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Autore: Voglioungufo    04/12/2016    7 recensioni
E se Naruto e Sasuke fossero morti nella Valle dell'Epilogo?
“Ti prego, Sakura” continuò il biondo “Promettimi che vivrai e che proteggerai il Villaggio anche per noi. Promettimi che aiuterai Kakashi a fare l’Hokage, che non smetterai di sorridere e che resterai forte. Promettimi che ti prenderai cura di tutti. Che ti prenderai cura di Hinata”
Ma chi si prenderà cura di Sakura?
“Non morite, non morite” supplicò. “Non morite”
(..)
"...Ora si va avanti e magari tornerà l’inverno, ma ora per me è primavera”
|WHAT IF?| SAKUHINA| HURT&COMFORT|
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sakura Haruno
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Fuyo No Haru
 
 
If flowers can teach themselves
of to bloom after winter passes,
so you can
 
**
 
 
 
Quello era l'inverno più rigido degli ultimi decenni. La neve li aveva colti impreparati mentre ancora cercavano di ricomporre i cocci lasciati dalla guerra. Il freddo mordeva le guance, arrossava le punta delle dita, condensava i respiri e bruciava gli occhi. Il sole veniva inghiottito troppo presto dall'orizzonte e la mattina una cortina di nebbia gelida galleggiava nell'aria, così che il mondo pareva alternarsi tra una notte eterna e un libro bianco e vuoto. La brina congelava  gli oggetti e una leggera lastra di ghiaccio scivolava sulla strada.
Hinata aveva le orecchie, il naso e gli zigomi arrossati; le labbra livide risaltavano sul pallore latteo del sul viso. Negli occhi chiari pareva che il freddo avesse congelato delle lacrime. Era una dei tanti passati, manichini animati, fagocitati nei propri cappotti, dallo sguardo basso e i passi veloci di chi vuole arrivare presto in un posto caldo.
Hinata no.
Hinata camminava lenta, con i capelli neri e lunghi imprigionati nella sciarpa rossa. Lasciava che il freddo divorasse ogni pezzetto di lei e congelasse il sangue nel cuore. Ogni battito pareva più pesante.
Era pietosa.
Stava tornando dall'ennesima nauseante riunione del clan all'interno del palazzo dell'Hokage. Solo pochi mesi erano passati dalla guerra contro Madara e Kaguya, eppure Konoha aveva già bisogno di riorganizzarsi e ricomporsi. È questo quello che succede quando sei un ninja: non hai mai abbastanza tempo per piangere i morti.
Hinata non indossava i guanti in quel momento e faticava a sentire le dita, si sentiva dentro una cappa di vetro. Non riusciva a non pensare che accanto a lei, in quel momento, avrebbe dovuto esserci Neji-nii, lui avrebbe saputo come fare. Ormai cercava di partecipare assiduamente alle faccende politiche del clan e del villaggio come futura erede degli Hyuuga, ma era ancora troppo giovane e inesperta per riuscire a muoversi in quell'ambiente che la confondeva tanto. La maggior parte dell'assemblea non la teneva in considerazione, reputandola ancora una bambina troppo debole per capire le faccende politiche e la guardavano con disapprovazione, convinti che al suo posto ci sarebbe dovuto essere Neji.  Lui sicuramente non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da nessuno e avrebbe risolto con facilità e fermezza le contrapposizioni con la Casata Cadetta. Lui era nato per guidare gli Hyuuga. Altri, i più conservatori, erano felici della sua dipartita e bramavano la giovane ragazza da usare come fantoccio da manovrare per i loro loschi piani.
Hinata non voleva questo, voleva essere più forte per resistere a tutte quelle pressioni, far sentire la sua voce e fare, finalmente, la cosa giusta.
La verità è che non si sentiva affatto forte, che si sentiva solo una piccola ragazzina alla quale avevano tolto l'unica luce.
Neji-nii era morto.
Naruto-kun era morto.
Ed era restata lei, sola.
Sentì qualcosa di bollente rotolare giù per la guancia, l'aria gelida cristallizzò subito la lacrima impedendole di precipitare giù.
L'inverno era impietoso, non permetteva a nessuno di essere deboli.
Non permetteva nemmeno di piangere.
 
