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Autore: Elayne_1812    26/11/2016    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! Sono perfettamente consapevole di essere in ritardo, ma ho delle motivazioni:
1 Negli ultimi giorni ho avuto le scatole girate e dato che pubblicare un nuovo capitolo mi rende sempre nervosa ed ansiosa ho evitato di farlo, altrimenti i miei nervi avrebbero fatto crack.
2 Non ho avuto molto tempo
3 Il capitolo è lungo e sono stata indecisa fino all’ultimo se spezzarlo o no, cosa che alla fine ho fatto altrimenti vi sareste trovati con qualcosa come 40 pagine e non m i pareva il caso.
Detto ciò buona lettura.
 
 

Capitolo 17
Rescue
 
 
 
“Only you can take me out
Only you can make my blood circulate
Only you are the way to being rescued
You’re my rescue, you’re my rescue”
Shine, Rescue
 
 
 
Il ticchettare dell’orologio nello studio di Jinki produceva un rumore snervante. Più Jonghyun udiva quel suono, più i suoi muscoli si tendevano, i nervi si assottigliavano e le vene sul suo collo pulsavano. Nel momento stesso in cui era stato convocato nello studio del Leader aveva capito che qualcosa non andava ed il suo malumore si era amplificato. Non riusciva a trovare un senso logico in quell’ansia e in quel terrore strisciante senza nome, ma si sentiva come sull’orlo di un precipizio prossimo a franare. Era come correre di nuovo lungo il molo di Busan con la sola consapevolezza che, prima o poi, le onde lo avrebbero sommerso.
Minho stava ritto come un fuso ed evitava il suo sguardo, mentre Jinki era teso quanto una corda di violino pronta a spezzarsi e, con le braccia conserte, tamburellava le dita sugli avambracci scandendo il tempo in perfetta sincronia con l’orologio.
Gli occhi di Jonghyun corsero da Jinki a Minho e da Minho a Jinki, zigzagarono dall’uno all’altro per un tempo infinito, eppure la lancetta lunga dell’orologio non ruotò più di mezzo giro. In tutto ciò il suo unico pensiero fisso e chiaro fu: dov’è Key?
In quel momento la porta dello studio si spalancò facendo entrare Taemin il cui sorriso fu smorzato sul posto da uno sguardo gelido di Jinki. Per quanto Taemin fosse abituato a fare ciò che voleva, in virtù del fatto che lui era Lee Taemin, sapeva bene che quando suo fratello lo guardava in quel modo era meglio abbassare il capo e farsi da parte. Tuttavia, quella volta, Taemin non poté fare a meno di proferire una domanda che da minuti era sulla punta della lingua di Jonghyun.
-Umma? –, domandò Taemin guardandosi intorno.
Il volto di Jinki si fece ancora più teso e Minho alzò lo sguardo incontrando quello bruciante di Jonghyun fisso su di lui.
-Dov’è Key? –, chiese Jonghyun con voce metallica e quasi incolore.
Benché la domanda fosse stata rivolta a Jinki, i suoi occhi rimasero fissi su Minho che abbassò il capo. Jonghyun si sentì soffocare e il sangue gli si gelò nelle vene. Poteva vederla l’onda imminente sul suo capo schiantarsi sulla banchina del molo e trascinarlo sul fondo del mare. Da gelido il suo sangue stava diventando bollente.
-Jonghyun…- iniziò Jinki.
-Dov’è il mio Key? – ripeté Jonghyun.
Jinki lo fissò senza battere ciglio. – Key è sparito. –
Taemin si portò le mani alla bocca reprimendo un verso di sorpresa. Jonghyun rimase freddo, ma dentro di sé era una miccia pronta ad esplodere. Key. Sparito. Sommerso da quell’onda impietosa che da notti infestava i sogni di Jonghyun. Il ragazzo avrebbe voluto gridare, ridurre in cenere l’intero Rifugio per dare sfogo a quel vuoto che avvertiva man mano impadronirsi del suo cuore, tuttavia rise. Una risata metallica e incontrollata.
-Sparito? Ma certo, è normale, non è vero? Le persone spariscono per magia, nel nulla– , disse con ironica amarezza.
Taemin allungò una mano verso di lui per posargliela sulla spalla, ma Jonghyun si era già avventato su Minho stringendolo per il colletto. L’aria all’intorno era calda.
-Tu! Tu dovevi badare a lui! Dov’eri?! –
Minho continuava a tenere lo sguardo basso. –Mi dispiace – disse in un sussurrò.
Jonghyun emise un verso di frustrazione, stava cadendo nel vuoto e aveva la nausea.
È un incubo, pensò, è solo uno dei miei incubi ingannevolmente reali, mi sveglierò e lui sarà accanto a me.
Il ragazzo respirò piano. Ora riaprirò gli occhi e vedrò il suo volto sorridente, si disse. Ma fu la voce di Jinki a riportarlo alla realtà.
-Jonghyun, lascialo. –
Dalle mani di Jonghyun, ancora strette al colletto di Minho, s’alzarono dei fili di fumo. Jonghyun si staccò.
-Voglio sapere che cos’è successo, ora – disse in un sibilo aprendo e chiudendo le mani ancora incandescenti.
Jinki lo squadrò. La preoccupazione si leggeva chiaramente anche sul volto del Leader, le sue labbra erano sottili e gli occhi brillavano di una lucentezza metallica.
-Minho l’ha lasciato alla locanda e quando è tornato non c’era più. –
Minho si passò una mano tra i capelli. – Sono stato via solo un quarto d’ora, il tempo di svolgere quella commissione – disse guardando Jinki.
Jinki annuì, le braccia conserte.
-Magari è ancora là – azzardò Taemin, - non ti ha visto arrivare ed è venuto a cercati, così vi siete persi. –
Gli occhi del più piccolo dei fratelli Lee corsero sui volti degli altri in cerca di conferme e rassicurazioni, ma tutto ciò che incontro fu la preoccupazione ed i nervi a fior di pelle del maggiore, l’espressione colpevole e costernata di Minho e quella furente di rabbia di Jonghyun. Taemin deglutì.
Jinki invitò Minho a parlare. Taemin era certo di non aver mai visto il suo amico così teso, ma d’altra parte non poteva dargli torto: Jonghyun era come un vulcano prossimo all’eruzione, gli occhi fiammeggianti di una calma apparente.
-Quando sono tornato indietro l’ho aspettato, ma non vedendolo arrivare sono entrato nella locanda e mi hanno detto di non averlo mai visto lì –, sospirò nervoso passandosi di nuovo la mano tra i capelli. – Eppure io l’avevo visto entrare! –
Minho guardò Jinki e poi Jonghyun, quasi in cerca di compressione, ma i volti di entrambi rimasero impassibili, solo la vena sulla tempia di Jonghyun pulsò minacciosa.
-L’hai cercato? – chiese Jonghyun.
-Ovunque! – proruppe Minho. – Nessuno l’ha visto, non solo, Hanuel è arrivata poco dopo, ma veniva dalla piazza del villaggio. Non era presenta quando Key è entrato, non l’ha mai visto questa mattina. –
-Dunque sarebbe sparito nel nulla? – sibilò Jonghyun.
Minho si portò le mani alla testa. – I-io non lo so! –
Jonghyun rivolse al suo migliore amico un’occhiata sprezzante, poi si voltò verso Jinki.
-Quella donna, deve essere stata lei, avrà voluto vendicarsi…-
Jinki mise una mano avanti per bloccarlo. – No – disse lapidario, - per quanto disonesta ha un suo codice d’onore, non avrebbe mai fatto nulla a Key. Nulla. –
-E allora dov’è? – urlò Jonghyun. Ne aveva abbastanza, non riusciva nemmeno a capire come facesse a rimanere lì quando la persona che amava era dispersa chissà dove.
Ripensò alle parole di Key. Era solo Hanamsi, aveva detto, tornerò da te…eppure quel maledetto villaggio l’aveva risucchiato in un buco nero dove tutto entra e nulla esce…e non era tornato. Il bacio appassionato che si erano scambiati la notte precedente, quando avevano quasi fatto l’amore, era stato l’ultimo? No, Jonghyun non poteva crederlo, non poteva accettarlo. Gli pizzicavano gli occhi.
-E’ quello che intendiamo scoprire – disse Jinki. –Andiamo ad Hanamsi, ora. Voglio parlare con Haneul e chiarire questa situazione. –
Il Leader si avvicinò a Jonghyun mettendogli le mani sulle spalle e stringendole nel tentativo di rassicurarlo.
-Ti giuro che lo ritroveremo – disse con fermezza.
 
