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Autore: Soqquadro04    24/11/2016    2 recensioni
[Canon compliant | Off-screen fra 1x07 e 1x08 con leggera presenza di simil-spoilers| FLUFF PERCHÉ MERITANO SOLO FELICITÀ | accenni alle leggi anti-LGBT in Russia | possibile OOC | 1730 parole]
[...] Lui è tranquillo, addormentato serenamente con la testa sulla sua spalla, e questo è tutto quello che conta.
Victor ha quasi voglia di fotografarlo, perché non gli sembra del tutto giusto privare l'umanità del privilegio di vederlo com'è ora, il volto rilassato, seminascosto nell'incavo del suo collo, e le ciglia lunghe che gettano ombre sui suoi zigomi. Un capolavoro, e da quando l'arte non va condivisa? Ma il cellulare è nella borsa, al momento chiusa nello scomparto sulle loro teste, e non può spostarsi. [...]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Soqquadro04
Disclaimer: niente di tutto ciò mi appartiene, li ho solo presi in prestito temporaneamente in un impeto di isteria
Generi: Fluff, Sentimentale, Malinconico
Avvertimenti: possibile OOC (principalmente perché Victor mi ha tirata scema durante tutta la stesura quindi chissà che cosa è venuto fuori), ci sono accenni piuttosto leggeri (praticamente dovete solo sapere che ci sono per capirla) alle leggi anti-LGBT attive in Russia, ma più che altro alla forte omofobia in generale, non so se lo spoiler si possa considerare spoiler ma meglio essere sicuri
Rating: Verde
N/A - Note dell'Autrice:
*fa capolino dalla porta* Salveeeee.
Beh, che dire. So che nessuno qui mi ha mai vista - né qui né in giro per questa sezione né da nessuna parte - perché non ho mai avuto un amore particolare per anime e manga. Li apprezzo abbastanza ma, mea culpa, non me ne sono mai interessata.
Tranne che un paio di giorni fa ho avuto la malaugurata idea di ascoltare un consiglio, il che mi ha portato a dormire letteralmente sette ore in due notti, a scrivere ossessivamente e a fare qualcosa come quattro rewatch della serie. Ma va tutto bene. Tutto okay.
E quindi nulla, come potete notare sono rimasta conquistata dalla gayaggine insita in tutto ciò perché QUESTA È LA /PERFEZIONE/.
Da qualche parte ho dovuto far uscire tutto l'ammore accumulatisi per sti due adorabili idioti e questo ci ha portato qui, oggi, davanti a questa. Cosa. Non mi azzardo a chiamarla storia perché assomiglia più che altro a un mezzo delirio e non ha un ordine, ma era l'una di notte e avevo appena finito l'ottavo episodio e.
Okay.
Niente, me ne vado prima di rendermi ancora più ridicola, e spero che sia terribile almeno la metà di come mi pare - sappiate che ricomparirò *sì è una minaccia*

A presto,
la vostra Soqquadro


1 - Solnyshka significa piccolo sole e niente, amo il russo e amo i pet names vagamente ridicoli e sono una persona fondamentalmente cheesy, so here we are
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In regards to love

 

La Russia non è una terra amichevole.

Victor lo sa, ma la ama comunque – la ama per questo, e la odia per questo.
(La ama di agape, non di eros, perché è una madre severa ma giusta che punisce gli amanti segreti, e la odia, la odia, la odia di mísos, perché è stata una prigione per tanto, tanto tempo).

Victor ama

gli inverni lunghi come vite, e la neve e il ghiaccio e il vento, e ama i gabbiani di San Pietroburgo – o almeno ha capito di amarli dopo averli lasciati – e gli ululati cacofonici dei branchi di lupi nella notte e il silenzio delle mattine di dicembre,

e Victor odia

la superstizione e il pregiudizio e la tradizione,
i racconti di streghe che diventano reali appena viene il buio e le leggende sussurrate attorno al fuoco, e i mormorii maligni per la strada e gli sguardi furiosi e l'odio inciso sui volti dei passanti.

La Russia non è una terra amichevole, ma è la sua terra.
Oggi è la prima volta da anni in cui non desidera realmente tornare a casa.

 

 

C'è silenzio, sull'aereo.

Hanno preso l'ultimo volo della sera, l'aeroporto illuminato a giorno e brulicante di attività nonostante fosse quasi mezzanotte. Arriveranno a Mosca fra qualche ora, e Victor dovrebbe indubbiamente dormire, perché una volta atterrati li aspettano giornate frenetiche senza un attimo di pace, lunghe ed estenuanti, e mancherà il tempo di riposare. Benché ne sia perfettamente consapevole, non riesce a convincersi a chiudere gli occhi.

