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Autore: lady igraine    23/11/2016    4 recensioni
Demian ha quasi sedici anni, è armato della tragicità di un adolescente e dell’esperienza di vita di un uomo fin troppo intraprendente. La sua esistenza è in costante bilico tra un morboso amore per la propria famiglia, afflitta dal dramma della malattia terminale della madre, ed un mondo più oscuro, di amici poco raccomandabili che gli permettono di sfogare i sentimenti più ombrosi e repressi della sua anima. È in questa fase che lo incontra Arianna, infantile, irrequieta e altrettanto problematica ragazza, dotata di un instancabile sorriso che cela più malinconie e segreti che gioie. Sono tre, i mesi decisivi, quelli che, nel bene e nel male, lasceranno un segno indelebile nelle loro vite.
***
La coscienza era una bestia oscura che divorava da dentro, lasciando sempre l’impressione di facciata che tutto andasse bene.
"Le persone, da fuori, sembrano indistruttibili, perfette come bambole di plastica che non si possono rompere. È il dentro che è una fregatura, un agglomerato di marciume infilato a forza tra gli organi, da qualche parte"
La sua coscienza era terribile più di tutto, le toglieva molte cose, una ad una, con la noncuranza con cui un bambino strappa i petali ad una margherita
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Questa è stata la mia prima storia, l'avevo pubblicata anni fa e poi rimossa prima di portarla a conclusione. Ora, per qualche astruso motivo, anzi, forse proprio per darmi una motivazione ad essere onesta, ho deciso di provare a condividerla di nuovo. Ci sono delle ingenuità, ed è una storia che può risultare pesante o difficile da seguire (non per il livello, solo per gli argomenti non proprio leggeri), ma è nata in un momento un po' particolare e quindi ci sono molto legata. Ci terrei molto ad avere un confronto, se avete qualcosa da dirmi o se volete ammazzarmi un po' con della sana critica, non esitate. Vorrei sistemarla, ma vedere i propri difetti è difficile, confido in voi!
Spero di ritrovare nuovi e vecchi lettori, vi affido il mio cucciolo - sì, per Dami ho un amore a dir poco materno!- dategli una possiblilità e forse non ve ne pentirete.

Ps: sono pigra e tragicamente lenta. La storia è già scritta, anche solo per una rilettura e un controllo rapido potrei metterci dall'una alle due settimane. Giuro, non di più! Cercherò di pubblicare sempre il mercoledì... così, perchè mi piace il mercoledì!

 

 À Demian

Prologo


Ciao Dami,
 
 come stai?
 
 Non so come cominciare, mi rendo conto che questo dovrebbe essere il ventiquattresimo foglio che mi ritrovo a fissare dall’ultima volta che ci siamo visti. Mi chiedo sempre se assomigli ancora ai miei ricordi, ma ormai so che le mie lettere sono solo un monologo con me stesso a cui tu non risponderai.
 
Eppure, continuare a scriverti è l’unica soluzione che ho trovato per non perdere anche te.
 
 Ti ricordi quando da piccoli giocavamo sulla discesa sterrata, dietro casa tua, e facevamo le gare con le macchinine?
Io le truccavo e vincevo sempre e quando lo hai scoperto hai pianto come un disperato e non mi hai voluto parlare per giorni.
Ci pensavo perché sei sempre stato così, inflessibile e ostinato, poco incline al perdono.
 
Un vero zuccone, insomma, per essere elegante.
 
Ci pensavo perché oggi sono andato a casa tua e ho sentito tanta nostalgia. Quella volta per farti smettere ho dovuto regalarti la mia Ferrari gialla. Quando Sarah l’aveva fatta cadere dalla mensola graffiandone la cromatura e si era messa a piangere, allora l’avevi buttata via e mi avevi detto che non ci avresti più giocato con le macchinine.
Era la mia preferita. Ti avrei ammazzato.
Ci pensavo perché Sarah è sempre stata l’unica a cui non sei mai riuscito a portare rancore e ora la invidio.
Eri davvero un bambino strano, e nonostante fossi un marmocchio insopportabile (e lunatico, odioso, passivo-aggressivo, con un gancio destro micidiale e tendenze omicide latenti… ma non voglio lusingarti troppo) mi mancano proprio i vecchi tempi.
Mi manca correre fino al ruscello nel bosco, tagliando per la pista ciclabile, mi manca fare a turno per portare Sarah in spalla e vederti diventare fucsia per lo sforzo e il fiato che ti mancava, perché dovevi resistere per non cederla a nessuno. Mi fai ancora sorridere.
 
