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Autore: Ruffa    17/05/2009    7 recensioni
Se un giorno ad uno dei personaggi principali di una saga che sta avendo un gran successo, si ritrovasse ad avere bisogno dell'aiuto di un noto cacciatore di demoni? Signori, niente di speciale! Avviso che è la mia prima fanfiction in assoluto. Vi troverete molta, molta ironia, comicità e voglia di divertire. Le fan della saga di Twilight non me ne abbiano: voglio semplicemente fare sorridere! Ho scritto il titolo volutamente sgrammaticato, è una piccola dedica al mio mito Maccio Capatonda ;)
Genere: Commedia, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dante
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Dande era decisamente tutt'orecchi. Si rese conto di essersi arrampicato sulla scrivania a guisa di un piccolo rettile, perciò si rimise seduto composto e molto garbatamente tolse la matita dall'incastro tra bocca e naso.
Il nostro amico mezzodemone dentro di sé avvertiva un tale tumulto che non era esplicabile in poche parole. Egli non lavorava da così tanto tempo -si era evidentemente dimenticato della disavventura con il demone affetto da callo al tallone, risalente solamente alla sera prima-, il fruscio del danaro era un suono a lui ormai estraneo.
Ah, moriva dalla voglia di potersi di nuovo librare in aria con la grazia di un giovine fringuello uscito dal nido genitoriale poc’anzi, in barba al cotal peso ch’egli dietro con sé portava ed esso rispecchiavesi nella sua lunga, forte spada che in tante tenzoni l’aveva sostenuto e nella sua armatura in cuoio sanguigno in grado di sostenere duri, inimmaginabili tremendi colpi!
Quand’ecco che Odoardo sembrò essere seriamente in procinto di raccontare al mezzodemone la missione che l’attendeva… il cellulare del vampiro squillò. Note di un’inusuale suoneria si sparsero nell’aria.
Quando ti guardo intorno, vedi i bambini puovri e non solo; quando ti guardi intorno, vedi i bambini puovri… e non solo. Lo so che non è facile per loro, ma neanche per me. E ditemi cosa vedete quando li guardate neli uochi eh…
La reazione di Dande che tante ne aveva viste non era difficile da intuire. Sul suo volto, si dipinse il puro disgusto mentre il vampiro portava elegantemente una mano alla tasca con un gesto perfetto, estraeva il cellulare con inaudita grazia e se lo portava all’orecchio, premendo il tasto della risposta sapendo in anticipo chi era a telefonare senza osservare il nome del chiamante.
Si sa che i vampiri sono in grado di leggere i pensieri altrui; ciò che stupì Dande fu la faccenda del leggere nella mente del cellulare. D’altra parte, la suoneria stessa era tutta un programma. Gli sembrava cantata da una capra asmatica, ma lui non sapeva che il rapper era un certo Cpitty Sash.
< Oh, Alice, sorellina mia adorata zuccherino amore pasticcino al miele! > disse Odoardo, con la voce che sembrava un dolce angelico canto.
La voce di Odoardo al telefono fu tanto gradevole che persino Dande stesso la trovò piacevole.
Rendendosene conto, prese la matita e finse di piantarsela nelle viscere in un gesto che ricordava molto l’harakiri dei samurai.
Il vampiro rivolse al mezzodemone uno sguardo carico d’odio per quel gesto suicida incomprensibile. Lui era la perfezione in terra: cosa poteva saperne quell’orrendo essere cos’era la bellezza? Con quell’orrendo pigiama di flanella rossa, voleva competere coi suoi flaccidi pettorali e la pancetta alcoolica in mostra, le gambe smilze strette in un paio di eleganti pantaloni di nero velluto a coste?
Il mezzodemone ascoltò la conversazione tra Odoardo e quella che evidentemente si chiamava Alice. La ragazza dall’altro capo della comunicazione parlava in maniera tanto bassa, oppure Odoardo aveva un bell’impianto Amplifon nelle orecchie e tenere il volume basso era una sua abitudine, che Dande non sentiva una mazza.
< Oh… Sì. Bene bene. Bene bene bene. A che ora? Oh, bene. Porto con me il mio nuovo amico > Odoardo guardò intensamente il mezzodemone. Dande restò disgustato da quello sguardo da provola, era completamente disgustato da tutto.
Da Odoardo, dalla situazione, dallo sguardo di Odoardo, dal suo fisico flaccido e da vecchio. Quanti anni aveva, lui? Aveva un corpo che apparentemente non aveva niente di strano…
Ma a ben guardarlo alla luce del mattino che cominciava ad illuminare meglio l’ufficio, Dande notò con ribrezzo che il corpo di Odoardo era magro, con la pelle cascante, il petto rugoso, la pancia tutt’altro che piatta, le braccia sottilissime, rugose, tutta la pelle bianca quanto i suoi capelli era segnata da schifose venuzze violacee.
< Certo certo. Penso che arriveremo per mezzogiorno se ci sbrighiamo. Sì sìsì. Sono proprio contento. Sì sì > Odoardo non salutò la sorella e chiuse la comunicazione poi rimise via il cellulare con quel modo fluido che lo faceva sembrare senza ossa.
Restò lusingato dal fatto che gli occhi del bell’albino lo stavano studiando… oh, quanto avrebbe voluto che la sua bella, la bellissima Bella avesse potuto guardarlo nuovamente in tal modo intenso!