*
 
Pugno, affondo, calcio laterale. Posizione di difesa.
Ancora.
Allenarsi era l'unica cosa che la riuscisse a distrarre. Per anni aveva fatto solo quello, pensando che bastasse la capacità in battaglia a renderla forte, dimenticando che quello che più debole aveva era lo spirito. Il suo era un animo incrinato, con lunghe crepe strette e flessuose, che raggiungevano il centro del suo cuore. La lasciavano esposta, permettendo alle fredde folate invernali di farla rabbrividire.
Si fermò un secondo, con il fiatone e un rivolo di sudore che le colava lungo il collo che la faceva rabbrividire. Il suo fiato pesante si manifestava in nuvolette pallide e il cuore le batteva furioso per lo sforzo. Aveva tutti i muscoli intirizziti.
Hinata non aveva mai pensato che un cuore spezzato potesse arrivare a spezzare ogni cosa in lei.
 Stava lasciando che gli altri le rompessero addosso decisioni che non voleva prendere, perché per tutti era ancora solo una patetica bambina.
Con rabbia si mosse nella figura successiva, scagliando tutta la sia disperazione contro nemici immaginari, che avevano la stessa consistenza di quei pallidi fiocchi di neve.
Neji sicuramente le avrebbe mostrato la strada giusta, Naruto sicuramente l'avrebbe sostenuta. Invece doveva fare tutto da sola, con le sue sole forze, lei che si sentiva debole come mai prima.
Il giorno prima e il giorno dopo. Era cambiato tutto nell'arco di una notte e non capiva come per gli altri tutto si fosse limitato a un passaggio lunare. Come se in quell'asso di tempo fosse solo cambiata la luna e non tutta la sua vita. Il giorno che aveva capito che il domani l'attendeva ancora.
Ma senza loro.
Il giorno prima e il giorno dopo; lei stava dando tutto, anche troppo, eppure pareva che nulla in quel momento potesse bastare. Si stava facendo in briciole piano, piano, pezzo dopo pezzo.
La vita non era mai stata così bastarda.
L'inverno non era mai stato così gelido.
 
*

"Ehi, Hinata-chan!"
La ragazza sussultò, perdendo l'equilibrio nel salto e rovinando a terra, la goffaggine la imbarazzò e sentì le guance accendersi simultaneamente. Naruto le sorrideva, aperto e sincero senza nessuna ombra di scherno.  Le tese la mano con gli occhi blu che facevano da specchio al cielo dietro di lui.
"Dovresti fare una pausa ogni tanto, non pensi, ‘bayo?" blaterò spensierato, mentre lei timidamente accettava la sua mano per tirarsi su. Averlo sempre così vicino era un batticuore e trattenersi dallo scappare o abbracciarlo le risultava sempre impossibile. Naruto era un piccolo raggio di sole tascabile.
Scosse la testa brevemente, ma decisa.
"Voglio raggiungere il livello di Neji-nii"
Lui scoppiò a ridere. "Ma sei già a buon punto!" le assicurò, accarezzandole la testa come se fosse un gattino.
La sensazione delle dita del ragazzo la fece arrossire, se possibile, ancor di più. Era un tocco così caldo.
"Ehi, Hinata-chan!" la chiamò ancora, mentre la luce si intensificava come se qualcuno avesse aumentato la luminosità del sole. Sembrò che tutto stesse diventando una vecchia fotografia sbiadita. "Combatteremo insieme, dattebayo!"
 
Hinata aprì gli occhi con quell'ultima gioiosa esclamazione nelle orecchie. Fuori, l'alba sorgeva tra la nebbia bianca del mattino invernale.
 
*

Faceva male. Faceva male. Faceva male.
Così male.
Eppure non si fermò nemmeno un istante, mentre il freddo le congestionava le dita e i muscoli gridavano di dolore per ogni minimo sforzo, la vista era sfocata e manchevole. La testa girava, il mondo intero girava.
Ma non si sarebbe fermata. Non aveva nessuna intenzione di fermarsi. Lei non poteva permettersi di essere debole.
Fallì un passo e rovinò a terra sulla neve, si bagnò i vestiti mentre il fiato le usciva dai denti affannoso. Sembrava non avere abbastanza aria. Faceva male. Ogni centimetro del suo corpo faceva male. Respirava come se fosse impossibile smettere nonostante gli sforzi.
Voleva raggomitolarsi lì a terra ad attendere un coraggio che non aveva ancora, un coraggio in grado di farle abbandonare mille ricordi e tutti i suoi rimpianti. Non era stata abbastanza forte. Non era mai abbastanza forte per farcela.
Cadere e non vedere la sua mano pronta ad afferrarla.
La vita non era mai stata così vuota. Fredda. Distaccata. Impietosa. Senza un'estate che potesse sciogliere le nevi e scaldare il suo povero cuore.
 
"Ehi, Hinata-chan!"
Il mondo sembrò cristallizzarsi, alzò il viso e vide un volto familiare avvicinarsi a lei e due occhi chiari scrutarla apprensivi.
 Verdi.
Non blu, pensò con rammarico prima che il gelo la sorprendesse del tutto. 
  