Yuuri, al contrario, sembra non avere problemi. È sorprendente, con la gara decisiva così vicina.
(Si chiede distrattamente se sia anche merito suo, ma non è sicuro di volerci pensare. Lascia fuggire l'idea, lieve come una brezza).

Non importa perché, in ogni caso. Lui è tranquillo, addormentato serenamente con la testa sulla sua spalla, e questo è tutto quello che conta.
Victor ha quasi voglia di fotografarlo, perché non gli sembra del tutto giusto privare l'umanità del privilegio di vederlo com'è ora, il volto rilassato, seminascosto nell'incavo del suo collo, e le ciglia lunghe che gettano ombre sui suoi zigomi. Un capolavoro, e da quando l'arte non va condivisa? Ma il cellulare è nella borsa, al momento chiusa nello scomparto sulle loro teste, e non può spostarsi.

Invece, volta il viso nella sua direzione, la bocca increspata appena in un sorriso sfuggente, e riesce a trattenere l'istinto di guardarsi intorno per controllare che tutti siano addormentati, prima di baciarlo, esitante.
L'angolo è imbarazzante e il suo è un gesto innocente – a malapena gli ha sfiorato la fronte, e il bacio in sé è stato candido, solo qualcosa per assecondare un capriccio del cuore – ma quando si raddrizza, sempre rifiutandosi di saggiare le reazioni di chiunque sia sveglio nella penombra attorno a loro, si lascia scappare un sospiro.

Una cosa da nulla.
(Ci sono voluti tre anni lontano da San Pietroburgo e innumerevoli tentativi prima di riuscire a fare qualcosa di simile a questo in pubblico, senza irrigidirsi ad ogni tocco con il terrore di ascoltare voci sprezzanti sputare insulti, o di sentire mani crudeli spingerlo a terra).

Yuuri non sa nulla di tutto questo.
Victor vorrebbe che non dovesse saperlo e basta.

Ha abbastanza fiducia nel suo buonsenso da sperare che si limiti ai gesti eclatanti solo nella privacy di una camera d'albergo, tuttavia sa che è necessario avvisarlo. Una semplice dimenticanza annienterebbe completamente una posizione precaria come è la loro.
(Li hanno visti in diretta nazionale, ovunque nel mondo, e quello era un abbraccio – per il mondo era un abbraccio – ma non riesce a scuotersi di dosso la paura irrazionale e puerile che lo sappiano. Potrebbero rifiutare di fargli mettere piede sulla pista, se sapessero, e Victor non può permetterlo).

Non si accorge di avere la fronte corrugata fino a che non sente un polpastrello freddo premere leggero sul solco fra le sue sopracciglia. È quasi strano non sentirlo sulla sommità del capo, questa volta.
Rivolge uno sguardo interrogativo alla sua destra, il cipiglio che sparisce nella sorpresa. Yuuri, al suo fianco, arrossisce e trasforma il tocco in una carezza, soffermandosi più di quanto dovrebbe con le dita sulla sua guancia.

Ha le mani fresche, e Victor si concentra su quello – il sollievo del freddo contro un'emicrania nascente di cui non si era reso conto, e la ruvidezza di un graffio che deve essersi procurato in allenamento – e riesce ancora una volta a non scrutare di sottecchi le file più vicine alla loro.
(Questo aereo non è ancora la Russia, e chi viaggia in prima classe ha pagato troppo per avere voglia di discutere, e prima di crederci deve ripeterselo un paio di volte ma va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene).

«Victor?» Yuuri lo guarda con occhi spalancati, e ritira la mano di scatto, insicuro. Non si guarda attorno, in ogni caso. Ha solo paura di aver oltrepassato un confine, forse, ma continua comunque, e Victor sente l'orgoglio per quel piccolo progresso gonfiargli il petto in maniera quasi imbarazzante. Yuuri fa un bel respiro, e poi, sottovoce, «Cosa c'è?»

Gli sorride, di un sorriso più ampio di quello che si è lasciato scappare mentre dormiva, perché non desidera preoccuparlo e perché in generale tutti i sorrisi a beneficio di Yuuri sono più degli altri, e forse – solo forse, si dice – tendono ad essere un po' più civettuoli del normale. Non lo fa di proposito, non sempre, è solo qualcosa che è.

«Sei un'opera d'arte, solnyshko1, non te l'hanno mai detto?» Yuuri non risponde, ma il rossore sulle sue guance parla per lui. Quando si allunga a baciarlo, non gli passa nemmeno per la testa di controllare gli altri passeggeri.

 

Dal momento in cui atterrano al Sheremetyevo di Mosca, Victor cambia.
Non in modo radicale, né abbastanza da essere una differenza degna di nota per chiunque non sia lui stesso. Lui stesso, e Yuuri, apparentemente.

