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15 novembre. E siamo ancora a
questa data.
Sapevo bene che ogni anno non
potevo abbattermi in quella maniera, che dovevo superare prima
o poi tutti i sensi di colpa che stupidamente mi angosciavano. Tutto
quello che era successo tre anni fa era stato solo un banalissimo incidente, mi
continuavo a ripetere, ma una parte della mia coscienza mi diceva che in fin
dei conti era solo colpa mia. Se solo…
I miei pensieri vennero
interrotti dal suono della sveglia. Svogliatamente la spensi
e mi alzai.
Dopo essermi preparata scesi in
cucina. Mio padre era già seduto e guardava mezzo assonnato la sua tazza di
caffè. Al solito non si mosse quando arrivai né tanto meno accennò
a un saluto.
In silenzio preparai
la mia colazione, una tazza di latte con dei cereali, e la mangiai piano.
Guardai mio padre. Mi ero sbagliata, non era mezzo
addormentato, sembrava piuttosto intento a riflettere su qualcosa di
molto importante.
Finita la colazione sciacquai la
tazza e mi avviai verso la porta.
- Melanie…
- mi richiamò indietro con voce seria che mi ricordava quella di quando mi
aveva informato della morte della mamma.
Mi girai aspettandomi il peggio.
I suoi occhi sembravano non volersi concentrare su di me, come se stesse
cercando le giuste parole da dirmi.
Alla fine
scosse la testa e accennò un sorriso. – No, niente… solo, stai attenta, mi raccomando.
- Ah… ok…
- balbettai piano uscendo definitivamente.
Al momento non ci feci caso, ma
poi mi resi conto che c’era qualcosa che non andava.
Mio padre se
aveva usato quel tono di voce era stato sicuramente perché doveva dirmi
qualcosa di importante che mi riguardava. Poi, però, non ne aveva
avuto il coraggio e mi aveva semplicemente detto di stare attenta.
Scossi la testa. Non poteva
essere così. Mi stavo solo facendo inutili problemi mentali.
Tuttavia, quel giorno, il pensiero che mio padre mi nascondesse qualcosa non mi abbandonò molto facilmente.
*
18 dicembre, lunedì.
Quel giorno avevo solo una lezione insieme a Seth,
durante la quale mi ero promessa che gli avrei parlato con la speranza che
tutta questa storia, il fatto cioè che lui mi ignorava, finisse al più presto.
Entrando nell’aula, però, ogni
mia speranza si infranse.
Non c’era. Di solito, quando io
entravo, lui era già lì, ma oggi no. Oggi no.
Sospirai delusa prendendo posto
nell’ultimo banco.
La lezione cominciò e per qualche
strano motivo cominciai a fissare la porta. Chissà
forse speravo in un miracolo… Che scema, una perfetta idiota di
un’adolescente ecco cos’ero.
Ma la porta si aprì
ed entrò un ragazzo. Sentii il cuore rimbalzare con un tonfo nel petto e
accelerare i battiti quando prese posto di fianco a me.
Okay, primo obiettivo raggiunto.
Secondo obbiettivo, parargli, ne sarei stata capace?
Prima che avessi
modo di aprir bocca, lui mi anticipò.
- Ciao. – la
voce era normale, non una traccia del tono con cui l’avevo sentito parlare
l’ultima volta.
Mi stava
fissando con i suoi occhi penetranti, mi sentivo a disagio.
- Cos’è hai
deciso di rivolgermi la parola? – ribattei sulla difensiva.
- Ti dispiace?
Quella domanda mi spiazzò. –
Perché dovrebbe dispiacermi?
Silenzio. Perfetto, ottimo.
Secondo obbiettivo raggiunto al 50%. Bel lavoro, Melanie.
Lui sembrava seguire la lezione,
lo imitai cercando di non farmi coinvolgere troppo dagli strani pensieri che
cominciavano a vorticarmi in testa.
Avanti, Seth, parla! Lo incitavo
mentalmente, troppo codarda a fare io la prima mossa.
Ma intanto l’ora correva via veloce e il suono della
campanella si faceva più vicino.
- Senti, se proprio vuoi sentirtelo dire, mi dispiace, ok?
– sbottai alla fine.
Lui si girò
verso di me, curioso. – Perché dovresti chiedermi scusa?
Già perché dovevo chiedergli scusa? - Non lo so.
Sorrise divertito. – Più che
altro dovrei essere io a farlo, no? Ti ho spaventata…
La campanella suonò. Il prof ci
dettò gli ultimi compiti e la classe cominciò a
sciamare fuori dall’aula. Ci alzammo anche io e Seth,
ma non uscimmo.
Bene, questo voleva dire che
entrambi eravamo intenzionati a parlarci.
