per spiegare la situazione..
E se non fosse stato vero? Se Jesse mi avesse lanciato un falso allarme? Forse non avrei dovuto dirlo.
Eppure c’era la possibilità che la piramide del tempio venisse rasa al suolo, e la colpa sarebbe stata solo mia..
Decisi che essere schietta sarebbe stata la scelta migliore.
- La Blackwatch attaccherà il tempio, Angela. -
Silenzio.
Avevo quasi il timore di respirare, per paura che il rumore potesse svegliare la dottoressa dai suoi pensieri. Così attesi, in rispettoso silenzio, sperando avrebbe percepito le mie parole con la stessa importanza che meritavano.
- Come fai a saperlo? – chiese, la voce che tremava debolmente; speravo di non aver risvegliato il lei vecchi demoni sepolti.
Quando ero piccola, Angela era una collega di mia madre; combatteva al suo fianco, insieme agli altri agenti della Overwatch. Avevano lottato, avevano vinto, e si erano perse, cosi come avevano perso molti altri compagni.. Le mie idee non erano chiare come ora, ma chiunque avrebbe sicuramente capito che Ana provava grande fiducia nei suoi confronti, tanto che mi affidò quasi completamente a lei. E mentre mia madre era occupata con le questioni burocratiche dell’organizzazione, io oziavo con la dottoressa. E con Jesse..
- Lo so e basta.. – Non le potevo dire la verità; non aveva mai visto le mie amicizie di buon occhio, non osavo immaginare quanto si sarebbe infuriata nel sapere con quale delinquente avevo avuto a che fare.
Rimase nuovamente in silenzio. Avevo il timore mi prendesse per pazza, o scambiasse il mio avviso per uno scherzo di pessimo gusto.
- Credi davvero che delle normali truppe possano tener testa alla Blackwatch? – La voce di Angela tornò seria e decisa, ero sollevata che mi credesse.
- No. – le risposi con fermezza.
Era un’idea folle, ne ero consapevole, ma era l’unica sensata.
- Necessito degli agenti della Overwatch. – le sussurrai piano come se qualcuno potesse sentirmi, e lentamente per far si che non si perdesse nemmeno una parola.
Quei lunghi attimi di silenzio mi logoravano.
- Fareeha – mi disse con dolcezza, come a volermi alleggerire la pillola – La Overwatch si è ormai sciolta da anni. E lo sai. -
Quelle parole mi si riversarono addosso come una doccia fredda.
Si, lo sapevo. Lo sapevo fin troppo bene.
I miei sogni si erano sciolti insieme all’organizzazione, prima ancora di poter essere chiamata agente. Essere diventata il capo della sicurezza di Giza non era altro che una mera consolazione, che avevo accettato come unica scelta disponibile. Ne avevo fatto la mia vita, il mio diversivo, la mia corazza.
- Come dovrei richiamare all’ordine agenti di cui abbiamo perso le tracce? – mi chiese con tenerezza – Senza nemmeno Jack, senza tua madre.. - esitò sulle ultime parole, ma non ci feci caso.
Aveva ragione, che idea folle.. Cosa pensavo di ottenere? Non avrei mai trovato nessuno che avrebbe accettato di combattere contro la Balckwatch, senza prove concrete del loro imminente attacco, senza il tempo per escogitare un piano..
O forse si?
- Vado io. – spiegai decisa.
- Cosa? – Probabilmente, Angela sperava di aver capito male.
Sembrava attendere  una mia risposta, una qualche parola che la potesse rassicurare sulla mia incolumità.
Rimasi in silenzio, non volevo illuderla.
- Pharah, questo non è un gioco, non è la tua battaglia! –
Continuava a ripeterlo freneticamente, come se la sua convinzione fosse sufficiente per abbattere la mia.
- Ti invio immediatamente tutte le truppe disponibili che ho – si arrese infine – Non fare mosse azzardate! -
Di tanto in tanto gli auricolari fischiavano, le sue parole si perdevano tra il suono ritmico delle sue dita che battevano incessanti sulla tastiera.
- Chiamo immediatamente Winston! E provo a rintracciare Zarya, potrebbe avere uomini disponibili che-
Spensi l’auricolare.
Sapevo cosa fare.
La piramide si stagliava in lontananza, quasi lucente sotto il sole accecante dell’Egitto.
Era la mia battaglia.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Overwatch / Vai alla pagina dell'autore: Kemushi