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Autore: GuiltySilver    02/12/2016    1 recensioni
Suo padre le diceva sempre:“Non affezionarti troppo ai tuoi pazienti”; Maki conosce il significato di quelle parole: del resto è diventata uno dei migliori medici di Tokyo. Ma un bambino malato le farà realizzare che, prima di essere un medico, è umana.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Eli Ayase, Maki Nishikino, Nico Yazawa, Umi Sonoda
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fanfiction originale (ENG): http://nikoxnii.tumblr.com/post/148517923477/falling-stars
Autore: nikoxnii (Il permesso di poter tradurre e pubblicare è stato esplicitamente dato dall'autore in persona).


Non affezionarti troppo ai tuoi pazienti.

Era uno dei consigli che suo padre le aveva dato e di cui Maki intendeva fare tesoro; essendo praticamente cresciuta in ospedale, era ormai diventata immune alla tristezza che pervadeva ogni angolo dell'edificio; percepiva il dolore nell'aria, senza tuttavia provarlo in prima persona. Si potrebbe pensare che fosse un atteggiamento senza cuore, se non inumano, quello di non provare nemmen un po' di rimorso. Non che Maki non avessei mai provato cosa significasse perdere qualcuno; semplicemente, aveva imparato quando era necessario soffire e quando no.

“Dottoressa Nishikino.”

La rossa era intenta a consultare la cartella di trattamenti di un suo paziente dimesso. In quel momento, un'infermiera gliene porse un'altra, lo sguardo preoccupato.

"Che cos'è?"

"Il dottor Ando lo farà trasferire da lei," affermò, nell'istante in cui Maki l'aprì per darvi un'occhiata. "L'ha raccomandata per la cura di questo paziente."

La dottoressa scorse rapidamente la cartella. "E perchè?"

La giovane infermiera abbassò lo sguardo, a disagio, le dita lievemente tremanti.

Maki osservò i suoi movimenti per poi tornare a consultare la cartella, questa volta prestando più attenzione al suo contenuto.

Nome: Takayuki Hyata

Data di ammissione: 28 aprile, anno 20**

Cause: Convulsioni

Altri sintomi: Frequenti mal di testa, spossatezza, lievi nausee

Maki rimase tranquilla, quando all'improvviso il fiato le venne meno, cosa che fece quasi sobbalzare l'infermiera per lo spavento.

Età: 8


"Dottoressa."

Quasi scattarono in piedi, quando Maki fece il suo ingresso nella stanza; la rossa notò immediatamente il gonfiore degli occhi della madre, le unghie mangiucchiate del fratello maggiore e i capelli scompigliati del padre. Sul letto giaceva il bambino malato, che riposava beatamente nonostante il continuo rumore delle macchine che lo circondavano.
"Potrei parlare fuori con i genitori?" chiese, indicando la porta. Essi acconsentirono e lasciarano i due ragazzini nella stanza con l'infermiera. Una volta fuori, Maki chiuse lentamente la porta e si schiarì la gola.

"E' lei la dottoressa presso la quale ci ha trasferiti il dottor Ando?" chiese la madre, aggrappandosi al braccio del marito.

Maki annuì. "Dottoressa Maki Nishikino; sono stata informata dell'ammissione di vostro figlio non molto tempo fa." Dal momento che le sue parole fecero trasalire la donna di paura, la rossa fece in fretta una domanda con lo scopo di tenere la madre nelle condizioni di parlare. "Vorrei sapere un po' di cose riguardo alla storia di vostro figlio. Ha già avuto esperienze del genere prima d'ora?"

Fu il padre a parlare. "Takayuki ha sempre avuto problemi fin dalla nascita. È nato con un'inspiegabile malattia e gli erano stati dati solo pochi mesi di vita". Tenne stretta a se' la donna, la quale tremava di fianco a lui. "Ma è riuscito a vivere ben oltre le aspettative dei dottori. Abbiamo dovuto portarlo in ospedale solo due anni fa, dopo un improvviso collasso."
"E siete riusciti a scoprirne le cause?"
Entrambi scossero la testa, prima che la madre rispondesse, "Ci hanno semplicemente detto che era a causa di un esaurimento, ma aveva solamente sei anni; siamo certi che sotto ci sia molto di più."
Pensierosa, Maki mormorò. "E ci sono stati altri problemi in seguito?"
"Non tanto gravi da doverlo riportare in ospedale," la informò l'uomo. "È un bambino molto fragile. Tende ad ammalarsi più spesso rispetto alla norma."
"Che tipo di disturbi ha?"
"Nausee e mal di testa che si sono ripresentate piuttosto recentemente," spiegò lui, "ogni tanto gli capita perfino di perdere il senso dell'equilibrio."
Maki ascoltò il tutto attentamente, per poi annuire. "Credo sia tutto ciò che è necessario sapere, per il momento," disse, portando lo sguardo tra i due genitori. "Ma vi devo chiedere il permesso di effettuare una tomografia computerizzata su di lui."
"C-certamente, dottoressa."
La rossa sorrise. "Se per voi va bene, vorrei anche parlare in privato con lui." I genitori annuirono risoluti, e lasciarono che fosse la dottoressa ad aprire la porta; richiamarono il fratello più grande, e nel frattempo Maki chiese all'infermiera di preparare il necessario alla scansione. Li guardò abbandonare la stanza assieme all'infermiera, che chiuse la porta con un inchino.
"Sei tu la dottoressa che si occuperà di me?" domandò una debole vocina.
Maki si girò, cercando di non mostrarsi turbata alla vista del giovane. Prese la sedia più vicina che trovò, la avvicinò al letto e vi si sedette; gli occhi del bambino seguirono tutti i suoi movimenti finchè non ebbe preso posto.
"Come ti chiami?" chiese gentilmente Maki.
"Takayuki Hyata," affermò, "ma puoi chiamarmi Taka. E tu?"
"Maki Nishikino." Lui sorrise. "Come ti senti?"
"Mi fa male tutto," riuscì a rispondere il bambino, prima di cominciare a tossire; Maki si alzò per aiutarlo ad alleviare il dolore. "Grazie."
"Non c'è bisogno di ringraziarmi," sorrise la rossa, "è il mio lavoro."
Stettero in silenzio per un po' prima che lui sollevasse lo sguardo su di lei; dai suoi occhi traspariva dolore. "Guarirò?"
Maki si sentì stringere il cuore e cercò di fare di tutto per reprimere il suo disagio. "Sì, te lo prometto."


"Dottoressa, i risultati sono pronti," l'infermiera informò Maki. La rossa sollevò lo sguardo dalla sua insalata e si alzò di fretta, scusandosi con i colleghi per poi seguire l'infermiera verso la sala di radiografia.

