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Autore: Rosebud_secret    02/12/2016    8 recensioni
“Stia lontano da me!”, gridò, accovacciandosi a terra nell’angolo, la testa stretta tra le mani come a volersi proteggere.
Graves lo guardò dall’alto, la rabbia e il dispiacere a deturpargli il volto. Si levò di dosso il cappotto e lo abbandonò sulla scrivania, prima di chinarsi a sua volta, senza avanzare.
“Ascoltami, Credence: tutto quel che ti ha detto tua madre sulla magia non è altro che un preconcetto partorito dall’ignoranza e dalla paura. I maghi non sono persone malvagie, non rapiscono bambini nei loro letti per sacrificarli al demonio, né stuprano vergini in suo nome. Sono persone come tutte le altre, perseguitate e massacrate per secoli solo perché nate con un dono che le differenziava dalle masse. Guardami, ti sembro forse un uomo cattivo?”
Genere: Angst, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Credence, Barebone, Gellert, Grindelwald
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Altro contesto
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Benvenuti a tutti,
di rado sento il bisogno di mettere le n.d.A anche in apertura, ma dato il clamore che sta facendo questa ship e tutti i casini derivati, perché OMMIODDIO è badwrong/abusive, brucerete all’Inferno se li shippate eccetera-eccetera (sembra di esser circondati da tante madri di Credence), mi pare necessario.
Informo subito chi legge che il rating della storia parte con l’arancione ma potrebbe variare al rosso. Ciò non solo per la probabile presenza di una lemon futura, ma anche per i contenuti generali, non inerenti alla ship, che saranno “delicati” come si dice qui. Chiariamo anche un’altra cosa: non sappiamo quanti anni abbia Credence, c’è chi dice sedici, c’è chi dice diciotto, c’è chi dice venti e c'è chi gioca i numeri al lotto. Qui ne ha diciotto, glielo farò dire anche all’interno del testo. Se la Rowling, in un prossimo futuro, dovesse chiarire l’impasse e Credence dovesse risultare minorenne, epurerò la fanfiction da tutti quegli elementi che infrangono il regolamento del sito.
Ultima cosa, poi ci rivediamo in fondo: questa non è una storia d’amore e Grindelwald/Graves non è il principe azzurro di nessuno. È un uomo complesso, con molte sfumature. A titolo personale lo apprezzo molto come personaggio, ma lo faccio proprio perché è subdolo e macchinatore. Non è nel mio interesse, e, suppongo, neppure nel vostro, renderlo una patata romantica.
La storia coprirà il frangente di tempo che comincia dalla conoscenza tra i due, sino agli eventi del film. A volte potrà sembrare che io stracci la continuity, ma non sarà così, questo è un prequel ideale che è in linea con gli eventi del film. Ovviamente è la mia personale interpretazione, non sono nella testa della Rowling, ma sarò accurata il più possibile.
Scusate il pippone iniziale, ma a volte sembra di dover passar dall’avvocato per poter pubblicare una storia.
Buona lettura!

 

 
 
 
Credence camminava a testa bassa lungo il marciapiede. Sapeva di star correndo un grosso rischio a lasciare la sua postazione, ma aveva finito i volantini e sua madre era dall’altra parte di Manhattan per tenere uno dei suoi comizi, non se ne sarebbe accorta.
Non poteva accorgersene.
E poi era troppo curioso di sapere cosa stava succedendo. Non capitava certo tutti i giorni di vedersi recapitare un biglietto da un gufo.
No, non capitava proprio. O, quanto meno non a lui.
Da principio aveva pensato a un qualche scherzo, o magari ad uno di quegli addestratori del circo venuto in centro a fare un po’ di pubblicità ai suoi spettacoli, ma non era riuscito a notare nessun bizzarro individuo lungo la via.