*
 
Quando si risvegliò, si trovò in un luogo sconosciuto dal soffitto rosa. Era distesa su un letto morbido, avvolta da soffici coperte di lana e sentiva dolori a ogni muscolo. Cercò di mettersi a sedere per guardare la camera in cui si trovava. Era ordinata, semplice e funzionale. Il colore rosa lì dentro faceva da padrone.
Gettò le coperte di lato, notando che indossava anche un pigiama bianco non suo che le stava abbastanza stretto al petto; a fatica si tirò a sedere, trovando accanto al letto della ciabatte di lana fatte a coniglietto. Erano così carine che sorrise infilandoci i piedini. 
Non era difficile immaginare di chi fosse quella camera così rosa, ma le risultava difficile crederlo, così si mise a curiosare attorno. 
La scrivania in legno chiaro era quasi del tutto vuota, sopra c’erano solo un portapenne con un block-notes e una maschera ANBU abbandonata distrattamente. Sulla piccola libreria tutti i libri di medicina erano stati impilati ordinatamente sugli scaffali, le armi ninja erano tutte ripulite e poste con cura in una cesta e sulle mensole erano posate tante cornici con fotografie. 
La maggior parte rappresentavano Sakura – ormai era ovvio che la camera fosse la sua – da piccola con Ino, quelle più recenti la mostravano con Kakashi o Sai. Le si strinse il cuore quando notò quella del Team 7. Era posta al centro, nel punto più visibile, come il più bello e prezioso dei tesori. 
Hinata si chiese quanto dolore avesse dovuto provare Sakura quando si era resa conto di aver perso i suoi compagni di team, la sua famiglia. 
Sakura nella foto sorrideva tra i due ragazzi che si guardavano in cagnesco, Naruto aveva il sorriso piegato in una smorfia  e le braccia incrociate al petto. Una nostalgia dolorosissima le colpì il petto. 
“Finalmente ti sei svegliata”. 
La voce squillante la fece sussultare e, sentendosi come un ladro colto in flagrante, si allontanò dalla mensola appoggiando una mano chiusa a pugno sul petto. Sakura la guardava dall’uscio tenendo un vassoio con due tazze di ceramica fumanti. Indossava vestiti informali, un maglione verde con il collo a barca, dei pantaloni in tela grigi abbastanza larghi e teneva i capelli rosa stretti in due cortissimi codini. Aveva un morbido sorriso sulle labbra. 
Hinata la fissò non sapendo cosa dire, mentre si avvicinava e appoggiava il vassoio sulla scrivania accanto alla maschera. Non aveva mai parlato molto con lei, da un certo punto di vista l’aveva sempre messa in soggezione: era così aggressiva e rumorosa e sicura di sé che inevitabilmente la faceva sentire fuori posto. 
“Ti ho fatto del tè verde” la informò calcando l’ovvio, la sua voce vivace era limpida e priva di timidezza. Pareva totalmente a suo agio. 
La mora fissò le tazze non avendo il coraggio di guardare Sakura in faccia.
“Cosa è successo?” domandò con la sua voce timida. Non ricordava molto di come fosse svenuta, se non il freddo pungente e insopportabile. 
Il sorriso della rosa tremò un istante. “Hai spinto il tuo corpo oltre il suo limite” spiegò giocherellando con i nastri della maschera ANBU. “Fortunatamente ti ho trovato prima che la situazione diventasse critica. Ti ho portato a casa mia, spero non sia un problema” .
Scosse la testa mentre allungava una mano ad afferrare la sua tazza. Era bollente e la ceramica era stata colorata di lillà, quella di Sakura era rosa. Non seppe perché ma la cosa le mise tenerezza. 
Sentiva delle parole sulla punta della lingua e voleva dirle, ma le parevano indelicate e si vergognava troppo di dare voce ai suoi pensieri, così bevette un piccolo sorso scottandosi le labbra. 
“Non dovresti allenarti così tanto. Non in questo periodo, o almeno andare nella palestre al chiuso” continuava intanto a parlare Sakura.
Non l’aveva ancora guardata negli occhi, preferendo di lasciar scivolare il suo sguardo sulla stanza, in quel momento le sembrò anche a lei a disagio. 
“Ti mancano?” si lasciò sfuggire e subito si diede immediatamente della stupida. 
Lo sguardo di Sakura si velò di malinconia e il sorriso si fece più piccolo, più nostalgico. 
“Più dell’ossigeno” ammise senza vergogna, senza temere di scoprirsi troppo. Stringeva la ceramica con forza nonostante dovesse essere bollente, sembrava essere stata catturata da ricordi lontani. 
“Ti stavi allenando per lui, vero?” realizzò ad un certo punto con voce amara. “Per Naruto”. 
Quel nome ebbe l’effetto di un pugno sullo stomaco e subito si sentì senza fiato. Non si affrettò a negare l’ovvio, preferì che il silenzio fosse una risposta più che sufficiente. 
Sakura accanto a lei sospirò, con il respiro rotto, come se si stesse trattenendo dal piangere.
“Sei forte, Hinata-chan” la sua voce però era limpida e vibrante, le accarezzò dolcemente una ciocca di capelli neri. “Sei forte” ripeté. 
 
