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Autore: Losiliel    02/12/2016    6 recensioni
Il salvataggio di Maedhros da parte di Fingon in chiave moderna.
Una Russingon modern-AU.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Celegorm, Curufin, Figli di Fëanor, Fingon, Maedhros
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'First Age Daydream'
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OPERAZIONE THANGORODRIM

 


[ WARNING per AU, per slash, e per carenza di spessore. È stato solo un gioco, niente di più. ]
 

 

 

 

 

CAPITOLO 1

dove si riaprono vecchie ferite

 

 

 

Fingon aprì gli occhi e si chiese cosa l'avesse svegliato. Ci mise un po' per capire che erano colpi contro la sua porta d'ingresso. Si tirò il cuscino sulla testa e cercò di ignorarli. Chiunque fosse, se non avesse ricevuto risposta, se ne sarebbe andato presto.

– Fingon, apri, lo so che ci sei!

Forse non così presto, pensò, premendosi ancor di più il cuscino sulle orecchie.

Qualcuno si mosse nel letto di fianco a lui. – Fallo smettere.

Cercò di ricordare gli ultimi eventi della sera precedente per dare un nome alla persona che aveva parlato, ma un forte martellare alle tempie e quei colpi incessanti alla porta non gli rendevano il compito facile.

Sollevò appena il viso dal materasso e borbottò: – Mmmchi sei, che vuoi? Vattene.

– Sono tuo cugino.

– Vero o mezzo? – biascicò Fingon, che ne aveva parecchi, di entrambi i generi.

– Mezzo, deficiente, lo sai benissimo chi sono! Apri questa maledetta porta o la butto giù io.

Fingon gliel'aveva già visto fare una volta, non aveva alcuna intenzione di vedergli ripetere l'impresa. Si alzò barcollante, avvolgendosi senza troppa cura il lenzuolo attorno ai fianchi, si trascinò fino all'ingresso e girò la chiave.

All'istante la porta si spalancò, facendo entrare l'aria gelida del pianerottolo.

Sulla soglia c'era un ragazzo in un giubbotto grigio e jeans scoloriti, più o meno della sua altezza. Le ampie spalle e la muscolatura pronunciata, che si poteva intuire sotto la giacca imbottita, gli conferivano l'aria di uno che non conviene contraddire. O forse, più che dall’aspetto fisico, l'impressione era data da quel suo sguardo d'acciaio, che lo accomunava ai suoi numerosi fratelli.

Tra i suoi capelli chiari, arruffati dal vento, era rimasto impigliato qualche fiocco di neve, e Fingon, che lo conosceva dalla nascita, sapeva che il rossore sul suo viso era dovuto soltanto al freddo, e non all'imbarazzo per averlo sorpreso mezzo nudo con un ospite nel letto. "Imbarazzo" era una di quelle parole che non rientrava nel vocabolario di chi gli stava di fronte.

Celegorm Tyelkormo Fëanorion, figlio del fratellastro di suo padre.

Del defunto fratellastro di suo padre, si corresse. Erano già passati due anni dalla morte dello zio.

– Che vuoi Ty? – chiese Fingon, massaggiandosi le tempie nel vano tentativo di lenire le fitte alla testa.

– Devo parlarti – Celegorm lanciò un'occhiata oltre le sue spalle al ragazzo che, rimasto sul letto senza la protezione del lenzuolo, stava freneticamente tentando di infilarsi un paio di pantaloni.

– Da solo – aggiunse.

Fingon si voltò e si schiarì la gola. – Meglio che tu vada, adesso… – fece di nuovo un vano tentativo di recuperare un nome, poi vi rinunciò, – ti chiamo dopo.

Celegorm si avvicinò al giovane, gli mise in mano scarpe e camicia e lo accompagnò fuori dalla porta. L'altro riuscì a malapena ad afferrare al volo la sua giacca appesa in ingresso e a balbettare qualcosa come "ma non hai il mio numero", che la porta fu chiusa dietro di lui.

Fingon, rassegnato, si infilò una felpa e un paio di pantaloni della tuta e si diresse alla penisola che separava l'angolo cottura dal resto del monolocale. Il cugino lo seguì e si sedette su uno sgabello, appendendo il giubbotto al basso schienale. Allontanò due bottiglie di vino vuote, che si trovavano sul bancone davanti a lui, approvando la loro presenza con una smorfia esplicita delle labbra.