Il circo… una volta aveva pensato di scappare per unirsi a dei saltimbanchi di passaggio, ma non era arrivato neanche alla fine dell’isolato. Non sapeva fare niente, non l’avrebbero voluto, sarebbe stato solo un’altra, inutile, bocca da sfamare. Aveva fatto bene a tornare indietro e ora, solo il pensiero che sua madre potesse venir a sapere di quella sua peccaminosa fantasia gli faceva accapponare la pelle per il terrore. I saltimbanchi erano persone maligne, empie, adoratori del demonio.
Srotolò il piccolo biglietto, ancora incredulo. Si fermò persino, per concentrarsi meglio e rileggere con fatica quella breve frase. Non aveva mai imparato a farlo bene, sua madre sosteneva che non gli sarebbe mai servito: presto l’avrebbe mandato a lavorare in una qualche fabbrica e in catena di montaggio leggere è inutile.
“Ca… caro Credence…”, bofonchiò a mezza voce, muovendo qualche altro passo, “Av...av...rei pia...cere di…”
Qualcuno lo colpì con una spallata, sbalzandolo contro un palo della luce.
“E guarda dove vai, cretino!”, si sentì apostrofare.
“C-chiedo scusa.”, balbettò, affranto e dolorante, ma l’altro se n’era già andato. Credence sollevò lo sguardo, un po’ sollevato. La spalla gli faceva male, gli sarebbe venuto un livido ma, in fin dei conti, era andata bene: quell’uomo non se l’era presa sul serio. Decise comunque di attraversare, temendo che potesse tornare indietro, ed eccolo, finalmente, il vicolo che diceva il biglietto. Era passato lì davanti centinaia, forse migliaia di volte, eppure non l’aveva mai notato. Nonostante fosse pieno giorno, era in penombra, come se qualcuno avesse deliberatamente deciso che dovesse sembrare un posto poco appariscente, visto, magari, con la coda dell’occhio, ma destinato ad essere dimenticato.
“Come me…”, pensò con amarezza.
Ormai era quasi arrivato, gli bastavano pochi passi per addentrarvisi, eppure la paura lo teneva fermo lì, con quel foglietto stretto tra le mani. Si guardò intorno, atterrito dal timore che sua madre potesse balzar fuori da un momento all’altro.
E se fosse stata lei a mandargli quel biglietto per metterlo alla prova e punirlo per la sua curiosità?
Era possibile, ma non spiegava la faccenda del gufo. Un animale da streghe avrebbe aiutato la messinscena, certo, ma come avrebbe potuto addestrarlo? E dove? Gli unici uccelli che infestavano la chiesa erano i piccioni.
Una folata di vento lo investì, quasi sospingendolo verso l’imboccatura del vicolo. Tiepida, accudente e dall’odore di biscotti appena sfornati. Eppure non c’erano pasticcerie lì attorno.
Che fosse un segno?
Tutto cominciava ad assomigliare a quelle fiabe che gli aveva raccontato la mamma da bambino. La sua vera mamma, non sua madre. Aveva trascorso molte notti a cercare di ricordare di cosa trattassero, anche solo per poter risentire la sua voce, ma era passato troppo tempo. Persino il suo viso era offuscato dalla nebbia, null’altro che i frammenti di una fotografia bruciata nei meandri della memoria.
Deglutì, incerto. Era ancora al sicuro, ancora in tempo per tornare indietro e fingere che nulla fosse successo. Inoltre, era trascorsa l’intera mattinata da quando aveva ricevuto il messaggio. Forse chi l’aveva mandato si era stufato. In fin dei conti, chi avrebbe mai atteso ore per vedere lui? Proprio lui?
Nessuno.
“Stupido…”, si disse, accartocciando il foglietto e voltandosi per tornare da dove era venuto, ma si fermò al sentire dei passi.
“Ben arrivato. Ti stavo aspettando.”
Con lentezza voltò il capo, le spalle curve, ingobbite dalla vergogna e rimase ammaliato dall’uomo che scorse. Distinto e ben vestito, se ne stava appoggiato alla parete con le braccia conserte e un sorriso accomodante sul viso pulito. Trasudava una sicurezza elegante e torbida che Credence non avrebbe mai potuto neanche sperare di eguagliare.
