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Autore: Master_Chief    01/12/2016    0 recensioni
I geth, guidati dalla Sovereign, stanno per abbattersi sulla Cittadella...per fortuna a difesa della stazione c'è la famigerata Fanteria d'Arresto.
David 'Il Dritto' di Tomasso è codardo ed egoista.
Lenina 'Tatanka' Dreskova è il prototipo del soldato perfetto.
Diversi...ma uniti più in profondità di quanto loro sappiano.
David troverà la Redenzione, scoprendo che c'è sempre qualcosa per cui valga la pena combattere.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Avete presente i libri di storia?
Quando c’è scritto “Napoleone, alla testa di 300.000 uomini portò una decisiva vittoria a…” oppure “Giulio Cesare e le sue Legioni conquistarono…” o ancora “Il Comandante Shepard guidò le forze dell’Alleanza nella battaglia della Cittadella del…”?

I libri di storia raccontano le imprese di grandi generali, eroi senza macchia e senza paura, condottieri audaci. Sono loro i protagonisti della Storia e quei “300.000” di Napoleone, le “Legioni” di Giulio Cesare e “le forze dell’Alleanza” del Comandante Shepard non sono altro che comparse senza nome, come gli scagnozzi che muoiono a centinaia nei film d’azione.

Eppure, a pensarci bene, senza quelle comparse senza nome, il Grande Generale, il condottiero audace e l’eroe senza macchia non sarebbero mai stati tali.

Io sono una di quelle comparse ma, poiché la storia è mia, ho un nome, un cognome e anche un soprannome.
Mi chiamo David di Tomasso. Sono nato a Milano nel 2160. Mio padre è stato militare, come mio nonno e pure mio bisnonno prima di lui. Ecco perché anche io faccio il soldato. In realtà, odio la vita militare e avrei voluto fare un lavoro meno impegnativo: l’impiegato di banca per esempio o magari il barman.

Nel profilo, stilato dai miei superiori, si legge: “soldato mediocre, inadeguato ad incarichi pericolosi, indisciplinato, manca di motivazioni.” Con un tale curriculum mi chiedo: “come è possibile che io sia Soldato Scelto di 1° Classe…scelto da chi?”

Sono inquadrato nella 7° Divisione di Fanteria d’Arresto.
Cos’è la Fanteria d’Arresto? Se la nostra Flotta venisse annientata, se i Marines fallissero, se i Rangers venissero travolti e i riservisti capitolassero, allora ecco che manderebbero la Fanteria d’Arresto. In pratica, siamo l’ultima speranza dell’Umanità o, per dirla meglio, i peggiori soldati in circolazione.
I miei compagni mi chiamano Dritto perché sono il più abile ad imboscarmi, ad evitare i turni di guardia e a scansare le punizioni…che ci volete fare? La natura mi ha concesso queste doti in cambio delle mie scarse capacità combattive.

Ci hanno dislocato sulla Cittadella, il luogo più sicuro della Galassia dove è impossibile che noi si possa combinare casini; nessuno sano di mente si sognerebbe di attaccare la Cittadella, neanche quegli sciovinisti di batarian che sono sempre in guerra con tutto e tutti!

Eccomi qui dunque, in questo glorioso Anno Domini 2183, ad assistere a un incontro di braccio di ferro insieme ad altri 42 soldati urlanti.
Mi vedete? Io sono quello alto con gli occhi scuri, i capelli di foggia militare castani e la giacca dell’uniforme slacciata. Esattamente! Quello con le mani nei capelli e che continua a ripetere ‘NOO! NOO!’
Ho appena scommesso 700 crediti sulla vittoria di uno dei contendenti anzi, della contendente che, in questo momento, sta andando giù in maniera lenta e costante.

Lei è Lenina “Tatanka” Dreskova, una ragazza ventunenne uscita dall’Accademia Militare di Kiev o, come dice lei, di Kiiv.
E’ il mio opposto. Spara meglio di me, corre più velocemente di me, è forte come un toro e agile come una pantera. Non ha paura di niente e di nessuno, cintura nera di ju-jitsu. Capito perché è soprannominata “Tatanka”?
E’ anche silenziosa e riservata, diciamo un po’ tenebrosa; parla poco quasi con tutti e sembra sempre che la morte le cammini a fianco.

E’ entrata nella nostra unità 3 anni fa e, non ho mai capito perché, siamo subito diventati ottimi amici. Facciamo coppia fissa nei turni di guardia o quando siamo di pattuglia. Con me si apre come non fa con nessun altro e, in quei momenti, è anche simpatica.
Se è la mia ragazza? Non scherziamo! Sarebbe anche carina con i suoi occhi castani e tristi, i capelli lisci del colore della notte più oscura e il fisico da lottatrice di wrestling ma mi fa troppo paura…sapete com’è, una frase sbagliata e quella mi spezza l’osso del collo! Le voglio molto bene e credo che anche lei me ne voglia ma non siamo altro che amici.

