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Autore: Pervinca95    11/12/2016    9 recensioni
- Sei pronta adesso?- domanda facendomi dondolare.
- Pronta per cosa?-
Scrolla le spalle e fa vagare lo sguardo per il cielo.- Per cercare le nostre famiglie, per tornare alla realtà di sempre...- Si apre in un sorriso sghembo e riporta i suoi occhi nei miei.- Per costruirti una vita con me.-
- Allora sono pronta- dichiaro sorridendo.- E tu?-
Sorride sghembo e scrolla le spalle.- Sono nato pronto.-
*******************
Li abbiamo lasciati così, Sarah e David.
Dopo la fine dell'inferno che sono stati costretti a vivere, sempre sul filo del rasoio tra sopravvivenza e morte, cosa succederà nelle loro vite? Come proseguirà la loro appena sbocciata storia d'amore nella restaurata pace?
Questi sono Sarah e David in un mondo diverso da quello in cui li abbiamo conosciuti.
Questi sono, in poche parole, Sarah e David.
È necessario aver letto la storia principiale per poter capire.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Il posto giusto 

























La notte passata David non aveva dormito con me. Per la prima volta dopo oltre un mese. 
Ero stata io a deciderlo. Dopo avermi riaccompagnata a casa, al termine del bellissimo pomeriggio con Dwight, Kevin e Clar, gli avevo detto di non tornare da me. Perché quella serata doveva essere solo ed esclusivamente di Dwight. Avrebbero dovuto festeggiare quell'evento e stare tutti insieme, come ero sicura avrebbe voluto il piccolo addormentato tra le sue braccia. 
E così, per quanto mi fosse mancato non sentire il tepore del suo corpo accanto al mio, avevo trascorso la notte da sola. Senza incubi, senza immagini devastanti e senza urla. 
Mi ero svegliata riposata, malgrado nel corso della notte mi fossi svegliata più volte per cercare David col braccio. 
E subito dopo averlo pensato, quella mattina, mi era arrivata una sua telefonata. Per poco non avevo avuto un arresto cardiaco alla vista del suo nome sul display. 
Con un sorriso ebete avevo risposto alla sua domanda su come avessi trascorso la notte. Mi aveva fatto palpitare il cuore il fatto che appena sveglio, lo avevo intuito dal suo tono rauco di voce, avesse pensato a me. 
Per circa un'ora non avevo fatto altro che sorridere, tanto che Cam si era subito prodigato a prendermi in giro sulla mia apparente paralisi facciale. 
Per ogni beffa indirizzata alla sottoscritta, mia mamma lo aveva sgridato, per poi passare a rincorrerlo con la scopa. 
Dopo che i miei genitori, verso le undici e mezza, erano usciti di casa per recarsi in ospedale, Clar aveva suonato il campanello. 
Ero corsa ad accoglierla con un rimescolio di gioia ed eccitazione nello stomaco. Perché anche a me erano mancate le nostre domeniche all'insegna di chiacchiere, pettegolezzi e risate. Avevamo preso quell'abitudine alla fine del primo anno, nel momento in cui la nostra amicizia era diventata qualcosa di più di una semplice conoscenza per via della vicinanza dei banchi. 
Avevamo cominciato a confidarci, a chiederci consigli, a chiamarci quando l'una aveva bisogno dell'altra. Lei c'era sempre stata per me. Sempre. Non mi aveva mai lasciata sola. Si prodigava ad aiutarmi come se i miei problemi fossero anche suoi. 
Non mi ci era voluto molto a comprendere di aver ricevuto la fortuna di trovare un'amica con la lettera maiuscola. 
Quella mattina la trascorremmo a scambiarci opinioni e a ridere sul pomeriggio precedente, infine, dopo pranzo, ci spostammo in camera mia con una tazza di cioccolata bollente tra le mani. 
Ci gettammo a sedere sul letto e presi anche la sua tazza per appoggiarla sul comodino. Al momento era troppo fumante per essere bevuta, come minimo ci saremmo ustionate. 