“Cominciavo a credere che il gufo avesse perso la lettera, prima di tornare. Non è il mio. Ci si può fidare solo di ciò che si possiede, non sei d’accordo?”, lo sentì insistere.
“L-lei… lei è Percival Graves, signore? C-credo che abbia commesso un errore, io non...”, mormorò con un filo di voce che si spense nel silenzio dell’imbarazzo.
“Lo sono. E tu sei Credence Barebone. Nessun errore. Vieni, c’è molto di cui dobbiamo discutere.”
L’uomo gli fece cenno di seguirlo, prima di imboccare il vicolo e lui lo fece, sebbene esitante. Camminò nella sua ombra sino alle scale che davano su uno spesso portone intarsiato. Percival le salì con sicurezza, “Coraggio.”, lo spronò, dischiudendo l’uscio.
Credence non era uno stupido, sapeva che non era prudente fidarsi di uno sconosciuto. Era una lezione che si imparava in fretta, quando si era orfani. Lui era stato derubato e malmenato più volte di quante riuscisse a ricordarne, per poi essere puntualmente punito da sua madre. Però quell’uomo voleva parlare con lui. Non c’era nulla di male e poi, con quegli abiti d’alta sartoria, non sembrava affatto un ladro.
Ecco cosa avrebbe fatto: se gli avesse chiesto di fare qualcosa di sbagliato se ne sarebbe andato via.
Con angoscia si rese conto di essere rimasto fermo come un cretino sul marciapiedi per un’eternità. Percival Graves stava ancora tenendo aperta la porta con viso disteso. Per fortuna non sembrava essersi spazientito. Perché? Ne avrebbe avuto tutte le ragioni, dato che l’aveva aspettato per ore!
Credence si sentì in colpa ma, soprattutto, in obbligo nei suoi confronti. Preso un respiro profondo, si fece forza ed entrò nell’atrio, lo sbattere del portone, tuttavia, acuì le sue paure. L’altro lo condusse sin dentro all’ascensore, dove premette il bottone per il nono piano con silenziosa naturalezza, come se fosse normale, per loro, incontrarsi in quel modo. Credence, invece, lo trovò molto strano e finì col rifugiarsi nell’angolo, lontano da lui il più possibile.
“Se hai così paura che possa farti del male, perché mi hai seguito?”
La domanda lo colse alla sprovvista e il fiato gli mancò nel petto, impedendogli di rispondere. Riuscì a stento a farfugliare qualcosa di incomprensibile per poi impallidire e abbassare lo sguardo.
Graves gli posò una mano sulla spalla con gentilezza.
“Non ti farò niente. Hai la mia parola.”, lo rassicurò, prima di aprire la grata dell’ascensore, “Ho voluto incontrarti perché sei l’unico che può aiutarmi. È molto, molto importante...”
Una giovane donna uscì dal primo appartamento sulla sinistra e l’uomo smise di parlare. Era vestita in modo bizzarro, riconobbe Credence, ed era arrossita alla vista del signor Graves. Sbatté le palpebre, confuso: gli era sembrata mora, a una prima occhiata, invece era bionda… diede la colpa alla luce e smise di guardarla. Fissare le persone portava solo guai e lui non ne voleva.
“Buongiorno, signor Graves!”, trillò lei, tutta contenta.
“Signorina Stone.”
“Ha funzionato, sa? Ora io e mia madre non abbiamo più paura che qualche malintenzionato possa entrare in casa dalla scala antincendio. Ho eseguito ogni passaggio di quel sigillo di protezione, proprio come mi aveva detto, signor Graves. Sa che cosa dico? Dovrebbero farlo tutti! Che pericolo sarà mai un fuocherello quando puoi ritrovarti Grindelwald in persona in soggiorno, dico bene? Ma lei lo sa, lei è un bravissimo Auror! Ma che dico? Il migliore, signor Graves!”, ripeté il suo nome, accarezzandolo con la lingua e dando qualche pacchettina gentile sul petto dell’oggetto del suo interesse.