Maki aumentò l'andatura ad ogni passo, con l'obiettio di arrivare il prima possibile senza scontrarsi con nessuno durante il tragitto. Il cuore le martellava nel petto, le sue mani tremavano, ma fece di tutto per scacciare i pensieri negativi, memora delle parole del padre.

La rossa aprì di colpo le porte della stanza, spaventando la radiologa presente in sala. Si apprestò ad avvicinarsi allo scanner, analizzando con attenzione ogni immagine che le veniva presentata.

"Nuovo paziente, dottoressa Nishikino?" Si girò verso l'altra dottoressa presente nella stanza prima di rivolgere nuovamente il proprio interesse alle scansioni.

"Un bambino di otto anni," rispose alla dottoressa Umi Sonoda, "ha avuto un inaspettato collasso ed è stato ammesso stamattina. A quanto pare non ha trascorso la migliore delle infanzie; è stato malaticcio sin dalla nascita."

La donna dai capelli blu mormorò, mentre guardava le foto:"Quindi le cause di questa sua malattia sono ancora ignote?" chiese, massaggiandosi il mento.

"Non c'è stata una vera e propria diagnosi," rispose Maki. "Ai genitori è solamente stato detto che si trattava di un esaurimento."

"E' davvero il caso di occuparsi di questo caso?" chiese Umi, senza distogliere lo sguardo dalle scansioni.

Maki la fissò, apparendo piuttosto offesa:"Che cosa vorresti insinuare?"

L'altra dottoressa sorrise di fronte al malinteso e chiarì:"Sto solo dicendo che è la prima volta che ti occupi di un bambino, uno di otto anni, con una malattia sconosciuta." Umi corrugò la fronte "Riuscirai a gestirlo?"

"Posso farcela," rispose semplicemente la rossa. "E' un paziente come tanti altri."

La donna più anziana non aggiunse nulla nel momento in cui entrambe diedero un'occhiata alle immagini. Maki sentì il suo cuore alleggerirsi al passare di ogni secondo, dal momento che non parevano esserci segni di qualcosa di sospetto o al di fuori dalla norma. Tutto quanto sembrava a posto-

"E questo cos'è?" disse improvvisamente la donna dai capelli blu, puntando il dito su una delle scansioni.

Maki strabuzzò gli occhi, in cerca di ciò che aveva visto la collega. "Dove?"

Umi si avvicinò, puntando il ditto direttamente a ciò che stava osservando; Maki si avvicinò ugualmente, spostò lo scanner dal tavolo per poter guardare meglio. La sollevò in alto, guardando direttamente verso la luce.

"Maki... è-"

La rossa cercò di non stropicciare la foto tra le sue mani, mentre fissava la fonte della sua preoccupazione.

"Un tumore al cervello."


La rossa aprì la porta del proprio appartamento, cercando di muoversi silenziosamente nel buio per non disturbare l'altra persona che lo abitava. Si tolse le scarpe tacendo il suo "Sono a casa" prima di spostarsi dall'atrio al soggiorno.

Le luci della città illuminavano sufficientemente la stanza affinchè Maki potesse localizzare il divano; una volta sedutavisi sopra, potè sentire la sua testa pulsare all'interno del cranio a causa degli eventi del giorno che scorrevano nella sua testa. Controllò nuovamente il suo cercapersone, onde a essere sicura che non ci fosse alcuna chiamata d'emergenza, prima di sentire la porta della camera da letto aprirsi.

"Maki?"

La dottoressa si drizzò al suono di una voce intontita, ma allo stesso tempo docle. Nico uscì dalla stanza in camicia da notte, strofinandosi gli occhi mentre si avvicinava alla donna più giovane.

"Che ci fai ancora sveglia?" chiese Maki dolcemente alla donna dai capelli corvini, mentre questa si sedeva, appoggiandosi a lei. Avvolse le sue braccia attorno all'altra e la baciò sulla fronte, ricevendo in risposta un gemito.
"Lo sai che non riesco a dormire quando non sei qui," disse semplicemente e si rannicchiò alla rossa. "Per di più, non mi sento troppo bene."

Maki balzò improvvisamente dal divano, colpendo Nico in viso con il suo movimento improvviso. Ispezionò la donna, le mani in cerca segni di anormalità.

"Tutto ok? Ti fa male da qualche parte?" chiese la rossa frettolosamente.

Nico la folgorò con lo sguardo. "Maki, sto bene," disse, impassibile. "A parte il naso."

La più giovane storse la bocca in segno di scusa, guardandole il naso per poi posarvi sopra un bacio. "Meglio?"

"No," sospirò la mora. "Quante volte ti ho detto di non esagerare con le preoccupazioni su ogni piccola cosa? E' forse successo qualcosa a lavoro?" gli occhi di Maki cedettero verso il basso. "Che succede?"

Le dita di Maki giocavano nervosamente con quelle di Nico; quest'ultima rimase in silenziosa attesa, non volendo costringere la moglie a parlare senza che questa se la sentisse. Forzarla non sarebbe stata la scelta giusta.

"Ho un nuovo paziente," disse, fissando il pavimento. "E' un ragazzino e non se la passa molto bene."

La donna dai capelli corvini avvolse delicatamente Maki in un abbraccio. "Non ti ho mai vista così giù," commentò, accarezzandole. "La cosa mi rattrista."

Maki la allontanò a sufficenza per poterla guardare negli occhi. "Sto bene," cercò di rassicurarla. "E' solo un altro paziente, niente di più."

"Non devi reprimere così i tuoi sentimenti," le disse Nico, lisciando la fronte della moglie. "Prima di essere un medico, sei umana; hai tutto il diritto di sentirti triste."

La rossa sorrise di fronte alla sincera preoccupazione di Nico, premendo la sua fronte sulla sulla. "Lo so," rispose sospirando, prima di darle un bacio sulle labbra. "Ma non riesco a concentrarmi se mi sento triste; quindi devo focalizzarmi solamente sull'aiutarlo, così non mi sentirò giù."

Nico sorrise, poggiando le sue mani sulle guance della donna. "Vedi solo di non sforzarti troppo. Prima di essere un medico, sei-"

"-umana," terminò Maki con una risata e Nico sbuffò. "Lo so, amore."

"Che rompiscatole," osservò la mora.

"Però mi ami," la stuzzicò Maki.

Nico le fece una linguaccia. "Quanto chiacchieri."


"Mamma e papà me l'hanno detto."

Maki posò la cartella, per poter guardare meglio il suo paziente; si stava lentamente riprendendo dalla malattia, e riusciva a stare in piedi dopo una settimana trascorsa a letto. Sembrava stare meglio, la sua pelle aveva ripreso colore e i suoi occhi erano tornati luminosi. Guardò con fare curioso la sua dottoressa per alcuni secondi, durante il trascorrere dei quali si poteva sentire il rumore del monitor in stanza.