Il mio cuore batte per Bliss. Una ballerina che lavora all’Antro di Chora. Non so quale sia il suo vero nome, non me lo ha mai detto. Ormai ci frequentiamo da 7 mesi e io me la sogno tutte le notti, avviluppata al suo palo che mi invita sinuosa verso di se.

Ma mi sto dilungando troppo e voi volete sapere cosa ho da raccontarvi. Mettetevi comodi e preparatevi per un ottovolante di emozioni. Si comincia!

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“ 700 crediti in fumo…merda! La paga di due settimane evaporata in 30 secondi! “
Lenina sta perdendo; può capitare se sfidi un artigliere di marina grosso due volte più di te! Non posso certo prendermela con lei, sono io lo stupido ad aver scommesso sulla sua vittoria.

Sto già mettendo mano al mio portafoglio quando Leni cambia presa e comincia a recuperare terreno. Per scaramanzia, da buon italiano, non tolgo la mano dal portafoglio visto che sembra portare bene. L’artigliere comincia a sbuffare e digrignare i denti: ha finito la benzina! E io già sento il profumo di 4.200 crediti fruscianti nelle mie tasche. 4.200 crediti…la mia amica era data 6 a 1!
Chiudo gli occhi fino a quando sento un sonoro TOC sul tavolo, quando li riapro, vedo Leni che mi guarda sorridente. Alzo le braccia al cielo come se avessi vinto io e comincio a fare il giro tra i soldati per recuperare i soldi della scommessa, la russa si alza e si avvia verso l’uscita senza dire una parola.

La raggiungo raggiante facendo schioccare la mazzetta di soldi sul palmo della mano < Siamo ricchi Leni! > Lei sorride ma noto che si tiene la spalla destra e si mordicchia il labbro inferiore < Stai bene? > le domando preoccupato.
< Credo di essermi strappata qualcosa…la spalla mi sta uccidendo! >
< Perché non hai mollato? Nessuno si sarebbe sorpreso! >
< Non potevo farti perdere 700 crediti… > lo dice in un sussurro e distogliendo lo sguardo da me. Piccola Leni…si è quasi rotta un braccio solo per non farmi perdere un po’ di soldi.
< Vieni con me! > le dico con un cenno del capo.

Ci dirigiamo alla nostra camerata e la faccio accomodare sul letto < Togliti la giacca e la camicia. > le ordino bonariamente mentre mi reco al mio armadietto.
Devo cercare a lungo tra calzini sporchi, vestiti appallottolati e riviste pornografiche sgualcite ma alla fine trovo il barattolo contenente la miracolosa Pomata di Tomasso. La produce mia nonna con le patate che coltiva con le proprie mani. Va bene per qualsiasi cosa: strappi muscolari, irritazioni della cute, problemi circolatori, botte e contusioni.

Quando torno da Leni, se ne sta seduta con il braccio destro quasi inerte. Deve farle molto male. Mi inginocchio e prendo con le dita una noce di pomata < Ora sentirai freddo. > l’avviso prima di cominciare a massaggiarle la spalla.
La sento rabbrividire quando le sfioro la pelle < Ha un buon odore…che cos’è? > mi chiede curiosa.
< PomAta di patata…se fosse stata di carota sarebbe stata una pomOta di carota. > rido come un deficiente della mia battuta e anche Leni sorride.
< Scemo! >
Continuo a massaggiarla delicatamente, a lungo e mi ritrovo a fissare le curve dei suoi seni sotto la canottiera attillata. Sposto lo sguardo un po’ più in su verso il volto; sta guardandosi le punte dei piedi e io mi concentro sulla forma del nasino leggermente all’insù. Le lunga ciglia nere sbattono a intervalli regolari e ha le labbra carnose leggermente dischiuse. E’ molto carina, non come Bliss ma molto carina.

< Sei bravo > mi dice ad un tratto < avresti dovuto fare il massaggiatore. >
< Avrei dovuto fare qualsiasi altro lavoro tranne il soldato. >
< Così non ci saremmo conosciuti però… > parla di nuovo in un sussurro e guardando da un’altra parte.
< Sono sicuro che avresti trovato qualche altro sfigato a cui fare da chioccia! > le dico ridendo ma lei non la prende bene. Mi guarda con i suoi occhi tristi e io non capisco cos’ho detto di sbagliato. Cerco subito di rimediare sviando il discorso < Tu piuttosto…con le tue capacità dovresti essere nel programma N7 come minimo. Perché invece resti qui con noi della Fanteria d’Arresto? >
< Mi trovo bene qui e poi… >

Non ho mai saputo qual era l’altra motivazione perché all’improvviso i nostri factotum cominciano a squillare come mai successo prima.
Leni scatta in piedi e si riveste alla velocità della luce < Muoviti Dave! E’ la mobilitazione generale! >