Credence guardò il suo accompagnatore ed ebbe la sensazione che fosse sul punto di mettersi a ridere, o ad urlare. Invece si schiarì la voce e sorrise di cortesia.
“Lieto di saperla tranquilla, signorina Stone.”, rispose, facendole persino un debole inchino con l’intenzione di accomiatarsi.
La donna parve sciogliersi sotto il suo sguardo e Credence si domandò se fosse un po’ lenta di comprendonio: era chiaro che il signor Graves non vedeva l’ora di sbarazzarsi di lei.
Apparentemente cieca all’evidenza avanzò per stringergli le mani in modo appassionato.
“È davvero una fortuna avere un uomo come lei come vicino di casa! Io e mia madre saremmo molto felici di averla per cena. Per ringraziarla dell’aiuto, naturale! Che ne dice di martedì?”
Graves arretrò di un passo, il suo disagio sempre meno celato.
“Ne sarei onorato, ma al Ministero c’è sempre molto da fare. Sono davvero sommerso di lavoro. Andiamo, Credence.”, con urgenza lo afferrò per una spalla e lo sospinse verso il portone sulla sinistra, per poi aprirlo.
“Chi è questo giovanotto? Un suo parente?”, tornò all’attacco la signorina Stone.
“Un amico. Buona giornata.”
Graves chiuse bruscamente l’uscio e prese un profondo respiro.
“Ho visto folletti attaccarsi all'oro con meno fervore.”, commentò tra sé e sé, “Le mie scuse, Credence. Accomodati.”
Ma il ragazzo non lo stava più ascoltando, terrorizzato e meravigliato guardava, da lontano, gli ultimi numeri del NYG sparpagliati sullo scrittoio davanti al caminetto. I titoli svettavano sulle fotografie in movimento e Credence non riusciva a credere ai propri occhi.
“Perdonami.”, intervenne Percival, prendendo i quotidiani e buttandoli nel fuoco, “Non ho pensato che potessi notarli. Sei un fine osservatore.”, si complimentò.
“M-mia madre aveva ragione!”, esclamò l’altro con voce stridula, “Le streghe esistono!”
“Sì… io sono un mago, però.”
“C’è differenza?”
“No, le donne sono streghe, gli uomini maghi. Semplici definizioni. Sediamoci.”
Fece per avvicinarsi per indurlo ad entrare nel salotto, ma il ragazzo si ritrasse, tremante.
“Stia lontano da me!”, gridò, accovacciandosi a terra nell’angolo, la testa stretta tra le mani come a volersi proteggere.
Graves lo guardò dall’alto, la rabbia e il dispiacere a deturpargli il volto. Si levò di dosso il cappotto e lo abbandonò sulla scrivania, prima di chinarsi a sua volta, senza avanzare.
“Ascoltami, Credence: tutto quel che ti ha detto tua madre sulla magia non è altro che un preconcetto partorito dall’ignoranza e dalla paura. I maghi non sono persone malvagie, non rapiscono bambini nei loro letti per sacrificarli al demonio, né stuprano vergini in suo nome. Sono persone come tutte le altre, perseguitate e massacrate per secoli solo perché nate con un dono che le differenziava dalle masse. Guardami, ti sembro forse un uomo cattivo?”
Credence sollevò gli occhi con timore: Graves gli sorrideva con dolcezza e il suo sguardo era pieno di calore e di comprensione.
“I-il diavolo è seducente e bugiardo…”, sentenziò a bassa voce, riportando uno dei sermoni di sua madre.
“Il diavolo non è che un concetto. Una potente fantasia ideata per soffocare le menti con la colpa di un peccato mai commesso. Se ci sia qualcuno o qualcosa, al di là della percezione della vita, io non so dirlo, ragazzo, ma sono convinto che nessuno debba sprecare l’esistenza nella paura di fare un torto a un personaggio di finzione. Tutto ciò che è raccontato dall’uomo non è che l’interpretazione di un onirico spettacolo scorto, solo per pochi attimi, da un buco della serratura. Non è reale, al risveglio, e non è autentico. Perciò io sono solo un uomo, con gli attributi della mia natura, preziosi più dell’oro per alcuni, torbidi e crudeli per altri. Ti prego, giudicami in base a ciò che vedi, non a ciò credi. Te lo chiedo ancora: sembro, forse, un uomo cattivo?”