"Davvero?" disse Maki avvicinandosi per potersi sedere di fiancoo al letto. "E come ti senti?"

Takayuki si guardò le mani, le dita che scorrevano sulle visibili ossa. "Mi sento bene, ma so che non è veramente così."

La sofferenza della sua voce fu sufficiente a far sì che il cuore di Maki si spezzasse per una frazione di secondo. Posò una mano sulla sua testa, e lui la guardò. "Non essere così pessimista," disse, forzando un sorriso. "Devi solo credere che riuscirai a superare tutto questo."

Lui sorrise alle gentili parole della dottoressa. "Potrò tornare a giocare di nuovo?"

"Vedrò di far sì che ciò accada," disse Maki annuendo, prima che la porta si aprisse; un'infermiera entrò nella stanza, trascinando con se' il carrello del cibo."Ora di pranzo." Takayuki fece una smorfia; la rossa ridacchiò. "Lo vedo, Taka."

I suoi genitori entrarono di seguito, tenendo in mano quella che sembrava essere una pila di fumetti. Maki si inchinò e lì informò che tutto, al momento, sembrava essere nella norma. Successivamente, uscì con l'infermiera e lasciò la famiglia. L'infermiera chiuse la porta e poi si girò verso di lei.

"C'è qualcos'altro di cui ha bisogno?" chiese alla dottoressa.

"Nulla, al momento." L'infermiera fece un inchino e successivamente ritornò al suo restante lavoro. La rossa lesse nuovamente la cartella sospirando e strofinandosi la fronte per attenuare il crescente dolore prima di andare a controllare gli altri pazienti.


Maki entrò nel salone medico, e vi trovò la persona che stava cercando. Si avvicinò al tavolo e si sedette di fronte alla donna dai capelli blu, la quale smise di leggere il giornale per poterla guardare in faccia.

"Come sta?" chiese Umi, piegando il giornale e posandolo a metà tavolo.

"Niente che vada troppo male," replicò, porgendo la cartella a Umi. "Ed è proprio questo il problema; ha ancora dei leggeri mal di testa e si affatica molto più facilmente rispetto ai normali bambini della sua età, ma non sta nemmeno peggiorando."

Umi controllò la cartella, prima di chiedere, "Quindi stai dicendo che questo tumore potrebbe ridursi da solo?"

La rossa la fissò, preoccupata. "Per com'è adesso, non è tanto grave da richiedere un intervento chirurgico; i suoi genitori tenteranno di evitare ogni tipo di intervento finchè potranno." Maki indicò il fascicolo tra le mani della donna dai capelli blu. "Da quel che ho letto, potrebbe essere abbastanza fortunato da cavarsela senza averne bisogno."

"A quanto pare," concordò l'altra dottoressa, restituendoglielo. "Ma raccomanderei di tenerlo sotto controllo; potrebbe anche succedere il contrario, il che significa-"

"Che c'è una possibilità che diventi anche più grande," la più giovane concluse la frase, le mani che si contraevano al suono delle sue stesse parole. "Lo so."

Umi aggrottò la fronte. "Anche io mi auguro il meglio per questo paziente, Maki, ma non possiamo abbassare la guardia. Potrebbe succedere qualunque cosa; non è ancora fuori pericolo."

La rossa annuì prima di alzarsi, raddrizzandosi la giacca bianca. "Ti precedo." informò la donna più anziana. "Ci si vede."

"Non dimenticarti di fare un salto a casa." disse Umi improvvisamente, aprendo il giornale per continuare a leggerlo; Maki battè gli occhi, confusa. "Anche Nico ha bisogno che tu ti prenda cura di lei".


"Sei arrivata presto," commentò Nico, mentre la rossa entrava nel soggiorno, si scioglieva i capelli e si avviava verso il divano.

Vi si lasciò cadere, e Nico si affrettò ad avvicinarsi per coccolarla e mormorò piacevolmente, quando Maki l'accolse con un bacio sulla fronte.

"Umi mi ha suggerito di tornare a casa prima," rispose, godendosi il calore delle braccia di Nico. "Quindi si è offerta di vegliare sui pazienti per la sera."

"Hmm... davvero?" la mora lasciò andare un sospiro di sollievo e si alzòi lentamente; la donna più giovane la guardò, già nostalgica del contatto fisico. "Che cosa ti va per cena? Qualsiasi cosa tu voglia, Nico-nii te la preparerà!" sorrise.

La rossa si alzò per seguire la moglie intenta a guardare nel frigo. "Scegli pure tu. Mi va bene qualsiasi cosa."

Nico la guardò con sospetto, un sopracciglio alzato e una mano sul fianco. "Non è affatto da te; di solito sei la prima a chiedermi qualcosa dopo tutti quei pasti in caffetteria."

"Non desidero nulla in particolare," rispose la più alta delle due, appoggiandosi alla soglia.

"Va tutto bene?" chiese la mora aggrottando la fronte e chiudendo il frigo, per poi avvicinarsi a Maki. Le mise una mano sulla fronte, come per controllarle la febbre; la più giovane ridacchiò, rimuovendo la mano per avvolgerla con la sua.

"Non sto male," affermò, sorridendo a Nico. "Che razza di dottore sarei se mi ammalassi mentre mi occupo dei miei pazienti?"

La preoccupazione di Nico non abbandonò il suo volto, mentre Maki continuava a fissare gli occhi color rubino che le mozzavano sempre il fiato. Sorrise forzatamente per alleviare la preoccupazione della moglie, ma quest'ultima non si fece abbindolare.

"E' per quel paziente?"

La rossa cercò di nascondere la contrazione delle sue mani, ma Nico la notò immediatamente, e la strinse con più forza. "Sta bene?"

"Sta bene." rispose Maki, abbassando lo sguardo sulle loro mani. "Ma non si sa che piega la situazione potrebbe prendere, d'ora in poi."

Vi fu un silenzio che durò per circa un minuto, durante il quale Nico strofinò delicatamente la mano di Maki per poi avvicinarla alle sue labbra e baciarla. "Ti verranno le rughe, se continui così." fece, accarezzando la fronte della rossa.

Maki sorrise, avvolgendo le sue braccia attorno al corpo della donna più bassa, che battè gli occhi per la sorpresa prima di ricambiare l'abbraccio a sua volta. "Sono solo preoccupata," disse. "Tutto qui."

"Lo so," rispose Nico, allentando la presa con l'intento di andare a preparare la cena, ma Maki non la lasciò andare e la tenne stretta a se'. "Maki..."

"Voglio solo restare così per un po,'" sussurò; Nico non si lamentò e tornò ad abbracciare Maki con un sorriso. "Sei così soffice."