<< Voglio che mi racconti tutto >> esordii munendomi di un cuscino sulla pancia. << A partire da ciò che mi sono persa fino a ciò che ti turba. Insomma, tutto. >> 
Mi sorrise ed incrociò le gambe, per poi scostarsi i lunghi capelli corvini dalla faccia e sistemare meglio le forcine. << Sono un po' tesa. >> 
Lo sapevo. Quando attaccava ad aggiustarsi l'acconciatura significava che era nervosa. Le avevo visto compiere quel gesto quasi tutte le volte che, in passato, aveva incrociato lo sguardo di Kevin. A quei tempi avevo creduto che reagisse a quel modo perché non lo sopportava, ed invece il motivo era ben lungi dalle mie ottuse congetture. 
<< Ok, facciamo un grosso respiro, fino a riempire i polmoni >> suggerii mostrandole come fare. << E poi rilasciamo lentamente. Esatto, così. >> Sorrisi e le lanciai il cuscino  in grembo. << Ho un'idea: dobbiamo confidarci una cosa a testa. Qualsiasi, anche la più sciocca. E prima di farlo è necessario passarci il cuscino. Servirà per scandire i turni, come una sorta di scettro o una palla, ok? >> 
Ridacchiò ed annuì. << Quindi dovrei iniziare io dato che me l'hai passato a tradimento. >> 
Gongolai fiera. << Esatto. >> 
<< D'accordo >> asserì assumendo un'espressione pensierosa. << Fammici pensare un attimo. >> Ridusse le labbra ad una linea sottile e fissò con forte intensità le coperte per una decina d'istanti, alla fine scattò con lo sguardo su di me. << Mi piace pattinare >> affermò con un ampio sorriso. << È bello scivolare sul ghiaccio, senza ostacoli né percorsi da seguire. Mi fa sentire bene. >> Fece spallucce. << Libera. >> 
<< Perché non ti iscrivi a qualche corso? >> la incoraggiai. 
Annuì. << Ci ho pensato, mi piacerebbe. Credo che farò qualche ricerca su internet e poi andrò ad informarmi di persona. >> 
<< Magari dopo possiamo cominciare a cercare qualcosa sul computer. >> 
Il suo sorriso divenne luminoso quanto le sue iridi. << Sì, così mi consigli. Ottima idea. Ed ora... >> Mi restituì il cuscino scoccandomi un'occhiata maliziosa. << Tocca a te. >> 
In apparenza poteva sembrare un gioco semplice, ma in realtà era esattamente l'opposto. 
Incredibilmente mi si era svuotato il cervello, non sapevo che raccontare. Eppure sapevo di avere un sacco di cose da dire. Anche alle elementari mi era capitato il medesimo fattaccio. Una bambina mi aveva chiesto di elencare tre aggettivi che mi descrivessero, ero andata nel panico e non ero riuscita a spiccicare neanche una parola. Da quel giorno, quell'adorabile bimba, mi aveva battezzata "zucca vuota". 
Era evidente che il mio povero cervello vivesse quei giochi come dei test psicologici di elevata difficoltà. 
Cercai di concentrarmi su qualcosa da confidare. Sentivo i neuroni schiattare uno dopo l'altro. 
<< Mm... Be', io... >> Di quel passo ci sarei stata un anno prima di dire qualcosa di senso compiuto. Poi mi venne in mente la lista di cose che mi ero prefissata di fare. << Ok, domani voglio parlare con Brad >> dichiarai risoluta. 
Clar mi guardò dapprima sorpresa, poi dubbiosa. << Non capisco il motivo. David gli ha già intimato di non avvicinarsi più a te. >> Corrugò la fronte con sospetto. << Non ti avrà mica ridato fastidio, vero? >>
Scossi il capo. << Non è per questo. Vorrei solo cercare di calmare un po' le acque. Credo che se, giunti a questo punto, Bradly sentisse dire da me che la partita è chiusa, forse si metterebbe l'anima in pace. Ma così, per il momento, c'è troppa rabbia e tensione. >> 
<< Forse hai ragione. Troppa tensione potrebbe sfociare in una nuova guerra, e non credo sia il caso. La diplomazia prima di tutto, è ciò che dice sempre mio padre >> asserì solennemente, l'indice ed il mento sollevati.
