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Autore: GeoFender    02/12/2016    1 recensioni
[Heline- Partecipante all'Iniziativa femslash 2016]
"Comunque andrà, io sarò sempre con te. Ci rifugeremo nel mondo dei Mondani se necessario. Certo, dovremmo farci aiutare da uno stregone ma farei di tutto per rimanere con te."
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Aline Penhallow, Helen Blackthorn, Jia Penhallow, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, innanzitutto la storia è dal punto di vista di Aline. I pg potrebbero risultare OOC perché sono quasi marginali nella saga. Ricordatevi che le tre parti sono ambientate in tre momenti diversi


Ti trovi nella lussuosa residenza della tua famiglia ad Idris, i Penhallow. Tua madre, ormai Console, ha deciso di invitare le più antiche discendenze di Alicante per celebrare la sua nomina. Ti ritrovi quindi costretta in un abito fatto su misura per te e dallo stile orientale che non sopporti dal primo secondo in cui l'hai indossato. Avresti voluto metterti una delle tante divise eleganti che possiedi ma tua madre te l'ha impedito. Sorseggi del vino prodotto nel frutteto della residenza estiva dei Penhallow, tenendo il calice di cristallo di Boemia in modo elegante, proprio come Jia -spesso la chiami così nella tua mente- ti ha insegnato tanto tempo prima. Probabilmente il tuo primo ricordo si tratta di una tua piccola versione che tiene tra le manine una replica in plastica del bicchiere che, dopo essere stato svuotato, posi di nuovo sul tavolo ricoperto da una tovaglia con ricami orientaleggianti e di una stoffa pregiata che ti ricorda la seta al tatto. Ogni tanto, gli sguardi di Maryse Lightwood e quello della nuova Console si posano su di te che bisbigliano tra di loro, sapendo benissimo il loro argomento di conversazione. A pochi passi da loro, c'è infatti Alexander Lightwood che annuisce ogni tanto alle parole della madre. Sospiri pensando già al matrimonio che entrambi sarete costretti a contrarre perché in età giusta per farlo e per garantire la sopravvivenza della stirpe degli Shadowhunter. Senza contare il fatto che con la vostra unione avreste un Istituto da dirigere, probabilmente quello di Pechino dato che precedentemente era tua madre a occuparsene. I tuoi occhi a mandorla incrociano quelli azzurri di Alec, evidentemente a disagio e con le dita serrate attorno al bicchiere. Nessuno dei due vuole che il proprio destino sia deciso per una mera questione politica e di doveri nei riguardi della propria famiglia, specialmente il rampollo dei Lightwood. Una buona parte del mondo dei Nascosti è a conoscenza del fatto che si frequenti con il Sommo Stregone di Brooklyn, ma nessuno del Conclave è al corrente di ciò, escludendo quasi sicuramente i genitori dell'arciere. Come ti ha chiesto tua madre poche ore fa, inizi a salutare i presenti fra i quali figurano i Carstairs, i Branwell, i Monteverde e i Rosales, tanto per citarne alcuni. Fai il gesto di avvicinarti all'ultima ospite ma una forza invisibile te lo impedisce e, senza farti notare troppo, inizi ad ammirarla. Possiede gli occhi blu-verdi dei Blackthorn però i suoi capelli color oro pallido, insieme alle orecchie a punta, tradiscono la sua discendenza. Qualcosa scatta nella tua mente, aggiungendo la tua totale indifferenza agli uomini alla lista dei motivi per cui non vuoi sposarti. Noti che è sola, gli altri membri della sua famiglia non sono presenti e molti la tengono in disparte, escludendo Isabelle Lightwood che un attimo prima aveva scambiato un paio di parole con lei. La ammiri con più attenzione, aiutata dalla luce lunare che mette in risalto i suoi lineamenti eterei e il suo lungo vestito argenteo, rendendola simile a una principessa delle fate o a Diana, dea della caccia e della luna secondo i romani. L'ultimo paragone è perfetto per lei poiché la bionda Nephilim non può assolutamente essere definita come una mera umana. La vedi sorriderti di rimando e scappi via in preda al panico.

