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Autore: Cinzia N Spurce    25/11/2016    3 recensioni
[Pre-Slash | AU | Tutti umani | 1514 parole | Destiel]
Una telefonata, però, lo intriga più delle altre quella sera.
Non sa perché, è una voce. Solo una voce.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
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Prompt: Dean è un operatore di call center per un'agenzia che studia i disturbi del sonno. Durante il suo turno risponde ad una chiamata che inizia con "Non riesco a dormire."; la voce dello sconosciuto ("Castiel, mi chiamo Castiel. E tu?") è così bassa ed ipnotizzante che Dean ne resta subito ammaliato.
Dopo più incontri telefonici, Dean scopre che ciò che impedisce a Cass di riposare bene è la solitudine, così decide di dargli il suo numero privato ed i due iniziano a sentirsi regolarmente tutte le notti e poi anche di giorno...
Titolo: Voice.
Autore: Cinzia N. Spurce.
Wordcount: 1514.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Slash, Oneshot, AU.
Note dell’autore: Okay, è la prima volta che metto piede nel fandom di Suoernatural. Tecnicamente non è proprio una Slash, ma una pre-slash. Sono tutti umani, il mondo è un posto carino e il sovrannaturale non esiste. Spero di non aver combinato disastri! XD 
Partecipa al Dashing Through The Prompts indetto su Live Journal (cosa abbastanza scontata XD).
 
