Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    27/11/2016    6 recensioni
Una raccolta su situazioni, più o meno imbarazzanti, che lo sfortunato protagonista si ritroverà a dover gestire. Fatti quotidiani, che capitano nella vita di chiunque, prima o poi... quindi, perché non in quella del soldato più forte dell'umanità? - Raccolta di One-shot indipendenti le une dalle altre.
Dal testo:
«Posso entrare nel carrello? Mi fanno male gli scarponcini» fece per sedersi su una scaletta, di quelle usate dai commessi, ma una mano callosa lo tirò bruscamente in piedi.
«No»
«Perché no?»
«Ci devo mettere la spesa nel carrello»

La raccolta comprenderà situazioni differenti (sia AU, che non, all'occorrenza)
[La One-shot n° 8 partecipa al concorso "Situazioni XY" indetto sul forum efp da Biancarcano e Harriet]
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Levi, Ackerman
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La volta in cui Levi si perse al supermercato
 


Levi fissò il grande edificio oltre il vetro sporco della macchina, poco prima che Kenny parcheggiasse con un brusco rumore di freni. Il centro commerciale era enorme e, nonostante fosse solo metà novembre, addobbato di luci colorate e Babbi Natale giganti. L’atmosfera della festa si respirava già all’esterno, dove le tettoie per i carrelli erano state adornate di fili rossi ed argento.

«Siamo arrivati» Kenny lo fece scendere dalla vecchia Citroen con uno strattone, prima di sbattere malamente la portiera alle sue spalle.

«Mi comprerai un gioco, zio?» chiese, lo sguardo sottile improvvisamente carico di speranza.

«No»

«Ti prego» giunse le manine in una muta supplica, mimando un leggero capriccio con le labbra.

«No»

«Uno piccolo»

«No»

La risposta era sempre la stessa, nonostante il tono di voce stesse pericolosamente cambiando: aveva imparato a conoscere quella sfumatura irritata e secca, indice che Kenny non stava gradendo affatto le sue richieste. Decise, tuttavia, di ritentare:
«Poi non ti chiederò più niente»

«No»

Sbuffò. Con quell’uomo non si poteva proprio ragionare. Infilò le mani nelle tasche del giubbetto azzurro, chinando il capo e limitandosi a camminare dietro all’imponente figura nera.

Kenny era suo zio da parte di madre. Da quando Kuchel se n’era andata – Kenny non aveva voluto dirgli dove, ma lui sospettava si fosse risposata con il tabaccaio sotto casa, che aveva chiuso il negozio proprio in quel periodo – si era ritrovato costretto a vivere con il burbero signor Ackerman, che si era rivelato tutto, tranne che uno zio affettuoso e premuroso. Aveva dovuto accontentarsi: sua madre non sarebbe tornata, impegnata come era nella nuova attività di commerciante alle Maldive. Per cui, non aveva scelta: vivere con lo zio oppure finire in orfanotrofio. Non era sicuro d’aver preso la decisione giusta, ma ormai era fatta! Almeno aveva un tetto sopra la testa e qualcosa da mangiare, già… non poteva lamentarsi troppo. Anche perché, in caso contrario, avrebbe conosciuto di nuovo il battipanni; l’ultimo incontro non era stato affatto piacevole.

«Muoviti!» la voce di Kenny lo riscosse, spingendolo ad attraversare in fretta il parcheggio, sino all’ingresso. Passò sotto al grande arco dorato, fermandosi soltanto un istante per studiare la propria figura: a cinque anni, la sua altezza era già inferiore alla media, ma il viso paffuto e le spalle tondeggianti lo facevano assomigliare più ad un pulcino impaurito, che ad un bambino sveglio e promettente. Un pulcino nero, a giudicare dai ciuffetti di capelli che spuntavano sotto il berrettino a pois. Il corpo morbido era avvolto in troppi strati di vestiti: giacca a vento, maglione, maglietta della salute; bermuda sotto i jeans ed un paio di scarponcini, oltre agli immancabili guanti bianchi di seconda mano, regalo di una vicina di casa.
In fondo, forse Kenny gli voleva bene: lo aveva imbacuccato così per evitare che si ammalasse? Senza dubbio, ma più per risparmiare sulle cure mediche, che per amore della sua salute.