La mobilitazione generale!
Ricordo di aver letto qualcosa al riguardo durante il corso di addestramento ma non ricordo assolutamente quale sia la procedura da seguire. Lenina deve leggermelo negli occhi perché le cascano le braccia < Non hai idea di cosa sia, vero? > io scuoto la testa in risposta < Al diavolo glupo ital'yanets! Attaccati a me e fai quello che faccio io. >

E così faccio. La seguo per i corridoi della nostra caserma fino all'armeria dove, con altri affannati soldati, indossiamo le nostre armature da battaglia e prendiamo l'armamento di ordinanza: il fucile d'assalto Lancer e la pistola Raikou.
Fino a qui, avrei potuto arrivarci anche da solo, purtroppo non ho una gran memoria topografica e non ricordo mai dov'è la sala briefing del mio plotone.
Sembro un papero che segue mamma oca mentre percorro i corridoi attaccato a Lenina.

Siamo tra gli ultimi ad arrivare ma, per fortuna, il Capitano Dreyfuss non c'è ancora. Arriva una manciata di secondi dopo con il suo incedere sicuro e succhiando il suo solito sigaro da due soldi.

< Signore e signori, finalmente un po' d'azione! > esordisce entusiasta, non vede l'ora di iniziare e anche i miei compagni sembrano euforici < L'Ammiraglio Hackett ha ordinato di mobilitarci. Si teme un attacco in forze alla Cittadella e la 7° d'Arresto è tra le poche forze di terra dell'Alleanza disponibili sul posto. Abbiamo l'ordine di dislocarci a difesa delle Ambasciate e del Presidium cercando di fare il possibile per difendere il corpo diplomatico e i civili. > Parla veloce e senza esitazioni. Diretto come un pugno alla bocca dello stomaco. < Noi siamo la Fanteria d'Arresto quindi scordatevi i Mako, scordatevi le Kodiak e scordatevi il supporto aereo! Sarà una battaglia difensiva alla vecchia maniera...uomo contro uomo, mano contro mano! Qualcuno ha qualche domanda? > Noi lo abbiamo soprannominato 'Stronco' e ora procederò ad illustrarvi perché.

Alzo la mano, sbracciandomi per farmi vedere; il capitano mi fa un cenno con la testa acconsentendo al mio intervento < Non dovrebbe pensarci l' SSC a presidiare la Cittadella? >
< L'SSC non ritiene la minaccia degna di nota. L'Ammiraglio Hackett invece sì quindi noi eseguiamo i suoi ordini, chiaro? > si sta già incazzando ma non è ancora cotto al punto giusto.
< Cosa sa l'Ammiraglio che l'SSC non sa? > pongo la nuova domanda senza aspettare che mi sia concessa la parola.
< Il Comandante Shepard ritiene che una flotta geth comandata da un'enorme nave non classificata si stia dirigendo qui per prendere il controllo della Cittadella. Hai altre domande Dritto? >

Se fossi stato furbo, me ne sarei stato zitto e invece no < Quindi, quando il Comandante Shepard 'ritiene', noi, da brave pecorelle, eseguiamo? > ora si è davvero incazzato.
< Di Tomasso, quando l'Alleanza avrà bisogno dei tuoi consigli, ti proporranno al rango di Spettro! > mi risponde urlando < Fino a quel momento te ne stai zitto e buono ad eseguire gli ordini o io ti STRONCO la carriera!!!! > eccolo...capito il soprannome?

Io sorrido appena sento la parola 'Stronco' facendogli raggiungere il limite di sopportazione < Ti credi tanto simpatico, di Tomasso? Allora perché non vai a fare il tuo cabaret con il Capitano Solaris? > Solaris è un turian stronzo, capitano dell'SSC che tratta gli umani come se fossimo ancora ai tempi della Guerra del Primo Contatto. < Vai a comunicargli di persona della minaccia incombente...non abbiamo bisogno di elementi come te nella Fanteria d'Arresto. Chi lo accompagna? >
Nessuno sembra volermi accompagnare...nessuno, tranne Lenina che alza la mano < Lo accompagno io Capitano. >
Stronco la guarda scuotendo la testa e io immagino cosa sta pensando quel coglione: un ottimo elemento come Lenina che si rovina per un deficiente come me.

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Mentre andiamo verso la navetta, sono piuttosto su di giri.
Il mio piano era proprio allontanarmi dal grosso della divisione. Se i geth fossero arrivati davvero, non avevo nessuna intenzione di rischiare la vita! Mi sarei imboscato da qualche parte aspettando l'arrivo della cavalleria. Un piano perfetto.

