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Autore: Vivian Nightingale    06/12/2016    1 recensioni
Le storie di sei coppie di persone, che erano vicine come fratelli, ma che si sono allontanate, per una ragione o per l'altra. I loro pensieri e i loro ricordi, il loro dolore, quando sono uno di fronte all'altro.
In ogni capitolo un rapporto diverso, due personaggi differenti e quello che passa per le loro menti a confronto. (Ogni capitolo, quindi, è scollegato dagli altri)
Multifandom
-Capitolo 1, “Ice”: Steve Rogers e Bucky Barnes; Marvel Cinematic Universe
-Capitolo 2, “Blood”: Regulus e Sirius Black; Harry Potter (Era dei Malandrini)
-Capitolo 3, “Demons”: James Carstairs e William Herondale; Shadowhunters (The Infernal Devices)
-Capitolo 4, “Brothers”: Thor e Loki; Marvel Cinematic Universe
-Capitolo 5, “Madness”: Newt e Thomas; The Maze Runner series
-Capitolo 6, “Memories”: Severus Piton e Lily Evans; Harry Potter (Era dei Malandrini)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Don't Pretend That You Know Me
('Cause I Don't Even Know Myself)


Chapter 1: Ice

 

Chi sono?
Chi sono, io?
E' l'unico pensiero coerente che riesce a formarsi nel mio cervello, mentre tutto il resto si ferma, intorno a me. Chi sono? Sono forse quel ragazzo con il sorriso sulle labbra, affascinante, che non aveva alcun motivo per essere triste? Sono forse il soldato coraggioso che faceva il suo dovere? L'amico leale e sempre presente, pronto a ergersi al fianco del compagno, che fosse un ragazzino mingherlino (e, diciamocelo, buffo) o un Capitano puro e senza paure? Oppure no. Forse sono la macchina da guerra. L'assassino spietato. Il terrificante fantasma privo di volontà, privo di volto. Lo strumento di un gruppo di fanatici, di folli. Il crudele esperimento, l'arma potente e silenziosa. Chi sono? Chissà, forse, in realtà, non sono nessuno dei due. Sono solo un uomo confuso e spaventato (Almeno, di questo, sono certo). L'uomo con il braccio di metallo e il caos nella mente. L'uomo che non sa chi è, che ha messo piede in un mondo che non è il proprio. Un mondo lontano da ciò che conosce, da ciò che sente come suo, che sente rassicurante. Sono quello che ho udito dire di me, da altri, e sono il miscuglio di emozioni che sento dentro di me, inspiegabile, che tento di non lasciar trasparire, nemmeno per un istante.

 

E' lui, davvero?
Il suo viso è freddo come il ghiaccio in cui, entrambi, siamo rimasti per anni. La sua mano destra, quella ancora di carne ed ossa, è stretta in un pugno. La sua espressione è imperturbabile, impenetrabile. Ma i suoi occhi, quelli no. Sono gli stessi occhi che mi hanno accompagnato per anni, che mi hanno tormentato nei miei sogni. E sono gli occhi di un uomo spaventato e confuso. Occhi che hanno perso quella scintilla di riso che avevano un tempo, quella determinazione che ben conoscevo. Se lui non fosse stato il centro del mio mondo per tutta la mia vita, non mi accorgerei neanche di questo turbamento nel suo sguardo.
Bucky resta immobile nella stanza, in piedi, lo sguardo fisso all'orizzonte. E' davvero lui quell'uomo che osserva il mondo dai vetri di questa casa nel bel mezzo del nulla? Questa casa, lontana da New York, dalla New York che conosceva lui, lontana nello spazio. E nel tempo. Lontanissima.
Non stacco gli occhi dal suo viso, mentre lui è perso, perso in pensieri che nemmeno io posso decifrare. Ma è davvero lui? L'amico che credevo di aver perso per sempre? Il fratello che non mi aveva mai lasciato sul serio? E' lui, forse. Ma, allo stesso tempo, gli anni di torture e di atti crudeli lo hanno reso un'altra persona, così distante da me, da qualsiasi cosa io possa anche solo immaginare. Forse il Bucky che conosco c'è ancora, da qualche parte, ma questo uomo che guarda lontano, senza un posto dove stare, questo uomo che non appartiene a nessun luogo, lui è un estraneo. Un estraneo freddo e distante, che non mi permette di avvicinarmi. Io voglio solo fargli sapere che ci sono, ci sono e basta. Che ho bisogno di lui, certo, ma che anche lui ha bisogno di me. Perché non importa se sono passati decenni. Non importa se il ragazzo che conoscevo è sepolto sotto strati di omicidi e di ordini dell'Hydra. Lui è ancora lì, terrorizzato. Lo vedo nei suoi occhi.
E non importa nemmeno se lui mi tiene ancora a distanza.
Non importa . Riavrò indietro mio fratello.
"Bucky?"
Ma è davvero lui?

