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Autore: Aliwonderland94    20/11/2016    0 recensioni
Alessandro il Grande, divino eppure fragile. Un piano in grado di cambiare le sorti di un regno, due destini intrecciati e labbra che si sfiorano.
” Io non sono un dio, Efestione” disse il re scuotendo la testa.
“ Ma al pari di un dio, Alessandro, il tuo mito sarà scritto nelle stelle”
“Il nostro mito” ribattè il re.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alessandro il Grande, Efestione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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1- I used to rule the world

Tuoni violenti squarciavano la calda notte di Babilonia, gettando una luce irreale sul palazzo immerso nel buio. Le fiaccole appese alle pareti tremavano sotto il soffio del vento disegnando ombre lugubri sulle colonne marmoree. Efestione, il comandante degli eteri,camminava in silenzio accompagnato solo dall’eco dei suoi passi. Quella notte la tensione era palpabile; generali e strateghi erano stati convocati in segreto da Alessandro in persona. Dopo il ritorno dalla campagna d’Egitto, l’imperatore aveva trascorso giorni e notti chiuso nelle sue stanze, mangiando poco, dormendo meno e consultando mappe provenienti dai quattro angoli del regno. Nemmeno ad Efestione era stato concesso di vederlo , e il ragazzo non poteva fare a meno di pensare a quanto gli mancasse il suono della voce profonda del suo re. Per quanto si sforzasse non riusciva nemmeno a ricordare l'ultima volta che aveva accarezzato quei riccioli biondi, o l'ultimo sguardo che quegli occhi bicolore gli avevano rivolto. Efestione giunse alla pesante porta di legno massiccio dove due guardie dall'elmo di bronzo si fecero da parte per lasciarlo passare. Il condottiero avanzò lentamente lungo la Sala del Consiglio percorrendo con lo sguardo i volti dei presenti. Filota figlio di Parmenione gli rivolse un cenno di saluto mentre Efestione prendeva posto alla destra del trono vuoto riservato all'imperatore. Persino da quella posizione il soldato riusciva a percepire la diffidenza degli altri capi dell'esercito. Dopo la vittoria a Isso, il potere macedone sembrava essere inarrestabile e la Persia era ormai in ginocchio davanti alla gloria delle Alessandrie. Quell’improvvisa  convocazione però, poteva significare solo che l’imperatore aveva un piano, un piano che avrebbe cambiato ancora una volta le sorti dell'intero regno. Le guardie all'ingresso si spostarono ai due lati del pesante portone di legno, annunciando l'ingresso dell'imperatore. Il cuore di Efestione si fermò; nonostante lo conoscesse da quando erano solo bambini, ogni volta che vedeva Alessandro era come la prima. Il mantello scarlatto e la tunica bianca mettevano in risalto la pelle abbronzata e le spalle larghe del suo re. Mentre avanzava lento verso il suo posto, Efestione non gli staccò gli occhi di dosso nemmeno per un istante. Chiunque vedendolo avrebbe potuto scambiarlo per Apollo in persona. I delicati riccioli dorati, il naso dritto e gli occhi luminosi sembravano appartenere al sole stesso. Alessandro prese posto a capotavola, abbracciando con lo sguardo l'intera sala del consiglio. Un funzionario lo seguiva reggendo una mappa arrotolata sotto il braccio. Ad un cenno del regnante la distese sul tavolo, ricoprendone  gran parte della superficie. Sulla pergamena figuravano i domini di Alessandro: dal Mediterraneo, all' Egitto fino al Golfo persico ; linee sottili e fitti appunti segnavano i luoghi delle battaglie, gli accampamenti e i porti che avevano aiutato Alessandro nella conquista del suo impero.
"Gaugamela" disse il sovrano indicando con l'indice sinistro un punto al confine dell'antica Mesopotamia. "Sarà lì che affronteremo Dario" aggiunse in risposta agli sguardi interrogativi dei suoi soldati.
"Sire, gli emissari di Dario hanno già proposto un accordo pacifico" replicò il guerriero seduto dall'altro lato della tavolata.
"Ne sono consapevole Parmenione" disse Alessandro senza tradire alcuna emozione.
" Ma vostra altezza, l'ultima battaglia ha ridotto il numero dei nostri soldati all’osso. Non reggerebbero un altro scontro"
“ Senza contare che l’Asia minore è ormai in nostro potere” esclamò Aristone.
"Ll'Asia Minore non è che un granello di sabbia, un minuscolo tassello nel mosaico dell' impero macedone" replicò freddamente Alessandro.
"  È uno scandalo !" esclamò Filota battendo il pugno sul tavolo. Il suono echeggiò nell’ampia sala, rimbalzando fra gli archi e le colonne di marmo. Tutti i generali si voltarono verso di lui.
" Gli uomini che abbiamo perso in battaglia, l'oro, i prigionieri, non significano niente per voi? Non siamo altro che formiche da sacrificare per un lembo di terra in più. E per cosa? Per aggiungere un altro segno su quella maledetta pergamena. Abbiamo già conquistato i tre quarti del mondo conosciuto, abbiamo sudditi,  biblioteche, scribi che documenteranno le vostre imprese per i vostri figli, i figli dei vostri figli e tutte le generazioni che verranno. Cosa volete ancora?". Negli occhi neri dell’uomo  bruciavano le fiamme dell'Ade.
"L' Asia" rispose Alessandro muovendo appena le labbra. Si alzò indugiando per un momento sul Consiglio.
 "Ciò che per voi è solo un lembo di terra rappresenterà un faro di speranza nell'oscurità in cui la Persia sta vivendo i suoi ultimi giorni. Cos'è ogni battaglia se non solo una delle dodici fatiche che hanno portato la gloria di Eracle nel firmamento?!". L'intera tavolata era avvolta dal silenzio più totale.
" Mandatemi a chiamare quando avrete deciso di guardare oltre il fumo della codardia che offusca i vostri giudizi". Alessandro si alzò e rapido come era arrivato uscì dalla sala illuminata dalle fiaccole ardenti, lasciando sbattere il portone dietro di lui. 
   
 
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