*
 
Nei giorni che seguirono Hinata si trovò sempre più spesso con Sakura, non sapeva dire se per sbaglio o perché inevitabilmente i suoi passi la portavano da lei, seguendo un percorso invisibile. 
Ogni volta che si incontravano per strada Sakura si mostrava sempre benevola nei suoi confronti, sorridendole e chiedendole se le andava di accompagnarla da qualche parte. Inizialmente declinava sempre, troppo timida, ma poi cominciò ad acconsentire. 
Non aveva mai avuto un’amica, nonostante fosse la figlia degli Hyuuga il suo imbarazzo le impediva sempre di stringere un legame con qualche altra bambina della sua età, soprattutto quando erano tutte vivacemente infatuate di Sasuke Uchiha. Sakura era fra quelle e quindi non aveva mai trovato un punto di contatto per conoscerla, nemmeno una volta che erano diventate ninja. Sentiva che fra loro due ci fosse una sorte di voragine, un divario insuperabile. 
Distrattamente, senza rendersene nemmeno conto, osservò Sakura. A differenza sua non sembrava che il freddo inverno avesse paralizzato il cuore e gli organi, anzi resisteva alle sferzate d’aria gelida senza piegare il capo e perennemente in movimento. Era un  ANBU, aiutava Kakashi-sama nei suoi compiti da Hokage e passava il tempo libero dalle missioni in ospedale ad aiutare Tsunade-hime, oppure trotterellava avvolta in un cappotto rosso con un cesto pieno di fiori. Andava sempre al cimitero. Aveva sempre qualcuno da salutare, a cui rivolgere un sorriso. 
“Ciao, Hinata-chan! Sto andando da Ino a comprare dei fiori, vieni con me?” 
“Ciao, Hinata! Se stai andando all’ospedale che ne dici di accompagnarmi?” 
“Ehi, Hinata-chan! Ti va di prendere qualcosa di caldo? Si gela!” 
Da un certo punto di vista le ricordava molto Naruto, così piena di vita, ma aveva una nostalgia nello sguardo, un rammarico incastrato nell’angolo delle ciglia  che rendeva i suoi sorrisi meno luminosi di quelli dell’Uzumaki. Era un piccolo sole pallido che cercava di filtrare oltre le nuvole. 
Nonostante tutto, la sua presenza era confortante e la faceva sentire meno sola. Ogni tanto le parlava di Naruto e Sasuke, di quando erano ancora dei dodicenni che si blateravano contro e lei cercava sempre di stare al loro passo. Era doloroso, le prime volte che pronunciava il suo nome sentiva letteralmente il fiato scivolarle dalle labbra, ma era anche un fresco balsamo, una medicina un po’ amara, ma che la faceva stare bene.
Sakura ne parlava sempre con così tanto affetto e trasporto che le sembrava davvero di vedere quei due piccoli ninja, di poterlo rivedere ancora. Ricordare Naruto era meglio che dimenticarlo, come facevano tutti in sua presenza, era meno doloroso. 
Fu così che la presenza di Sakura divenne un momento necessario nella sua giornata, un breve parentesi, una pausa lontana dall’inverno che fuori congelava le lacrime. 
  