Lenina non parla da quando abbiamo lasciato i nostri compagni e così, per rompere il silenzio, butto lì sorridendo < Visto che il Dritto ha colpito ancora? >
Lei sta camminando di fianco a me e mi spinge con violenza contro la parete.
Le leggo negli occhi una grande frustrazione e sono certo che mi sta per arrivare un destro dritto sul naso < Perché devi fare sempre così? > mi domanda con la voce tremante.
< ‘Così’ come? > le chiedo confuso.
< COSI’! Sei un soldato, maledizione! Il tuo dovere è combattere se serve, non scappare sempre davanti alle difficoltà! Cosa ti sei arruolato a fare, Dave? Per cosa ti sei arruolato? L’Alleanza? L’Umanità? Ci sarà qualcosa per cui ritieni che valga la pena morire! >
Io mi libero dalla sua presa, stizzito < Mi hanno costretto ad arruolarmi! > le urlo in faccia < Non ho voglia di morire per l’Alleanza o per la Cittadella! Io voglio vivere…perché mi diverto troppo ad essere vivo! >
< Ti diverti ad essere come sei? > mi chiede delusa.
< Certo che mi diverto!!! Non esiste niente in questa schifosa Galassia per cui valga la pena morire! >

Sul suo viso si dipinge l’espressione più triste che abbia mai visto. Riprende la sua marcia senza più replicare ma io sono furioso! La raggiungo e la prendo per il braccio costringendola a guardarmi < E tu? Tu perché hai così voglia di combattere? Per cosa ti sei arruolata? >
Lei mi guarda con odio e mette il broncio senza dire una parola. Non la mollo però e le ripeto la domanda < Per cosa ti sei arruolata, Lenina? >
Capisce che non l’avrei mollata fino a quando non mi avesse risposto < Mi sono arruolata perché, per me, ogni motivo poteva essere valido per morire! > si divincola con forza e vedo chiaramente i suoi occhi riempirsi di lacrime < Vaffanculo Dave!!! VAFFANCULO!!! >

Inutile dire che il resto del tragitto lo passammo in silenzio.
Io pensavo alle sue parole e mi stavo facendo un esame di coscienza. Potevo biasimarmi per non avere voglia di morire? No, Cristo! Chi è quel pazzo demente che ha voglia di morire?
E lei? Cos’avrà voluto dirmi con la sua ultima frase? Donne! Non sono mai chiare sino in fondo; dicono A ma tu devi capire B. Se accennano a C, allora si riferiscono a D. Bah! Meglio non pensarci.

Invece, stavo ancora pensandoci durante il nostro ritorno dal Quartier Generale dell’SSC.
La nostra visita al Capitano Solaris fu un buco nell’acqua. Quel bell’imbusto di turian ascoltò quello che avevamo da dire per poi prenderci per il culo per 10 minuti buoni. Arrivai a sperare che i geth arrivassero davvero per fargli rimangiare tutte le sue canzonature!

< Senti…per quello che è successo prima…io…mi dispiace. > cerco di sotterrare l’ascia di guerra.
< Non fa niente. Sei come sei, non posso farci niente. >replica con un tono di voce funereo, a quanto pare lei non ha nessuna voglia di sotterrarla però.

Torno a guardare fuori dal finestrino. La Cittadella mi passa davanti agli occhi sempre uguale nella sua diversità; le braccia aperte della struttura mi permettono di vedere il nero profondo dello spazio ed è proprio mentre sto guardando il cielo nero che una serie infinita di flash attraggono la mia attenzione.

Mi tiro su dal sedile, avvicinandomi di più al finestrino < Ma che cazzo? >sussurro tra me e me. Non sono flash, sembrano comete ma non è previsto nessuno sciame meteorico e si avvicinano troppo alla svelta. < LENINA!!!! ATTENTA!!!! >

Altro che comete! Quelli sono colpi di cannone sparati da qualche nave ostile e uno di quei colpi viene proprio nella nostra direzione.
Ci colpisce di striscio in coda. La navetta comincia a ruotare su se stessa mentre perde rapidamente quota. Leni lancia un may day che, forse, non sarà ricevuto da nessuno perché la Cittadella è diventato il bersaglio di un tiro a segno.

Vedo la flotta di difesa che si stacca dalle banchine per fronteggiare l’attacco mentre l’abitacolo è una cacofonia di allarmi e sirene. Lenina cerca disperatamente di portare la navetta verso una zona priva di ostacoli. Sento una gran botta, rumore di ferraglia e poi…il buio!

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Devo essere rimasto privo di sensi al massimo per un paio di minuti.
Quando riesco a riaprire gli occhi la flotta di difesa sta ingaggiando i geth e non sembra che stia vincendo. Lenina è ancora svenuta nel posto del pilota; le tolgo le cinture di sicurezza e la trascino fuori dalla cabina prima che la navetta prenda fuoco. Solo allora, comincio a schiaffeggiarla per farla rinvenire.

