Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: aelfgifu    27/11/2016    4 recensioni
Dopo l'infortunio nella finale di Champions League, Karl è costretto a rimanere a Monaco durante le vacanze per portare a termine la riabilitazione. Ma a Monaco è rimasto anche qualcun altro...
Un giovane uomo alla scoperta di sé stesso, una donna piena di lati oscuri, una città deserta e lo splendore dell'estate.
[Seguito di Ritratto estivo di ragazzo svedese].
Genere: Romantico, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Marie Schneider, Nuovo personaggio, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i miei cari'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
10. C’era una volta
 
21 luglio, pomeriggio
 
***
 
C’erano una volta il desiderio, l’attrazione, e magari anche l’affinità, l’affetto, la tenerezza.
Poi la società si è impadronita del desiderio, ne ha fatto una espressione di potere, una merce regolata dalle norme del mercato. Da bambina aveva due esempi davanti: il primo era l’amore tra i suoi genitori, partiti da due culture tanto diverse l’una dall’altra e miracolosamente incontratisi a mezza strada. L’altro era il mondo, i giornali, il cinema, la letteratura. Il primo le offriva un’immagine di sincerità, di calore umano, ma appariva anche indifeso e un po’ buffo. L’altro le rimandava immagini di benessere, luci della ribalta, potere, ma anche di un freddo difficile da sopportare.
Quando, a otto o nove anni, aveva incominciato a capire il senso della parola “amante”, aveva associato alla parola l’immagine di una giovane donna ingioiellata e impellicciata (erano gli anni Ottanta e le pellicce vere andavano ancora di moda, erano anzi uno status symbol) che per quei gioielli e quella pelliccia doveva acconsentire a fare dei giochini dalla natura poco chiara e non bella con un uomo.
Quando, poco più tardi, aveva decodificato l’espressione “fare l’amore”, l’aveva associata o a due pazzi che improvvisamente escono di senno, sfidano tutte le regole della comunità e vanno incontro a un destino terribile, o a due che per compiere legittimamente un atto necessario e indispensabile per la vita umana, si comprano a vicenda offrendosi in pagamento oggetti ritenuti di valore.
Sempre vendere o comprare, vendere o comprare.
Verso i sedici anni, era tormentata da una domanda: “Ma cosa si son comprati l’un l’altra mamma e papà? Mamma forse ha comprato un marito tedesco, che per una giovane immigrata come lei era una fortuna impensabile, ma cosa gli ha dato in cambio? La sua ignoranza, la sua debolezza? Utzi non è neanche molto bella ed è cocciuta e antipatica. Oppure per papà la debolezza di Utzi era un compenso sufficiente?”
Vendere o comprare, e vergognarsi dei propri pensieri. Meglio essere il frutto di un accordo commerciale o della pazzia di due sconsiderati che buttano all’aria tutti gli accordi commerciali per stare insieme? si chiedeva a volte mentre erano seduti a tavola e papà faceva battute che la mamma non capiva, perché il tedesco di Utzi ancor oggi zoppica un po’.
Non le è mai sembrato di provare attrazione per qualcuno per il suo valore in soldoni, forse più per l’intelligenza, l’umorismo. Il senso di giustizia, che ti fa alzare in piedi di fronte al temutissimo professor Reinecke per dirgli che sbaglia nel prendere sempre di mira quel tuo compagno goffo e maldestro (Markus. Non a caso oggi è procuratore della repubblica). Una tranquilla bravura nel capire e nel fare le cose (Alexander). La serietà. La lealtà. La disponibilità al sacrificio (Schneider). Schneider che, al netto della sua serietà, lealtà e disponibilità al sacrificio è anche un bell’uomo, pieno di soldi e celebre. E tutte queste qualità, sommate, non fanno altro che crearle un torturante disagio. Costa troppo, è il suo pensiero. Sa anche troppo bene che nel mondo del compra-e-vendi il suo valore corrisponde più o meno a quello di uno di quegli anellini che una volta uscivano come sorpresa dalle buste di patatine.
Alex. Quanto gliel’hanno rimproverato, quel meccanico più grande di lei, bruttino e incolto. Se credi di non poter trovare di meglio, sbagli, era il commento costante di Uta. E chi se ne frega, rispondeva lei, tanto non ho bisogno di uno ricco che mi mantenga, a mantenermi ci penso da sola, mi basta un essere umano decente che mi stia vicino. Con cui possa scambiare una parola, a cui ogni tanto possa confidare un cruccio.
Eppure anche Alex, com’era capitato a Markus dieci anni prima, sembrava provare un grande imbarazzo nello stare vicino a lei in pubblico, anche solo fisicamente. Non voleva mai andare da nessuna parte, al cinema si addormentava, il trekking non gli piaceva (diceva che doveva sforzare il corpo tutta la settimana, almeno la domenica voleva riposare), non amava leggere, le discussioni sulla politica lo infastidivano, parlava sempre e solo delle sue automobili. Mai detta una sola parola sul vivere insieme, su un eventuale matrimonio o eventuali figli. Qualche timido accenno lo aveva fatto Julia, ricevendo in cambio solo risposte vaghe e battutine ironiche. E poi quell’abbandono brusco e anche un po’ (un po’ tanto, sogghigna Julia al ricordo) ridicolo; ridicolo, assurdo, incomprensibile.
Non gli ha mai chiesto perché. Sa che Alex svierebbe nel suo solito modo, risposte vaghe e battutine ironiche. Forse è uno di quegli omosessuali che cercano di darsi una parvenza di vita “normale” con la prima ragazza che gli capita, però poi non ce la fanno a reggere a lungo la messinscena?... O forse lei non gli è mai piaciuta abbastanza, e gli serviva solo per far vedere che aveva una ragazza? Avere trentacinque anni e non essere né sposato né avere qualcuno purchessia fa parlare la gente del quartiere, e lui non se lo poteva permettere, anche per non rovinare gli affari?...
 