***
 
L’ufficio di Haneul era illuminato da un’unica lanterna di vetri colorati che, pendendo dal soffitto, gettava una luce calda sull’intero ambiente colmo di scaffali pieni di carte ed oggetti di varia provenienza. Un grande tappeto ricopriva le assi di legno della stanza dove al centro, davanti ad un basso tavolino, sedeva la donna a gambe incrociate su un cuscino. Una mano tamburellava le unghie sul legno, mentre l’altra reggeva una lunga pipa che diffondeva all’intorno un odore dolciastro. Davanti a lei, Jinki sedeva marmoreo con le mani appoggiate sulle cosce e le gambe ripiegate sul cuscino, fissando la donna senza battere ciglio, mentre dietro di lui Taemin, Minho e Jonghyun erano in piedi, in attesa. Haneul prese una boccata dalla pipa, poi sbuffò facendo uscire dalle labbra delle nuvolette di fumo. Jonghyun arricciò il naso e strinse i pugni, il silenzio che era calato nella stanza stava durando anche troppo per i suoi gusti. Sembrava che Jinki ed Haneul stessero conducendo una battaglia di sguardi all’ultimo sangue.
Stiamo perdendo tempo, pensò Jonghyun.
Fece per aprir bocca quando Haneul roteò gli occhi nella sua direzione con aria scocciata, allora Jonghyun perse il controllo.
-Allora?! Parla! Se sei stata tu a farlo sparire io ti giuro che…– sbraitò.
Haneul lo fulminò e Jinki alzò una mano facendo segno al ragazzo di tacere. Jonghyun aprì e richiuse la bocca a vuoto. La donna spostò l’attenzione sul Leader dei ribelli.
-Vedo che tutto sommato sia tenere a bada il tuo branco di pazzi –, osservò con un sorriso tirato.
Jinki la guardò di sottecchi. – Non te lo chiederemo un’altra volta, dov’è Key? –
–Forse ti ho sopravvalutato, dopotutto, davvero credi che abbia fatto sparire uno dei tuoi? Sono una donna d’affari…-
-Una donna d’affari che sembrava molto interessata a lui, dico bene? – fece Jinki senza battere ciglio.
Haneul proruppe in una risata. –Davvero mi credi capace di una tale bassezza? Credi che non abbia un briciolo d’onore, Lee Jinki? –
Jinki si sporse verso la donna. – Sto cercando di non credere ad una tale eventualità, ma vogliamo delle risposte. –
Haneul si massaggiò una tempia. Quei ribelli, quanto potevano essere frustranti?
-Se l’avessi visto vi assicuro che me ne ricorderei, perché la mia cassaforte sarebbe stata inevitabilmente alleggerita dalla linguaccia tagliente di quell’irritante ragazzo. –
-Non può essere sparito nel nulla, tu…- iniziò Jonghyun gesticolando agitato.
Qualcuno bussò alla porta e la figura esile di una ragazzina fece il suo ingresso proferendosi subito in un inchino. Teneva gli occhi bassi, una lunga frangia scura le adombrava il volto e le mani erano strette intorno all’ampia gonna azzurra e bianca che stropicciava nervosa.
Haneul sospirò infastidita e portò una mano alla fronte. –Ragazzina, cosa vuoi? –
-I-io…- iniziò l’altra balbettando, chiaramente intimidita sia dai modi scocciati di Haneul e dalla presenza degli altri.
-Vuoi parlare o no? – chiese la donna, incalzandola.
La ragazzina sobbalzò. – Ho sentito che parlavate di quel ragazzo…-
Haneul sbuffò. Kisaeng, sempre a origliare e curiose come non mai, pensò indispettita.
-Ebbene? – fece inarcando un sopracciglio.
-Io l’ho visto, questa mattina…-
Prima che terminasse la frase, Jonghyun le fu addosso scuotendola per le spalle.
-L’hai visto? Dove?! –
Dunque, Key era davvero stato lì. Ma dov’era, ora? Non poteva essere svanito nel nulla, doveva aver lasciato qualche traccia, qualcuno oltre a quella ragazzina dallo sguardo spaurito doveva averlo visto. Un strano formicolio attraversò le membra di Jonghyun, si sentiva quasi febbricitante, il calore aveva invaso il suo corpo e la stessa aria intorno a lui era bollente. Dei fili dorati vorticarono intorno alle sue mani ancora strette intorno alle spalle della giovane che osservava terrorizzata. Jonghyun le ritrasse subito. Stava perdendo il controllo. L’assenza di Key lo confondeva, era come se la linea dell’orizzonte gli fosse stata sottratta da sotto gli occhi. La sua abilità, così imprevedibile e difficile da controllare, era come impazzita, impazziva per Key che lui fosse presente o no. Jonghyun scosse il capo, era assurdo, sembrava che il suo stesso fuoco soprannaturale fosse attratto dall’altro. Di nuovo, le parole di Key gli tornarono alla mente, sussurrarono alle sue orecchie quasi malevole e sibilline. Sono davvero uno spiritello. Uno spiritello…e come tale era svanito, dopotutto. Eppure, aveva detto che avrebbe passato l’inverno al caldo, con lui…
Gli spiritelli mentono, fece una vocetta dentro di lui, ti prendono tutto e non ti lasciano niente.
Key gli aveva strappato il cuore dal petto, dolcemente, e l’aveva fatto svanire con sé.
-Jonghyun, calmati – disse Jinki.
Jonghyun sbatté le palpebre giusto in tempo per vedere delle lingue di fuoco ruotare intorno a lui. Ad un gesto della sua mano svanirono. Il ragazzo si portò una mano alla fronte e si accorse di essere sudato e bollente tanto quanto l’aria all’intorno.
-Non può essere scomparso nel nulla –, sussurrò.
La ragazzina alzò timidamente lo sguardo, poi rivolse un’occhiata ad Haneul in cerca del permesso per parlare e la donna annuì.
-Stava andando nel magazzino…-
Haneul sgranò gli occhi. –Nel magazzino? – fece allibita.
-E’ come ho detto…- proseguì la giovane, sempre tenendo lo sguardo basso.
Haneul sospirò di nuovo, si sorresse il capo con una mano e agitò l’altra. -Ho capito, ho capito. Come ha fatto ad andare in magazzino? – chiese più a sé stessa.
-L’ha portato Yeouki – rispose prontamente la ragazzina.
Haneul alzò la testa di scatto e i suoi occhi divennero gelidi. – Chiamami Yeouki. Subito. –
La ragazzina s’inchinò e uscì di corsa, pochi secondi dopo apparve Yeouki.
La kisaeng fece il suo ingresso con un ampio sorriso sulle labbra e un’aria soddisfatta impossibile da non notare, solo quando incontrò le labbra tirate di Haneul e lo sguardo marmoreo di Jinki s’arresto e, inevitabilmente, si accorse anche della presenza degli altri. Improvvisamente la ragazza parve farsi più piccola, ma continuò a sorridere.
-Cosa posso fare per voi, signora? – chiese con un perfetto inchino.
La bocca di Haneul divenne ancora più sottile e delle rughe si delinearono ai lati dei suoi occhi.
-Sei stata nel magazzino. –
-Cosa? Certo che no, signora, conosco bene le regole –, rispose subito Yeouki.
-Non era una domanda. Sei stata in magazzino con quel ragazzo irritante, non vero?-
A quel punto Jinki si alzò piazzandosi di fronte a lei e squadrandola. Yeouki deglutì, il Leader dei ribelli l’aveva sempre messa a disagio e, in quel momento, aveva come l’impressione che potesse uccidere. Lo sguardo bruciante di Jonghyun fisso su di lei non era niente a confronto.
-Chi lo cercava? – chiese Jinki.
Yeouki non rispose, si sentiva la gola secca in presenza di quel ragazzo.
Haneul sospirò. –Non rendere le cose difficili mettendo in piedi stupide recite. –
-Chi lo cercava? – ripeté Jinki scandendo bene ogni singola parola che pesò nella stanza come freddi macigni.
Nonostante la calma apparente, Jinki era come una lastra di ghiaccio pronta a sgretolarsi sotto piedi incauti. Aveva lavorato troppo perché il principe gli fosse sottratto da sotto gli occhi e troppo aveva messo a rischio nel momento in cui l’aveva accolto. Quello che era accaduto non sarebbe mai dovuto succedere e gettava un’ombra cupa sul futuro del Rifugio. Al contempo si odiava per i suoi pensieri venali, perché Kibum faceva ormai parte della sua famiglia e non era solo la mera chiave dei suoi piani. Ma era il Leader dei ribelli e non poteva lasciarsi coinvolgere dai suoi sentimenti personali o sarebbe andato in frantumi, allora gli altri su chi avrebbero contato? Su chi avrebbe fatto affidamento Taemin che aveva appena perso il suo migliore amico, Minho con i sensi di colpa che ancora gli impedivano di alzare lo sguardo e chi sarebbe stato capace di frenare il carattere impulsivo di Jonghyun in quel momento così delicato, impedendogli di compiere sciocchezze?
No, pensò Jinki, almeno io devo mantenere il controllo delle emozioni.
-Un cavaliere –, disse infine Yeouki distogliendo subito gli occhi da Jinki per voltarsi verso Jonghyun.
-Quel ragazzo è un nobile ed è scappato di casa, il cavaliere doveva portarlo a Busan dal suo promesso –, disse tenendo gli occhi fissi su Jonghyun che non batté ciglio.
Yeouki si morse il labbro, il suo affondo non era andato a buon fine. –Ho fatto solo il mio dovere – disse alzando il mento.
Hanuel rise. –Il tuo dovere? Quanto ti hanno pagata, ragazza? –
Gli occhi di Yeouki luccicarono mentre quelli di Jonghyun lampeggiarono di un fuoco funesto.
– Vattene – disse alla fine Haneul, - non voglio mai più rivedere la tua faccia ad Hanamsi, hai capito? –
Yeouki si morse le labbra e strinse i pugni. –Ho fatto solo il mio dovere – disse di nuovo.
Ma non credeva nemmeno lei alle sue parole, tutta la sua capacità di recitazione era sfumata nel giro di pochi minuti. La sua perfetta maschera sorridente era crollata, così come il suo piccolo mondo. Era bastato l’arrivo di quel moccioso dagli occhi felini per mandare tutto in fumo.
-Esci da qui, adesso – disse di nuovo Haneul.
La kisaeng non se lo fece ripetere un’altra volta. Non aveva più nulla da spartire con quelle persone, con quel posto. Il suo piano era miseramente fallito e gli occhi dei presenti, inesorabilmente puntati su di lei, esprimevano una chiara dichiarazione di guerra dalla quale lei non poteva che uscire sconfitta.
Jinki guardò la kisaeng sparire e finalmente riprese a respirare.
 