Ridacchiammo insieme e le tirai il cuscino. << È il suo turno, signorina. >> 
<< Ok, ok. >> Se lo rigirò tra le mani, soppesandolo come una palla. << Mm... Oh, non sai cos'ho scoperto! >> si animò, per poi scoppiare a ridere. 
La studiai con circospezione. << L'ultima volta che hai dette queste parole ed hai reagito così è stato quando mi hai rivelato che la mamma di David era seduta dietro di me durante la partita. Non so se iniziare a preoccuparmi. >> 
<< No, tranquilla, non si tratta di te, ma di una nostra carissima amica: Jessica Wright >> annunciò sollevando un sopracciglio con fare provocatorio. 
Un po' di pettegolezzi ci volevano sempre. Mi sfregai le mani. << Spara. Che ha fatto la luce dei nostri occhi? >> 
<< Si è accapigliata in palestra con una certa Tiffany Stanford. Ho sentito dire che tutto è nato quando questa tale, Tiffany, è entrata a far parte del gruppo delle cheerleader. Jessica non ha visto di buon occhio la cosa, timorosa che la nuova arrivata potesse intaccare la sua supremazia nel gruppo. E proprio durante le ultime prove della coreografia, questa settimana, Jessica è passata all'artiglieria pesante dal momento che Tiffany ha osato rubarle la scena impadronendosi della posizione centrale. >> Scoppiò a ridere battendo le mani. << Jessica era stata relegata a stare nella fila dietro, ovviamente inaccettabile per lei, e così quando, secondo la coreografia, Tiffany si è lanciata indietro per farsi prendere da lei, la nostra ragazza l'ha lasciata schiantarsi a terra. Da lì è scoppiata la rissa. >> 
Stavo ridendo come una matta, quando ebbi la folgorazione. << Ma questa Tiffany la conosco! >> esclamai. << Una mattina ci ha provato con David rifilandogli una scusa patetica sugli armadietti. >> 
Clar mi guardò con gli occhi dilatati. << Oh. >> 
<< Già. >> Il solo ricordo mi innervosiva. 
<< Be', finalmente Jessica ha fatto qualcosa che, in parte, approviamo >> asserì facendo spallucce, per poi rivolgermi un sorriso sornione. 
Scoppiai a ridere della sua buffa espressione e delle sue parole, subito dopo parai il cuscino che mi aveva lanciato. 
<< Bene bene, tocca di nuovo a me >> notai muovendo gli occhi da una parte all'altra, alla ricerca d'ispirazione. Ma poi nella mente, improvvisamente, mi si riversarono una serie di immagini proprio su quel letto su cui ero seduta. Mi sembrò di risentire sulla pelle il calore del corpo di David, il suo braccio intorno ai fianchi, la sua bocca tra i capelli, il suo respiro sul collo. 
Le parole mi uscirono di bocca insieme ad un sorriso spontaneo. << David ha dormito tutte le notti con me >> mormorai alzando lo sguardo per appoggiarlo sulla finestra. << La prima volta che l'ho visto arrampicarsi sull'albero in giardino mi è quasi venuto un colpo >> ricordai ridacchiando. << Mi sembrava di essere una Giulietta moderna. >>
Clar intercettò il mio sguardo, poi lo rispedì su di me con una velocità incredibile. << David si arrampica tutte le notti sull'albero ed entra dalla finestra? >> 
Le sorrisi annuendo. << Proprio così. >> 
Sgranò gli occhi stupita. << Wow, cioè è... pazzesco. E quindi, raccontami un po', che fate? >> Sembrò riprendersi tutt'a un tratto. << Cioè, no, non importa che tu mi dica che fate. Insomma, sono cose vostre, io non... >> 
Risi e le tirai un calcio col piede. << Scema, non facciamo niente se non dormire. >> 
<< Oh >> sentenziò calmandosi. 
<< Sembra che tu abbia visto un fantasma >> la presi in giro ridacchiando. 