< Oh! Che botta! > esclama portandosi una mano alla testa < Cos’è successo? >
< Il Comandante Shepard aveva ragione! Sono arrivati i geth! > le rispondo indicando le navi simili ad insetti che stanno massacrando la Cittadella.
Lei rimane a fissare il cielo con la bocca aperta mentre io comincio a camminare avanti e indietro, quasi in preda al panico.

< Dobbiamo muoverci…ricongiungerci con la 7° e organizzare la difesa. > mi ordina mentre si rialza.
< Sei pazza? Dovremmo trovare un posto dove nasconderci e aspettare la cavalleria! Questi sono geth! Geth…ti rendi conto? Macchine che non provano dolore, non hanno pietà e non hanno paura! > ammetto che stavo facendo una vera figura di merda.

Lei mi si avvicina e mi prende il volto tra le mani < Ascoltami…dobbiamo continuare a muoverci se vogliamo rimanere vivi e avremo più possibilità con il resto della divisione che in due. Non posso darti il coraggio se non ce l’hai…ma da sola non possa farcela! > mi fissa negli occhi per capire se avessi afferrato il concetto e io annuisco con il capo < Ora cerca di fare l’uomo per una volta in vita tua! Da che parte andiamo? >
La ramanzina mi ha calmato un po’ e riacquisto le mie facoltà mentali. Mi guardo in giro e mi accorgo che, due braccia della Cittadella alla nostra sinistra, sono un vero inferno di esplosioni e traccianti che zigzagano in ogni direzione; faccio notare la cosa alla mia compagna e decidiamo di recarci lì.

Non esiste un percorso diretto tra le braccia della Cittadella a meno di avere una navetta, quindi bisogna raggiungere gli ascensori posti all’inizio delle braccia per poter cambiare sezione della struttura.
Mentre stiamo camminando verso gli ascensori, mi ritrovo a sperare di non incrociare nessun geth durante il percorso. La mia speranza va in fumo solo 5 minuti dopo.

Procediamo lentamente, rimanendo al coperto degli edifici, restando all’erta per ogni eventuale minaccia. Mamma oca davanti e il suo paperotto dietro.
Stiamo per svoltare un angolo quando Leni, con un gesto della mano, mi intima di fermarmi; la raggiungo e sporgo la testa oltre l’angolo. Una dozzina di soldati geth sono disposti a cerchio, immobili, scrutando l’orizzonte a 360°.
Probabilmente è una pattuglia di avvistamento pronta a chiamare i rinforzi al minimo movimento sospetto.

Leni controlla il Lancer e sono certo che, se non l’avessi fermata, si sarebbe gettata all’attacco.
Invece ho un’idea. Per raggiungere gli ascensori non c’è solo la strada di superficie ma anche quella sotterranea, dove passano le linee di rifornimento e noi siamo proprio sopra uno dei boccaporti di accesso. Leni mi guarda stupita e sembra domandarsi come mi sia venuta un’idea così brillante; fingo di non accorgermi del suo sguardo stupito ma, dentro di me, sono incazzato nero.

Le vie sotterranee sono sgombre dai geth anche se comunque non siamo soli.
Durante il tragitto incontriamo altri sopravvissuti: sono soprattutto civili, qualche agente dell’ SSC, sbandati turian, commando asari, piccoli gruppi di soldati dell’Alleanza di ogni arma e un paio di SOS salarian.
In breve tempo diventiamo una colonna di disperati che si muove senza una meta precisa. Sappiamo di dover raggiungere gli ascensori e poi?

Le storie che raccontano i nostri compagni sono una più sconfortante dell’altra.
Dicono che la Cittadella ormai è perduta e che della flotta di difesa siano rimaste poche navi. Dicono che un’astronave enorme, tanto grande da far sembrare la Destiny Ascension una pulce, si sia fatta strada fino al centro della Cittadella. Un marine sostiene che la 7° divisione sta resistendo alle Ambasciate e io provo uno strano moto d’orgoglio a sapere che i miei compagni si stanno coprendo d’onore; un artigliere assicura che la Flotta dell’Alleanza sta per arrivare e che dobbiamo solo resistere ancora un po’.

Io sto zitto e nella mia testa si accavallano milioni di pensieri; penso fugacemente a Bliss e mi chiedo se sta bene o se dovrei fare qualcosa per lei. Risolvo il mio quesito pensando che, in fondo, non so neanche come si chiama e che in qualche modo se la caverà. Mi sento uno schifo e ci metto un po’ a capire che quell’oppressione che sento allo stomaco non è solo paura: è vergogna. Mi sto vergognando di me stesso.

Lenina non mi parla quasi più se non con monosillabi, si è attaccata a un marine con la faccia da duro e le sue attenzioni per me sono ridotte all’osso. Vaffanculo anche a lei!