 
 
Gli stretti corridoio della locanda erano quasi soffocanti. Jonghyun appoggiò le mani ai due lati della parete e procedette lentamente mettendo un piede davanti all’altro. Gli sembrava di camminare sull’orlo di un precipizio prossimo a franare, una sensazione che aveva spesso nelle ultime ore. Giunto alla fine del corridoio s’appoggiò allo stipite della porta della stanza di Yeouki dove regnava il caos, c’erano abiti e cosmetici posati ovunque e la ragazza si spostava nevroticamente da un angolo all’altro infilando capi di vestiario all’interno di una sacca, già straripante di stoffa sgargiante. Frustrata, la donna prese una boccetta di profumo dalla specchiera e la gettò a terra, affondando poi le mani tra i capelli lunghi e lisci. Una fragranza di fiori d’arancio aleggiò nella stanza. Jonghyun arricciò il naso e fece del suo meglio per tenere quell’odore lontano dalle narici. Per quanto negli anni addietro lo avesse apprezzato ora lo nauseava. Era un altro il profumo che desiderava respirare…dolce e leggero come il danzare dei petali rosati nella brezza primaverile. Jonghyun mosse dei passi all’interno della stanza e si guardò attorno. Gli ultimi ricordi della notte che avevano passato lì lo assalirono con prepotenza, così come il disgusto che aveva provato. Poteva ancora avvertire il profumo speziato e pungente dell’incenso che gli aveva pizzicato gli occhi e stordito la mente. Se allora aveva provato ribrezzo, ora il rimorso che gli attanagliava il cuore gli contorceva le viscere sino a provocargli un senso di nausea. Non c’era nulla in quella stanza capace d’evocare Key, erano due mondi separati che mai avrebbero potuto incontrarsi.
L’odore del profumo gli fece girare il capo e si portò una mano alla fronte.
La sparizione di Key era forse una punizione per il peccato che aveva consumato tra quelle pareti?
-Perché l’hai fatto? – sussurrò.
Yeouki si voltò. La sua bocca rossa era deformata in ghigno sprezzante e gli occhi privi di trucco arrossati. La sua maschera di seduzione era crollata mostrandola per ciò che realmente era e, ora, il viso della donna non aveva più alcuna attrattiva per Jonghyun. Non c’era grazia, né finezza ed i suoi occhi non erano che fredde pietre opache.
Dov’era il volto delicato di Key, i suoi occhi luminosi e ammalianti in cui danzavano mille luci? Non poteva essere stato solo un sogno svanito con le luci rosate del mattino.
-Perché tu sei mio-, sibilò lei.
-Tra di noi non c’è mai stato niente, credevo fosse chiaro –, disse incolore.
Se in passato aveva provato rimorso per quella relazione superficiale, per quello che in fondo sapeva non essere altro che uno sfogo momentaneo, ora non provò nulla.
Yeouki rise ed il disgustò di Jonghyun aumentò. La risata che desiderava udire era un’altra ed era limpida e cristallina, simile al tintinnare di piccoli cristalli scossi da una brezza leggera.
-Mio povero cucciolo sensibile, non penserai che io provi qualcosa per te, vero? Il nostro è stato un gioco piacevole, ma hai dimenticato una regola fondamentale: decido io quando finisce. -
Le vene sul collo di Jonghyun pulsarono ed il ragazzo aprì e chiuse le mani a vuoto. L’aria era di nuovo calda intorno a lui. Così era colpa sua, di una sua leggerezza se l’altro era sparito? Key era stato venduto da quella donna per un suo capriccio personale. Se prima non aveva provato niente per Yeouki, ora fu animato da un odio intenso. Al contempo faceva a pugni con la sua stessa coscienza per quell’insensato intrecciarsi di corpi che si era consumato in quella stanza, colpendolo in tutto il suo orrore.
-Quindi l’hai sacrificato per il tuo orgoglio, è così? Perché? Sapevi che io lo amavo. –
E lo amava, amava Key al punto tale che il solo pensiero della sua assenza era come la mancanza d’ossigeno. Non poteva tornare ad essere nient’altro che un ricettacolo di carne e sangue capace solo di sopravvivere per inerzia. Gli occhi ammalianti di Key e il suo sorriso erano le uniche cose in grado di salvarlo da sé stesso, dal mondo e da una vita che non era vita. Un semplice tocco del più piccolo era come una scarica elettrica.
-Oh andiamo, Jonghyun, ho fatto un favore ad entrambi. È un nobile ed è fidanzato -, disse l’altra con noncuranza incrociando le braccia.
Jonghyun sorrise sprezzante. Questo avrebbe dovuto fermarlo, permettergli di dimenticarsi di Key? E come quando la donna gli aveva detto quanto già sapeva? Non c’erano segreti tra lui ed il più piccolo, non potevano essercene perché bastava specchiarsi l’uno negli occhi dell’altro per sapere tutto ciò davvero contava.
-Pensavi di ferirmi? So tutto ciò che c’è da sapere su di lui, non c’è segreto tra noi. -
-Allora a maggior ragione mi devi un favore -, commentò Yeouki inarcando un sopracciglio e inclinando la bocca in un sorriso vittorioso.
-Un favore? Io lo amo, lui mi ama e tu l’hai portato via da me!- urlò Jonghyun.
Quella conversazione era un’assurda farsa e si ritrovò a chiedersi cosa l’avesse condotto lì. Si portò una mano al petto stringendo il vestiario ormai pesante, improvvisamente il vuoto nel suo cuore era diventato più acuto, propagandosi all’intorno e avvolgendolo in una bolla cupa e fredda. La vita stava lentamente sfiorendo intorno a lui.
-Oh, io non metto in dubbio che voi crediate di amarvi, ma guarda in faccia la realtà. Lui è vissuto tra marmo, oro, sete e gioielli, servito e riverito per ogni capriccio, cosa potrai mai offrirgli tu? –
Gli occhi volpini di Yeouki erano fissi su di lui, sembravano sondare Jonghyun da sotto le lunghe ciglia per carpirne ogni pensiero alla ricerca di quel punto debole, di quel nervo scoperto capace di farlo crollare.