***

C’era una volta un calciatore quindicenne amareggiato dal disaccordo tra i suoi genitori. Capiva le ragioni sia del papà che della mamma, e cercava di far capire alla mamma che l’atteggiamento di papà non era solo “il solito egoismo e la solita cocciutaggine degli uomini, che pensano solo a sé stessi, e non pensano che le conseguenze ricadono anche sulla loro famiglia”. Al papà, invece, cercava di far capire che la mamma soffriva perché si sentiva messa in secondo piano rispetto a tutto il resto: la squadra, Schmitt, il direttivo, i tifosi rompiballe, l’esonero, l’orgoglio ferito di un bravo professionista trattato ingiustamente.
“Le donne hanno questa strana pretesa di essere sempre al primo posto nella tua vita, nei tuoi pensieri e nelle tue azioni, come se non potessero sopravvivere senza attenzioni costanti, ma quando fai un mestiere come il nostro non puoi stare continuamente appresso alle donne” gli aveva detto l’allenatore quando, diciassettenne, aveva incominciato a far parlare di sé non solo per l’indubbio talento ma anche per la sua maschia, bionda e adolescente avvenenza. “Perciò tieni presente quel che ti dico: se proprio ne hai bisogno, fatti qualche avventura senza coinvolgimento sentimentale, il coinvolgimento distrae dal lavoro. Se proprio ti devi impegnare, trovati qualcuno di molto paziente e intelligente, di cui avere fiducia e che ti dia stabilità. Se ci riesci, rimani single. Ti puoi sempre accoppiare quando appenderai gli scarpini al chiodo: anche come calciatore ritirato non sarai proprio l’ultimo poveraccio a questo mondo, avrai comunque da scegliere, e specie se manterrai quel che prometti e te ne uscirai ricco e blasonato”.
Il Karl diciassettenne aveva fatto un piccolo sogghigno e pensato: “Voglio proprio vedere se è come dici”.
Bene, il discorso cinico del suo vecchio allenatore s’è sempre dimostrato giusto. Tutte le volte che ha deciso di intraprendere una relazione seria, a distanza di mesi si è sentito rinfacciare il poco tempo passato insieme, le sue frequenti assenze, la priorità sempre data a qualcos’altro. Ma io sono un calciatore professionista, la mia vita è così, lo sapevi anche prima. No che non lo sapevo. O allora cosa immaginavi? Che la mia fosse tutta vita di società? Ma come li segno i gol io, come faccio a correre per novanta minuti, con la bacchetta magica? Ti sei mai domandata come fa un calciatore a correre per novanta minuti, maledizione? Ma non hai mai tempo per me! E allora domenica scorsa al cinema, una settimana fa alla festa di Natale? Ma lì ti sei messo a parlare con quei dirigenti e non la finivi più. Non sono io che mi sono messo a parlare con loro, sono loro che si sono messi a parlare con me… e così di seguito.
Queste creature verso cui la biologia ci spinge e la cui vicinanza si paga quasi sempre con una serie di grandissime seccature. Voglio questo, voglio quello. Se lo vuoi prenditelo, è la legge di Schneider. Non mendicare perché qualcuno lo prenda al tuo posto.
Siano benedetti le difficoltà, le durezze della vita e il dolore, ha detto una volta Julia.
***
 