Scosse il capo, barcollando tra la gente e tornando al fianco dello zio. Formavano una coppia curiosa: un uomo di bell’aspetto, allampanato e robusto, seguito da un moccioso più simile ad un rospo che ad un bambino. Attiravano indubbiamente l’attenzione: molte signore si soffermavano sui lineamenti duri e intriganti di Kenny, prima di squadrare perplesse il ragazzino che gli correva appresso.

«Zio…» Levi tese le dita nel nulla «Mi dai la manina?»

«No»

«Ma c’è gente… ho paura! Potrei perdermi»

«Chissenefrega»

«Zio…» pigolò di nuovo, senza ritrarre la mancina «La mamma me la dava sempre»

«Immagino. Tua madre la dava a tutti.» si inoltrarono oltre i tornelli del supermercato, fermandosi solo per noleggiare un carrello «Adesso piantala di frignare o ti riporto in macchina»

Si azzittì, affondando il mento nella lana pungente della sciarpa. Il supermercato era pieno di famiglie, con bambini urlanti che sfrecciavano tra le corsie, intenti a curiosare nella zona giochi e quella dei dolci natalizi. Alcuni nonni erano in coda per accaparrarsi i videogiochi più in voga del momento, mentre altri caricavano voluminose case di bambole per le nipotine. Una coppia stava sfogliando alcuni libri, chiacchierando sulla possibilità di regalarli ai loro figli.

«Zio…»

«No!»

«Ma non ti ho ancora chiesto niente!»

«Mi hai già chiesto troppe cose per oggi. A partire dall’ossigeno per respirare. Che altro vuoi?»

«Posso entrare nel carrello? Mi fanno male gli scarponcini» fece per sedersi su una scaletta, di quelle usate dai commessi, ma una mano callosa lo tirò bruscamente in piedi.

«No»

«Perché no?»

«Ci devo mettere la spesa nel carrello, va bene? Cerca di tacere, cazzo!­» tra le mani del parente comparve un foglietto. Riuscì a leggere soltanto alcuni nomi: pane, formaggio, vino, birra, vodka, dentifricio, altro vino, burro, sughi preconfezionati.

Tornò a guardarsi attorno, fissando lo scorrere delle corsie: la pasta perfettamente impilata nei cartoni colorati, i risi precotti – di cui Kenny fece una assurda scorta – la zona per la cura personale e, infine, il reparto alcolici. Le bottiglie di vino erano disposte con cura, suddivise per colore e per casa produttrice, mentre il prezzo lievitava via via che ci si avvicinava al centro.

Kenny prese a riempire il carrello con alcune bottiglie, adagiandole accuratamente sul fondo. Ad ogni tintinnio sospetto, controllava che il vetro non si fosse scheggiato e che i tappi di sughero fossero ancora perfettamente sigillati.

«Zio…»

«Sto scegliendo il vino! È un’ operazione delicata, roba da adulti. Vuoi piantarla di rompere?»

«Voglio delle caramelle»

«No»

«Mi dici sempre di no…»

«Chissà come mai…» v’era del sarcasmo nella voce del parente; un sentimento che, a lungo andare, Levi aveva imparato a riconoscere sin troppo bene.

«Per favore…»

«No! E adesso stai fermo e zitto… e lasciami lavorare»

Sporse leggermente il labbro inferiore, mentre gli occhi si inumidivano e bruciavano. Era così frustrante non poter ricevere mai niente! Gli altri bambini stavano trascorrendo un sabato felice con le loro famiglie, ingozzandosi di dolciumi e riempiendosi le braccia di giocattoli. Lui, al contrario, era confinato nel reparto vini, senza poter fare altro che specchiarsi nelle bottiglie scure.

«Zio…»

Kenny mimò uno sbuffo seccato al vedere la sua espressione distrutta:
«Non ti metterai a frignare, vero?»