-Venite da due mondi diversi e prima o poi lui avvertirà la mancanza del suo e delle cose belle da cui era circondato. Col tempo, tutta questa storia apparirà ai suoi occhi come il frutto di una ribellione giovanile, il fascino del diverso e del proibito, e tu non sarai altro che una macchia sul suo onore e sulla sua innocenza. –
Le parole di Yeouki frusciarono tra loro simili ad un velo sottile dai riflessi acquosi ed affondarono come un pungente stiletto intriso di veleno nel cuore di Jonghyun. Un veleno dolce che celava una logica freddezza trasfigurata in una verità capace di gelare un cuore caldo di un amore appena sbocciato.
-Ti sbagli -, disse risoluto, benché il suo cuore palpitasse in vermigli rivoli di sangue.
-Oh che egoista. Mi è sempre piaciuto questo lato di te: sciuro, spavaldo, pronto a prenderti tutto ciò che desideri. -
La figura seducente della kisaeng ancheggiò verso di lui in un incedere calcolato quanto apparentemente disinvolto. Era come ammirare l’ondeggiare ipnotico di un cobra sulle note di un flauto, tanto ammaliante quanto mortale. Ma Jonghyun, per quanto in passato ne fosse stato rapito ed eccitato, ora rimase impassibile perché tutto ciò che vedeva era l’immagine luminosa di Key che danzava davanti a lui in punta di piedi. L’antidoto perfetto.
-Il tuo amore gli porterà via tutto, vuoi davvero privarlo della sua vita splendida per un tuo capriccio?-
 -Per un mio capriccio?- fece Jonghyun sconcertato. Certo aveva lottato per lui, ma non aveva mai chiesto nulla a Key, alcun sacrificio se non la verità sul suo amore. Non era stato lui a strapparlo dal suo palazzo marmoreo e perfetto, ma lui stesso aveva deciso di lasciarlo dietro di sé ancora prima che i loro occhi si sfiorassero.
La donna era, ormai, ad un passo da lui e con un sorriso caldo gli accarezzo il viso con il dorso della mano per poi accostargli le labbra all’orecchio, facendovi scivolare un veleno dolce e letale.
-Conosco la tua mente molto bene, Kim Jonghyun, e lo so, ne sono certa, è la sua innocenza che vuoi, la sua purezza incontaminata dal mondo marcio che ci circonda e che tu disprezzi, per te è la promessa di una redenzione che non avrai mai. Non ti sei sempre sentito sporco, sbagliato? –
Gli occhi di Yeouki scintillarono da sotto le lunghe ciglia arcuate incontrando quelli grandi di Jonghyun. Il ragazzo boccheggiò e strinse i pugni riconoscendo nelle parole dell’altra un fondo di verità, tuttavia deformata dall’arte ingannatrice di Yeouki. Voleva la sua innocenza, sì, la sua purezza, anche, ma non era una brama dettata unicamente dal suo piacere personale. Aveva amato l’anima immacolata dell’altro dal momento cui l’aveva vista brillare. Key era intelligente, astuto e talvolta anche scaltro, ma nei confronti del mondo era come un bambino non macchiato dai suoi orrori. Ancora di più, Jonghyun aveva amato la consapevolezza che era nata in Key, lasciando comunque incontaminate le luci che palpitavano nei suoi occhi felini. Non provava invidia, solo ammirazione ed amore. Era una promessa di redenzione? Forse, ma era l’amore che provava per Key che lo avrebbe salvato perché sì, Jonghyun si sentiva sporco, sbagliato. Macchiato dagli orrori che aveva visto, dal disprezzo della gente per la sua condizione di mezzosangue, ma più di qualunque altra cosa era spaventato dal lato più oscuro di sé, da quel fuoco che poteva mutare in fiamme malvagie capaci solo di distruggere.
-L’amore, mio dolce cucciolo, non è che un’illusione destinata a svanire, sbiadirà come l’inchiostro sulla carta e lascerà dietro di sé solo lacrime e rimpianti. Lascialo andare, Jong, se lo ami dovresti lasciarlo tornare alla sua vita di marmo ed oro tra le braccia confortanti del suo fidanzato. -
Jonghyun alzò gli occhi risvegliato dalle minacce sottili della donna e la fissò, duro. -Le tue parole sono puro veleno –, sibilò tra i denti mentre le sue iridi bruciavano di un fuoco cupo.
Il volto di Yeouki fu attraversato da una ruga, ma subito sorrise. -Allora spero che il mio veleno scivoli lentamente tra le tue labbra sino a scorrerti nelle vene e raggiungere il tuo cuore. -
-Vattene – disse tra i denti. Il suo sangue era ormai lava incandescente.
La donna non si mosse, limitandosi a fissarlo con pigliò soddisfatto.
-Ho detto vattene! –
Una lingua di fuoco vorticò tra loro facendo sgranare gli occhi a Yeouki e costringendola a balzare indietro, quando colpì la specchiera. Il vetro andò in frantumi e boccette di profumo e polveri colorate s’infransero sul pavimento in un tripudio di colori e odori speziati.
Yeouki guardò Jonghyun terrorizzata, raccolse gli ultimi abiti ed uscì di corsa, lasciando dietro di sé la promessa di una maledizione che avrebbe tormentato il ragazzo.
Con un urlo di frustrazione, Jonghyun s’avventò sul paravento colorato che crollò a terra lacerando la stoffa e incrinando il legno, picchiò un pugno sulla parete e si morse il labbro. Ecco, aveva perso il controllo. Il fuoco eruttato dalle sue mani non aveva nulla dei riflessi dorati e del tepore ristoratore che Key tanto amava, ma era animato da tetri riflessi di un’oscurità luccicante e latente. Si guardò le mani tremanti dalle quali s’alzavano ancora sottili fili di fumo disperdendo all’intorno il puzzo di bruciato.
Jonghyun s’accasciò a terra infilandosi le mani tra i capelli, i suoi occhi caddero sulle schegge di specchio che tappezzavano il pavimento mostrandogli un volto stravolto e segnato da cupe occhiaie.
Key, solo tu puoi salvarmi, pensò tremante.
 