La rossa sospirò nel mentre in cui Nico la guardò, un sorriso a trentadue denti. "Sei così bella," commentò in risposta; Maki roteò lo sguardo. "Non so molto riguardo al tuo lavoro e probabilmente non lo saprò mai. Però vorrei che ti prendessi cura anche di te stessa. Ti sforzi così tanto; non dimenticarti che anche gli altri si preoccupano per te."

A quelle parole, Maki sorrise, baciando il palmo della donna. "Sì, amore," replicò in tono sincero.

Si chinò, tracciando i lineamenti della mascella di Nico con l'indice della mano, dalle orecchie fino al mento. Maki sorrise non appena la mora chiuse istantaneamente gli occhi, preparandosi a ciò a cui stava probabilmente pensando da tutto il giorno perchè Maki di sicuro era pronta.

"Wow, guarda quanto entusiasmo," rise; gli occhi di Nico si aprirono di scatto, le guance che si gonfiavano in segno di disapprovazione.

Prima che potesse arrabbiarsi, Maki posò le sue labbra sule sue, avvolgendole la vita con le braccia per avvicinarla a se. Potè assaporare qualcosa di dolce, che le ricordava la frutta, godendosi il modo in cui Nico giocherellava con i suoi capelli.

Era tutto ciò di cui le importava.


Il ragazzino si illuminò all'improvviso quando la porta si aprì e Maki entrò, un sorriso sul suo volto. Era passato quasi un mese dalla sua ammissione, stava recuperando le forze e i suoi occhi si illuminavano con il passare dei giorni. I suoi genitori lo visitavano ogni giorno, suo fratello veniva dopo scuola. Si annoiava solamente al mattino, quando non c'era nessuno con cui parlare.

"Dottoressa!" sorrise, sedendosi dopo che questa entrò. Ella vi si avvicinò e si sedette sulla sedia. "Ha tanti pazienti oggi?" La rossa annuì, sistemandosi il camice, e disse:"E stanno tutti guarendo molto bene. Quindi, come ti senti, Taka?"

"Credo di stare meglio!" canticchiò allegramente; Maki ridacchiò prima di alzarsi e controllare la cartella.

"Ma dobbiamo ancora tenerti sotto controllo!" lo informò la dottoressa, "vogliamo solo accertarci che tutto vada per il meglio prima che tu vada."

Takayuki mise su un broncio, segno della sua natura da bambino che tornava in vita. "Lo so che la brava dottoressa mi farà star meglio," sorrise, "me lo ha detto la mamma."

Maki cercò di non mostrare alcun segno di tentennamento, non volendo far preoccupare il ragazzino riguardo a qualcosa che non sarebbe stata in grado di spiegargli chiaramente. Aveva avuto solamente dei leggeri mal di testa ogni tanto, ma nulla che potesse ostacolare le sue attività; mangiava in modo salutare e giocava con gli altri bambini. Maki sapeva che non era ancora finita, ma riponeva grandi speranze nella sua guarigione.

"Dottoressa." Lei sollevò lo sguardo dalla cartella e lo spostò su di lui. "Mi prometti che presto potrò tornare a giocare fuori, vero?"

La rossa posò la cartella e respirò, affinchè potesse calmare il suo cuore che batteva forte; avrebbe voluto sorridere, ma il tremore delle sue labbra l'avrebbe tradita. Takayuki aspettò in silenzio, stiracchiandosi la schiena dopo tanto tempo passato a sedere.

"Taka," iniziò, una volta in grado di tenere a bada la sua lieve preoccupazione, abbastanza affinchè il ragazzino non se ne accorgesse. "Sto per dirti qualcosa alla quale voglio tu presti molta attenzione." Lui annuì e lei si piegò finchè i suoi occhi non furono al livello di quelli del bambino. "Correrai per miglia e miglia, ti arrampicherai sugli alberi, salterai tra le montagne e volerai in cielo. Riderai fino a perdere il fiato e canterai fino a non poterne più. Sentirai il vento sui tuoi capelli e la sabbia sulle dita dei piedi. Crescerai e potrari goderti l'amore, i sogni e la bellezza di ogni cosa." Indicò il suo petto. "Inciamperai e cadrai, ma ci sarò io ad aiutarti a sollevarti." Porse il suo dito mignolo. "Te lo prometto."

Il ragazzino le sorrise, e intrecciò il suo piccolo mignolo con quello di Maki. "Sei pronto per il prossimo controllo?" Lui annuì. "Okay. Adesso chiamo l'infermiera e ascolterai quello che ti dirà, d'accordo?"

"Sissignora!"

Lei annuì un'ultima volta, si alzò e chiamò l'infermiera che era in attesa alla porta, per poi avviarsi per raggiungere gli altri pazienti da controllare.

"Sei sorprendentemente brava con i bambini," una donna bionda commentò, non appena Maki uscì; si voltò, per ritrovarsi faccia a faccia con la dottoressa Eli Ayase.

La rossa continuò a camminare e l'altra la seguì. "Sono sorpresa anche io," ammise, "non mi aspettavo molto quando ho accettato di occuparmi di questo paziente."

"Beh, è una cosa tenera," affermò Eli con un lieve sorriso di fronte all'imbarazzo di Maki.

"Si risparmi i commenti, dottoressa Ayase", rispose Maki, facendo trasparire della timidezza dalla sua voce. "Non hai dei pazienti di cui occuparti?"

"Sì, hai ragione," disse Eli allungando il passo per poter raggiungere la più giovane. "E guarda un po', sembra che i prossimi pazienti siano dei vicini."


"Pensavi che si sarebbe rimpicciolito?" chiese Umi, mettendo in bocca un pezzo di insalata. Di fronte a tale domanda, paura e incertezza tornarono ad impossessarsi della mente di Maki. Respirò e ricordò a se' stessa di cercare di essere più positiva possibile. Era passato un mese, e ogni scansione aveva dato buoni risultati; non i risultati che sperava, ma nulla sembrava essere peggiorato.

"Non dovremmo parlarne troppo," commentò Eli, "non possiamo essere troppo speranzose senza alcuna prova concreta che il tumore stia scomparendo."

"Ah... Sì, hai ragione," rispose la donna dai capelli blu, tornando a sedere sulla sedia. "Ma come se la passa?"

"In realtà, molto bene," affermò Maki, terminando di mangiare la mela che Nico le aveva preparato come spuntino. "Riesce a fare le cose da solo; non che il tumore non lo intralci ogni tanto, ma sta guarendo bene."

Umi mormorò, pensierosa. "Ha fatto un controllo recentemente?"

"Giusto ieri," Maki si sedette e sciolse la sua coda di capelli per potersela risistemare. "Non è diventato più grande-"

"Ma nemmeno più piccolo," la interruppe Eli con urgenza, causando una contorsione alle sue labbra. "Non voglio essere negativa," aggiunse. "Ma non credo che dovremmo affidarci solamente agli aspetti fisici esterni; è ancora malato di cancro."