Incontriamo anche il Capitano Solaris e un paio di agenti SSC; distoglie lo sguardo dal mio quando lo guardo con un ghigno irridente. Vorrei fargli notare la sua stupidità ma non avrebbe senso. Nulla ha più senso a questo punto.

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Quando arriviamo agli ascensori, ci sentiamo sollevati di non trovare neanche un geth in vista poi subito dopo siamo presi dallo sconforto perchè ci rendiamo conto che tutti gli ascensori sono stati messi fuori uso.

Il Capitano Solaris, dopo un rapido consulto con chi sa combattere, decide di attestarci in posizione difensiva. Ci sono troppi civili tra di noi e pensare di raggiungere la 7° a piedi è pura follia. Dobbiamo solo sperare che la flotta dell’Alleanza arrivi alla svelta.

Per me, è un suicidio anche rimanere lì ad aspettare che i geth ci individuino e penso a un’ennesima via di fuga.
Noto un corridoio con un bel cartello “HANGAR” sulla mia destra e un piano comincia ad affacciarsi nella mia mente. Io e Lenina potremmo sgattaiolare verso una navetta, prenderla e aspettare il momento buono per fuggire; magari quando arriverà la flotta dell’Alleanza, distogliendo così l’attenzione dei geth da una semplice kodiak in fuga.

Mi avvicino a Lenina e la allontano dal marine con la faccia da duro.
Le spiego rapidamente il mio piano e lei ascolta sempre con quegli occhi tristi che mi fissano.
< E gli altri? I civili? Vorresti lasciarli qui? > mi domanda in un filo di voce.

Sto per rispondere che, di quei civili, non mi interessa proprio un cazzo quando giunge alle nostre orecchie un grido d’allarme < ARRIVANO!!!! GETH IN ARRIVO!!!!! >
Volgiamo lo sguardo verso il punto indicato dalla sentinella e io mi sento quasi mancare. Sono tanti! Fanteria soprattutto ma ci sono anche squadre lanciarazzi e un Colosso Geth grande da fare impressione. I nostri soldati cercano riparo, anche qualche civile raccatta un’arma e si mette in posizione mentre donne, bambini e anziani si rifugiano in ogni possibile stanza che sia al riparo dall’imminente battaglia.

Lenina sta per andare verso gli altri soldati ma io la fermo afferrandola per un braccio < Vieni con me Leni! E’ un suicidio rimanere qui! > le dico nel modo più convincente possibile.
< Io resto qui Dave…è il mio dovere e poi te l’ho detto: per me, ogni motivo è buono per morire. > mi accarezza una guancia e poi mi da un bacio sfiorandomi le labbra < Tu vai…ci vediamo più tardi! >
Mi dice ‘Arrivederci’ ma io sono sicuro che quello sia un addio bello e buono. Resto lì immobile per secondi infiniti, solo quando cominciano a fischiare i primi proiettili mi volto e imbocco il corridoio di corsa.

Corro come un fottutissimo maratoneta verso la mia via di fuga. Sento i polmoni bruciare e il cuore battere a mille…nella mia testa si ammucchiano pensieri delle più svariate forme. Scorrono così veloci che non riesco a focalizzarmi su nessuno di essi.
Penso di aver corso a perdifiato per almeno 10 minuti prima di vedere finalmente l’ingresso dell’hangar. Mi mancano una ventina di metri quando mi fermo all’improvviso.

Tra tutti quei pensieri che fluiscono, ne è arrivato uno che stavo per fare scappare come tutti gli altri. Invece il mio cervello si aggrappa ad esso come un freeclimber si avvinghia al più piccolo appiglio della parete un secondo prima di cadere nel vuoto.

Non è propriamente un pensiero ma un’immagine possibile del mio futuro.
Un’immagine in cui non riesco ad intravvedere la presenza di due occhi castani e tristi che mi confortano. Un’immagine dove non ci sono capelli lisci del colore della notte più oscura da accarezzare. Niente nasino che punta all’insù…niente ciglia lunghe che sbattono regolari mentre osservo, senza farmi vedere, due labbra carnose leggermente dischiuse.

Mi porto la mano in faccia e sfioro con due dita le labbra dove, solo 10 minuti prima, ho assaporato il calore della donna che amo.
Cazzo! Io la amo…l’ho sempre amata da quando l’ho vista la prima volta! Solo che avevo troppa paura di ammetterlo a me stesso; era molto più semplice concentrarsi su una ballerina di cui non sapevo neanche il nome.

D’un tratto realizzo che c’è qualcosa di peggio della morte: una vita senza Lenina al mio fianco con il rimorso di averla abbandonata senza neanche tentare di salvarla.
Sento le guance calde e umide e mi rendo conto che sto piangendo. Il peso che avevo sullo stomaco è sparito ma resta la paura…non di perdere la vita ma di non poter salvare lei.