***
 
Kibum seguì con lo sguardo il volteggiare delle ultime foglie di un autunno dorato posarsi sul sentiero di bianca ghiaia che si snodava tra gli alberi resi scheletrici dell’avanzare dell’inverno. Una folata di vento gelido lo costrinse ad affondare il naso nella spessa sciarpa di lana e a sbattere gli occhi ricacciando indietro le lacrime che da giorni cercavano una via d’uscita, ma che l’orgoglio del principe non intendeva concedere loro. Rimanevano così incatenate negli occhi felini di Kibum rendendoli acquosi. Il principe si morse le labbra cuore trattenendo un singhiozzo ed un moto di fastidio quando il cavaliere gli mise sotto il naso la boccetta di stramonio.
-Bevete –, disse Kyuhyun porgendogli la boccetta.
Stavano procedendo lungo la strada che portava a sud, verso Busan, quando il cavaliere aveva osservato il moto del sole e deciso di concedere loro una breve pausa per assolvere quell’incombenza, necessaria a mantenere l’abilità di Kibum sotto controllo. Erano in viaggio solo da pochi giorni e la distanza che avevano messo tra loro ed Hanamsi era minima, eppure Kibum si sentiva ad un passo dai portoni vermigli e dorati del Palazzo dei Kim di Busan.
Kibum guardò la fiala arricciando il naso.
-No – disse alzando il mento e con una punta d’arroganza nella voce.
Le labbra del cavaliere s’assottigliarono prima che imprecasse nervosamente tra sé.
 –Aish, bevete senza fare storie. –
Il principe tenne il mento alto rivolgendo all’altro uno sguardo tagliente.
-No –, disse di nuovo senza battere ciglio.
-Non costringetemi a mandarvelo giù con la forza –
Kibum non si mosse, rimase ritto come un fuso limitandosi a fissarlo con aria di sfida. Quando due giorni addietro si era risvegliato a cavallo e con le mani legate al pomo della sella, mentre il suo corpo spossato e dolorante stava riverso in avanti, aveva pensato di trovarsi in un sogno assurdo. Solo quando la vista si era fatta più chiara ed aveva messo a fuoco la figura del cavaliere si era accorto di essere in realtà piombato in un incubo. Kyuhyun non aveva tardato dal scoprirlo sveglio e si era subito premurato di dare conferma al suo terrore.
-Vi sto portando a Busan –, aveva detto con un sorrisetto divertito.
Forse la caduta nell’Han l’aveva stordito al punto che nella sua mente erano passati mesi, quando in realtà non erano state che poche ore. Si era sognato tutto: i Ribelli, il Rifugio, Jinki, Taemin, Minho e soprattutto Jonghyun. Non erano stati altro che il frutto della sua fantasia, del suo inconscio che aveva messo insieme volti, emozioni che aveva solo di sfuggita percepito ed incontrato. Ma no, quelle immagini, quelle emozioni erano state troppo reali, forse le ansie di Jonghyun l’aveva scosso a tal punto che la sua mente aveva generato quell’incubo assurdo.
Non era mai stato ad Hanamsi e non aveva mai lasciato il Rifugio, stava solo dormendo e nel giro di poco si sarebbe svegliato con il corpo caldo di Jonghyun al suo fianco. Ma l’aria fredda l’aveva colpito in viso rendendo fin troppo palese la natura della sua situazione. A nulla erano valse le sue proteste, il suo scalciare e divincolarsi ogni volta che Kyuhyun gli faceva ingurgitare quell’amaro intruglio. Amaro quando il futuro che si prospettata davanti a lui. Sino alla prima sera aveva sperato con tutte le sue forze di essersi sbagliato, di essere solo in un incubo troppo reale perché la sua mente spaventata potesse smentirlo, ma la verità era che era davvero stato strappato dalle braccia calde di Jonghyun. Un calore che ora temeva di non percepire mai più. Aveva scosso il capo, stretto i pugni e si era morso le labbra sino a saggiare il proprio sangue, ma continuava a rimanere relegato in quella realtà terribile. Più volte aveva guardato dietro di sé scrutando l’orizzonte alla ricerca di un segno, uno qualunque, che preannunciasse l’arrivo dei suoi amici. Ma nulla. Eppure Kibum aveva la ferma certezza che lo stessero cercando, Jinki aveva i suoi metodi per venire a capo della sua scomparsa e Jonghyun non avrebbe mai permesso che quel vento gelido, che s’alzava minaccioso da nord, lo trasportasse lontano da lui.
Per quanto procedessero lentamente a causa del clima e delle giornate corte, Kibum aveva fatto il possibile per rallentare ulteriormente il viaggio. Aveva tormentato il cavaliere con ogni possibile pretesa assurda e lamentala, ma benché l’irritazione di Kyuhyun crescesse ogni volta, il cavaliere gli aveva sempre risposto seccato per poi ignorarlo.
L’odore fastidioso della boccetta torno a stuzzicargli le narici e Kibum volse il capo di lato.
-Ho detto no! – disse pestando un piede a terra.
Kyuhyun sbuffò, chiaramente frustrato.
-Mi comporterò bene – aggiunse poi Kibum addolcendo lo sguardo.
Kyuhyun incrociò le braccia ed inarcò un sopracciglio. – Voi comportarvi bene? Ho serissimi dubbi in proposito. Siete una peste a piede libero. –
Kibum corrugò la fronte e pestò un piede per terra. Non che ci sperasse, ma ne aveva abbastanza degli insulti del cavaliere. Era pur sempre l’erede al trono.
-Ho fame – disse.
-Avete giù mangiato. –
-E con ciò? Ho fame ho detto. -
-Bevete quella dannata fiala! –
-Non prima di aver mangiato.-
Kyuhyun sogghignò. - So cosa state cercando di fare ed è del tutto inutile. Siete già insopportabile di natura senza dovervi impegnare. Vi porterò a Busan, dovessi infilarvi in un sacco e caricarvi in spalla. Quindi risparmiate le forze per il mio padrone. –
-Come osi? Sono sempre il tuo principe -, gli soffiò in faccia.
Al principe non era sfuggito il sottinteso che si celava nelle ultime parole dell’altro ed il suo volto si era imporporato per la vergogna, mentre il suo orgoglio scalpitava. L’umiliazione e la minaccia di essere messo in un sacco non era stata nulla a confronto. Il solo pensiero di ciò che lo attendeva a Busan gli provocava dei brividi gelandogli il sangue. Non voleva. Aveva giurato a sé stesso che sarebbe morto piuttosto che unirsi a quella serpe di Heechul, prima che potesse anche solo sfiorarlo e guardarlo ancora come fosse un trofeo che solo a lui era stato concesso. Il principe si sentiva come la punta di diamante di una collezione di ambizioni, un pacco luccicante pronto ad essere scartato. Era orribile.
-Potrei farti fustigare per la tua insolenza, lo sai?- disse sdegnato.
Kyuhyun lo ignorò, poi lo guardò di sottecchi scattando verso di lui con il chiaro intendo di fargli ingurgitare il contenuto della fiala. Kibum sbarrò gli occhi e scivolò dietro al cavallo che scalpito facendo scricchiolare la ghiaia del sentiero sotto gli zoccoli. Da oltre il dorso del quadrupede i due si squadrarono ed il cavaliere tento varie finte che fecero sussultare il principe.
-Non fate il bambino. –
Kibum scosse il capo. Non intendeva permettergli di somministrargli ancora quel veleno, ma sapeva che Kyuhyun non si sarebbe arreso, era troppo preoccupato dalla sua abilità per permettergli di recuperare la facoltà di usarla. Kibum rimase fermo, in attesa, studiando ogni mossa dell’altro; forse quella poteva essere l’occasione che aspettava per svignarsela. Valutò attentamente la situazione, la cosa migliore da fare era sfruttare la propria agilità per montare a cavallo, ma il quadrupede era stato legato all’albero vicino mentre erano in sosta. Non avrebbe mai avuto il tempo di slegarlo. Tutto ciò che poteva fare era approfittare di quella situazione di stallo per correre il più veloce possibile e lasciarsi il cavaliere alle spalle. Kibum soffiò indispettito, mentre l’altro gli rivolgeva un sogghigno divertito.
Che impertinente, pensò il principe, sono pur sempre l’erede al trono non dovrebbe nemmeno azzardarsi ad essere così insolente.
D’altro canto riconosceva la bizzarria della situazione.
Le possibilità che il suo misero piano andasse a buon fine erano ben poche, lo riconosceva, ma in assenza della sua abilità era tutto ciò che poteva fare. Ripensò alle parole di Minho durante gli allenamenti, doveva sfruttare la sua agilità e velocità.