Le due donne più giovani stettero in silenzio, lo sguardo rivolto al tavolo; ci volle un altro minuto prima che lo squillo di uno dei loro cercapersone potesse rompere il silenzio. Tutte e tre misero una mano in tasca, per controllare di chi fosse.

Eli si alzò di scatto con un panico che scomparve velocemente nel momento in cui abbassò lo sguardo sulle colleghe. "Mi dispiace lasciarvi così, ma devo andare a controllare uno dei miei pazienti." Senza aspettare risposta, scattò di fretta, andando quasi ad inciampare su una delle gambe della sedia.

Umi e Maki celarono le loro risate, cercando di non mettere in imbarazzo la collega più anziana proprio nel momento in cui doveva occuparsi di un paziente.

"Starà bene?" chiese la donna dai capelli blu, con tono leggermente provocante.

"Sì," rispose la rossa, "è abbastanza esperta da poter trovare da sola la stanza del paziente; è solo che le ci vuole un po' di più per carburare."

Maki abbassò lo sguardo sul proprio cercapersone, fissando l'oggetto che teneva in mano e giocherellandovici di tanto in tanto. L'altra donna la guardò abbattuta, non trovando le parole adatte ad una situazione come quella. Erano medici, dopotutto; dal momento che aveva avuto ormai che fare con persone di tutte le età e di tutti i tipi, il fatto che si fosse in qualche modo legata ad uno di loro, un bambino, era una sorpresa.

Non era mai stata il tipo da bambini, soprattutto per il fatto che non aveva mai avuto esperienze con loro, salvo i fratelli di Nico, che l'avevano adorata fin dal primo momento. Ma i bambini in generale non le erano mai passati nella sua testa di medico al secondo anno di carriera; le erano stati affidati solamente pazienti più anziani con cui aveva trovato facile parlare e semplici da gestire. Il fatto che il suo primo giovanissimo paziente soffrisse di una malattia mortale la rendeva ancora nervosa, ma, allo stesso tempo, pensare al suo sorriso la tirava su di morale.

"Hey, Maki." Guardò Umi; i calorosi occhi di quest'ultima le fecero provare una piacevole sensazione. "Sono felice che tu ti sia presa carico di questo paziente," continuò, "non credo che qualcun altro sarebbe riuscito ad affrontare una situazione del genere come tu hai fatto."

Maki sorrise debolmente a Umi, prese il vassoio e si alzò. "Lo apprezzo," rispose. "E' solo un paziente."

Avrebbe voluto che fosse davvero così.


"Buongiorno," gracchiò Nico. La stanza era a malapena illuminata; era ancora molto presto, e il sole non era ancora uscito del tutto. Il soggiorno era illuminato solamente dal cielo grigiastro.

"Che ci fai già sveglia?" chiese Maki, trascinandosi sul divano. Si era svegliata e aveva notato che l'altra parte del letto era fredda e vuota e se ne era precipitata fuori, preoccupata, per poi realizzare che la porta della camera da letto era leggermente aperta. "Tutto bene?"

La donna dai capelli corvini tentò di ridere, ma finì per tossire; Maki le avvolse una coperta attorno e le accarezzò la schiena dolcemente. "E' solo che non mi sento molto bene stamattina," rispose Nico, "e non riuscivo ad riaddormentarmi, quindi ho pensato di spostarmi qui perchè non volevo svegliarti."

"Avresti dovuto svegliarmi, invece," disse Maki; nel corso degli anni passati assieme, le aveva più volte ripetuto che non le dava fastidio, ma Nico non voleva farla preoccupare quando c'erano dei pazienti ridotti molto peggio di cui occuparsi.

"Sto bene, Maki," finalmente, rise. "E' solo un po' di influenza intestinale, niente di grave. Per di più-" si girò completamente per ritrovarsi faccia a faccia con la rossa, "-Takayuki ha molto più bisogno di te di quanto non ne abbia io oggi."

Maki scosse la testa, incredula, per poi alzarsi e prendere il cellulare. "Vorrà dire che chiamerò a lavoro e dirò che oggi non ci andrai."

"Maki, sono le cinque del mattino." Quest'ultima si fermò al'istante; Nico trattenne le risate, non volendo mettere in imbarazzo la moglie. "Allora chiamerò più tardi, ad un orario decente." Maki tornò indietro silenziosamente, una sfumatura di rosso che le pervadeva le guance. "Torna a letto; dovrai svegliarti tra due ore."

La rossa si lasciò cadere sul divano e si abbassò fino a che la sua testa non si appoggiò sul grembo di Nico. "Credo che dormirò qui, se non ti dispiace." disse, allungando le gambe verso la parte opposta del divano.

"Maki..."

"Va bene," disse, accompagnando le parole con un gesto della mano. "Per di più-" e aprì gli occhi per guardare l'altra donna, "non riesco a dormire se non ci sei anche tu."


"Dottoressa Nishikino, l'occorrente per la tomografia è pronto."

La dottoressa chiuse la porta della stanza di Takayuki, annuendo all'infermiera prima di seguirla nella stanza. Il ragazzino passo un'altra settimana in ospedale, sempre più ansioso di andarsene per ogni giorno passato a letto invece che all'aperto a giocare.

"Per caso la dottoressa Sonoda o la dottoressa Ayase sono occupate in questo momento?" chiese la rossa all'infermiera di fronte a lei.

La giovane controllà gli appunti che aveva in mano, passando in rassegna la scheda dei programmi e trovò l'orario che le serviva. "In questo momento la dottoressa Ayase è libera per quindici minuti; se vuole, gliela posso chiamare."

"No, la contatterò io." Maki estrasse il suo cellulare dalla tasca, mandò un messaggio alla bionda e lo rimise dov'era prima.

"Maki!" Le persone circostanti si girarono all'istante e videro Eli arrivare di corsa e frettolosamente in direzione della rossa e dell'infermiera. La bionda si aggrappò alle spalle della collega più giovane, gli occhi che supplicavano per la risposta ad una domanda che ancora non era stata posta. "Che succede? Tutto okay? Oh, mio Dio, si tratta forse di Nico?"

La rossa non fece altro che scrollarsi le mani della collega di dosso, accompagnando il gesto con un sospiro di disapprovazione. "No, Eli; ho solo bisogno che tu venga con me a controllare la tomografia di Hyata."

Gli occhi della bionda si fecero impassibili una volta udita la risposta, mentre si sfregava la fronte. "Solitamente non mandi messaggi del tipo 'Sbrigati a venire' senza aspettarti una reazione del genere," disse a Maki, per poi incrociare le braccia. "Ti stai dirigendo lì?"