Non so se vi siete mai resi conto di aver deluso qualcuno, siete mai stati presi a calci nel culo o se avete mai fallito, ma sono quelli i momenti che ci definiscono, ci spingono oltre i limiti di ciò che credevamo possibile e ci costringono a compiere delle scelte... non importa a quale prezzo.

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Quando finalmente riesco a sbloccarmi da quello stato catatonico, realizzo che devo affrontare un grosso problema anzi, un ‘Colosso’ di problema!
Anche tornando indietro, non avrei potuto fare gran che per Leni e gli altri. E’ in questo momento che ho un flash…ricordo le parole che ho detto a Lenina poco fa: ‘è un suicidio!’ Suicidio mi fa pensare subito alla parola ‘kamikaze’ e, come un fulmine a ciel sereno, so esattamente cosa devo fare.

Raggiungo l’hangar e, per la prima volta in 23 anni, prego sinceramente Dio di farmi trovare ciò che mi serve. Non so se sia stato Dio ad ascoltare le mie preghiere o se sia stata semplicemente la fortuna, fatto sta che nell’hangar c’è una navetta Kodiak perfettamente funzionante e, in un angolo, 4 missili Tanix perfettamente allineati contro la parete.

Corro ai missili e comincio a mettermi al lavoro.
Smonto le testate esplosive e tolgo la sicurezza di innesco; le prendo una per una e le carico sulla Kodiak, sul sedile di fianco al pilota. In un magazzino trovo anche un centinaio di bombe a mano e le carico anch’esse nella stiva della navetta, aggiungendoci qualche esplosivo e una ventina di caricatori.
Farà un gran botto quella navetta quando si schianterà contro il Colosso…peccato che non riuscirò ad assistere alla deflagrazione.

Mi siedo al posto di guida e rimpiango di non aver mai seguito con attenzione le lezioni di guida della Kodiak ma, in fondo, l’ho vista manovrare cento volte. Posso farcela!
Mi affido al manuale di bordo per le procedure di accensione e bestemmio come uno scaricatore di porto quando sbaglio bottone e invece di accendere i motori, lascio partire le contromisure che inondano l’hangar di fumo.

Dopo vari tentativi, la navetta si alza dal suolo e mi ritrovo a parlare da solo come un matto mentre faccio un rapido check < Il motore, funziona. Gli stabilizzatori, stabilizzano. I comandi, comandano. I flap…flappano? Al diavolo…sarà un breve viaggio…all’opera, di Tomasso! >

Sbatto un paio di volte contro le pareti della stanza mentre prendo confidenza col mezzo. Mi accorgo di non aver aperto le porte per uscire con la navetta e mi attacco al grilletto dei mitragliatori. Scarico quasi tutte le munizioni ma alla fine al posto della porta c’è un bel buco dove mi infilo a gran velocità. Quando sono fuori, mi guardo in giro ma della flotta dell’Alleanza non c’è ancora traccia.

Cerco di orientarmi per tornare verso la zona della battaglia e, per la seconda volta, lascio partire una bestemmia sonante, imprecando contro il mio pessimo senso dell’orientamento. Un’esplosione sulla mia sinistra mi aiuta a capire dove dirigermi e, facendo sobbalzare la navetta, vado in quella direzione.

Quando arrivo, mi rendo conto che la situazione dei miei alleati è praticamente disperata.
Stanno combattendo a brevissima distanza con i geth e il Colosso non da loro tregua continuando a sputacchiare le sue palle di plasma.

Allineo la navetta con il suolo e scendo quasi a sfiorare il terreno, scaricando quello che rimane delle munizioni sulle linee geth per alleggerire la pressione che stanno facendo sulle nostre linee. Vedo qualche soldato alleato che indica la mia navetta e io, come un cretino, sfarfallo a destra e a sinistra in segno di saluto mandando quasi in stallo la Kodiak; riesco a riprenderla un secondo prima di schiantarmi contro un palazzo.

Non ho più munizioni e mi porto in quota, faccio un largo giro per tornare da dove sono venuto e mi metto in linea con il Colosso; butto giù il muso quasi a 60° e lo punto deciso in picchiata.
Il ‘BANZAI’ che urlo mentre scendo a 200 miglia orarie, credo sia stato sentito fino su Thessia.

Il Colosso geth si concentra su di me e comincia a spararmi le sue palle di plasma, per fortuna spara abbastanza a cazzo…80 metri.
Anche la fanteria geth mi prende di mira ma ormai ce l’ho quasi fatta…40 metri.
Calcolo che mancano 10 metri all’impatto quando tiro la leva dell’espulsione di emergenza e i propulsori posti sotto il seggiolino mi spingono lontano dalla navetta. Non vedo l’esplosione ma la sento…Dio se la sento! L’onda d’urto mi raggiunge sbalzandomi ancora più in alto; io ho gli occhi serrati e con le mani mi tengo stretto al seggiolino fino a quando uno strattone mi fa capire che il paracadute si è aperto.