*
 
“Ultimamente passi molto tempo con Hinata”. 
La voce rassicurante di Kakashi la distrasse e smise di ordinare le carte nell’archivio, mentre davanti ai suoi occhi si delineavano i dolci lineamenti della nuova amica. Un sorriso spontaneo si disegnò sulle labbra di Sakura. 
“Mi piace stare con le” rispose sinceramente, con semplicità. 
Kakashi sulla scrivania stava firmando meccanicamente una pila di moduli, senza nemmeno leggerli, desideroso di finire il prima possibile. Si interruppe un attimo e l’inchiostro sbavò sulla carta, fissò quella minuscola macchiolina con amarezza. 
“Sakura” la chiamò preoccupato.
Non continuò subito faticando a scegliere le giuste parole; aveva sempre voluto bene alla piccola ragazzina con i capelli rosa, in un certo senso l’aveva associata subito a Rin e per questo aveva provato sempre un istintivo senso di protezione nei suoi confronti. 
Una mano sulla spalla lo distrasse dai suoi pensieri. La kunoichi aveva momentaneamente abbandonato il suo lavoro per raggiungerlo e ora lo scrutava con gli occhi verdi curiosi. Una volta erano stati più luminosi, poi la morte e la guerra avevano rischiato di spegnere tutto ciò che di bello aveva. Kakashi se ne rammaricava ogni volta che li incontrava, non era riuscito a proteggerla come avrebbe dovuto. 
“Non devi fare tutto da sola” continuò alla fine. “Non devi farlo per forza”. 
Vide quegli occhi sfocarsi, come se le sue parole l’avesse portata con la mente in un altro luogo, in un ricordo lontano. 
  
La valle era completamente distrutta, piena di macerie e detriti, irriconoscibile. Naruto e Sasuke erano due punti minuscoli e il suo cuore accelerò i battiti dalla paura. Lasciò il braccio di Kakashi per raggiungerli, entrambi riversavano in una pozza di sangue. 
“Sakura!” gridò fievolmente Naruto, quando atterrò accanto a loro. Subito, notando le loro condizioni, le ferite, il sangue e le braccia mozzate capì di essere arrivata troppo tardi e le lacrime iniziarono a pizzicare gli angoli dei suoi occhi. Non si permise di piangere e concentrò il chakra nelle sue mani decisa a curarli, erano così messi male che non sapeva da dove iniziare. Le tremavano le dita dal panico che tentava di arginare. Dio, il loro chakra era così basso, impercettibile. Era un miracolo il semplice fatto che riuscissero a respirare. 
“Sakura... è inutile” disse Naruto cercando di mantenere la propria voce controllata. 
Non lo ascoltò, cercando di arginare la perdita del sangue. Dio, c’era così tanto sangue. Avevano perso troppo sangue e nell’aria c’era solo quell’odore. 
Odore di morte. 
“Sakura...” quella era la voce più dura di Sasuke. 
“Ora sta’ zitto” lo seccò con la voce che tremava, non ci riusciva, non ci riusciva maledizione. “Mi devo concentrare”. 
Dio, non ci riusciva. Sarebbero morti. Morti. Morti. Non ci riusciva. 
“Mi dispiace” la ignorò lui, con la voce sommessa come se non avesse abbastanza fiato. 
“Ti dispiace... per cosa?” sentì le lacrime lottare per uscire.
Maledizione, stavano morendo, sentiva i loro battiti spegnersi e lei non poteva fare nulla. Non ci riusciva. 
Stupida, stupida, stupida, stupida e debole Sakura! 
“Per tutto. E per non poter far più nulla” 
Silenzio. 
Ormai le lacrime avevano preso il soppravvento sul volto della ragazza, aveva la vista totalmente appannata. E c’era così tanto sangue, oddio stavano morendo per davvero. 
“Non è vero” lo contraddisse con al voce lamentosa di una bambina piagnucolante. “Non è vero” ripeté come se lo stesse dicendo alla morte in persona. Li afferro sporcandosi le dita di sangue, il suo era un tiro alla fune con la morte e non era affatto certa di poter vincere. Ma non potevano, non potevano.
“Sakura… trapianta il mio rinnegan su Kakashi” continuò Sasuke.
“I cercoteri vi aiuteranno a terminare lo Tsukiyomi” terminò Naruto e disse quello che temeva dal più profondo: “Non c’è nulla che puoi fare adesso”.
“Voi dovete vivere” singhiozzò. “Naruto, tu devi diventare Hokage, me lo hai promesso! E Sas’ke-kun… dobbiamo recuperare questi anni, dobbiamo tornare insieme, una famiglia… non potete andare… io…”
 Aveva visto così tante morti nella sua giovane vita, ma non era mai stata così terrorizzata, non si era mai sentita così spaventata in vita sua. Si accucciò verso di loro completamente scossa dai singhiozzi, i due ragazzi la fissavano senza sapere cosa dire, ormai senza forza per parlare. 
“Io vi amo, non potete abbandonarmi” tremò con il volto lucido. 
Patetica, patetica, patetica, patetica e debole Sakura. 
L’odore del sangue le dava la nausea, voleva vomitare e non riusciva a respirare, le facevano male i polmoni come se le stessero strappando il cuore. 
“Fatemi venire con voi” farfugliò illogica. 
Stavano morendo, stavano morendo, Dio, perché. Perché. 
“No” la voce di Naruto vibrò decisa. “Non dire così Sakura-chan”. 
Lo guardò con gli occhi verdi sciolti nelle lacrime.
“Io senza voi non ce la faccio” ammise senza vergogna, le sembrava che qualcuno le stesse strappando il cielo. 
Stavano morendo sotto i suoi occhi e non poteva fare niente. 
n o n p o t e v a f a r e n i e n t e 
Patetica Sakura. 
“Ti prego,  Sakura-chan,” continuò il biondo, “promettimi che vivrai e che proteggerai il Villaggio anche per noi. Promettimi che aiuterai Kakashi a fare l’Hokage, che non smetterai di sorridere e che resterai forte. Promettimi che ti prenderai cura di tutti. Che ti prenderai cura di Hinata-chan”. 
Ma chi si prenderà cura di Sakura? 
“Non morite, non morite” supplicò. “Non morite”. 
Provò ancora ad attivare il chakra, ma era come cercare di afferrare il vento, erano completamente spezzati. 
“Sakura...” ancora la voce di Sasuke. “Grazie 
Spalancò gli occhi mentre percepiva l’ultimo battito in sincrono dei due cuori. 
Poi silenzio. 
Sakura, grazie. 
No, non ancora. Non ancora. Perché doveva sempre finire così? 
“NARUTO! SAS’SKE-KUN!” gridò graffiandosi la gola, ma ormai entrambi non potevano più sentirla. 
Patetica. 
Debole. 
Stupida. 
  