Levi tirò su col naso, scuotendo velocemente la testa. Se c’era una cosa che Kenny non poteva sopportare, erano i piagnistei inutili: diventava stranamente insofferente ed odioso, davanti alle sue lacrime. Non che solitamente non lo fosse, ma… più insofferente ed odioso! Si sforzò di trattenere la delusione, mentre una goccia amara scivolava lungo la guancia paffuta.

«N-no» mentì, le labbra piegate in una smorfia malinconica.

«Va bene! Vai a comprare le caramelle. Un pacchetto solo»

«Non mi accompagni?»

«No. Ti aspetto qui. Adesso sparisci e non metterci troppo»

Sgattaiolò via, contando frettolosamente le corsie e controllando i cartelli con le indicazioni. Superò il reparto surgelati e quello dei succhi di frutta, deviando immediatamente nell’area dei dolci. Quella zona era fantastica: scaffali interi pieni di caramelle colorate, di leccalecca, di barrette di cioccolato e biscotti confezionati singolarmente.

Si avvicinò ad un pacchetto di marshmallow, perdendosi ad osservare il rosa ed il verde intrecciarsi sulla superficie morbida. Lo afferrò tra le dita sottili, stringendolo delicatamente al petto: Kenny non gli aveva mai permesso di comprare dei marshmallow. Secondo lui, servivano solo per alimentare le tasche dei dentisti, ma… forse questa volta glieli avrebbe concessi. Li trattenne, quasi fossero il più grande tesoro mai visto, prima di procedere a ritroso nella corsia. Magari Kenny sarebbe stato clemente e gli avrebbe permesso anche una barretta di cioccolato! E un tubetto di Smarties. E anche un pacchettino di confetti.

Prese tutto tra le braccia, tornando sui propri passi. Macinò metri velocemente, entusiasta di quella piccola spesa. Finalmente, anche lui aveva dei dolci! Non era più costretto ad invidiare gli altri bambini, anzi… sarebbe stato al centro dell’attenzione. Notava già gli sguardi invidiosi di alcuni ragazzini, a cui i genitori avevano vietato i preziosi marshmallow.
Corse a perdifiato fino al corridoio del vino, sbucandovi con un enorme sorriso.

«Zi…» la parola gli morì sulle labbra. La corsia era deserta! Kenny se n’era andato! Lo aveva abbandonato tra le bottiglie di pregiato spumante ed il Tavernello. Un destino crudele…

Vedeva già i titoli dei giornali: “Orfano si perde nel supermercato e viene adottato da una famiglia di lattine di birra”. Orrore! Sarebbe diventato lo zimbello della classe; i suoi compagni lo avrebbero deriso, le ragazze snobbato e persino le maestre avrebbero incontrato difficoltà a parlare con delle lattine, durante i colloqui genitori-insegnanti.

I dolci gli caddero, mentre le mani si alzavano istintivamente agli occhi, ormai colmi di lacrime. I singhiozzi gli sfuggirono incontrollati, mentre il pianto erompeva nel silenzio della corsia. Non c’era nessuno che potesse aiutarlo, lì? Tra le piccole damigiane e i colli alti degli amari, non c’era qualcuno che potesse dirgli dove si trovava Kenny? No. Era solo. Solo ad affrontare la dura realtà, il mondo crudele dei bambini smarriti al supermercato. Cosa poteva fare? Scosse il capo: non riusciva a pensare a nulla. Nemmeno una idea. Si rannicchiò contro uno scaffale, stringendo le braccia al petto e nascondendo gli occhi tra le pieghe della sciarpa.

«Ehi…»

All’improvviso, una voce lo obbligò a sollevare lo sguardo. Un uomo aveva fermato il carrello e si era chinato accanto a lui. Aveva un aspetto gioviale, con i capelli biondi che incorniciavano il viso morbido ed affabile. I grossi occhiali tondeggianti tendevano, però, a scivolare dal naso adunco.
«Stai bene?» anche il tono era cortese ed educato.

Levi annuì, spostando lo sguardo al carrello, dove un bambino, seduto tra una quantità industriale di caramelle, biscotti e tavolette di cioccolato, gli stava tendendo un pacchetto di liquirizie gommose:
«Tieni»

Scosse il capo, rifiutando silenziosamente.