Fingon preparò due caffè, mise una tazza davanti a Celegorm, gli si sedette di fronte e cominciò a sorseggiare il suo. Solo allora si sentì in grado di affrontare una conversazione.

– Dimmi, cosa ti porta a rovinarmi la giornata e a terrorizzare... ehm… il mio compagno?

L'altro non abboccò.

– Il tuo compagno? A me sembra di averti appena semplificato le cose.

Lui non perse tempo a negarlo. Il mal di testa lo stava uccidendo e non voleva far altro che tornare a dormire.

E poi Celegorm lo conosceva fin troppo bene. Erano stati inseparabili compagni di banco per tutta la durata della scuola dell'obbligo, la loro amicizia andava ben oltre il fatto che avessero avuto un nonno in comune.

Prese un altro sorso di caffè e attese che il cugino si decidesse a spiegargli il motivo per cui era piombato nel suo appartamento con tanta urgenza.

Non dovette aspettare molto. Celegorm posò i palmi delle mani sul bancone, come se avesse bisogno di un punto d'appoggio, alzò il viso fino a incrociare il suo sguardo e disse: – Si tratta di Maedhros.

Il cuore di Fingon perse un battito.

Ancora, dannazione, dopo più di due anni.

– È dall'altroieri che non abbiamo sue notizie – precisò il cugino.

Lui cercò di tenere la voce sotto controllo: – E allora? Non è più un problema mio.

E si maledisse per essere scivolato su quel "più".

L'altro proseguì, imperterrito: – Temo gli sia successo qualcosa. Anche alla Tirion nessuno l’ha visto, e non è da lui saltare il lavoro.

– Continua a non essere un problema mio. – Questa volta Fingon riuscì a mantenere un tono deciso e l'espressione dura. – Hai altri cinque fratelli, Ty, e un bel numero di cugini che potremmo definire neutrali senza dover venire a scomodare l'unico che non ha motivo di aiutarti. 

Celegorm si passò una mano sul volto, poi nei capelli umidi, infine la riappoggiò sul tavolo davanti a sé. Fingon si accorse solo in quel momento delle occhiaie che gli segnavano il viso, di solito pieno di vita, e la compassione per il suo amico prese il sopravvento. Non ebbe il coraggio di cacciarlo di casa, e decise che avrebbe ascoltato ciò che era venuto a raccontargli, anche se ciò che era venuto a raccontargli avrebbe riaperto vecchie ferite.

Il cugino sembrò interpretare il suo silenzio come un'autorizzazione a procedere e disse: – Maedhros era alla ricerca di indizi sulla morte di papà. La riteneva collegata all'omicidio del nonno.

A lui per poco non andò per traverso il caffè che stava sorseggiando.

– Ma quali indizi? – domandò interdetto, – lo zio Fëanor è stato vittima di un incidente stradale e il nonno… beh, lo sappiamo… era nel posto sbagliato al momento sbagliato. 

Nella villa di Fëanor in collina. Solo. Quando qualcuno si era introdotto per derubarla e la rapina era finita in tragedia.

– Che diavolo, Ty! – esclamò Fingon, che ancora soffriva al ricordo. – Tenevate in casa quei maledetti brevetti o prototipi, o dio solo sa cosa fossero...

Quel paranoico di Fëanor! La sua indiscussa genialità era andata di pari passo con le sue ossessioni. A un certo punto si era messo a dubitare di tutti, persino del suo fratellastro e socio, e aveva cominciato a portarsi a casa le sue invenzioni per paura che gliele trafugassero. 

– Esatto! – esclamò Celegorm con fervore, – e secondo te, dei ladri qualsiasi sarebbero stati in grado di riconoscere quello che si sono trovati per le mani? È ovvio che sono stati mandati da qualcuno.

– Oddìo, non ricomincerai ancora con quella storia del complotto? – Fingon l'aveva già sentita mille volte: la perfida multinazionale che per mettere le mani sulla Tirion sarebbe arrivata al punto da commissionare un furto, o addirittura un omicidio! Roba buona per un film di spionaggio industriale di serie B.

E comunque, poco importava quanto l'ipotesi potesse essere verosimile. Per lui il problema era di un altro genere.

Una promessa fatta a sé stesso due anni prima.

Mai più.