“Sakura” la voce di Kakashi la riscosse da quell’orribile ricordo. Sbatté le palpebre, sentendo una lacrima rotolare giù dalle ciglia. Si portò la mano al viso per strofinarsi gli occhi. 
“Scusami, non volevo ricord...” 
“Va tutto bene, Kakashi-sensei” lo rassicurò anche se, forse, non era propriamente vero. Le faceva male il cuore, come se sentisse ancora un vuoto. “Sono abbastanza forte”. 
Kakashi si alzò dalla sedia e l’avvolse in un abbraccio confortante e caldo.
“Lo so. Sei la donna più forte che abbia conosciuto. Ma non fare nulla che possa farti male, per favore”. 
  
*
 
Incontrò Hinata mentre tornava dal negozio di Ino, con borse piene di fiori  e semi, era ancora scossa dalla piccola conversazione con il sensei così quando la vide non la chiamò subito. 
I primi tempi dopo la morte di Sasuke e Naruto la vita era stata un inferno e faceva tutto un piangersi addosso. Un pianto e un passo, quasi non fosse possibile fare altrimenti. Si era sentita vuota dentro, senza nessuno scopo, senza più nessuno da amare e proteggere, un orologio difettoso che aveva perso la sua corsa con il tempo. 
Tardi, era arrivata troppo tardi. Non aveva voglia di uscire, non riusciva a dormire, non riusciva a respirare, sentiva che stava per morire. 
Briciole, resti, polvere, dolore, lacrime. 
La vita era stata così bastarda a farle vederle in sogno chi non avrebbe mai più rivisto, come se non fosse successo nulla. Non riusciva ad abbandonare tutti i suoi rimpianti. 
Se solo.... 
Aveva tolto tutte le foto, tutto ciò che le ricordasse Naruto o Sasuke, ogni cosa andava cancellata prima che a essere distrutto fosse il suo cuore. Una vita vuota, senza nessuno da amare. 
Poi piano, piano aveva alzato lo sguardo e piangere non le era sembrato più abbastanza. E aveva ripreso a camminare. Naruto le aveva chiesto qualcosa, un’ultima cosa e lei non poteva permettere di essere così debole da non mantenerla.
Piano, piano si era alzata sulle gambe tremanti e si era messa a correre per raggiungere il tempo sprecato a piangersi addosso. 
Doveva proteggere ciò che più caro avevano i suoi compagni, almeno questo. Doveva proteggere quel sogno al quale avevano dato la propria vita. 
“Hinata-chan!” la chiamò squillante e Hinata si voltò verso di lei facendo spuntare un piccolo sorriso. 
C’era stato un tempo in cui Sakura aveva invidiato la piccola Hyuuga: invidiava la sua delicatezza e la dolcezza, il suo corpo prosperoso e il suo trasformarsi da una gattina timida in una tigre elegante per proteggere chi amava. 
Ora invece capiva che avevano lo stesso cuore spezzato. In quel momento capì cosa intendeva Naruto quando diceva di capire il dolore di Sasuke. 
Lei e Hinata erano uguali, legate dallo stesso identico dolore e sentiva di non voler essere allontanata, dentro di lei era maturato un forte affetto che le scaldava il cuore. 
“Sakura-chan” la salutò quando le fu abbastanza vicina da udire la sua vocina fina. Aveva il naso completamente rosso per il freddo con gli occhi chiari simili a fiocchi di neve. Li sbatté perplessa, quando vide di come fossero accesi di determinazione quelle verdi.
“Hinata” ripeté, piantandosi con le gambe sulla strada, facendo cadere le borse a terra. “Diventerò Hokage!”
Lei la guardò confusa, spalancando la boccuccia, ma non riuscì a continuare perché Sakura la precedette.
“Voglio che il sogno di Naruto diventi realtà e voglio che nessuno debba più sopportare quello che ha patito Sasuke-kun! Anche se sono morti, quello che mi hanno insegnato vale ancora, sono ancora la mia famiglia, e per questo farò in modo che non sia stato tutto inutile. Diventerò Hokage e risolverò tutto al posto loro, farò diventare realtà quel sogno al loro posto” terminò con l’affanno.
 Aveva vomitato quella parole l’una dopo l’altra come se non potesse più trattenerle dentro di sé.
Hinata la guardava meravigliata, con le gote arrossate, come se fosse scoppiato improvvisamente un fuoco d’artificio.
Le prese le mani, stringendo forte, lo sguardo sempre più determinato.
“Aiutami, Hinata-chan! Non smettiamo di credere nel suo sogno e realizziamolo insieme”.
Si ritrovò a ricambiare la stretta, le mani di Sakura erano tiepide, non gelide come le sue. Annuì, sentendo un calore risalire dalla pancia al cuore, sciogliendo il gelo che lo intrappolava.
“Lo farò” promise, poi si corresse. “Lo faremo insieme”.
Non si aspettò l’abbraccio di Sakura, ma si ritrovò a ricambiarlo senza nessuna incertezza
“Ti va di venire a casa da me?” le domandò Sakura spontaneamente
Strofinò il mento sulla sua spalla, ormai la timidezza aveva lasciato spazio a una dolce familiarità.
“Vengo” assicurò. 
  