Maki annuì, facendo cenno di seguirla. "E' passato un mese e mezzo da quando Hyata è stato ammesso," disse ad Eli, spostandosi dal campo visivo di visitatori e pazienti.

"E' la quinta tomografia?"

"Sì." Maki sfiorò la cartella. "Ha preso dei medicinali per i dolori e il tumore; se si riduce a sufficienza, potrebbe essere dimesso."

"E se non dovesse accadere?"

La rossa tentò di non soffocare le successive parole che stava per dire. "Allora dovrò proporre la chemioterapia ai genitori; per quanto desiderino evitarla..." la sua foce si affievolì; Eli non le chiese di continuare, sapendo che si trattava di un argomento sul quale sarebbe stato meglio non insistere.

Aprirono la porta, dirigendosi verso i risultati. Vi stettero davanti, non ancora pronte per accendere la luce; la rossa camminava fin troppo velocemente all'interno della stanza, ma, in ogni caso, non avrebbe potuto impiegare tutta una giornata per evitare di vedere i risultati.

Quest'ultimi avrebbero detto a Maki come procedere; continuare con ciò che stava già facendo fino alla dimissione di Takayuki oppure iniziare una nuova terapia per sconfiggere il tumore. O uno, o l'altro e il pensiero che ci fosse il 50% di probabilità per entrambi la stava facendo esitare nel continuare a guardare le foto. Vide lo sguardo preoccupato di Eli con la coda dell'occhio, ma fu contenta della pazienza che la bionda stava avendo con lei nonostante il poco tempo libero a sua disposizione.

"Maki." Sentì una mano sulla sua spalla. "Qualsiasi sia il risultato, sono sicura che riuscirai ad affrontarlo, ma Hyata non può aspettare per sempre."

"Hai ragione," disse, guardando dei teneri occhi azzurri. Eli sorrise, per poi dirigersi verso l'interruttore della luce.

"Sei pronta?" Maki annui; la collega più anziana l'accese.

C'erano solamente due opzioni.

O questo era quello in cui Maki voleva credere.

"E' cresciuto."


Maki sentì il cuore venirle meno durante l'esaurimento della madre, il marito che si affrettava a reggerla. La strinse a se' e lasciò che le sue lacrime inzuppassero la sua maglietta, mentre cercava in tutti i modi di impedire alle sue lacrime di scendere. Maki percepiva il cuore martellarle nel petto mano a mano che proseguiva con la spiegazione di ciò che stava accedendo e il passo successivo da adottare.

"E' l'unica soluzione possibile?" chiese l'uomo con voce tremante.

La rossa annuì a malincuore. "Ovviamente, sta a voi decidere se volete farlo," li informò. "Ma per ora, è l'unica soluzione."

La madre pianse con forza, intensificando la presa sulla maglia del marito. Maki lanciò un'occhiata al fratello più grande, la faccia che si nascondeva nella maglietta e le ginocchia tremanti; non osò gurdare Takayuki che sedeva silenziosamente sul letto d'ospedale, senza esprimere alcuna emozione.

"Per adesso, continueremo con l'attuale cura di Takayuki finchè non mi darete la vostra risposta," disse brevemente.

"Lo farò."

I tre adulti si girarono verso Takayuki, che li osservava con gli occhi spalancati; spostò lo sguardo da Maki ai suoi genitori. "Voglio fare l'operazione."

"Takayuki..."

"E' l'unico modo, mamma," disse con tono calmo, ma la rossa si accorse del suo petto nervosamente ansimante. "Ce la posso fare."

Il silenziò calò nella sala, lasciando spazio ai singhiozzi della madre; l'uomo fece cenno al figlio dagli occhi gonfi di mettersi al suo posto, prima di dirigersi verso Maki.

"Posso parlarle in privato, dottoressa?" La rossa annuì e seguì il padre fuori dalla stanza. Non appena la porta si fu chiusa, lui sussurrò con tono soffocato, "Quante possibilità ha?"

All'udire la domanda, la dottoressa sentì un colpo al cuore, inspirò ed espirò rumorosamente. Conosceva la risposta a tale domanda, ma pronunciarla a voce alta era tutt'altra cosa, per cui non si sentiva ancora del tutto pronta.

"Per come stanno ora le cose, un 40%", cominciò, nel più calmo tono possibile; già guardare l'uomo negli occhi si stava rivelando difficile; era stressato, turbato e decisamente scosso.

"E' giovane, ma il suo sistema immunitario non ha potuto lavorare al massimo delle proprie capacità a causa delle sue precedenti malattie."

Lui guardò a lato, cercando di nascondere la lacrima che gli rigava il viso; la asciugò velocemente, per poi guardare a terra e nuovamente Maki. "E' richiesta una terapia?"

"Il suo tumore è ad uno stato avanzato, il che significa che le cellule si stanno moltiplicando velocemente, quindi sarebbe raccomandata," rispose la rossa, "aiuterà a tenere il tumore sotto controllo prima dell'operazione."

Lui sospirò. "Quando possiamo cominciare?"


Maki potè vedere la luminosità dei suoi occhi sparire mano a mano che proseguiva con le sessioni di terapia e che il tumore lo consumava. Cercava di non aggrottare la fronte ogni volta che visitava la sua stanza, ricordandosi di sorridere e parlargli nonostante le frequenti mancate risposte da parte sua. Perfino entrare nella stanza le faceva male: il suo corpo era sempre troppo stanco anche solo per mettersi a sedere.

"Quando sarà la sua prima operazione?" chiese Umi; lei ed Eli l'avevano spiata "di nascosto" per tutto l'ospedale e avevano chiesto alle infermiere di tenerla d'occhio qualora fossero troppo occupate per farlo di prima persona. Apprezzava la premura delle sue colleghe più grandi, ma era una dottoressa; sarebbe stato il suo pane quotidiano.

"E' nel fine settimana," rispose la giovane, posando il giornale. Era uno dei suoi unici momenti di pausa durante l'intero mese dopo aver fatto iniziare la terapia a Takayuki; aveva passato troppo tempo a studiare come prepararsi per l'operazione, cosa che aveva sorpreso molti dei dottori dal momento che Maki era un talento in sala operatoria e non era la prima volta che doveva occuparsi di un tumore.

"Tra poco, eh?" mormorò la donna dai capelli blu, principalmente a se' stessa. Non aggiunse altro e si limitò a canticchiare a bocca chiusa alcune canzoni, mentre Maki riprese la lettura.

Girò la pagina; i suoi occhi scorrevano le parole, ma queste le passavano davanti senza che lei le potesse comprendere. Maki odiava quella sensazione di agitazione; la metteva a disagio ogni volta; di sicuro turbava anche Nico, andando ad influenzare il suo modo di preparare i piatti preferiti dellla rossa e il suo modo di accoglierla a casa con piccoli regali e sorprese. Non che non le piacesse, ma la rendeva ancora più agitata.