«Ti sei perso?» il piccolo si era sporto dal bordo metallico e lo stava fissando con i grandi occhi azzurri colmi di curiosità «Sai, dovresti andare alla cassa centrale e cercare i tuoi genitori. Vero, papà?»

L’uomo mimò un cenno d’assenso, prima di aiutarlo a rialzarsi:
«Vieni. Ti accompagno al box informazioni»

Levi non disse nulla, limitandosi a seguire l’uomo con il figlioletto che, nel frattempo, continuava a tendergli caramelle e cioccolatini. Sembrava contento, quando li prendeva per nasconderli nelle tasche della giacca.

«Pagheremo io e papà, non ti preoccupare. Mangiale pure» gli aveva detto, cacciandogli tra le dita anche un leccalecca alla fragola «Ti piace? Io lo adoro» e poi uno al limone «Anche se quelli gialli sono i miei preferiti» svoltarono un angolo e un enorme scrivania bianca e rossa apparve a qualche passo di distanza «Ecco! La cassa centrale… qui potrai chiamare i tuoi genitori» quanto parlava quel ragazzino? Troppo. Non aveva un tasto di spegnimento? Boh, forse era solo logorroico. Poco male, almeno gli aveva regalato dei dolci, no?.

Una commessa lo prese subito in custodia, lasciandogli solo il tempo di salutare il padre e il figlioletto chiacchierone. Sedette su una seggiolina in plastica chiara, ritrovandosi un foglio ed una matita tra le dita.

«Accomodati. Ti va di disegnare un po’?» la voce della donna era decisamente zuccherina. Trucchetti da commessa navigata per non sentire il frignare dei bimbi smarriti «Ti sei perso? Dove è la tua mamma?»

«La mamma è alle Maldive col tabaccaio»

«Ah… capisco»

«E il papà?»

«Non ce l’ho il papà»

«AH… mi dispiace, non sapevo…» la donna sembrava sconvolta «Chi ti ha accompagnato al supermercato?»

«Mio zio Kenny.»

«Va bene. Ora lo chiamiamo, non ti preoccupare» la signorina gli rivolse un ultimo sorriso, prima di accostarsi ad un microfono. L’interfono gracchiò immediatamente, risuonando nel caos del supermercato:

“Lo zio HHHHCCCRRHHH” interferenza “è atteso dal nipote presso la cassa HHCCCRRHHH

«Ecco fatto! Ora verrà a prenderti»

Levi aggrottò la fronte:
«Non si è sentito niente, però… come fa a venirmi a prendere se non sa dove sono?»

«Sbagli caro. Si è sentito perfettamente»

«Io ho sentito solo HCCCRRHHH» mimò il verso con la voce, suscitando uno sbuffo seccato dalla commessa.

«Senti bamboccetto, sono dieci anni che recupero marmocchi distratti come te nei supermercati! Vuoi insegnarmi come fare il mio lavoro?!»

«N-no, ma…»

«Vuoi che richiami nuovamente?»

«Sì, per favore»

“Lo zio HHHHCCCRRRHHH è atteso dal HHHHHCCCRRRHHH alla cassa HHHCCCRRHHH

Un altro sorriso al miele, poco prima che la donna si allontanasse. A Levi non rimase altro da fare che disegnare.
 

***


Anche quella giornata di lavoro era finalmente terminata. Presto il centro commerciale avrebbe chiuso i battenti. Dot Pixis stava diventando troppo vecchio per fare la guardia giurata, ma alla pensione mancava ancora una decina d’anni. Maledetta riforma del governo Reiss! La prossima volta avrebbe votato per il Movimento Cinque Mura.
Attraversò il corridoio principale, guardandosi attorno: alcune commesse stavano battendo gli ultimi scontrini. Controllò l’orologio: ancora venti minuti alle nove. Si avvicinò alla cassa centrale, sporgendosi oltre il bancone.

«Ehi, Carla… Ti va un caffè?» domandò, verso la commessa che stava finendo di annotare alcuni cambi merce «Ma… quel bambino?»