*

Una volta a casa Haruno, Hinata la spiò mentre sistemava i fiori presi quel giorno in vasi con gesti carichi di affetto e amore. Sfiorava i gambi con delicatezza e affondava le dita pallide sulla terra umida e scura. 
Erano piccoli movimenti che catturavano lo sguardo rapito della Hyuuga. 
“Perché tieni dei fiori in inverno?” domandò curiosa. 
Sakura si voltò a guardarla, i capelli rosa volteggiarono attorno a lei come un piccolo ventaglio.
“Mi piacciono” rispose con semplicità. 
“Non hai paura che l’inverno li uccida?” 
Sakura andò a sedersi vicino a lei sul divano. “
Sì,” ammise, “ma se mi prendo cura di loro non succederà”. 
Ascoltò quelle parole attentamente e pensò che l’affetto di Sakura era come la primavera, teneva lontano il gelo della neve. Poi si rese conto che quell’affetto così genuino e disinteressato era rivolto anche verso di lei, soprattutto verso di lei; si sentì come uno di quei piccoli fiori, che tra le mani attente di Sakura era stato protetto dall’inverno ed era fiorito. 
Quel giorno il cielo era più bello, ieri no, un mese fa nemmeno. Non sapeva sarebbe arrivata una primavera in pieno inverno, non sapeva che non sarebbe stato sempre bianco. 
Erano mesi che non si sentiva felice, con qualcuno che la facesse ridere così, che la facesse sentire così protetta. Erano anni che non le capitava una primavera come Sakura.
Ripensò alla dichiarazione che aveva fatto in mezzo alla strada, pensò al modo in cui l’aveva abbracciata e ripensò a Naruto. Ma si accorse che il dolere era attenuato, sorretto dall’affetto che le aveva donato Sakura.
Voleva realizzare quel sogno, voleva che ciò in cui aveva creduto la persona che aveva amato si avverasse, perché c’era ancora qualcosa in cui credere, una primavera da aspettare.
Qualcuno da amare. 
Lasciò che la testa si appoggiasse alla spalla di Sakura, incastrandola sotto il collo, e ispirò il suo profumo fiorito che ultimamente sapeva sempre più di casa. Da quando stava con lei non era più difficile realizzare che Naruto non esistesse più, faceva male, ma andava bene così. Lo lasciava nei ricordi, tra le lettere che non gli avrebbe mai inviato, nelle se stessa nascosta del passato che a volte di notte riaffiorava ancora. 
La mano di Sakura risalì sulla sua schiena fino a sfiorarle i capelli lunghi, era bello sentirsi così stretta e coccolata. Così amata. 
Alzò il viso verso l’altra ragazza e le baciò un angolo delle labbra, il cuore le batteva nelle orecchie come impazzito per l’emozione. In quel momento non c’era spazio alla ragione, era solo quel calore dentro lo stomaco a guidarla, quel bisogno di scacciare la solitudine che per troppo tempo le aveva stretto le viscere, affamata com’era d’amore. 
Sapeva che se Sakura si fosse tolta ne sarebbe morta, perdendo l’ultimo trampolino verso il cielo. 
Non si spostò, inclinò solo di poco il volto per permettere alle labbra di collidere meglio e lasciare che i respiri si mescolassero. 
Sakura ricambiò il bacio e Hinata chiuse gli occhi, abbandonò i rimpianti, le debolezze dietro di sé. Si lasciò spogliare di vestiti e dubbi, fu un salto nel buio. 
Si lasciò baciare le palpebre, la punta del naso, il profilo della gola, le spalle e le clavicole; lasciò che le mani vagassero sul suo corpo delicate e accorte come se stessero accarezzando i petali morbidi di un fiore.
Non sentiva più il freddo, solo un piacevole calore tiepido che le solleticava lo stomaco. 
Finalmente, l’inverno lasciava posto alla primavera. 