<< È come se lo avessi visto. >> 
Continuai a ridere. << Perché? >> 
<< No, è solo che se penso a come David sia cambiato... >> Fece un sorriso tenero. << Che poi, in realtà, non è cambiato nel modo di relazionarsi agli altri o di comportarsi. È sempre lo stesso, ma con l'unica differenza che adesso è estremamente innamorato. >> A sentire quelle parole il mio cuore saltellò emozionato. << Perciò fa cose come questa: dormire con te tutte le notti, guardarti come se non esistesse nessun'altra o prenderti per mano alla pista di pattinaggio. E se ripenso a come vi scannavate, a come non vi potevate soffrire... È incredibile. Siete cambiati, ma al tempo stesso siete sempre gli stessi. È mutato solo ciò che provate l'uno per l'altra. >> Si strinse nelle spalle. << È bello. Sono contenta per voi, davvero. >> 
Lanciai di getto il cuscino da una parte. << Qui ci vuole un abbraccio, basta >> decretai ridendo. 
La strinsi a me con forza, dondolandola in maniera scherzosa e scotolandola con energia di tanto in tanto. << Anch'io sono contenta per te e Kevin >> ammisi distanziandomi per guardarla negli occhi. << Anche se inizialmente non ero affatto convinta della tua scelta, poi mi sono ricreduta. Adesso non riuscirei a vederti con nessun altro. >> 
Le si colorarono le guance ed abbassò lo sguardo. << Grazie. >> Si mise una mano fra i capelli per controllare la forcina e lisciare le ciocche. 
Corrugai la fronte di fronte a quel gesto nervoso. << Che c'è? Qualcosa non va fra voi? >> Eppure mi sembrava strano anche solo chiederlo. Il giorno prima non avevo visto niente che non andasse tra loro. Anzi, mi erano parsi molto uniti e affiatati. 
<< No, in realtà no >> pronunciò schiarendosi la voce, subito dopo incastrò gli occhi nei miei. << Va tutto bene, solo che... >> Si tolse la forcina in un moto di stizza e sbuffò piano. << È imbarazzante dirlo. >> 
<< Se non te la senti non devi dirmelo per forza >> la rassicurai con una carezza sulla gamba. 
<< No, io voglio dirtelo, davvero. >> Alzò gli occhi al cielo. << È solo che la cosa mi imbarazza. Non so neanche da dove iniziare, mi sento ridicola >> terminò con un mesto sospiro. 
Le diedi una pacca sullo stesso punto. << Non sei ridicola, smettila di pensarlo. >> 
Fece un grosso respiro e rialzò lo sguardo su di me. << Ok, la questione è che io e Kevin non abbiamo mai... fatto l'amore >> confessò, affrettandosi sulle ultime parole. << Ecco, l'ho detto. Adesso mi sento molto più imbarazzata di prima >> aggiunse con un piccolo sorriso. 
Ricambiai il suo sorriso con uno dolce. Aveva le guance rosse e le iridi lucide come frammenti di ossidiana. 
Non sapevo bene perché, ma avevo già immaginato che tra loro non fosse avvenuto qual passo. Probabilmente era stato il mio sesto senso a farmelo credere, unito al fatto che conoscessi quanto Clar fosse riflessiva. 
Per distrarla le porsi la sua tazza di cioccolata calda. << E la cosa come ti fa sentire? Per te rappresenta un problema? >> chiesi sondando la sua espressione. 
Storse la bocca in una smorfia poco accennata. << Un po' sì. Io amo Kevin, e... lo desidero da quel punto di vista >> ammise frustrata. << Voglio dire, quando lo bacio vorrei dargli ed avere di più, però poi subentra la paura e... mi blocco. >> 
<< Paura di cosa? >> 
Allargò le braccia. << Di tutto. Dell'atto in sé per sé, di non essere pronta, di... di sbagliare qualcosa oppure di non essere come Kevin mi vorrebbe, di perderlo >> concluse in un soffio stanco. Scosse la testa. << Però al tempo stesso ho paura che in questo modo finisca per allontanarsi da me e che si cerchi qualcuna con una testa meno incasinata della mia. >> 
<< Kevin ti ha mai fatto pesare la cosa? >> le chiesi con tono soffice. Se lo avesse fatto, sarei corsa ad ucciderlo. 