Scosse il capo e allontanò la tazza come per allontanare i dubbi da una decisione già presa.

– Io non voglio entrarci. Lo sai com'è finita con tuo fratello.

Celegorm si protese in avanti e sembrò sul punto di rispondere, ma poi chinò il capo e annuì.

– Lo so. Ma mi sembrava giusto avvertirti.

E in un attimo era in piedi, col giubbotto in mano, pronto ad andarsene. Ma prima di uscire disse: – Nel pomeriggio ci troviamo tra noi fratelli per decidere cosa fare. Se ti va di venire, fammelo sapere.

La porta non si era ancora chiusa del tutto, che Fingon si alzò di scatto e imprecò ad alta voce.

Prese le bottiglie di vino e le gettò con forza nel secchio del vetro. Depositò le tazze nel lavello con solo un po' più di delicatezza.

Incapace di stare fermo, cominciò a camminare avanti e indietro per il suo monolocale. Bastavano pochi passi per andare da una parete all'altra.

Maledizione, la sua vita aveva appena ricominciato a girare per il verso giusto!

Era riuscito a laurearsi con un voto più che buono e stava conducendo uno stage presso un'importante società, terminato il quale il padre gli aveva chiesto di andare a lavorare con lui nell’azienda di famiglia.

Con tutta probabilità non avrebbe accettato, alla Tirion ci lavorava anche Maedhros e lui non aveva la minima intenzione di tornare a incrociare la sua strada, ma il solo fatto che Fingolfin gliel'avesse domandato dimostrava quanto fosse cambiata in pochi anni l'idea che il padre aveva di lui.

È vero, la sua vita sentimentale rimaneva un completo disastro, ma proprio il giorno prima si era detto che avrebbe potuto dare una possibilità a questo ragazzo, che gli sembrava promettente sotto vari aspetti. Tanto per cominciare non era troppo alto, e non aveva i capelli rossi.

E invece ecco che il passato tornava ad afferrarlo come se non fosse trascorso un solo giorno dal momento in cui aveva visto tutta la sua vita inabissarsi davanti ai suoi occhi.

E quello che lo faceva infuriare di più era che sapeva che non sarebbe riuscito a sottrarsi a quella presa. Anzi, peggio ancora, che non ci avrebbe neppure provato, nonostante le parole che aveva detto a Celegorm per mandarlo via, o ciò che andava ripetendo a sé stesso, in continuazione, mentre camminava come un automa avanti e indietro.

Mai più.

Dal momento in cui il cugino aveva pronunciato quel nome, e forse anche da prima, dal momento stesso in cui si era presentato alla sua porta carico di cattive notizie, Fingon aveva saputo che non si sarebbe tirato indietro.

Semplicemente, non poteva.

Borbottando quella che, ne era certo, non sarebbe stata l'ultima imprecazione della giornata, interruppe la sua marcia ossessiva e recuperò il cellulare dal comodino. Fece scorrere le chat di whatsapp fino a trovare Ty, poi digitò.

- A che ora?


 

 

_______________

 

Ringraziamenti

Un primo, enorme, sentitissimo ringraziamento a Kanako91 che ha betato la storia. Il suo aiuto è stato fondamentale per rendere questo racconto molto (credetemi, MOLTO) migliore di quanto non fosse nella sua prima stesura.

Un ringraziamento a voi lettori per aver deciso di affrontare anche questo mio esperimento. Spero di riuscire a regalarvi qualche momento di evasione e di farvi divertire almeno la metà di quanto mi sono divertita io nello scriverlo.

Infine, un ringraziamento speciale a LiveOakWithMoss, perché è stata la lettura della sua Dancing With My Punchlines a spingermi a fare questa piccola incursione nel mondo delle modern-AU. Se dovessi essere scivolata in headcanon non miei, sono senz'altro da ricercare negli ottanta capitoli della sua opera eccezionale.

 

Note sulla pubblicazione

Fino a Natale, la storia verrà aggiornata ogni lunedì e ogni venerdì.
Più avanti, a causa di impegni che mi terranno offline per qualche giorno, l'aggiornamento avverrà il mercoledì e il giovedì.
In ogni caso, non mancherò di segnalare al termine di ogni capitolo quando verrà pubblicato il successivo.

Detto questo, se vorrete seguirmi, vi aspetto LUNEDÌ prossimo con il secondo capitolo!

 

  
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