 
Voice
 
Dean Winchester ha ventotto anni, un lavoro come centralinista nel call center di un’agenzia che studia i disturbi del sonno e l’attitudine a infilarsi in situazione disastrose senza nemmeno accorgersene. 
La verità è che gli sta bene così: dorme di giorno, lavora di notte, solitamente fino al cambio turno delle tre, trascorre il restante tempo della nottata al pub di Bobby e rimorchia solitamente qualcuno con cui fare del buon sesso, non gli importa che siano uomini o donne, si eccita allo stesso modo con entrambi. È sceso a patti con la sua bisessualità da adolescente e adesso ne raccoglie i frutti divertendosi con chi più lo stimola. È un dettaglio di poco conto, almeno per i suoi canoni, il fatto che ogni volta, in un maledetto modo o nell’altro, quella fresca parentesi finisca con le urla di qualcuno che gli sbatte in faccia quanto sia coglione.
Il più delle volte hanno irrimediabilmente ragione, constata sbuffando una risata stanca.
Sembra una serata come ogni altra, la gente chiama, lui gli parla, appunta qualsiasi cosa possa avere una minima importanza ai fini della ricerca e, preda di quella sottospecie di empatia che ogni tanto lo coglie, cerca di dare qualche consiglio spassionato a chi gli telefona.
Una telefonata, però, lo intriga più delle altre quella sera. 
Non sa perché, è una voce. Solo una voce. 
Sono sempre state solo voci, ma il modo in cui quella voce sembra accarezzarlo lievemente lo fa boccheggiare un attimo quando risponde al telefono.
«Non riesco a dormire.»
Direbbe che è una delle voci delle hotline, se non sapesse che quelle voci hanno un suono più finto, un timbro smaccatamente più malizioso e il sex appeal di una scarpa vecchia. 
Deglutisce appena, cerca di schiarirsi la voce. «Come ti chiami?»
«Castiel. Mi chiamo Castiel, tu?»
«Dean» sussurra con voce roca. Dall’altro lato il ragazzo non parla e Dean non sa proprio cosa fare, di solito le persone parlano, si sfogano, buttano via mesi o addirittura anni di frustrazioni represse, non restano in silenzio in attesa di chissà quale consiglio divino.
«Dunque, Castiel...» dice lievemente in imbarazzo e Dean Winchester non si trovava in imbarazzo da quando aveva tredici anni e la professoressa di storia non lo aveva beccato in bagno a masturbarsi. 
«Qual è il problema?» domanda, insultandosi mentalmente poco dopo. 
Qual è il problema? Sul serio? 
«Te l’ho detto, non riesco a dormire...»
«Riesci a capire a cosa possa essere dovuto?»
«Non siete voi che studiate i disturbi del sonno?»
E rieccolo lì a boccheggiare, di nuovo. Il fatto che le sue facoltà mentali si siano del tutto annullate al solo sentire quel timbro profondo e – detesta sul serio pensarlo – sexy, lo sta facendo andare fuori di testa.
«Okay. Che ne pensi di raccontarmi qualcosa di te così posso raccogliere qualche dato e... magari darti un consiglio.»
Così Castiel comincia a raccontare. 
Voce bassa, inflessioni misurate e un tono ingenuo e privo di qualsiasi malizia che Dean detesta da morire perché sembra essere collegato direttamente con il suo cazzo, tanto ha cominciato a stringere nei pantaloni. 
Gli dice tutto, dalla famiglia che non ha più, ai fratelli che non gli parlano, dal lavoro che non trova alle idee con quel pizzico di genialità che gli arrivano nel pieno della notte. 
Dopo quasi un’ora e mezza di conversazione a senso unico Castiel interrompe la telefonata, Dean suda freddo e decide, dopo mesi in cui non tornava a casa prima delle sei del mattino, di disertare il pub e di andare a dormire. 
È un dettaglio che decide di ignorare il fatto che per addormentarsi sia costretto a toccarsi velocemente dentro la doccia. 
Con sommo stupore di Dean, Castiel richiama qualche notte dopo e può sentire già da subito un piccolo brivido al cavallo dei pantaloni. La seconda volta parlano di interessi e passioni, di film e musica. Prima che Dean riesca a rendersene conto ha sforato l’ora del suo turno, Castiel gli ha detto di essere stanco e lui decide, per la seconda volta in meno di un mese, di tornare a casa senza passare a rimorchiare qualcuno. 
Le telefonate diventano una routine, Castiel gli parla e lui aggiunge solo qualche piccola riflessione. Castiel chiama ogni lunedì e giovedì e con grande zelo, senza che riesca a capire perché, Dean quelle sere non va da Bobby. Decide di andare a casa e di non pensare che quelle sere finiscono sempre con lui che si masturba violentemente sotto la doccia, spesso con il suono della voce di Castiel nelle orecchie che pronuncia “Dean”.
Dopo circa un mesetto di regolarità e di racconti di Castiel sulla propria vita, fatti senza risparmiare troppi dettagli, Dean capisce, con una piccola stretta al cuore, che l’unico problema che affligge Castiel è la solitudine: un paio di fratelli boriosi, un padre assente, niente relazioni amorose e amici inesistenti. 
Non dovrebbe farlo, sa che dovrebbe mantenere un distacco con i suoi interlocutori, ma ha ben chiaro che essere regredito a dodici anni e essersi fatto una sega ogni volta che la voce di quel dannato tizio pronuncia il suo nome ha fatto superare già da un pezzo il distacco, così decide di lasciargli il suo numero. 
Con somma sorpresa Castiel non chiama più al call center da quella sera. Lo chiama al numero privato, ogni sera mezz'ora dopo che Dean finisce il turno. Passano la restante parte della notte a parlare, Castiel inizia anche a chiedergli di lui e allora Dean smozzica qualche piccola informazione su di sé: un fratello sposato, genitori divorziati, rapporti meravigliosi con tutti e un mentore che è lo scorbutico padrone di un pub dalla dubbia reputazione e dall’aria calda che sa di casa.
In breve tempo – troppo breve, forse – gli sembra di conoscerlo anche se non l’ha visto mai. Il limite che però non hanno mai oltrepassato è quello di telefonarsi di giorno, come se la loro fosse un’amicizia relegata alle ore notturne, come un segreto vagamente scabroso da custodire di notte. Non si sono mai detti niente di più personale del proprio nome, non conoscono l’età, la descrizione o la via in cui abitano. 
Sanno solo di essere Dean e Castiel, a parlarsi al telefono come fossero amici immaginari. 
Il limite invisibile della notte viene oltrepassato da Castiel un giorno, senza pensarci troppo. 
Dean risponde scontroso senza nemmeno guardare di chi sia il nome che lampeggia sul display del cellulare, e la voce allegra e ingenua di Castiel gli risuona nelle orecchie lasciandolo interdetto per un attimo. 
«Non puoi capire cosa ho appena trovato in un negozietto di antiquariato» gli dice assolutamente tranquillo, mentre Dean respira sull’orlo di una crisi di nervi, «hai presente quando abbiamo parlato di quei simboli esoterici che rappresentano sigilli e simili?» 
Dean mormora in assenso, cercando di capire che cosa significhi sentirsi di giorno.
«Ne ho trovato uno circa la difesa delle possessioni demoniache, tipo quello che mi descrivevi. Non pensi sia fantastico?»
Dean non lo sa se è fantastico, okay? 
Perché c'è un solo negozio, in quel buco del culo in cui si ritrovano, che vende sigilli anti possessione demoniaca, lui lo conosce perché ne ha regalati a bizzeffe a suo fratello a causa di quella specie di mega fissa che avevano da bambini e sa che si trova praticamente di fronte la caffetteria in cui, dopo aver dormito per gran parte del giorno, va a mangiare qualcosa. Che poi è la caffetteria dove si trova nell’esatto momento in cui Castiel lo chiama, perché sono le quattro del pomeriggio e per lui è ora di colazione, in pratica. 
Suda freddo. Castiel è dall’altro lato della strada e lui non l’ha mai visto.
Si volta appena realizza quel pensiero e vede un tizio fermo davanti la vetrina, con il cellulare in mano e la mano libera intenta a gesticolare al ritmo di quello che Castiel gli sta dicendo al telefono, ha i capelli scuri, un giubbotto troppo leggero per i suoi canoni e a malincuore non può vedere il suo volto perché dà le spalle alla caffetteria.
Dean tentenna un po’ e poi preso da un sferzata di coraggio che teme rimpiangerà tutta la vita sputa quelle parole di getto. 
«Girati!»
«Cosa?» domanda confuso Castiel.
«Girati verso la caffetteria, idiota» ripete con voce nervosa e seccata.
Castiel si gira lentamente e resta immobile a fissare la caffetteria, ha gli occhi verdi sgranati e le labbra leggermente socchiuse per la sorpresa. 
Dean lo vede deglutire appena e passandosi una mano sugli occhi prende una decisione: vuole passarlo del tutto quel limite autoimposto al loro rapporto.
«Vieni qui, ti offro un caffè!»
Castiel resta immobile per qualche secondo, finché non realizza cosa sta succedendo, poi accenna un sorriso che sembra quello di un bambino e annuisce staccando la telefonata. 
Castiel si siede accanto a lui e può notare che la sua voce è davvero profonda e priva di malizia e che la reazione che gli scaturisce quel maledetto tono non era dovuto soltanto alla distorsione del telefono. 
Non sa che cosa può succedere, ma ha ben chiaro, forse anche da molto prima, che quella dannata voce lo rovinerà. 
 
 
   
 
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