Credence scosse il capo e Graves gli sorrise, rialzandosi. Gli porse la mano.
“Allora andiamo di là. Il sofà è più comodo del pavimento.”
Il ragazzo si prese il suo tempo prima di stringerla e farsi tirare in piedi. Era spaventato a morte. Una parte di lui non desiderava altro che prendere la porta e fuggire via per non guardarsi mai più indietro, ma gliene mancava il coraggio.
Non si fidava di quell’uomo, ma forse, assecondandolo, sarebbe riuscito ad uscirne vivo.
Mansueto come un agnello sacrificale, si accomodò sul divano nel salotto attiguo.
“Non hai domande da pormi?”, si sentì interrogare.
Diniegò, brusco, il corpo scosso da un tremore incontrollato. Aveva la nausea e si sentiva come se il cuore fosse sul punto di scappargli via dal petto.
Graves sospirò con rassegnazione, ma preferì non ripetergli di non aver paura. L’avrebbe solo acuita. Si domandò, persino, se non fosse più opportuno oblivare il ragazzo e tentare un altro approccio, più cauto, magari in territorio neutrale. Decise di insistere, per quell’opzione c’era sempre tempo.
“I maghi e le streghe,” disse, cominciando a passeggiare per la stanza, “non vivono con le persone non magiche, hanno una loro società. A ben guardare non è neppure così diversa dalla vostra: la comunità magica è suddivisa in stati, ognuno con il suo governo, i suoi ministri e i suoi funzionari. Abbiamo diversificati ruoli sociali, io, per esempio, sono un Auror, l’Auror in chief. Il mio compito è quello di coordinare tutti gli agenti del paese per preservare l’ordine pubblico.”
“Q-quindi è… un poliziotto, signor Graves?”, chiese Credence, sentendosi appena più tranquillo.
“In un certo senso. Credo che il mio ruolo sia più simile a quello del capo del NY Detective Bureau, ma ammetto di non essere un esperto di società nomag.”
“Nom..?”
“Nomag: non magica. Un’altra definizione.”, spiegò distrattamente, soffermandosi a guardare una libreria che non gli apparteneva.
Sorrise, divertito. Era un rischio, ma anche una tentazione...
“Sai leggere, Credence?”, domandò, “Certo che sì, altrimenti non saresti arrivato sin qui. Chiunque altro non avrebbe visto nulla su quel biglietto.”
“N-non so farlo bene, signor Graves… signore.”
“Un signore per frase è sufficiente, Credence.”, lo rimproverò con dolcezza, per poi sfilare un libricino dallo scaffale, “I nostri bambini frequentano scuole e leggono libri per soli maghi. Questo, per esempio, è una delle nostre raccolte di fiabe più conosciute.”
Si sedette sulla poltrona di fronte al divano, prima di porgerglielo.
“È tuo adesso.”, concluse.
“No!”, esclamò Credence, ritraendosi di scatto, “I-io non posso accettarlo!”
“Ti assicuro che è solo un libro per bambini. Non ti farà alcun male.”, insistette Graves, sorpreso.
L’altro scosse ancora il capo.
“L-lei non capisce… se mia madre lo trovasse...”
“Tu non farglielo trovare. Coraggio, so che vuoi prenderlo.”
Il ragazzo allungò le dita a stringere la copertina e impiegò qualche attimo per leggerne il titolo: “Le fiabe di Beda il Bardo”.
“Sembra familiare…”, bisbigliò.
Graves sorrise.
“Tutti abbiamo avuto le nostre fiabe, da bambini. Si somigliano. Sono curioso di sapere quale sarà la tua preferita.”
Credence sospirò, riluttante.
“Mia madre direbbe che sono troppo grande per le fiabe. Sono un adulto...”
