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Autore: Watashiwa    08/12/2016    12 recensioni
One-shot basata su un ipotetico momento dove Amy incide "Hello" in sala di registrazione (canzone dedicata alla sua sorellina morta anni e anni fa), soffermandosi sulle sue emozioni personali e i ricordi che attraversano la sua mente, compresa la loro storia.
Ambientata durante le registrazioni di Fallen, il loro primo album ufficiale.
Genere: Angst, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Amy Lee, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dicembre 2002
 

Ho chiesto a Ben e David di lasciarmi sola per una buona mezz'ora; non sopporto vacillare, tremare in loro presenza e soprattutto  condividere quell'emozione così oscura e tenebrosa con altre persone, anche se loro sono i miei migliori amici.
La verità è che non ho effettivamente mai trovato la forza di farlo, in quanto quella storia è così dolorosa e tremenda che ho ancora bisogno della mia solitudine, di raccogliere quei brandelli di forza nella disperazione per poter cantare e trasmettere la giusta atmosfera, oltre che il messaggio.
Mi avvicino velocemente ma con attenzione all'equalizzatore, regolo un pannello grafico in modo da dare risalto primario al pianoforte e poi mi dirigo verso la cabina, per provare a registrare quella canzone alla quale non ho ancora dato un nome definitivo.
La base parte con lentezza, le cuffie sono al proprio posto e respiro in silenzio chiudendo gli occhi, in modo tale da prepararmi a cantare con la giusta enfasi: sento che questa può essere la volta buona.
Ho deciso di scrivere questa canzone dopo quindici anni che la mia sorellina ci ha lasciati definitivamente, in circostanze misteriose.
 
Playground school bell rings again
Rain clouds come to play again...
 
Quella maledetta giornata d'autunno me la ricordo benissimo ancora oggi e mi fa venire i soliti brividi, se mi ci soffermo a pensare.
Mi accorsi della pioggia che tintinnava debolmente sull'erba della scuola solamente quando suonò la campanella di fine lezione e sentii la mia compagna di classe Melanie lamentarsi perché aveva lasciato l'ombrello nella macchina del padre.
La pioggia aveva lo strano potere di affascinarmi e di presentarsi al mio cuore come un'amica incompresa e odiata da tutti, riusciva a farmi sentire di buon umore e accolta in un qualcosa che non riuscivo ancora a comprendere del tutto.
Avevo solamente sei anni e speravo che la scuola mi aiutasse a capire tante cose nella vita, con tutta tranquillità e pazienza...

 
Quando lei venne al mondo, potevo assicurare a chiunque che ero la bambina più felice nella nostra famiglia: avere al proprio fianco qualcuno che col tempo sarebbe diventato un complice di avventure e giochi, una compagna fedele e da volere bene era una grande benedizione per me.
Fino al 1984 ero semplicemente la più piccola di tre sorelle ed essere la maggiore nei confronti dell'ultima arrivata significava molto per me.
Sarei dovuta essere d'esempio per lei, insegnarle quelle piccole cose che solitamente si scoprono curiosamente in ogni ambiente che si frequentano, proteggerla da ogni difficoltà e problema, con tutta l'anima.
È così dolce il ricordo che ancora porto dentro di me quando mia madre mi permise di tenerla in braccio per la prima volta.
I miei occhi si erano illuminati istantaneamente come smeraldi: era una creature così fragile ma paffuta al tempo stesso, condivideva con me l'innocenza e quel profumo di rose che a mia mamma piaceva tanto spruzzare delicatamente su tutti i nostri indumenti.
Io sorridevo spensierata, consapevole che con la nascita della mia sorellina si sarebbe creato un rapporto così complice e sereno capace di portare forza e tenacia all'interno della nostra famiglia, lei sarebbe stata la nostra salvezza.
 
...Don't try to fix me, I'm not broken
Hello, I am the lie living for you so you can hide
Don't cry...
 