Mi guardò con uno sguardo da cucciola. << No, mai. E non so se la cosa mi faccia sentire meglio o peggio. >> Liberò un breve sbuffo. << Quando gli dico di rallentare non si lamenta mai, rispetta la mia volontà e mi dice di non preoccuparmi. >> Emise un mugolio frustrato. << E in quei momenti mi sento una schifezza perché vorrei dargli di più, vorrei fargli sentire tutto quello che provo quando sono con lui, ma le mie fisime mentali mi bloccano. Tutte le volte che ci penso mi passa persino la fame, non a caso ho perso due chili nell'ultimo mese >> confessò con una smorfia. 
<< Ok, non puoi andare avanti così >> sentenziai perentoria. << Devi metterti in quella testa che Kevin ti ha scelta così per come sei. Se hai bisogno di prenderti altro tempo prima di compiere quel passo, allora fallo. Qui si sta parlando di te, Clar, non di lui. Devi esserne sicura, non devi farlo soltanto perché temi di perderlo. Se ti ama, ed è proprio quello che penso, saprà aspettarti come ha fatto finora. Ma il giorno in cui deciderai di scavalcare il gradino, voglio che pensi solo a te stessa. È la tua prima volta, non appartiene a nessun altro, devi esserne convinta. Solo in questo modo poterai viverla serenamente, con delle piccole paure, certo, ma che si sgretoleranno una dopo l'altra se sarai con la persona giusta. E Kevin è quella persona >> conclusi con un sorriso. << E vuoi sapere un'altra cosa? Secondo me lui sa esattamente cosa ti frulla per la testa, perché, per quanto mi costi ammetterlo, è estremamente acuto e intelligente. >> 
Rise della mia affermazione, rischiando quasi di rovesciare la cioccolata sul letto, successivamente mi guardò dritta negli occhi. << Non l'avevo mai pensata da questo punto di vista, intendo da me stessa. Non ho fatto altro che impilare insicurezze su insicurezze fino a perdere di vista la cosa più importante. >> Si aprì in un sorriso più sereno. << Cercherò di seguire ciò che voglio e ciò che sento. Quando sto con Kevin so di essere nel posto giusto, è una delle poche cose su cui non ho dubbi. >> Abbassò la testa, le gote rosse. << Spero che anche per lui sia così. >> 
Sorrisi e sollevai le sopracciglia. << Vuoi vedere con i tuoi occhi qual è il posto giusto di Kevin? >> 
Clar mi fissò imbambolata, probabilmente chiedendosi se fossi impazzita. 
Allungai un braccio sul comodino ed acciuffai il telefono, poi scartabellai le foto e pigiai su quella che avevo scattato il giorno prima. Mi scappò un sorriso gongolante nel vederli l'uno accanto all'altra che si fissavano intensamente poco prima del bacio. 
In quella foto Kevin aveva un sorriso leggero sulle labbra, gli occhi dolci rivolti a Clar ed un braccio attorno alla sua vita. La stava guardando come un fiore prezioso, come se avesse tra le braccia la sua isola felice, come se si trovasse nel suo posto giusto
<< È questo >> affermai rivolgendole il telefono. Un enorme sorriso le si propagò sul volto, subito dopo alzò gli occhi lucidi di gioia su di me.
Annuii alla sua muta domanda. << Accanto a te. >>





                                                                   *  *  * 





Quella sera avevo scelto un pigiama più decoroso. Niente mucche, niente rane né maialini. Mi ci era voluta un'ora ed una crisi isterica per trovare nei meandri della roba da stirare, quel sobrio pigiama rosa confetto. 
In verità non era bello nemmeno lui, ma poteva andare. Perlomeno non sarei stata presa in giro come di consueto. 
Corsi in bagno a lavarmi i denti e a darmi una sistemata ai capelli, optando per una bassa coda laterale. Poi mi pizzicai le guance per dar loro colore e controllai di non avere niente fuori posto. 