Mi guardo in giro e maledico la sorte perché sto finendo dalla parte opposta rispetto alle linee amiche. Alcuni soldati geth mi sparano addosso, io mi attacco al Lancer per proteggere la caduta ma mi rendo conto che, così lento, sono un facile bersaglio. Afferro il pugnale che ho infilato nello scarpone e taglio le corde del paracadute.

Faccio un volo della Madonna da un’altezza di 10 metri. E mi viene in mente quella storiella del tizio che cade da un palazzo di sessanta piani.
La conoscete? No? Beh…c’è un tizio che sta cadendo da un palazzo di 60 piani. Ad ogni piano continua a ripetersi ‘Fin qui, tutto bene! Fin qui, tutto bene!’…il problema non è la caduta ma l’atterraggio! In fondo, siamo tutti come Icaro: incapaci di intendere e di volAre.

Mi schianto al suolo ma, fortunatamente, la caduta è attutita da quello che una volta doveva essere il tavolo di un ristorante. Quando mi rialzo sento dolori ovunque, in particolare la caviglia destra fa fatica a sostenere il mio peso. Non mi curo dei dolori e imbraccio il Lancer.

[NdA – Quando ho scritto questo racconto, ho immaginato questa colonna sonora da qui in avanti. https://www.youtube.com/watch?v=r_7iRVtxui8 opzionale]

< LENINA!!!! >
Comincio a gridare il suo nome mentre avanzo allo scoperto sparando a ogni cosa che si muove.

< LENINAAA!!!! >
Non mi curo dei proiettili che mi fischiano intorno e continuo ad avanzare sparando. Forse è il caso o solo fortuna ma la mia mano non è mai stata così ferma e il mio occhio così preciso: centro quelle schifose macchine con ogni raffica che lascio partire.

< LENINAAAAA!!!! >
Sento come un pugno alla spalla destra che mi fa cadere all’indietro ma mi rialzo subito. Una sensazione di bagnato mi scorre per tutto il braccio. Sono stato colpito.

< LENINAAAAA!!!! >
Mi illudo di riuscire a sovrastare con la mia voce il rumore degli spari. Sparo così a lungo che il Lancer si surriscalda, lo butto via stizzito e prendo la pistola. Un colpo, un centro.

Un altro pugno alla gamba mi fa mettere in ginocchio ma mi rialzo ancora poi mi sento toccare alle spalle, mi giro con la pistola spianata pronto a fare fuoco ma quello non è un geth…è un turian che mi dice qualcosa < Tranquillo ragazzo! Ce l’hai fatta…ce l’hai fatta! Ci hai salvati! >

E’ il Capitano Solaris quel turian. Mi spiega che dopo che ho fatto saltare per aria il Colosso, i soldati alleati hanno tentato una sortita cercando di venirmi a prendere.
Quello continua a parlare ma io neanche lo sento. Continuo a gridare il nome di Leni e a guardarmi intorno per cercarla. Niente, non riesco a vederla!
Sento gli occhi riempirsi di lacrime…sono arrivato troppo tardi!

Poi sento il mio nome, il suono arriva da lontano ma non capisco da dove.
Giro la testa in ogni direzione fino a vedere in lontananza una figura che mi corre incontro agitando le braccia.

< Leni? LENI!!!! > cerco di raggiungerla cadendo ogni tre passi; mi sgancio il casco e lo lancio lontano poi mi libero della pistola che ancora tengo stretta nella mano destra.
Più ci avviciniamo, più il mio cuore si gonfia come un palloncino pronto ad esplodere.

Finalmente riesco a stringerla tra le mie braccia < L’ho trovato, sai? Ho trovato un motivo per cui valga la pena morire…sei tu Leni! Tu! Io ti amo…ti amo! Ho visto…ho visto la mia vita senza di te e sarebbe stata peggio di morire… > parlo a raffica lasciando uscire le parole senza controllarle.
Non capisco se lei stia piangendo mentre ride o se stia ridendo mentre piange, so che continua a ripetere ‘Sapevo che saresti tornato! Sapevo che saresti tornato!’

La discosto leggermente da me e le nostre bocche si avvicinano.

Ci baciamo. Ci baciamo a lungo senza prendere respiro. Ci baciamo talmente a lungo da perderci tutto il gran finale con i fuochi d’artificio: la flotta dell’Alleanza che arriva, le navi geth che vengono distrutte una dopo l’altra e la Sovereign, quella grande nave al comando dei geth, che viene abbattuta.

Non so davvero cosa il futuro ha in serbo per noi ma, dopo oggi, so per certo che io, David di Tomasso, non ho più paura…e c’è qualcosa, nello sguardo di Lenina, che mi fa capire che anche lei, finalmente, ha ritrovato un motivo per vivere.

   
 
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