"Stai pensando troppo." Un dito schioccò la sua fronte prima che potesse anche solo accorgersi che Eli stava entrando con una tazza in mano; le sopracciglia di Maki si aggrottarono in segno di insoddisfazione. "Sei la calma e intelligente Maki Nishikino," continuò, riempiendo la tazza di caffè appena preparato. "Ti stai distruggendo."

Maki piegò il giornale e lo posò sul tavolo di fronte a lei, per poi incrociare le braccia.

"Com'è stato?" chiese.

Le due donne più anziane batterono gli occhi per due volte e Umi disse, "Com'è stato cosa?"

"Avere un bambino come paziente per la prima volta."

Eli, imbarazzata, si schiarì la gola e Umi fissò il soffitto, come se la risposta si trovasse lì.

Si girò e guardò la bionda, la quale fece un mezzo sorriso prima di prendere posto tra le altre due dottoresse.

"Più o meno come è per te adesso," ammise, guardando la rossa, "era giovane e pieno di sogni."

"Anche il mio aveva molti sogni," disse improvvisamente la donna dai capelli blu, rimembrando vividamente l'immagine del suo precedente paziente.

Maki non fece ulteriori domande al riguardo, non volendo scavare su cose dove sapeva non avrebbe dovuto. Il tavolo fu tranquillo per un minuto, l'unico suono era quello di Eli che sorseggiava il suo caffè a intervalli di pochi secondi.

"Dovrei andare," disse la più giovane, alzandosi all'improvviso

"Ah, Maki," la chiamò Eli, richiamando la sua attenzione prima che potesse andarsene. "Vai a casa stanotte; ti sei fermata a dormire qui in questi ultimi due giorni." Maki fece per controbattre, ma la collega la precedette. "Anche Nico ha bisogno di te."


"Bentornata!" festeggiò Nico, non appena udì la porta dell'ingresso aprirsi; indossava un grembiule e teneva in mano un mestolo.

"Che stai cucinando?" domandò Maki, seguendo la moglie in cucina. Poteva annusare un forte profumo di minestra.

"Ah, la cucina di Nico ha forse attirato la bella dottoressa?" la provocò la donna, ridacchiando. "Sto solamente preparando una zuppa di miso come contorno."

Maki la guardò senza pensieri, appoggiandosi al frigo per poter avere una visione migliore dei fornelli. La donna dai capelli corvini la fissava con un sopracciglio alzato, mescolando il contenuto della pentola finchè non si trovò costretta a schioccar le dita per attirare l'attenzione dell'altra. La rossa sobbalzò, sollevandosi di scatto nel momento in cui guardò la moglie.

"Cos'è successo?"

"Tutto bene?" chiese Nico; entrambe sapevano che la più anziana delle due sapeva gi la risposta, ma voleva accertarsene da sola.

"Nico," la chiamò, appoggiando la fronte alla sua spalla. "Sto facendo la cosa giusta?"

"Eh? Chi sei tu?"

La più giovane scattò per guardare Nico. "Che?" Nico le diede un colpo sulla testa in segno di disapprovazione, lasciando la moglie a sopportare il dolore fino a replicare.

"Credevo di aver sposato Nishikino Maki; chi diavolo sei tu?" La rossa si morse il labbro. "Maki, perchè stai dubitando di te? Sei una dottoressa fantastica."

Maki guardò sopra la testa di Nico, percependo il suo sguardo fisso su di lei; era una delle ragioni che l'avevano fatta innamorare della moglie; di solito era dolce, ma in quel momento la faceva preoccupare, soprattutto perchè Maki sapeva che sua moglie poteva arrivare a dire tanto solo per dissipare le sue preoccupazioni.

"Maki, so quanto quest'operazione significhi per te," continuò Nico, le mani sui fianchi, "non che le altre operazioni fosero meno importanti, però si vede che ti sei affezionata a questo bambino e la cosa mi fa piacere." Maki alzò un sopracciglio. "Solitamente sei così fredda e decisa a lavoro, però sono contenta di sapere che ti preoccupi anche, ogni tanto."

La donna dai capelli corvini fece un passo in avanti e avvolse le braccia attorno alla vita di Maki, ascoltando il rapido battito del suo cuore. "Va bene preoccuparsi per qualcosa, ma non tenerti tutto dentro per così tanto tempo. Non è necessario che tu sopporti tutto questo da sola."

La più giovane ricambiò l'abbraccio e appoggiò il proprio mento sulla spalla di Nico. "Sei troppo per me," sussurrò.

"Tu lo sei," ribattè Nico. "Ora però lasciami, che devo finire di preparare la cena."

"No."

Nico sospirò e lasciò che Maki continuasse a tenerla a se', nonostante il leggero odore di bruciato. "Alle volte sei così infantile..."


"So che cosa potrebbe succedere", le disse Takayuki, la mano sulla sua coscia. Maki lo guardò, cercando di non apparire troppo turbata dalle sue parole. "I miei genitori non me l'hanno detto, però lo so già."

La guardò, privo di ansia e paura, anzi, sembrava che fosse pronto a tutto.

"Io credo in te, dottoressa," sorrise. "Quindi mi prometti una cosa?"

Alzò le braccia, come per chiedere un abbraccio; la rossa lo assecondò, le parole del padre che le scorrevano in testa. Lo tenne a se' per qualche secondo e, una volta lasciatolo andare, gli accarezzò la testa.

"Promettimi che non ti sentirai in colpa."


"I valori sono stabili."

Maki annuì, continuando in silenzio con la rimozione del tumore. Si sentiva calma, le sue mani erano risolute e precise; rimase in silenzio per gran parte dell'operazione e aprì bocca solamente per richiedere gli strumenti oppure per controllare il battito cardiaco.

Dai monitor provenivano suoni costanti e stabili; tale rumore era rilassante e sembrava quasi irreale. Forse era tutto dovuto alla sua concentrazione o forse era per la faccia incosciene del bambino.

"Sei sorprendentemente calma," commentò Umi, osservando Maki con gran concentrazione.

"Non dovrei?" chiese la rossa, senza sollevare lo sguardo.

"No, eravamo solo preoccupate per te," rispose l'altra, asciugandole la fronte.

Maki non rispose, mantenendo tutta la concentrazione su ciò che stava facendo invece di pensare a ciò che sarebbe venuto dopo. Era silenziosa, il rumore dei monitor pervadeva la stanza. Stava tutto andando bene, l'intera situazione era-

Il lento e costante rumore dei monitor inaspettatamente aumentò di velocità, allarmando le due dottoresse e le infermiere presenti nella sala.

"Il suo battito sta calando!" esclamò una di loro.