“E tu cosa ne pensi?”
Si riscosse, come folgorato e lo guardò, confuso.
“È importante?”, domandò, timido.
“Il proprio è l’unico parere che conti davvero qualcosa, nella vita. Io ne ho una preferita, ma ne parleremo una volta che avrai letto il libro.”
Credence annuì e distolse lo sguardo.
“Perché mi ha cercato, signore?”
“Non per regalarti un libro di fiabe. In realtà, quel che sto facendo è illegale. Non potrei star qui a parlare con te del mondo magico e delle sue regole, men che meno potrei regalarti qualcosa. Verrei processato e finirei in prigione, se al Ministero scoprissero che mi sono messo in contatto con te senza cancellarti la memoria subito dopo. Come ti ho detto, è molto importante. Tu sei l’unico che può davvero aiutarmi, ma non potrai parlarne con nessuno. Saremo solo tu ed io.”, fece una pausa, scrutandolo con attenzione. Doveva essere sicuro che avesse capito la gravità della situazione. “Alcuni maghi, come me, possiedono capacità più rare di altri e possono, talvolta, avere visioni del futuro. Nulla di preciso, solo frammenti poco chiari. Volti sconosciuti tra la folla, spesso impossibili da identificare. Capirai, quindi, il mio stupore nell’aver riconosciuto tua madre, ieri sera, mentre tornavo a casa dal Ministero. Certo, una mia sottoposta vi tiene d’occhio per via delle vostre posizioni anti magiche, ma non avete mai rappresentato una minaccia tanto pericolosa da richiedere la mia attenzione. Non conoscevo tua madre, né l’avevo mai vista.”
“Siamo in pericolo?”, domandò Credence, immediatamente attento e meno timoroso. Solo l’idea che potesse succedere qualcosa alla sua sorellina lo spaventava ben più delle streghe.
Graves annuì, serio in volto, “Penso che lei lo sia e forse molti altri ancora, ma, se mi aiuterai, nessuno si farà male. Questa… forza che vi minaccia, in verità non ha alcuna colpa, ma forse è opportuno che io mi spieghi meglio. Può capitare che un mago o una strega nascano in una famiglia che non ha mai avuto alcun potere. Le teorie sul perché ciò avvenga sono molte e non ci interessano. Un bambino con capacità magiche comincerà a svilupparle sin dall’infanzia. Fanno parte di lui e tutto va per il meglio se tali manifestazioni avvengono in un ambiente dove, chi lo circonda, non lo osteggia o non lo emargina, ma i non maghi sono stupidi e imprudenti… Dall’inizio dei tempi perseguitano i maghi, costringendoli a nascondersi per non essere uccisi o costretti a difendersi. Un bambino, tuttavia, non è un mago formato, è solo un bambino con uno straordinario potere che non può controllare da solo. Deve essere guidato da altri maghi. Ciò non può succedere in un contesto dove la magia viene considerata malvagia. Il primo a spaventarsi è il bambino stesso che, per timore di essere scoperto, cercherà di reprimere le sue capacità. Giorno dopo giorno, anno dopo anno queste cresceranno dentro di lui, straziandolo, per poi esplodere incontrollate, causare grandi devastazioni e la sua morte.”, scosse il capo, serrando i pugni, “Nella comunità magica molti pensano che questi bambini, gli obscuriali, non siano altro che una leggenda, qualcosa che non può più succedere, nella modernità. Sono più stupidi dei nomag! Io ne ho conosciuta una, ho toccato con mano la disgrazia che ha causato e non voglio che succeda ancora. Uno dei bambini di cui si occupa tua madre ha subito la stessa ingiustizia. Se mi presentassi da lei, anche sotto copertura, desterei troppi sospetti. Sono un personaggio influente nella comunità magica, ma non me ne starò fermo a guardare. Non di nuovo. Devo trovare quel bambino prima che sia troppo tardi ed è per questo che mi serve il tuo aiuto. Ti chiedo di essere i miei occhi e le mie orecchie. Lo so che…”
“Com’è fatto?”