Bussa alla porta della sua camera alla vigilia della giornata di programma libero, ad un'ora indecente della notte, quando dovrebbe dormire già da tempo.
(Ignora volutamente il fatto che anche lui dovrebbe stare dormendo, e invece si è ritrovato a scrollare distrattamente fra vecchie foto sul cellulare e fra vecchi ricordi nella sua mente).

Non è troppo sorpreso quando apre la porta per ritrovarselo davanti, i capelli scuri spettinati da una lotta con le coperte e un piglio deciso che non sopravvive che per mezzo metro. Quando si gira verso di lui, dopo aver richiuso l'uscio con delicatezza, è già sparito.
Al suo posto, uno sguardo confuso e quasi ferito che smuove qualcosa nel suo petto.

«È colpa mia?» chiede, e vorrebbe non sapere a cosa si riferisce, tranne che lo sa, e anche se a volte è necessario, non gli piace mentire. O, come più spesso succede, omettere.
(La colpa è della Russia, quella casa che ama e che odia, che riporta alla mente anni in cui non poteva conoscere amore e che, ora che è tornato con chi amore lo è, potrebbe portarglielo via senza sforzo).

Quindi gli si avvicina, appoggia le mani sulle sue spalle e stringe, senza fargli male, solo per fargli capire che è lì. È quasi troppo vicino, non c'è abbastanza spazio fra loro perché l'altro possa guardarlo negli occhi senza sollevare la testa, ma con Yuuri è sempre stato così.
«No.» dice, il tono fermo, cercando di dirlo non solo con la voce. Dirlo con i suoi occhi e le sue mani e il suo volto e il suo corpo intero, «No. Non è colpa tua.» ripete, e lui sembra convincersene, ma è solo per un attimo. L'ombra dell'ansia torna a inumidirgli le iridi scure in un istante.

Allora Victor lo abbraccia.

Lo stringe con una forza che non si aspettava, un sentimento – eros, da una parte di lui, e dall'altra agape – che sale dallo stomaco e intrappola parole nella sua gola.
Yuuri ricambia la stretta con la sua stessa irruenza, e presto la maglia che usa come pigiama è umida di lacrime silenziose.

 

Lo veglia per tutta la notte.

Yuuri si addormenta non molto dopo che il suo pianto si è esaurito, aggrappato alla stoffa della sua maglietta come se temesse di svegliarsi senza trovarlo al suo fianco. È da tempo che non ha qualcuno accanto a cui dormire, ed è una sorpresa ricordare quanto sia confortante il calore di un altro corpo nel quale rifugiarsi se le ombre si fanno troppo dense.

Nonostante questo, non riesce a dormire.
Si ripete che è il motivo principale per cui passa ore ad accarezzargli i capelli, giocherellando con le ciocche, e ad osservare con avidità ogni dettaglio del suo viso rilassato nel sonno per imprimerselo nella memoria. È assolutamente inaccettabile, decide, che il mondo non possa godere di una tale bellezza.

Finisce per scattare un paio di foto, e presto deve spegnere il telefono che continua a vibrare senza sosta perché non disturbi il suo sonno discontinuo.

Lo stringe per tutta la notte, fino all'alba, e quando Mosca scintilla sotto i raggi del primo sole di una giornata che si prospetta infinita, Victor si rende conto di essere sinceramente, semplicemente, totalmente felice in Russia per la prima volta da quando ha sette anni.

 

Sa che non dovrebbe farlo, ma si conosce anche abbastanza bene da essere consapevole che questo non lo fermerà.
Mancano pochi minuti alla partenza del gruppo finale di pattinatori, e conseguentemente manca anche meno al turno di Yuuri, e invece di lasciarlo a riscaldarsi insieme agli altri Victor l'ha trascinato in uno sgabuzzino delle scope, in un corridoio secondario.

Yuuri non può scacciare totalmente l'ansia, anche se gli ha giurato che ci vorrà un attimo.
È di parola.

Victor intreccia le dita alle sue, e si china appena per baciarlo. È rapido, innocente, e così improvviso che lo lascia ad occhi spalancati, anche se i baci di Victor sono tutti così – arrivano dal nulla e dal nulla se ne vanno, ma non lo fanno in Russia perché la Russia non è il luogo in cui questo può essere.

Eppure.

Victor ride della sua espressione perplessa – libera le dita dalle sue, ma non abbandona il contatto, guidandolo con una mano sulla sua spalla mentre con l'altra apre la porta, avviandosi verso il corridoio del riscaldamento. Prima di girare l'angolo, si avvicina abbastanza da mormorargli all'orecchio.

«Sorprendili.»
Quando raggiungono il gruppo, Victor si è già allontanato. E Yuuri sorride.

 

 

   
 
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