E quella volta che siamo rimasti nel campo fino a sera perché lei voleva una corona di margherite ma nessuno dei due sapeva farla? Alla fine le abbiamo regalato un mazzo di fiorellini e ci siamo guadagnati un bacio e quel sorriso da fatina.
 
Oggi ti sembrerò più nostalgico del solito, neanche avessi settant’anni e un piede nella fossa, e forse ti chiederai il perché. Ma anche no, però te lo dirò lo stesso: mi sono reso conto che è da quando la zia si è ammalata che non abbiamo più giocato assieme, e tu che eri il mio migliore amico ti sei allontanato lentamente, a testa china, senza che potessi fare nulla per aiutarti. Con Annie ho avuto l’impressione di riaverti indietro come eri prima.
Avrei voluto che durasse per sempre.
 
Sono tornato a casa tua e mi sono seduto sul divano, i teli sono pieni di polvere e tutto sa di abbandono.
Stanotte l’ho sognata.
L’ho sognata come era poco prima che se ne andasse, quando mi ha supplicato di consegnarti quella busta. Mi chiedo se hai mai letto la sua lettera, ma non so nemmeno se hai letto le mie, non so più niente di te.
Odi anche lei al punto di non riuscire più nemmeno a riguardare una sua foto?
Non posso smettere di pensare a quel periodo e a cosa avrei potuto fare di diverso, di utile. È uno dei miei incubi ricorrenti, mi sento bloccato e non so come uscirne. E mi tormento pensando a te che sei a millequattrocento chilometri di distanza e sei solo, non riesco nemmeno a immaginare come tu possa stare. Ci sono momenti in cui mi ritrovo a contare i giorni per realizzare a che punto siamo arrivati.
Mi domando se il suo viso è la tua persecuzione come lo è la mia, e cosa avrei dovuto fare per aiutarvi di più.
 
Mi faccio raccontare tutto da Beau, non arrabbiarti se la costringo, dovresti sentire come si inorgoglisce parlando del tuo talento. Diventa un problema farla stare zitta, ma la sento preoccupata per la tua solitudine. Prenditi più cura di lei, lo sai che ti adora ed è nevrotica e fragile. Mi dice che trascorri ancora le ore delle tue giornate al cimitero, e io divento matto se ci penso, perché sono passati due anni Dami e tu ancora non parli. Non mi hai mai risposto, nemmeno una volta, ma non mi riesce di gettare la spugna.
Ti immagino da solo insieme ai tuoi demoni e io non ti ho mai difeso abbastanza da loro, ti ho sempre guardato mentre ti distruggevi. Anche adesso sto lontano da te e non servo a niente, Beau e Trix però mi hanno fatto chiaramente capire di starti lontano, dicono che ti farei del male e sarei egoista e che devo lasciarti i tuoi tempi.
Mi devo sempre ripetere queste cose per impedirmi di prendere il primo aereo e venire lì a tirarti fuori da quel buco senza fondo che ti ostini a chiamare vita. A volte vorrei veramente sapere quanto dureranno i tuoi tempi e perché, oltre a me, hai deciso di punire tutte le persone che sono ancora qua ad aspettarti.
 
Sapere che mi odi, proprio tu che sei come un fratello, non mi fa dormire la notte. Quindi ricordati che nessuno ti ha lasciato indietro e che per me sei e resterai sempre quel bambino capriccioso che frignava e si attaccava alla mia maglietta quando si faceva male.
Sei sempre il mio fratellino disadattato, e puoi metterci anche una vita intera se vuoi, ma apprezzerei molto se non mi facessi aspettare tutta la mia. Giusto per recuperare un po’ di tempo insieme, no?
Io lo capisco, lo capisco davvero Dami, lo so che ci sono perdite che sono impossibili da superare, ma ci sono sempre i vivi, noi non siamo scomparsi.
 
Il mondo non è finito, tu non sei morto. Non dimenticarti di noi.
Con affetto,
Jules
 

 
  
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