Kibum tentò una finta di lato costringendo il cavaliere a spostarsi verso sinistra, ma all’ultimo scattò a destra e mettendosi le ali ai piedi corse più veloce che poté zigzagando tra gli alberi spogli. Evitò rami, buche, massi, tronchi crollati al suolo e riversi tra le ultime foglie autunnali che facevano da tappeto rosso e giallo alla foresta all’intorno. Gli parve di tornare indietro di mesi, quando la sua corsa l’aveva condotto ad un precipizio che aveva stravolto totalmente la sua vita, perché ciò che aveva visto al risveglio erano stati gli occhi ambrati e caldi di Jonghyun che, già allora, lo guardava con dolcezza e apprensione. Kibum corse più veloce allontanando il pensiero dell’altro che inevitabilmente l’avrebbe costretto a ricacciare indietro le lacrime. Doveva concentrarsi su quella corsa disperata e sfruttare tutta l’adrenalina che aveva in corpo, doveva solo correre, correre, correre. Le imprecazioni di Kyuhyun dietro di lui lo fecero sobbalzare e la paura lo costrinse a guardarsi in dietro. Il cavaliere era più vicino di quanto pensasse. Kibum deviò un masso e saltò un tronco, ma il suo piede atterrò malamente incontrando un lieve declivio ed un dolore lancinante gli attraversò la caviglia. Cadde a terra rotolando tra il fogliame e spezzando ramoscelli. Tentò di rialzarsi ma un’altra fitta alla caviglia lo costrinse a terrà così si ritrovò a strisciare sul fogliame, quando vide Kyuhyun incombere su di lui. Kibum strinse le mani tra le foglie morte richiamando a sé la sua energia, ma tutto ciò che ottenne fu un leggero formicolio ai polpastrelli e dei sottilissimi, per non dire quasi inconsistenti, filamenti bluastri che subito si spensero sfrigolando nell’aria fredda. Il volto del cavaliere passò dal preoccupato al soddisfatto e si portò le mani ai fianchi.
Kibum si morse il labbro, era davvero frustrante avere un’abilità come la sua a disposizione e non poterla usare, non si era mai sentito così inutile ed in trappola in vita sua. Nemmeno la notte in cui era fuggito da palazzo, malgrado il terrore, si era sentito impotente davanti ad Heechul.
Strisciò all’indietro incontrando un grosso ramo che brandì agitandolo contro l’altro.
Kyuhyun rise. –Cosa pensate di fare? –
Kibum si puntellò ad un albero e cercò di alzarsi tenendo leggermente sollevato il piede infortunato, sul quale gli occhi del cavaliere caddero inevitabilmente.
-Che cosa avete fatto? – domandò con un moto di orrore mettendosi le mani tra i capelli. –Aish! Siete una lince selvatica! –
-Che cosa c’è? – urlò Kibum fuori di sé, - il tuo padrone ti farà frustare se gli porterai una bambola rotta?! –
Basta, ne aveva abbastanza di essere trattato a quel mondo! In quei mesi era quasi riuscito a scordare cosa significasse essere l’erede al torno di Chosun, cosa volesse dire essere considerato null’altro che una bambola di porcellana. Per quanto umiliante in presenza del cavaliere, non riuscì più a trattenere le lacrime. Ormai la realtà della sua situazione l’aveva colpito come uno schiaffo dritto in viso e, se nei giorni passati era stato in parte incosciente perché troppo scosso dalla rapidità degli eventi, ora ne era fin troppo conscio. Dopo mesi di libertà sarebbe tornato ad essere uno stupido soprammobile da esibire alle cerimonie di corte, una merce di scambio tra la famiglia reale ed i Kim di Busan, un divertimento ed un vanto per il suo “premuroso” promesso. Qualcuno da ingraziarsi solo per in titolo che portava e non per la persona che era, chiuso in una perfetta gabbia d’oro senza alcuna via d’uscita. Kibum avrebbe preferito recidersi la gola con la sua stesse mani piuttosto che tornare a quella vita insensata che non era vita. Se prima sopportarla era stato faticoso, ora la consapevolezza del mondo, degli orrori dell’imperatore, della morte di sua madre glielo avrebbe reso impossibile. Come poteva tornare a quel freddo mondo di marmo ora che aveva conosciuto l’amore?
Jong, pensò reprimendo un singhiozzo che sarebbe fuoriuscito sin troppo acuto dalle sue labbra.
-Siete un capriccioso bambino viziato – gli sputò in faccia Kyuhyun. –Avete sempre avuto tutto e molto di più, e lo avete considerato con indifferenza e normalità. Avete disprezzato ricchezze e vantaggi che per altri non erano che sogni irraggiungibili e scrutato con disappunto chiunque facesse della propria condizione nobile un vanto. –
Kibum impallidì e fu scosso da un brivido, non potendo fare a meno di percepire un fondo di verità nelle parole dell’altro. Era stato ingenuo, sciocco, ma come poteva non provare disgusto per tutti quei nobili che si vantavano delle proprie ricchezze, calpestando chiunque non avesse un titolo e pretendendo sempre di più?
-Voi e quel vostro irreprensibile cane da guardia non avete mai fatto altro che pavoneggiarvi per il palazzo come se foste un esempio di perfezione, intoccati dai vizi del mondo, indifferenti all’oro che vi circondava. Siete solo un’ipocrita ingrato a cui è stato chiesto un unico sacrificio ed ora scalciate e vi lamentate. –
-Non nominare Siwon! Tu non sia niente! –
Era facile giudicare la sua vita perfetta per chi vedeva e desiderava solo ciò che luccicava, ma la realtà era ben diversa. Non c’era nulla di perfetto se non un teatrino costruito ad arte e accettare di essere un burattino pronto a danzare al muoversi di fili dorati. Kibum aveva spezzato quei fili e mai avrebbe permesso che gli venissero ricuciti addosso.
Kyuhyun lo fissò duramente e Kibum ebbe la certezza che se non fosse stato per gli ordini di Heechul, il cavaliere l’avrebbe colpito molto volentieri. Il principe fremette. Perché lo odiava tanto, che cosa aveva mai fatto per meritarsi tutto quell’astio da parte di Kyuhyun? I loro rapporti erano sempre stati fugaci per non dire nulli.
Kyuhyun non vedeva l’ora di liberarsi del principe e lavarsi le mani da tutta quella faccenda che era riuscita solo a risvegliare vecchi rancori e trasformarlo in una balia. Non riusciva a sopportarlo. Kyuhyun veniva da una famiglia cadetta di nobiltà minore, piccoli proprietari terrieri sommersi dai debiti. Tutto ciò che aveva ottenuto aveva dovuto sudarlo, strapparlo con le unghie e con i denti prima che altri lo arraffassero. La sua unica prospettiva era stata quella di entrare all’accademia reale e sperare di servire una famiglia d’alto rango. Kyuhyun era sempre stato ambizioso e diventare la guardia del corpo dell’erede al trono era stata la sua massima aspirazione. Si era impegnato anima e corpo nel suo addestramento con quell’unico obiettivo fisso nella mente, aveva dato tutto sé stesso, pregato giorno e notte affinché i suoi sacrifici fossero ripagati.
Kyuhyun rivolse uno sguardo sprezzante a Kibum ancora riverso a terra tra le foglie rosseggianti, i capelli corvini scossi dal vento freddo.
Siwon era entrato in accademia per un colpo di fortuna, quando in realtà avrebbe dovuto stare appeso ad una forca. Era stata la benevolenza, o l’ingenuità, del principe a far sì che ricevesse un addestramento rivelandosi uno dei migliori. Kyuhyun l’aveva sempre visto come un potenziale rivale, ma allo stesso tempo era stato sicuro della sua posizione. Quando era giunto il momento per il principe di scegliere una guardia del corpo consona al suo rango, Kyuhyun aveva atteso pazientemente, si era messo in fila con gli altri cadetti, il viso alto e la mano sul pomo della spada pronta a servire il sangue reale. Ma Kim Kibum non aveva l’aveva degnato di uno sguardo, era semplicemente passato oltre ed aveva scelto Siwon. Una decisione che doveva aver preso ancora prima di mettere piede in accademia. Tutti gli sforzi di Kyuhyun erano stati vanificati da quel nessuno venuto dalla strada e dai capricci del principe. Kyuhyun si era sentito deriso, umiliato. Anni a sudare, ad allenarsi e dannarsi anima e corpo per raggiungere il suo obiettivo ed era stato ignorato. Il cavaliere non aveva mai dimenticato quel giorno, né intendeva farlo.
-Ti prego – disse il principe flebilmente, - non portarmi a Busan. Ti darò quello che vuoi, lo giuro, ma non farlo. –
Kyuhyun rimase fermo a guardare l’altro in preda ai singhiozzi, lo sguardo di pietra. Kibum alzò gli occhi arrossati su di lui asciugandosi le guance bagnate.
-Tutto ciò che desideravo da voi l’avete concesso ad altri molto tempo fa. Mi è stato ordinato di portavi a Busan e a Busan vi porterò perché è lì il vostro posto, lì e a Soul – rispose freddo.
Kyuhyun si chinò sul principe porgendogli nuovamente la boccetta. –Bevete.-
Kibum si morse le labbra e scosse il capo.
-Bevete -, ripeté l’altro incolore.
Kibum guardò la fiala di vetro luccicante dei riflessi di un sole incapace di scaldare. Allungò la mano bianca e tremante e lanciò un ultimo sguardo supplicante al cavaliere, ma Kyuhyun rimase impassibile. Non aveva altra scelta che acconsentire. Si portò la fiala alle labbra e bevve, subito il sapore amaro del contenuto lo stomacò contorcendogli le viscere e smorzandogli per qualche secondo il respiro. Una folata di vento fece oscillare i rami spogli degli alberi, colmando il silenzio insieme al lontano cinguettio di un uccello. Intorno a lui la foresta divenne opaca, un’accozzaglia di colori sbiaditi e privi di luce.
 