Il prof non badò
minimamente a noi e uscì per andare in mensa.
Eravamo da soli. Seth andò a chiudere la porta dell’aula per evitare che
qualcuno ci sentisse. Mi appoggia alla cattedra e lui si
pose davanti a me. Aspettavo che cominciasse.
E magari lui aspettava che fossi
io a farlo. Perché le relazioni umane sono così complicate?
Lo guardai. Era immerso nei suoi
pensieri, probabilmente non sapeva da dove cominciare. Cercava di non
incrociare il mio sguardo.
Beh, almeno non dovevo essere io
a cominciare il discorso.
Alla fine mi guardò fisso negli occhi e parlò con voce bassa e quasi severa. – Cosa hai visto esattamente quel giorno?
Ecco, perché doveva partire da lì? Perché proprio da quel giorno che avevo cercato di cancellare catalogandolo come assurdo? La porta dietro cui l’avevo rinchiuso a forza si spalancò con impeto.
– Hai dato un pugno a una colonna, dove fra l’altro è rimasto il segno, e poi
sei sparito a una velocità impressionante. Immagino che mi debba dimenticare
tutto, è così?
- No, non devi. Non devi farlo
mai.
Il suo tono autoritario mi stupii, ma non fu solo quello. Forse avevo sentito male. – Cosa?
Sospirò e con tono paziente disse
di nuovo: - Non devi dimenticare quello che hai visto.
- Perché? – non capivo, avevo il
cervello che andava a rilento.
Abbassò gli occhi. Era una cosa
che non doveva dirmi. Ne avrei fatto a meno, per il
momento.
- Ma prima… prima di quello che mi hai detto… cosa hai visto? – sembrava non trovasse le parole, che avesse timore a farmi quella domanda.
Gli ingranaggi del mio cervello
cominciarono a rielaborare pensieri formulati molto tempo addietro. Tutte quelle domande così mirate volevano solo significare che
voleva rivelarmi la sua natura. Cosa che ero
probabilmente arrivata anch’io a scoprire.
Inspirai profondamente prima di
parlare. – Mi hai succhiato via del sangue.
Il silenzio più totale scese fra noi. I minuti scivolavano lenti fra di noi.
Era una situazione insopportabile.
Emisi una debole risata. –
Avanti, Seth! Non vorrai dirmi che tu sei… - non
riuscì a finire la frase tanto mi sembrava irreale la
cosa.
Lui riprese controllo della
realtà e mormorò lapidario. – Sì.
Lo fissai
sbigottita, lui ricambiava con uno sguardo impassibile.
Aspettavo la paura. Perché se
fosse stato davvero un… oddio quanto era assurda la cosa, un… vampiro… avrei
dovuto avere paura, no? Ma allora perché diamine sentivo dentro di me qualcuno,
una piccola parte del mio essere, che gioiva come se
avesse trovato una persona cara. Come se mi dicesse che in fin dei conti io e
lui eravamo uguali?
Ancora una volta
tra noi ci fu il silenzio.
Scossi la testa più volte.
Impossibile. Questa parola mi rimbalzava in testa come una palla di gomma.
Va bene,
l’avevo pensato anch’io, ma ora detto da lui… beh, era tutto un altro
paio di maniche.
- E’ strano che tu non sia
scappata via urlando… - commentò.
Scossi la testa
cacciando via altri pensieri. – Avrei dovuto farlo?
Fece spallucce. – Mi avresti dato una soddisfazione in più. Ma davvero non hai paura?
- Non lo so… non so cosa sto
provando in questo momento, ma sono sicura che non c’è la paura. Non so è come se sentissi che io e te siamo uguali…
Si rabbuiò come se avessi detto qualcosa in più del dovuto, come se avessi
scoperto un segreto che doveva rimanere tale.
- Andiamo a mangiare. – decretò
uscendo dall’aula.
Il discorso vampiri era finito. Lo seguii senza fiatare.
*
Salve a tutti! Siamo giunti al sesto capitolo, da non crederci…
Sono commossa. Questa storia è la preferita di ben 8 persone!!!
E una l’ha pure messa tra le storie seguite!!!
Grazie a:
Arwen Woodbane
egypta
Fantasy_Mary88
ka chan
Miki89
SaphiraLearqueen (che l’ha anche messa tra le seguite)
Valespx78
wawa chan
Spero di tutto cuore di non deludervi con la storia
perché
anche per me che sono l’autrice è un po’ confusa…
Mi hanno detto che somiglia un po’ troppo a Twilight
quindi
vedrò di impegnarmi a renderla un po’ più originale!
Grazie e continuate a seguirmi, per favore!
Ho bisogno di voi!
To the next chaptre
Bye bye
darkimera
Provehito
in altum