 

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Ti trovi nella foresta di Brocelind in sella alla tua puledra mentre Helen, poco lontano da te, sta montando un cavallo da tiro appartenente sempre alla tua famiglia. Le hai detto di prendere proprio quello, evitando così di attirare attenzioni indesiderate. Il pelo dell'assai muscoloso animale quasi si confonde con la corteccia dei centenari alberi presenti nella foresta. Chiudi gli occhi e inspiri profondamente, lasciando che l'odore pungente dei pini ti invada e ti rilassi perché l'ultima cosa di cui hai bisogno è essere nervosa. Avete camminato a lungo e in silenzio, la vostra unica compagnia sono stati i respiri affannosi dei vostri forti destrieri e il frinire delle cicale, cosa insolita per un paese fresco anche in pieno agosto come Idris. Dopo un indefinito lasso di tempo, raggiungete un angolo della selva in cui gli alberi sono talmente fitti che nemmeno uno spiraglio di luce riesce a penetrare tra i loro rami. Sospiri di sollievo, finalmente siete al riparo dall'insolito caldo torrido di quell'estate e tiri le redini, facendo frenare la tua puledra. In un unico movimento fluido, scendi da Sylvis e vieni subito imitata dalla tua ragazza, che slega un sacco dall'imponente sella. La vedi posarlo a terra e aprirlo completamente, fino a rivelare che in realtà si tratti di una tovaglietta a scacchi rossi e bianchi, un ornamento Mondano ma che a lei è sempre piaciuto. Non ti stupisce, ha passato molto meno tempo ad Idris rispetto a te e praticamente Los Angeles è la sua casa. Ti fa ancora ridere un avvenimento di poco tempo prima. Infatti, poco prima che vi venisse ordinato di ritornare ad Idris, Helen decise di portarti in spiaggia perché, in tutti quegli anni passati a viaggiare, non avevi mai visto l'oceano. Ricordi ancora il tuo imbarazzo nel vederla senza i suoi abiti da Shadowhunter e soprattutto la sua pelle lattea diventare color gambero nonostante la protezione solare. Non hai nemmeno potuto fare degli iratze su di lei perché il suo sangue di fata le fa provare dolore ogni volta che una runa viene tracciata sulla sua cute. Non lo dà a vedere ma è così. Scuoto la testa come a voler mandar via quel ricordo e ritorno a concentrarmi sulla mia Hel. Sorrido vedendola finire di gusto un panino con la marmellata di more, la sua preferita, e mi avvicino baciandola su un angolo della bocca. Nel giro di pochi secondi, il suo viso passa da un'espressione confusa a una imbarazzata, accentuata dal rossore delle sue orecchie a punta. 

"C-cosa?" Mi chiede balbettando leggermente. Questo bacio, come gli altri che le avevo dato prima, l'ha decisamente colta di sorpresa. Non che io sia diversa, questa cosa è nuova per entrambi, non è facile abituarsi, soprattutto per la filosofia del Conclave. Mangio l'altro panino presente nel sacco, sempre con la marmellata di more perché Helen si è occupata delle provviste, mi alzo e tolgo la polvere sui miei alti e aderenti stivali da cavallerizza. Hel mi imita e, dopo essersi assicurata di aver raccolto tutto, fa ritornare la tovaglietta allo stato originale per poi legarla di nuovo alla sella. Quasi contemporaneamente montiamo in sella ai nostri cavalli e iniziamo a camminare l'una di fianco all'altra, stando sempre attente all'ambiente circostante. 

"Aline, sei nervosa?" Mi chiede facendomi sobbalzare e lasciando quasi andare le redini di Sylvis. Solo ora mi accorgo di quanto io abbia la schiena tesa, ogni singolo muscolo di essa è contratto e so bene cosa significa. Paura. Paura di essere rifiutata, che cambi il modo in cui mia madre mi guardi, paura che mi vengano strappati i Marchi. Non ho mai provato una cosa del genere, nemmeno davanti al più pericoloso dei Demoni Superiori. È inutile mentirle.
"Hel, non sono nervosa. Ho paura, più di quanta ne abbia provata nella mia vita." Ammetto mordendomi il labbro inferiore. I miei sguardi saettano sul mio anulare sinistro, su cui scintilla l'anello dei Blackthorn, e su quello di Helen, il cui dito è avvolto dall'elegante anello dei Penhallow. Mi fanno sorridere leggermente ma questo barlume di felicità non è sufficiente a rischiarare l'oscurità in cui il terrore ha gettato.