* 

L’aria era frizzante, ma il cielo sereno, un azzurro pastello che sfumava sul verde nella riga del’orizzonte. 
Hinata non era mai stata alla sua tomba, non ne aveva mai avuto la forza, ma ormai era arrivato il momento di chiudere il passato alle spalle. C’era inciso il suo nome,  Uzumaki Naruto, e accanto c’era quella di Uchiha Sasuke. 
Iniziò a parlare con la voce dolce, un po’ tremante per l’emozione: 
“Io ti amavo sai? Non credo che tu possa capire che quando dico che ti amavo, ti amavo davvero tanto, con tutta l’innocenza di chi vede l’amore la prima volta. Sei stato il mio primo amore e ora capisco perché tutti ne parlano e scrivono poesie, perché bello quanto doloroso. 
Sai, non credevo di poter parlare di te senza scoppiare a piangere, ora sorrido per questo amore finito. Finito... non credo che un amore come questo possa finire; forse può essere solo chiuso in cassetto e tenuto in disparte. Ma resterà sempre il tuo ricordo.
Io ti amavo, e forse mi considererai pazza, ma ti giuro che lo rifarei anche conoscendo già la fine, amore come questi ti segnano per anni interi. Ti ho amato, ma è andata così, non poteva andare peggio ma è stato bello. Credevo che non sarei mai riuscita a superarti, credevo che senza te sarebbe stato solo inverno, la tua assenza mi consumava e pensavo che ne sarei morta. Non sono morta, ho trovato una persona che può capirmi e curarmi, che non mi lascerà indietro.
Faremo vivere quel sogno che ci hai donato, crederemo per te e faremo in modo che diventi realtà. Perché sei stato tu a donarci questo sogno, sei stato tu a darmelo. Avevo solo bisogno di una persona che mi donasse coraggio sufficiente per raccoglierlo. Sakura… Sakura l’ha fatto e per questo lo realizzeremo insieme
Quindi adesso si va avanti e magari tornerà l’inverno, ma ora per me è primavera”.
 
 
 
 Per tutte le persone arrivate fino a qui: grazie di cuore! 
Questo è il secondo tentativo di Sakuhina, anche se più serio del primo. Mi ha fatto piangere, inserirle nel mondo canonico è stato difficile. D’ora in poi solo AU per loro xD 
Spero che vi sia piaciuto, che non abbiate pensato che sia una grande cazzata perché a questa storia ci ho pensato molto e ci ho speso anche molto quindi spero non sia stato tempo (e lacrime) buttato^^ 
Fuyo no Haru” significa letteralmente “primavera in pieno inverno“ (grazie google translate xD) che è praticamente quello che è Sakura per Hinata. Ho la fissazione dei parallelismi, così mi piace pensare a Sakura come la primavera e a Hinata come l’inverno. Ed ecco la storia xD 
Volevo farla arancione, ma andiamo per gradi^^ Non ho mai scritto yuri e non voglio sparare cavolate, prima mi informo x’’ 
Nel caso vi sia piaciuta o meno, mi piacerebbe sentire una vostra considerazione^^ Regalo caramelle e mele alle persone che recensiscono io u.u 
  
A presto! 
Hatta. 
   
 
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