Era così tenera quando stringeva a sé qualche giocattolo di gomma e cercava di scoprirne la storia e viverla nella sua testa.
Da mesi però, era come innervosita e restia a condividere i suoi giochi e la sua persona con me e non riuscivo a capirne il perché.
«Forse ha un carattere più ribelle del nostro» m'aveva detto Carrie, mia sorella maggiore, per rassicurarmi.
Tuttavia lo sguardo di mia madre, severo e inquieto come non mai, mi toglieva sempre il respiro e non mi permetteva di godere delle rassicurazioni più sagge e tempestive delle mie sorelle.
Era come mi stesse nascondendo qualcosa di troppo grande per parlarne e di conseguenza discuterne: ma non ci eravamo promesse sicure ma silenti di non avere filtri l'una con l'altra?
Ma non ho mai avuto il coraggio di uscire dagli schemi e domandarglielo direttamente, sperando che i miei occhi parlassero e riuscissero a smuoverla un minimo, cosa che in realtà mai è avvenuta.
Si limitò a darmi un bacio sulla guancia in maniera frettolosa e la vidi solamente la sera quando rientrò da casa della nonna, con gli occhi spenti e privi di ogni speranza verso la vita.
Potrei giurarlo su qualunque cosa al mondo: quella visione mi uccise lentamente e fu il fulcro di una lezione che arrivò fulminea e dolorosa, che in fondo non avrei mai voluto affrontare in così tenera età.
«Dov'è...?» tentai di dirle delicatamente a qualcuno mentre la pioggia picchiettava con veemenza sul tetto della nostra casa, invano.
Furono poi Carrie e Lori (la secondogenita tra noi) a spiegarmi il tutto e fu in quel momento che tutto in me cambiò considerevolmente, l'innocenza si infranse e fu la pesantezza di quelle lacrime di dolore che riecheggiavano sia fuori che nella cucina di casa nostra a portarsela via e scomparire con l'alba di un giorno che sapeva d'un incubo.
Esecrai la mia paura di parlare e la mia fragilità, facendo conoscenza con la bugia per poter dare loro un'immagine forte e matura fino d'allora, riuscendo a convincere tutti con quel poco.
Dentro ero perduta e inconsapevole, incapace di assaporare quelle piccole cose capaci di cambiarmi la giornata in meglio; la magia intorno s'era spezzata e non c'era alcun verso di riparare, in quanto appresi che non c'era rimedio a qualunque morte.
 
…Suddenly I know I'm not sleeping
Hello, I'm still here
All that's left of yesterday
 
Ma è stata la grande forza della musica a salvarmi e a credere che la successione di note su note sia capace di suggellare ricordi, sentimenti e persone, qualunque sia la loro dimora.
Finisco di cantare e dentro di me sento un grande senso di liberazione e di giustizia, come se con rabbia e angoscia mi fossi sfogata contro tutta la cattiveria e i comportamenti sbagliati che hanno avuto le persone a me care nei miei confronti e viceversa, una verità che ho sussurrato con parsimonia solo ai tasti del mio strumento preferito.
Ho gli occhi lucidi e so che una volta a casa mi metterò a piangere a dirotto per questo ma questo è il compromesso che ho deciso di dare alla vita per sentirmi capace di dare spazio alle emozioni e renderle reali tramite un'arte incommensurabile, capace di darmi senza pretendere niente in cambio.
Bonnie è la prova di come la mia vita sia cambiata e ora, a soli 21 anni, stia cercando di trascinarmela addosso, cercando le dovute risposte e assaporando le piccole soddisfazioni che cantare e comporre mi stava dando e - in futuro - mi avrebbe dato.
 
Ben rientra poco dopo, guardandomi misterioso ma comprensivo e fa un cenno con la mano, quasi per chiedermi se tutto va per il verso giusto.
Gli sorrido debolmente ma più sicura di prima, concentrandomi su quel gesto così familiare e che ero riuscita, col tempo, a definire veramente affettuoso.
In quell'istante capisco quale sia il titolo più adatto a quella piccola poesia.
Il modo più giusto per dare linfa ai ricordi è essere capaci di alimentare la forza di quei gesti.
È così.
Come il gesto delicato che avevo rivolto a tutti prima di varcare l'uscio di casa; un gesto d'educazione e di congedo, con la promessa di rincontrarsi subito dopo e riabbracciarsi.
Io, sorellina, continuo a crederci ancora oggi, nel profondo di quest'anima piena di complicazione.
È la nostra storia e la racconto al mondo, occultando la profondità del dolore perché, cara Bonnie, ancora oggi ne vado gelosa.
 
Hello.



{1286 parole}

 




Salve a tutti!
Questa è la mia prima storia sul fandom degli Evanescence, band che ho imparato ad amare proprio dal loro primo singolo e ancora oggi rappresenta qualcosa di importante per me, nonostante tutto.
Sono sempre stato affascinato da certe canzoni che Amy ha deciso di non cantare live (come Hello e Like You, per esempio) e sapere che sono entrambe dedicate alla sorella mi ha fatto pensare a tutta la poesia che c'è dietro e di come certe canzoni risultino così personali da essere messe in disparte per il troppo sentimentalismo dietro (anche se non condivido questa scelta, sinceramente).
Ho scelto Hello perché è la prima che è pensata per essere dedicata alla sorellina, deceduta per circostanze misteriose.
Mi sono attenuto semplicemente alle risicate conoscenze che Amy ha esplicitato in interviste su di lei (anche il nome è frutto di una mia scelta) e più che altro risulta un esperimento proprio per l'ispirazione, per gli inserti di song-fic presenti e anche il tempo presente, che sinceramente non mi dona sicurezza ma per immedesimazione nel periodo qui ho deciso d'utilizzare.
Spero che vi possa comunicare qualcosa e riesca a manifestare quell'alone di mistero e malinconia che è presente nella canzone in sé.
Vi consiglio caldamente l'ascolto mentre leggete la fic, così per avere una conferma in merito (sperando sia positiva, ovviamente).
Buona lettura e se vi va, una recensione è sempre gradita per discutere e parlare.


 
   
 
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