Ma probabilmente Odoardo era cieco, perché lo sguardo di Dande denotava solo un profondo schifo. Il mezzodemone in pigiama rosso cominciò a rigirarsi i pollici. Lo fissò freddamente negli occhi… ora neri. Neri? E dove le aveva pigliate le lenti a contatto?
< Embé? >
< Dande, la ricompensa che sto per offrirti dovrebbe compensare la pericolosità della missione e soprattutto di un piccolo inconveniente. Dobbiamo recarci nella mia città, Forchette > Odoardo annuì graziosamente.
Ma ancora Dande non capiva qual era la missione, aprì la bocca ed allungò un braccio con il dito indice sollevato per chiedere delucidazioni ma improvvisamente si sentì stretto sotto le braccia e all’altezza della vita da quelle schifose, flaccide braccia.
Il suo schifo fomentò un’improvvisa rabbia: spalancò gli occhi, trovandosi in braccio a quello scarafaggio troppo cresciuto.
< Non mi toccare! Giù le zampe! > ruggì.
< Dimmi, Dande, dov’è il tuo armadio? > chiese affabilmente Odoardo che lo teneva in braccio.
< Al piano di sopra, nella seconda stanza a destra. Mettimi giù prima che ti faccia quel muso a Emmenthal > ringhiò, cominciando a tastarsi la schiena per cercare le pistole… che non trovò. Maledizione! Aveva portato la sua imbracatura da notte a riparare e le pistole erano in camera da letto!
Odoardo ovviamente non lo mise giù. Alla velocità della luce, correndo senza neanche toccare il pavimento, corse nella stanza da letto, aprì l’armadio mostrando tutta una serie di quattro abiti identici, ne prese uno a caso, afferrò anche un’imbracatura e due pistole lì nell’angolo, tornò al piano di sotto, afferrò la spada di Dande, lo spogliò del pigiama in un colpo solo, gli infilò perfettamente in un colpo solo l’abito che Dande indossa nell’ultimo capitolo della saga di Devil May Cry, con stivali e tutto, poi gli fece indossare l’imbracatura e la spada. Gli diede una sistemata ai capelli, gli pulì la faccia con un asciugamano bagnato trovato in bagno -non si sa come mai ce l’avesse in mano, ma le esigenze di sceneggiatura ci hanno costretti a cascare così tanto in basso- ed infine si baciò la punta delle dita raccolte a becco per complimentarsi da sé.
D’altro canto, il mezzodemone non si era assolutamente accorto di niente. Si ritrovò nell’ingresso del suo ufficio già vestito da uscita, bardato ed armato. Si accorse di avere i capelli in ordine, e vide Odoardo baciarsi la punta delle dita con uno schiocco che per poco non gli fece partire i timpani.
< Che è successo? > non usò parolacce, ma il tono di voce del mezzodemone suonava come un’imprecazione. Odoardo gli sorrise.
< Ti ho vestito, sistemato e reso bello bello. Oh, vero! Vuoi uomini siete così lenti che non capite i veloci movimenti di noi perfetti vampiri… ah! > Odoardo si sistemò i capelli con aria molto chic e poi prese Dande per la mano guantata.
< Vieni amico mio, ti devo condurre alla fermata della prima navetta che ci porterà nella mia bella città dove potremo discutere in maniera decente di affari >
< Via le mani da me! > disse Dande scuotendo il braccio per liberarsi dalla presa della mano gelida ed incredibilmente sudaticcia del vampiro.
Il mezzodemone aveva una forza inviadatagli da Hulk, ma non riuscì a smuovere la presa salda e nemmeno il braccio di Odoardo. Ciò lo fece evidentemente innervosire e per un attimo perse la ragione.
La mano libera corse alla pistola nera, Ebony, la puntò al polso di Odoardo e sparò a distanza molto ravvicinata -praticamente ce l’aveva premuta sopra, diciamocelo-.
Uno schizzo argenteo gli esplose in faccia.
Qualcosa di bianco e viscido gli sporcò l’intera faccia, la mano, il braccio, il petto, il collo. Era quasi completamente scoperto dello schifoso sangue di Odoardo; esso profumava, ma per Dande era puzza visto il nascituro odio che provava nei confronti del vampiro… sebbene lo conoscesse neanche da un’ora.
Ma si sa, è una fan fiction questa, perciò è finzione e quindi posso inventare quel cavolo che mi pare. Tò mo’ -espressione dialettale delle parti di chi scrive e sta a significare ’ecco’ in senso lievemente dispregiativo per chi ascolta).
Dalla bocca di Odoardo comunque non era uscito nulla, non un gemito o un versetto acuto di dolore. Era impressionante come solo Dande, ora rigido ed immobile, si fosse sporcato del sangue del vampiro mentre invece Odoardo non si fosse ritrovato macchiato nemmeno da una goccia.
Gli sorrise misteriosamente e lo trascinò -letteralmente- fuori dall’ufficio.
< Andiamo. Non facciamo in tempo a lavarti! La navetta passerà tra dieci minuti e non possiamo certo andarci correndo! Ti pulirai lungo la strada! >
Fu così che i nostri eroi uscirono dal loco, andando finalmente incontro alla loro avventura.

  
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