C’era una volta Stefan Levin di Östermalm, virgola, Stoccolma. Questo Stefan Levin era appena diventato maggiorenne e aveva due grandi affetti, lo sport che praticava,che a breve sarebbe diventato il suo lavoro, e una ragazza sua coetanea di nome Katarina.
Katarina gli sembrava un miracolo, forse perché era la prima persona davanti al quale nella sua vita aveva provato quel sentimento di vicinanza, eccitazione e senso di reverenza che normalmente chiamano amore. Per questo perderla era stato così atroce, col dolore per la mancanza costantemente rinfocolato dal rancore, dal vivo sentimento di avere subito un’ingiustizia imperdonabile da parte di Dio.
È un tranquillo pomeriggio d’estate. Poco fa nel cielo è apparsa una mongolfiera e i bambini si sono precipitati fuori in giardino per vederla meglio. Anders legge il giornale sdraiato sul divano e Marina, seduta in poltrona col suo portatile sulle ginocchia, scrive qualcosa digitando furiosamente. Lui è in piedi davanti alla finestra e sorveglia i movimenti di Ola e Magdalena. Dopo che la mongolfiera è scomparsa all’orizzonte, Ola ha raccolto il pallone abbandonato sotto la tettoia e ha proposto alla sorella di “giocare a calcio”. La piccola ha acconsentito con entusiasmo, nonostante abbia la metà degli anni del fratello, sia alta la metà, pesi la metà e abbia la metà della sua forza e coordinazione.
“Non dovremmo fermarli? Ho paura che Ola possa far male a Polpetta” dice, guardando sempre fuori, ma rivolto a suo fratello e Marina.
“Lascia stare, Polpetta si difende benissimo” risponde Marina senza alzare gli occhi dal pc.
Ed eccoli i due piccoli Levin, a distanza di forse una decina di metri l’uno dall’altra, Ola palla al piede pronto a tirare, Polpetta di fronte a lui con le gambette flesse e le braccia aperte a mezz’aria, proprio come un vero portiere.
“Pronta?” domanda Ola alla sorellina.
“Plonta!” strilla Magdalena.
“E allora para questa!”
Il ragazzino carica un bel tiro col piede destro. È un tiro forte per un bambino della sua età. Il pallone si solleva per un buon metro e mezzo da terra, schizzando a sinistra, poi inizia velocemente la sua discesa. È troppo veloce e troppo forte per la piccola, si preoccupa Stefan, e mentre formula questo pensiero vede la nipotina spiccare un salto e buttarsi sul pallone grande quasi la metà di lei. Il pallone ricade a terra con Magdalena aggrappata sopra.  
“Allora? Niente morti né feriti?” domanda Anders scostando il giornale.
“Ha preso un pallone grande la metà di lei” risponde Stefan compiaciuto.
“Eh eh. La nostra Polpetta ha fegato” commenta Anders con l’immancabile orgoglio del padre di una figlia promettente.
Fegato e intelligenza, riflette Stefan. Ha parato quel pallone in modo da non farsi male, lei così piccina.
Ma questo è meglio non dirlo ad alta voce, altrimenti suo fratello parte in quarta.
 
***
 
Buongiorno a tutti e buona domenica. Sono di nuovo qui dopo oltre un anno di assenza, e non mi meraviglierei se dopo tanto tempo non ci fosse più nessuno a leggermi. Comunque questa è una storia che dev’essere terminata e che sarà terminata, presto o tardi.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: aelfgifu