 

"James?"
La voce di Steve mi distrae, riportando la mia attenzione al presente. Sembra avermi chiamato già più volte. Continuo a fissare il mio riflesso nei vetri davanti a me, i miei occhi, che sembrano molto più vecchi del viso in cui sono incastonati, più gravi e addolorati. Che sono molto più vecchi e addolorati. Ho perso tutto senza nemmeno accorgermene. Il mondo è diventato un altro, io stesso sono cambiato, mentre ero congelato, o agivo agli ordini di qualche seguace dell'Hydra; un'impotente marionetta letale. Quest'uomo di fianco a me, che è solo un ragazzo, almeno apparentemente, era qualcosa per me. Ricordo, confusamente, certo, ma ricordo, i tempi della nostra gioventù. Siamo ancora giovani, in realtà. Siamo giovani che sono cresciuti troppo in fretta. Anche se “in fretta”, in questo caso, sono esattamente settant'anni. Guardo Rogers. Guardo questo eroe, che ha sacrificato tutto per me e, mentre una parte di me prova per lui un affetto enorme, un'altra si dice confusamente che dovrebbe vedere in lui più di un uomo che ha fatto il suo dovere, ma non ci riesce. Ho pensato. Ho visto una squadra, una squadra di uomini forti e coraggiosi, dividersi anche per causa mia. Una squadra di persone che nemmeno mi conoscevano hanno combattuto tra loro, in parte per colpa mia. Si è combattuta una guerra. Ed è stata colpa mia. Ero sfuggito ad un destino crudele, a una vita terribile e, nel momento in cui sono ritornato nel mondo, questo è esploso. Delle persone si sono fatte male. Un altro senso di colpa, un'altra responsabilità, un altro numero di vite finite a causa mia da aggiungere alla lista. Eppure, pur sapendo che non ci sono altre soluzioni, pur sentendo che il legame che ho con il ragazzo al mio fianco non è più quello di un tempo, temo il momento in cui dovrò rivelare a Steve quello che ho deciso. Quest'uomo che ha rischiato tutto e mi ha portato al sicuro, che una volta era come un fratello per me, che crede di conoscermi. Che ha appena avuto indietro l'amico di una vita, l'amico che credeva di aver perso per sempre. Non so se sono ancora quell'amico, non so nemmeno se vorrei esserlo.
E' la prima volta che siamo insieme solo noi due ed è il silenzio a regnare. Non è uno di quei silenzi tesi, o imbarazzati, è un silenzio leggero, ma carico di pensieri, di necessità di stare da soli. Eppure, Steve non lascia il suo posto di fianco a me. Può anche essere che tema che io sparisca, se mi lascia per trenta secondi. Non introduce il discorso. Mi fissa, anche se io non ricambio il suo sguardo, e parla, determinazione negli occhi, dolcezza nei tratti del suo viso. “Forse ti sembra innaturale, strano...ma puoi parlarmene...di qualsiasi cosa ti tormenti”. Mi giro a guardarlo. Distoglie lo sguardo per un attimo, come imbarazzato, e fa quasi ridere vedere un espressione così goffa su un uomo così forte. Niente in me, ne sono certo, può avergli dato l'idea che io abbia bisogno di parlare di qualcosa. Niente. Sono decenni che non esprimo emozioni, decenni di pratica.
Per un attimo, un breve attimo, sono sul punto di spiegargli che non mi sento al mio posto, che ho bisogno di tempo. Ma l'altra parte di me prende il sopravvento e mi giro di nuovo verso la finestra.

 

Non fingere di conoscermi, Rogers, perché non è così. Non più”
Per quanto io mi renda conto che questa è la verità, le sue parole mi fanno trasalire. Il muro di ghiaccio che avvolge James si era rotto, per un istante; un lampo di sorpresa, nel sentire che tentavo di comprenderlo, aveva attraversato i suoi occhi freddi. Per un secondo, mi era sembrato che il suo sguardo si fosse addolcito. Poi, la realtà ha preso il sopravvento, come sempre. Il suo tono secco mi sorprende. Ci metto un attimo a metabolizzare quello che ha detto, a fare finta di non essere ferito da questa consapevolezza. Nonostante ciò, non mi rassegno. So che il Bucky che conosco c'è ancora, da qualche parte. O, almeno, una parte di lui. So che posso farla riemergere, che posso far tornare mio fratello. E, se non può dimenticare gli ultimi settant'anni, che almeno siano un'ombra lontana. Ho bisogno di crederci, di sperare. O scivolerà di nuovo nel buio...e io con lui.

 

E' meglio per tutti”,
Dico trovando il coraggio. Non ho ancora staccato gli occhi dal mio riflesso. Non voglio vedere la sua espressione, quando lo saprà, anche se non capisco perché ferirlo mi spaventi tanto. Voglio solo fare quello che sento come giusto, perché anni di sbagli e di colpe pesano troppo sulle mie spalle, ora che sono nuovamente cosciente. E lui, per gran parte di me, non è più nessuno. Lancio solo un occhiata a quel viso familiare e sconosciuto e prendo un respiro. La mia bocca, nel riflesso sulla finestra, si apre.

 

 

Devi congelarmi, di nuovo”.
Non so in che modo il mio cervello sia riuscito a capire tutto questo all'istante. Anche ad accettarlo, quasi. Forse me l'aspettavo. Guardo Bucky, il suo braccio di metallo riflette la luce, il suo volto, il volto di quel fratello che non ho visto per troppo tempo, è indurito. Incontro il suo sguardo. D'improvviso mi sembra di vederlo cadere di nuovo dal treno. Di vederlo precipitare, per attimi che durano un'eternità. Sono sconvolto, ma non ribatto. Avverto vagamente di aver annuito, mentre Bucky, nella mia testa, precipita. L'ho perso. Un'altra volta. L'ho perso e so che non farò niente al riguardo. L'ho perso e, forse, è meglio così. Forse non sarò costretto a vedere, tutti i giorni, nei suoi occhi, la fatica che fa per ricordare, per riconoscermi. Forse non sarò costretto a scoprire se il Bucky che conosco è ancora lì, da qualche parte. Forse.
Intanto, però, è caduto di nuovo. L'ho perso.

 

E' meglio per tutti”

 
   
 
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