 
 
-Yah, mi stai facendo male –, si lamentò Kibum arricciando il naso e allontanando la caviglia dai tocchi poco gentili del cavaliere.
Kyuhyun sbuffò. -Smettetela di lamentarvi, non avete che da biasimare voi stesso ed il vostro ridicolo colpo di testa. –
Kibum avvertì una fitta e balzò indietro. -Vuoi staccarmi il piede? –
-E’ slogata – rispose l’altro con tranquillità.
Kibum roteò gli occhi. – E io che pensavo avesse il raffreddore. -
Verso sera avevano raggiunto il villaggio di Seungil[1] , giusto in tempo prima che le luci si smorzassero in cielo non permettendo loro di vedere ad un palmo del proprio naso. Avevano subito trovato alloggio in una locanda dall’aria traballante e sudicia, alla quale il principe aveva riservato tutta la propria avversione.
-Non potevi trovare di meglio? Non vorrai farmi mangiare e dormire là dentro? Potrebbero esserci i topi! –
-Oh i topi ci saranno di sicuro, vostra grazia -, aveva risposto Kyuhyun con malcelato divertimento. – Pregate solo che non vi entrino nel letto. -
Ignorando le lamentale ed i miagolii di disappunto del principe, Kyuhyun continuò a tastargli la caviglia gonfia ed arrossata per poi avvolgerla in una benda. Intanto, seduto su un futon dalle coperte troppo leggere per l’imminente stagione invernale, Kibum fece scorrere lo sguardo felino sulla stanza della locanda e si ritrovò nuovamente ad arricciare il naso. Era davvero una stamberga! Le pareti di legno denunciavano l’esistenza di una precedente vernice colorata, ora totalmente scrostata o sbiadita, non c’erano mobili se non una cassapanca in pessime condizioni ed il futon su cui era seduto, più simile ad un groviglio di coperte sudicie che ad un vero giaciglio. Kibum guardò le macchie sulle lenzuola e subito ritrasse le mani strofinandosele sui pantaloni con evidente repulsione. Kyuhyun l’osservò attentamente, mentre muoveva su e giù la gamba dell’altro per saggiarne lo stato.
-Sono proprio curioso di sapere come ve la siete cavata in questi mesi, considerando il vostro atteggiamento. –
Kibum inarcò un sopracciglio. – Non penserai davvero che venga a raccontarti gli affari miei? –
-State pur tranquillo che non mi interessano, ma qualcosa mi dice a lord Heechul interesseranno molto. –
Kibum s’irrigidì. Purtroppo l’altro aveva ragione, Heechul gli avrebbe fatto il terzo grado e per allora doveva avere una storia convincente. Ovviamente la sua speranza era quella di svignarsela quanto prima, certo con una caviglia slogata le possibilità si erano ulteriormente assottigliate. Guardò la caviglia fasciata e sospirò. Quell’imprevisto non ci voleva proprio, non poteva fare affidamento né sulla sua abilità, né sulle sue gambe.
-Ho fame –  piagnucolò.
-L’avevate anche oggi.-
-Non mi pare che tu mi abbia dato da mangiare – disse incrociando le braccia.
Kyuhyun lo guardò di sottecchi poco convinto, facendo poi spaziare lo sguardo all’intorno. C’era un’unica finestrella dal vetro spesso e incrostato di sporco e una porta che conduceva alla stanza attigua destinata a lui, porta che il cavaliere intendeva chiudere a chiave non appena avesse lasciato solo il principe.
-Vi porto una ciotola di riso –, acconsentì infine.
-Tutto qui? –
-Dove pensate di essere? –
Kibum sbuffò e roteò gli occhi. – Vuoi forse portarmi a Busan ridotto ad uno scheletro? Ah a proposito, voglio fare un bagno. –
-Sappiate che vi terrò d’occhio. –
Il volto di Kibum divenne paonazzo. Aveva capito bene?
-Te lo puoi scordare – soffiò.
-Non intendo perdervi di vista nemmeno per un secondo, finché non avrete gli occhi chiusi ed avrò la certezza che non possiate fare danni. –
L’angolo della bocca cuore di Kibum si piegò leggermente in un sorriso scaltro. Aveva tutta l’intenzione di rendere la sua presenza all’altro insostenibile, se prima tormentarlo era stato un modo per rallentarlo, ora ad animarlo era più un sentimento di vendetta per quanto accaduto nella foresta.
-Lo sia che nessuno mi ha mai visto nudo? Immagina la faccia del tuo lord quando saprà che tu sei stato il primo. Tu e non lui. Se solo provi a guardarmi ti posso assicurare che la tua testa rimarrà davvero attaccata al tuo collo ancora per poco –, sibilò.
Kyuhyun emise una risata divertita. - Potete rifiutare lord Heechul quanto volete ma, fidatevi, potreste essere il suo degno compagno. –
Kibum strinse i pugni fumante di rabbia. Non era esattamente la reazione che sperava.
-O accettate le mie condizioni o potete scordarvi bagno. –
-Non intendo arrivare Busan ridotto come uno straccione! –
-State certo che una volta a palazzo il mio lord si premurerà di farvi fare un bagno caldo e profumato. -
Kibum incrociò le braccia e sbuffò. –Voglio il mio riso, adesso. –
 
 
Rannicchiato sullo stretto davanzale della finestra, Kibum si strinse le ginocchia al petto in cerca di calore. Benché il vetro fosse gelido, stare lì era preferibile che cercare conforto nel giaciglio sudicio al centro di quella stanza cupa e triste. Il legno infestato dalle tarme scricchiolava e solo la luce tremula di una lanterna gettava una luce opaca e inconsistente all’intorno. Kibum tirò su col naso e si strinse nelle spalle, osservando le luci che palpitavano nella notte. Mai come in quel momento aveva avvertito così forte la nostalgia e l’assenza di Jonghyun, dei suoi abbracci caldi, della sua tenerezza e dei suoi baci. Si sentiva perso, un pianeta solitario nel mezzo dell’oscuro nulla, senza un’orbita a dare senso al suo fluttuare in un universo vuoto dove ogni luce è spenta. Rimpianse con amarezza quell’ultima notte che avevano passato insieme, quel bacio e quelle carezze appassionate che avrebbero potuto trasformarsi in molto di più, ma che le sue paure aveva raffreddato sul nascere. Ora, non c’era più paura in lui se non quella di averlo perso, di aver legato la sua anima a quella dell’altro, ma senza poter mai essere completamente e definitivamente suo. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di tornare indietro e lasciarsi avvolgere da quell’abbraccio, per godere appieno di quelle carezze, di quei baci, per donare a Jonghyun tutto sé stesso. Che poi il destino lo strappasse pure da lui se così aveva decretato, ma prima doveva sentirsi suo sino all’ultima fibra del suo corpo, sino all’ultima sfumatura cangiante della sua anima. Come poteva tornare alla vita insensata di prima, essere gettato a forza tra le braccia prive di amore di un altro e costretto ad unire anima e corpo a quella serpe, quando il filo rosso del destino lo tirava inevitabilmente verso Jonghyun? Che senso aveva lo scorrere del sangue nelle vene se il suo cuore giaceva freddo e morto nel suo petto?
Kibum posò i polpastrelli sul vetro gelato ed un brivido gli scosse le membra.
Jong…solo il tuo amore può salvarmi.
***