"Comunque andrà, io sarò sempre con te. Ci rifugeremo nel mondo dei Mondani se necessario. Certo, dovremmo farci aiutare da uno stregone ma farei di tutto per rimanere con te." La sento affermare con un tono colmo di dolcezza mentre mi stringe la mano sinistra. Trattengo le lacrime che stanno per scendere, non voglio mostrarmi a lei e a mia madre piangendo, mi rinnegherebbe come figlia. Mi conosce troppo bene, non so come faccia a capire cosa mi passi per la testa senza che io accenni qualcosa. Tutto quello che riesco a fare è rivolgerle un sorriso malinconico e continuare a cavalcare. Dopo quelle parole, cala il silenzio fra di noi, il solo frinire delle cicale a riempirlo e ad accompagnarci nel nostro breve viaggio. Finalmente la luce aranciata del sole ci investe, segno che siamo ormai uscite dalla foresta buia. Scorgo la sagoma della residenza estiva della mia famiglia e con le redini incito Sylvis ad aumentare il passo, facendola andare al galoppo. Come se avesse intuito la mia intenzione, Helen mi imita quasi istantaneamente, riempiendo l'aria di Idris con polvere e il rumore sordo degli zoccoli a contatto con il terreno. Smontiamo da cavallo quasi in contemporanea e ammiriamo il sole che si riflette sulle decorazioni dorate presenti sul tetto della villa dall'aspetto orientaleggiante. Sento le dita di Helen intrecciarsi alle mie e la guardo, rivolgendole un sorriso malinconico. 

"Vengo con te, avrai bisogno di qualcuno lì dentro." Mi dice mantendendo il suo tipico tono dolce che tanto amo. Scuoto la testa in segno di diniego, non voglio che assista a uno spettacolo di cui so già la fine e soprattutto non voglio che venga insultata per non essere una Nephilim pura, non se lo merita affatto. Mi cinge fra le sue braccia, come a proteggermi da tutto, coprendomi perfettamente con la sua altezza. Stringo la sua sottile canottiera nera così forte da arrivare a lacerarla e sento un groppo in gola, segno che sono vicina alle lacrime ma non devo piangere, altrimenti non la smetterei più. 

"Helen, devo farcela da sola. Nasconditi, ti chiamerò in caso di bisogno." Le dico liberandomi bruscamente dal suo abbraccio e correndo velocemente verso il portone d'ingresso. Sento il suo sguardo bruciare sulla mia pelle ma non mi volto o mi comporterei come Orfeo vicino ad Euridice. Busso una, due, tre volte con il batacchio a forma di leone e, sorprendentemente, la persona che mi apre è proprio mia madre. Deglutisco e sfoggio il miglior sorriso di circostanza che possiedo nel mio arsenale, non deve avvertire nulla, almeno non per il momento.

"Aline cara, pensavo che ti trovassi alla Guardia e che ci rimanessi tutto il giorno." Mi dice con un tono posato fin troppo simile al mio. La scruto con attenzione: i suoi lucenti capelli neri sono come al solito stretti in una severa crocchia che, in circa diciotto anni di vita, non le ho mai visto sciogliersi. Mi sento quasi a disagio, i miei capelli non sono più lunghi come un tempo perché, non molto tempo fa li ho tagliati, utilizzando la scusa del loro intralcio in battaglia. 

"Madre, ci sono andata ma poi mi hanno detto che non avevano più bisogno di me. Avevano abbastanza Shadowhunter lì, mi hanno detto di tornare domani." Le dico con tono convincente, atto ad evitare sospetti. Annuisce leggermente, facendomi cenno di entrare e io, di conseguenza, mi tolgo gli attillati stivali in segno di rispetto. Con passi felpati, la seguo e sento sotto i piedi la superficie liscia del parquet. Rimango impassibile passando di fronte agli arazzi che adornano le pareti dei corridoi nonostante narrino dell'impresa di Jonathan Shadowhunter, dell'angelo Raziel e dei tre Strumenti Mortali. Arriviamo nella sala della cerimonia del tè e ci accomodiamo al tavolo in mogano dallo stile occidentale, che contrasta con il resto della stanza.

"Aline, prendi un po' di tè." Dice con tono calmo, porgendomi una tazza di porcellana decorata di blu con all'interno del tè verde. Essa sprigiona vapore per la temperatura quasi ustionante della bevanda rilassante che vi è contenuta, e mi trovo a fissare con fin troppa attenzione la foglia verde giada galleggiante che, almeno all'improvviso, sembra un qualcosa di veramente interessante. Dopo un ragionevole lasso di tempo, prendo la tazza con entrambe le mani e la porto alla mia bocca, sorseggiando lentamente il suo contenuto. Il calore e il sapore quasi amaro, data la totale assenza di limone, zucchero o latte, mi infondono quello che mi serve per affrontare mia madre.
 
"Madre, devo dirti una cosa." Alzo lo sguardo dalla tazza ormai vuota e incrocio i suoi occhi scuri, così simili ai miei ma al contempo diversi. C'è un qualcosa, durezza forse, che i miei, almeno a detta di Helen, non possiedono. Quante volte la mia bionda fata ha detto che non assomiglio a mia madre! E' stata l'unica ad avermelo detto perché sa quando io odi essere paragonata a lei, chiunque lo fa. Respiro profondamente, contando fino a dieci e le rivolgo un sorriso tirato che non convincerebbe nessuno.