«Quello?» Carla scoccò una occhiata velenosa all’indesiderato ospite «Oh, me lo hanno scaricato oggi pomeriggio. Non sono ancora passati a riprenderlo»

«Ma… il supermercato chiuderà tra poco!»

«Beh, non è mica un mio problema. Lo vuoi portare a casa tu?»

«Mh? No, dai! Ne ho già a casa troppi! Tutti i bambini non recuperati li rifilate a me…»

«Allora lo faremo dormire nel reparto camping. Controlla se c’è già una tenda montata, per favore.»
 

***


Kenny oltrepassò la soglia di casa, le braccia cariche di borse. Fare la spesa era sempre così stressante. Dovevi sempre ricordarti di prendere tutto, di non tralasciare nulla di quanto scritto sul biglietto; eppure, per quanto meticolosa potesse essere la ricerca, finivi sempre per rientrare con la sensazione d’aver dimenticato qualcosa al supermercato. Nello specifico, quella sensazione non lo aveva mai abbandonato: dal pomeriggio, continuava ad essere tormentato dal dubbio. Sentiva d’aver lasciato qualcosa. Qualcosa di importante, forse di vitale… eppure, non gli veniva a mente nulla. Aveva ricontrollato la lista della spesa e poi lo scontrino, ma niente. Il vuoto lo aveva accompagnato persino all’osteria, dove era solito fermarsi per bere un goccetto e consumare una cena veloce. Nemmeno il ripercorrere la strada lo aveva aiutato: qualcosa gli sfuggiva, ma non avrebbe saputo dire cosa.

Posò le borse sul tavolo in cucina, voltandosi poi ad osservare il frigorifero. La mancina si mosse automaticamente per aprire lo sportello; la luce dell’elettrodomestico lo investì immediatamente, inondando la sua mente con la giusta idea. All’improvviso, tutto acquisì un senso: squadrò a bocca aperta i ripiani del frigor, incapace di metabolizzare un errore simile. Che sciocco, che sbadato! Come aveva fatto a non accorgersene?

«Cazzo…» sibilò a denti stretti «Ho dimenticato il burro»


 
Angolino: buonsalve! Torno a scrivere un pochetto, cimentandomi con qualcosa di leggero (prima di proseguire con Operazione Chairot, che devo assolutamente finire *pant*). Si tratta di una raccolta di ff su situazioni improbabili che il malcapitato protagonista si ritroverà ad affrontare. Non ci sarà un filo conduttore tra una one-shot e l'altra: solo il personaggio principale rimarrà invariato, ma a seconda delle situazioni potrebbe trattarsi di una AU, di un Crossover oppure di un capitolo in linea con la storia originale. Insomma, dipenderà un po' dall'ispirazione del momento ^^
Naturalmente, le ff non hanno la pretesa di trattare argomenti seri o delicati, ma solo la speranza di far sorridere e divertire il lettore.
Un grazie infinito, quindi, se siete arrivati a leggere fin qui e, al solito, se avete pareri o consigli, mandatemeli pure *_*
A tal proposito, ringrazio Shige per avermi aiutato nelle correzioni della ff e per avermi appoggiato nella tragica idea di dar vita a questa raccolta ^^ Sono sicurissima che le verranno mille altre idee in merito, il che sarà gravissimo perché, conoscendola, saranno tutte idee perfide *_* mi piaceee!
Poi, un grazie specialissimo a Teresa e Greta: considerate questo primo capitolo come una sorta di ringraziamento per i giorni trascorsi insieme <3 per il viaggio in treno che, in fondo, mi ha dato questa orribile idea. Per il supermercato con sessantanove casse e "La fiat cinquecento targata
HHHCCCRRRHHH deve essere urgentemente rimossa". E il bambino disperso tra gli scaffali. E per tutti quegli annunci da supermercato in cui non si capisce una mazza di niente XD

Grazie infinitamente a tutte e tre... siete persone
HHCCCCRRRRRHHHH e vi voglio un sacco di HHHCCCRRRHHH.
Un abbraccio
  
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