Jonghyun ripose le bacchette sul tavolo e fissò con indifferenza la ciotola di riso intoccata. Nonostante il suo stomaco brontolasse l’odore del cibo la nauseava. Minho, seduto al suo fianco, lo guardò con preoccupazione ma non disse nulla, limitandosi a sospirare.
Avevano lasciato Hanamsi pochi giorni addietro spronando i cavalli al limite della sopportazione lungo la strada sud. Quando Jonghyun aveva messo piede fuori della locanda era finalmente riuscito a respirare aria pulita e la testa aveva smesso di martellargli. Minho si era subito avvicinato a lui porgendogli le briglie del quadrupede.
-Mi dispiace, hyung – aveva detto con lo sguardo basso.
Jonghyun lo aveva rassicurato sorridendogli e mettendogli una mano sulla spalla. – La colpa è più mia che tua. Abbiamo entrambi commesso una leggerezza. –
-Quel cavaliere deve essere lo stesso che ho visto a Chemulpo –, aveva aggiunto. –Me lo ricordo bene, lo troveremo. -
Subito dopo erano montati a cavallo, solo Taemin era rimasto indietro per fare ritorno al Rifugio. Il più piccolo non era stato felice della decisione, ma Jinki era stato irremovibile.
-Qualcuno deve occuparsi del resto di noi-, aveva sentenziato lasciando Taemin di stucco. Orgoglioso ma anche preoccupato aveva accettato la decisione del fratello.
Quella sera avevano raggiunto un piccolo villaggio, non distante dalla cittadina di Seungil dove contavano di arrivare il giorno successivo. Fortunatamente la strada per il sud era molto frequentata in quel periodo, soprattutto dai mercanti di Nihon che intendevano abbandonare via nave prima del sopraggiungere del clima rigido, così era stato facile raccogliere informazioni. Inoltre la strada per Busan prevedeva delle tappe obbligate, cittadine e villaggi che era impossibile evitare. Con le giornate corte ed il clima poco favorevole Key non poteva essere lontano.
Jonghyun si alzò dal tavolo. –Penso che me ne andrò a dormire – disse.
Jinki annuì e lo guardò allontanarsi nella sala semi vuota della locanda in cui aveva trovato rifugio per quella notte. Jonghyun salì le scale che conducevano al piano superiore e raggiunse subito la sua stanza, un’ambiente semplice ma pulito e arredato in stile tradizionale. Si buttò subito sul futon sospirando e massaggiandosi le tempie. Quando riaprì gli occhi fissò la lanterna che pendeva dal soffitto, intorno alla quale volteggiava solitaria una falena. Era stanco, spossato e spaesato. Gli sembrava di procedeva a tentoni in una fitta nebbia senza mai avere la certezza di avanzare. Come aveva fatto sino ad ora a vivere senza l’altro? La sua esistenza era stata così vuota ed insensata? Quando Key aveva detto di essere stato stregato anima e corpo da lui la sua anima sussultato, riconoscendo in quelle parole una verità ineluttabile. In un tempo che era durato meno di un battito di ciglia il fato aveva gettato su di loro un incantesimo intrecciando le loro anime.
O forse è una maledizione e noi non siamo altro che le pedine di un destino malvagio che ci ha uniti per strapparci l’uno dalle braccia dell’altro, pensò.
Eppure, nonostante questa consapevolezza negli ultimi giorni era tormentato dalle parole delle kisaeng. Non lo facevano dormire quanto l’angoscia per l’altro.
La porta scorrevole della stanza s’aprì e dei passi leggeri annunciarono l’arrivo di qualcuno. Il profumo di tè verde invase le narici di Jonghyun che sorrise leggermente.
-Jinki – disse, - cosa vuoi? – chiese mettendosi a sedere.
Trovò il più grande seduto a gambe incrociate, tra le mani una tazza di tè che subito gli porse. Jonghyun l’accettò di buon grado, non riusciva a mangiare, ma bere qualcosa di caldo non poteva che fargli bene.
-Devo per forza volere qualcosa? – chiese Jinki con un mezzo sorriso.
-No – fece Jonghyun bevendo un sorso di tè.
-Sei molto turbato- osservò Jinki.
-Non dovrei? -
Jonghyun corrugò la fronte e poi si massaggiò le tempie. Se stesse sbagliando tutto? Se il suo fosse davvero un cieco egoismo capace solo di privare Key di una vita perfetta, di metterlo in pericolo? Certo, era stato Key a decidere di restare, molto prima che si dichiarassero il proprio amore, ma Jonghyun era consapevole di poter diventare una catena per lui. Non vi aveva mai riflettuto, non gli aveva mai posto domande. Se Key avesse iniziato a provare la mancanza della sua vita precedente, delle comodità? Chi era lui per condannarlo a rimanere al suo fianco, a vivere con il rischio di un cappio intorno al collo? Solo il pensiero lo fece rabbrividire. In quanto Ribelli una volta scoperti e arrestati ad attenderli ci sarebbe stata una condanna a morte. Jonghyun non poteva sopportare l’idea della vita di Key appesa ad un filo a patire una fine tanto misera. Forse doveva davvero lasciarlo andare, sarebbe stato meno felice ma vivo e al sicuro. E poi qualcuno lo aspettava a casa, forse non c’era amore tra Key ed il suo promesso, ma quella persona doveva pur provare dell’affetto per Key se si stava dando tanto da fare per riportarlo indietro. Dopotutto si sarebbe preso cura di lui. A quelle condizioni, Jonghyun sarebbe stato disposto a fare marcia indietro, a rinunciare a quegli occhi magnetici, a quei sorrisi e quelle labbra.
Qualunque cosa, pensò, pur di saperlo al sicuro.
-Secondo te stiamo facendo la cosa giusta? – domandò a JInki.
Il più grande inarcò un sopracciglio. – Cosa vuoi dire? –
Jinki era perplesso, perché proprio Jonghyun gli poneva quella domanda?
-Il nostro mondo non è il suo, hyung. Forse un giorno proverà nostalgia di casa, se…-
Jinki gli mise una mano sulla spalla, stringendogliela con dolcezza.  –Non devi nemmeno pensarlo. Ascolta, quando è arrivato da noi ho parlato a lungo con Key e gli chiesi perché stesse scappando, sai cosa mi rispose? –
Jonghyun scosse il capo.
- Perché le pareti del palazzo mi soffocano, le persone che vedo intorno a me mi disgustano e perché mi hanno fidanzato con un pazzo e mai gli permetterò di sfiorarmi. Questo mi disse. –
Jnghyun sgranò gli occhi. Dunque non sarebbe stato al sicuro, né ci sarebbe stato affetto ad attenderlo.
-Temeva volessi chiedere un riscatto e mi pregò di non farlo – proseguì Jinki, - mi disse che piuttosto avrei dovuto ucciderlo. –
Jonghyun boccheggiò. Quali misteriosi orrori doveva celare lo sfavillante palazzo di Key, il suo futuro, perché formulasse pensieri così tetri? Non gli aveva mai chiesto nulla se non il minimo indispensabile, d’altra parte non gli importava e come poteva se non interessava a Key?  
Jinki sondò gli occhi grandi dell’altro. Conosceva i lati più oscuri dell’animo di Jonghyun, la sua rabbia, la sua impulsività e quel fuoco malvagio appena assopito, così come aveva conosciuto il gelo e la paura nel cuore di Key. Jinki sapeva che quello strano legame che univa Kibum e Jonghyun, quel filo rosso, era l’unica via di salvezza per entrambi.
-Jonghyun, tu meglio di chiunque altro conosci i suoi pensieri, sai di cosa ha davvero bisogno e non è quello che si è lasciato alle spalle. Sei tu. –
 
 
 
 
Spero sia stata una lettura piacevole, chiedo scusa se sono rimasti errori nel testo. Ringrazio chi continua a leggere, commentare, chi ha inserito la storia tra preferite, seguite e da ricordare. 
Siate gentili lasciatemi un commentino, le opinioni altrui sono sempre gradite!
Alla prossima!
 
[1] Nome inventato. 
   
 
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