"Madre, a me piacciono le ragazze nel modo in cui dovrebbero piacere i ragazzi." Ecco, l'ho detto. I suoi lineamenti si contorcono in modo quasi innaturale rispetto ai suoi standard ed assumo una posizione di difesa, come se avessi di fronte un demone pronto ad attaccarmi. Sostengo il suo sguardo d'acciaio, non le devo far credere di vergognarmi di ciò che sono e soprattutto di chi amo. L'anello dei Blackthorn che porto all'anulare sinistro scintilla e i suoi occhi guizzano su di esso. I suoi lineamenti, già deformati, si induriscono rendendo il suo viso simile a una maschera. 

"Aline Penhallow, hai disonorato la nostra antica famiglia. Avrei potuto perdonare il tuo desiderare di giacere con una donna ma con una Nascosta è inaccettabile. Fuori dalla mia casa, ora!" Pensavo di essermi preparata a sentire queste parole ma, a quanto pare, non è bastato. Sono taglienti e letali quanto la lama di una spada angelica e altrettanto fredde. Lascio andare la tazza di porcellana che cade al suolo, rompendosi in pezzi. Corro fuori dalla stanza, in pochi secondi e senza nemmeno essermene resa conto, mi ritrovo sulla porta di casa, con gli stivali da cavallerizza in mano. Non so come sono arrivata qui ma non mi importa. Vedo la sagoma di Helen e le corro incontro, gettandomi fra le sue braccia e piangendo.

"Sh, Aline. Ci sono io qui con te e vedrai che andrà tutto bene, ne sono sicura." Le sento dire con tono rassicuranti. Qualcosa si spezza in me, il mio corpo è scosso da singhiozzi e non riesco più a trattenermi. Calde lacrime scendono giù per il mio viso e bagnano la canottiera di Helen ma non le importa. Continua invece a stringermi e mi accarezza i capelli per diverso tempo, iniziando così a rilassarmi. Combatto per mantenere gli occhi aperti ma le palpebre si fanno troppo pesanti e il mio stesso corpo lo è. L'adrenalina che scorreva nella mie vene lentamente svanisce e mi addormento, sentendo come ultimo suono una ninna nanna dalla lingua antica.

 

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È ormai molto tempo che non metto piede ad Idris e soprattutto nella Città di Ossa. Ma ora mi trovo qui con Helen e Amber, la nostra bambina, indossando un abito bianco con delle rune dorate. Helen, intuendo la mia esitazione, mi sorride raggiante, caratteristica accentuata dalla sua gravidanza. Non ho mai avuto un istinto materno ma dopo la nascita della nostra bambina sono cambiata. Portarla in grembo è stata un'esperienza indescrivibile e ora è il turno di Hel, che aspetta un maschietto. Li chiameremo Alexander, come vuole la tradizione dei Blackthorn. Annuisco ed entriamo nella Città, dirigendoci direttamente nella zona dei Penhallow, non fermandoci di fronte ai Blackthorn perché Helen si sente ancora in colpa per la morte del padre e per non essere stata presente nella vita dei suoi fratelli. Guardo la tomba di mia madre, che risalta tra tutte le altre come si conviene per un Console e per una Penhallow, e sento i miei occhi bruciare. Sono passati anni dall'ultima volta che ho pianto e sempre per causa sua. Porgo Amber a Helen, sorridendo mentre vedo posare la testolina mora sulla runa del matrimonio di parecchi anni fa, poco sopra il cuore. Mi inginocchio di fronte alla tomba, sfiorando con le dita il nome di mia madre inciso in oro, sotto il quale una frase recitava: Moglie, madre e amata console. Requiescat in pace. 

"Madre, questa è mia moglie. Amber e Alexander sono tuoi nipoti e volevo farteli conoscere." Dico con la voce spezzata dal pianto. Sento la pancia di Helen premere sulla mia schiena e una piccola manina giocare con i miei capelli, ormai lunghi abbastanza da oltrepassare le spalle. Mi giro e rivolgo un sorriso acquoso per le lacrime a quelle che ormai sono le mie donne, grata per quei gesti apparentemente insignificanti ma importanti per me.
"Mama, perché sei triste?" Mi chiede guardandomi con occhi così simili a quelli di Helen, dato che biologicamente è figlia di Mark. Come posso resistere a questo sguardo? È grazie ad esso che questa famiglia mi ha stregato molti anni fa e sono felice di essere stata maledetta. Le sposto una ciocca corvina dietro il piccolo orecchio a punta e continuo a sorriderle.

 

"Tesoro, ora non lo sono più. Tutto grazie a te e mami."

 
   
 
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