Graves esitò, colpito: Credence l’aveva persino interrotto! Non pensava sarebbe stato così semplice convincerlo.
“Non lo so.”, ammise, amarreggiato, “Nella mia visione non sono riuscito a scorgerlo. Non so neppure se sia un maschio o una femmina, ma ha un'età compresa tra gli otto e i dieci anni. Mi aiuterai?”, domandò.
Il ragazzo non rispose.
“Che ne sarà di lui, o lei, se lo farò?”, chiese.
Sapeva che era rischioso esitare di fronte a un mago, ma non gli avrebbe mai permesso di fare del male a uno di loro.
“Me ne occuperò personalmente e lo proteggerò. Hai la mia parola.”
Non gli apparve altrettanto convincente. Sebbene Graves sembrasse animato da buone intenzioni, probabilmente non avrebbe esitato a uccidere il bambino in caso di pericolo. Tuttavia, se quel che diceva era vero, in molti avrebbero rischiato la vita, se lui si fosse rifiutato di collaborare.
“V-va bene…”, bisbigliò, “L’aiuterò.”
Il viso dell’uomo si distese in un sorriso e il suo tono si fece ancor più vellutato.
“Sentivo di poter contare su di te. Se riusciremo a trovare questo bambino, mi impegnerò per far sì che una simile crudeltà non possa mai più verificarsi. Troppe vite sono state spezzate a causa del pregiudizio dei non maghi, è ora di porre fine alla loro arroganza.”
Si rialzò bruscamente e raggiunse la finestra, “Non puoi immaginare quanto io ti sia grato, Credence. Senza di te, nulla sarebbe possibile.”
Il ragazzo rimase silenzioso, la mente confusa da sentimenti contrastanti: per la prima volta qualcuno lo considerava importante, ma questo qualcuno era un mago, un uomo che sua madre l’aveva educato ad odiare. Che sarebbe successo se l’avesse scoperto? Percival Graves si sarebbe esposto per proteggerlo?
Porsi quelle domande era inutile, visto che aveva, stupidamente, già accettato.
“Credence, mi stai ascoltando?”
Distratto com’era, non si era reso conto che avesse parlato ancora.
“C-come?”, gemette, senza fiato.
“Ho detto che non voglio rischiare di avvelenarti cucinando, ma possiamo mangiare qualcosa fuori. È il minimo che possa fare per sdebitarmi e per scusarmi di averti trattenuto tanto a lungo.”
Credence guardò la pendola sulla parete e impallidì. Mancavano cinque minuti alle due del pomeriggio. Aveva mancato il servizio del pranzo in chiesa. Sua madre lo avrebbe punito.
Si alzò bruscamente.
“N-no! Io devo andare, signor Graves!”
L’uomo si allarmò.
“Ho detto o fatto qualcosa che ti ha spaventato?”, gli chiese, sorpreso di vederlo, di nuovo, tanto scosso.
“No. No, mi scusi… Devo solo andare!”, ripeté, ormai quasi in lacrime
“Va bene… Non tornare qui, non dobbiamo attirare l’attenzione. Ti contatterò io.”
Dopo aver annuito, il ragazzo corse verso la porta e lasciò l’appartamento, le fiabe di Beda il bardo nella tasca interna della giacca.


N.d.A.: Eccoci in chiusura. Visto che vi ho tediati più su, sarò breve. Per ovvie ragioni non farò comparire Silente nella storia, ma la sua ombra sarà spesso presente nei ricordi e nelle azioni di Grindelwald(Graves). Mi aggrapperò ad ogni più sordido elemento per riuscire a rendere una caratterizzazione a tutto tondo sia di Grindelwald che di Credence.
La storia non dovrebbe essere lunghissima, ma chi vivrà vedrà. Ormai non faccio più pronostici, tanto li canno tutti XD!
Grazie per essere arrivati sin qui. Se vorrete lasciarmi un commento, ne sarò felicissima ^^! Alzate le bacchette, fiere shippatrici dell'abominio XD!
Un bacione,
Ros.
   
 
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