"Maki, sta avendo un'emmoraggia," la informò la donna dai capelli blu; Maki interruppe immediatamente i propri movimenti e non si mosse di un millimetro. Ma non appena un secondo dopo, il corpo di Takayuki iniziò a scuotersi violentemente, terrorizzando Maki. "Sta avendo delle convulsioni!"

Essendosi accorda dell'orrore da parte di Maki, Umi la fece spostare immediatamente. "Andiamo, Hyata, rimani qui." La rossa osservava il tutto silenziosamente, il corpo pietrificato e il cuore martellante. Il piccolo corpo del bambino smise di scuotersi, il battito scese velocemente. "Sta andando in arresto cardiaco."

"Defibrillatore," disse finalmente Maki, uscendo dal proprio stato di panico; le infermiere si misero all'opera, preparando lo strumento e porgendolo alla donna più anziana. "Tre, due, uno, libera!" Niente. "Aumentate la carica!" disse. "Tre, due, uno, libera!" Niente.

"Dottoressa, lo stiamo perdendo."

Perdendo...

"Più forte," disse loro severamente, prima di puntare nuovamente il defibrillatore sul petto del bambino. Niente.

Il caos di rumori la portò al limite; lanciò il defibrillatore, pregando silenziosamente che il bambino rimanesse con lei. Maki premette sul petto per tre volte a intervalli di qualche secondo. Sentiva la testa rimbombarle e il cuore piangere.

"Promettimi che non ti sentirai in colpa."

Continuò a esercitare pressione, le lacrime che le offuscavano la vista; non aveva ancora finito, non poteva essere tutto finito.

"Maki..."

"Andiamo, Taka..."

"Maki."

"No!" Allontanò di colpo la mano di Umi, le lacrime che salivano. "Posso salvarlo."

Umi scosse la testa, il suono di una linea piatta che squillava nelle sue orecchie.

Era tutto vero.


Maki sentì il suo cuore contrarsi. Era pesante e sembrava che non fosse collocato lì dove invece si trovava. Si fece strada tra la gente, trattenendo le lacrime per non far preoccupare nessuno di quelli che si fossero imbattuti in lei. Si sentiva uno schifo e non si sarebbe sorpresa di dare tale impressione.

"Vai a prendere un po' d'aria; darò io la notizia."

La rossa fu grata ad Umi, dal momento che non sapeva se sarebbe stata in grado di sopportare il peso di pronunciare quelle parole ad alta volce. Si sentiva in colpa per non essere lei a dirle, ma tutto il mondo attorno a lei stava crollando.

"Dottoressa Nishikino," la chiamò una delle infermiere che passavano. "Dottoressa!"

Maki la sentì, ma decise che era meglio non avere a che fare con nessuno senza essere mentalmente preparata. Tutto ciò a cui poteva pensare era il paziente che aveva appena perso; il suo sorriso, la sua risata, il suo modo maturo di parlare. Ma tutto quando svanì di fronte al suono di una linea piatta nella sua testa.

Uscì fuori, inciampando all'entrata per poi finalmente scoppiare a piangere, le lacrime che scendevano una dopo l'altra. Pianse amaramente, incurante del fatto che qualcuno potesse sentirla. Era notte fonda e l'aria fredda le bruciava la gola, le sue mani tremavano mentre giaceva di fronte al muro dell'edificio.

Tutto faceva male e tutto pulsava; niente andava bene.

Improvvisamente una mano le toccò la spalla e Maki dovesse sforzarsi per non colpire istintivamente la persona dietro di lei. Si voltò, e ritrovò a guardar dritto occhi color rubino.

"Sapevo che eri tu," sorrise Nico.

Maki si sollevò a fatica, premendosi il petto. Nico l'aiutò a reggersi in piedi, lasciando che la moglie potesse piangere sulla sua spalla. "Maki," disse con quel tono cantilenante che era solita usare sempre quando la rossa era giù di corda. "Sono sicura che vorrebbe ringraziarti per tutto quello che hai fatto per lui."

"Ho sbagliato" pianse con più forza, seppellendo il viso nella spalla di Nico. "Avrebbe potuto essere vivo."

La donna dai capelli corvini le accarezzò i capelli, "Non puoi fare tutto, amore; non te ne avrebbe data la colpa."

"Era solo un bambino."

"Lo so," rispose Nico, "e so quanto lui significasse per te. E' stato fortunato ad avere dei genitori così premurosi e una dottoressa così brava." Le lacrime della più giovane bagnarono la maglietta di Nico. "Ti sei presa cura di lui e questo lo sapeva; non ti sei arresa fino alla fine."

Vi fu un momento di di silenzio, poi Nico prese una delle mani di Maki. "Inoltre, conosco qualcuno che sarebbe felice di conoscerti." La piazzò delicatamente sul suo addome, lasciando che Maki piangesse l'ultima delle sue lacrime prima di guardarla dritto negli occhi.

"Cosa?" singhiozzò.

Nico sorrise. "Maki, sono incinta."

Il mondo smise di girare nel momento in cui fissò Nico prima di cadere sulle sue ginocchia, entrambe le mani sull'addome della donna dai capelli corvini. Lo massaggiò silenziosamente, le lacrime ripresero a scorrere più velocemente. "Correrai per miglia e miglia, ti arrampicherai sugli alberi..." Strinse i denti, cercando di mantenere la voce il più stabile possibile. "Salterai tra le montagne... e volerai in cielo." Le sue mani circondarono la schiena di Nico e la sua fronte si posò sull'addome della moglie; l'altra le accarezzò i capelli. "Riderai fino a perdere il fiato e... canterai fino a non poterne più... Sentirai il vento... sui tuoi capelli," si aggrappò alla maglietta di Nico,"...e la sabbia sulle dita dei piedi." "Crescerai..." cotinuò singhiozzando, "e potrari goderti l'amore, i sogni... e la bellezza di ogni cosa. Inciamperai... e cadrai, ma ci sarò io... ad aiutarti a sollevarti." Sollevò il suo sguardo verso Nico, una sola lacrima che rigava il volto di quest'ultima; si chinò per baciare la fronte di Maki e per asciugarle il viso inondato di lacrime. Maki si avvicinò a sufficenza per baciare Nico sulle labbra, accarezzandole le guance e tracciando dei cerchi sotto le sue orecchie.

"Lo prometto."




Angolo Autrice:
E dopo anni in cui non scrivo più nulla, eccomi a proporre una traduzione. E' la prima fanfiction in assoluto che mi abbia fatto piangere ed è talmente bella che non potevo non proporla al fandom italiano. E' la mia primissima traduzione, e mi rendo conto che potrebbero esserci molti errori disseminati qua e là e che la traduzione potrebbe risultare molto grezza e letterale. Di conseguenza, critiche costruttive, correzioni e suggerimenti sono ben accetti.
  
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