Saettai di nuovo in camera, dopo aver urlato la buonanotte a tutti, e chiusi la porta a chiave cercando di non far rumore. 
Controllai la sveglia: erano solo le undici. David sarebbe arrivato almeno un'ora dopo, perciò tanto valeva infilarsi sotto le coperte ed aspettarlo con un libro in mano. 
La settimana prima avevo iniziato a leggerne uno tanto bello quanto triste, malgrado fosse alleggerito da qualche stoccata d'ironia. La nostra professoressa di letteratura ci aveva consegnato una lista di titoli tra cui scegliere per scrivere un'accurata recensione finale. 
L'occhio, fin da subito, mi era caduto su un libro di nome Oh, boy!, così avevo ritenuto che fosse quello che faceva al caso mio. Tutt'ora credevo di non essermi sbagliata, lo stavo amando. Ci ero entrata totalmente dentro, soffrendo e gioendo con i protagonisti. 
Cominciai a leggerlo con i fazzoletti a portata di mano.
Quando avevo fatto sapere la mia scelta alla professoressa, quest'ultima mi aveva consigliato di comprarmi un pacco di Kleenex per il finale. 
Ero piuttosto sicura che, invece, non avrei versato una lacrima. Insomma, non avevo mai pianto per un libro, emozionata sì, sempre, ma pianto mai. Perciò quel libro lo vedevo come una sfida. 
Pagina dopo pagina percepii un molesto magone gonfiarsi nella gola. Ma avrei retto. 
Non era il caso di allarmarsi. 
Come un castello di sabbia spazzato via dalla furia del mare, anche la mia convinzione venne distrutta, annientata, ridotta in polvere. 
Giunta al finale non ero affatto triste, ero semplicemente disperata. Stavo piangendo come una fontana, con tanto di singhiozzi ritmici e naso gocciolante. 
Con un fazzoletto dopo l'altro stavo costruendo una sorta di fortezza intorno alla mia persona. Ero commossa da tutto, talmente altalenante nell'umore da piangere anche alla vista della lampada. 
David mi trovò così. Avvolta nelle coperte con il moccico al naso, le lacrime sul viso e un esercito di fazzoletti sparsi ovunque. 
Ed io che avevo persino cambiato pigiama per non farmi prendere in giro. 
Inizialmente mi guardò allarmato, poi scorse il libro che tenevo in grembo e sghignazzò. << Stai piangendo per quello? >> chiese indicandolo. 
Me lo strinsi al petto come un figlio. << Perché, non si può? >> mi lamentai tirando su col naso. << Tu non capisci, è stupendo. >> 
<< Dalla tua reazione deduco che finisca male >> ipotizzò mentre si svestiva. 
Il mio dolore fu alleviato dalla vista del suo petto coperto solo dall'esile canottiera. 
Scossi il capo. << No, c'è il lieto fine. Devi leggerlo. >> 
Un sorrisetto divertito gli increspò gli angoli della bocca. << Chissà a quest'ora com'eri ridotta se finiva male. Probabilmente ti staresti rotolando nel letto insieme ad un chilo di cioccolata e qualche litro di lacrime. Domani avresti avuto gli occhi gonfi come quelli dei pugili quando beccano un cazzotto. >> 
Mi soffiai il naso e lo fulminai con un'occhiata. << Molto divertente. >> 
Ridacchiò e mi raggiunse con rapide falcate, s'intrufolò sotto le coperte e, ancor prima che si stendesse, m'incollai a lui. Lo baciai sul mento e gli avvolsi il torace con un braccio. << Mi sei mancato ieri notte. Era strano non averti accanto >> ammisi sollevando il viso per guardarlo. 
Ruotò il capo ed abbassò gli occhi ambrati sui miei. << È stato strano anche per me non avere qualcuno che mi riempie di pugni e calci mentre dorme >> disse con un sorrisetto beffardo. Dopodiché si girò su un fianco e mi avvicinò a sé, mi scostò i capelli dalla faccia e sollevò la testa per arrivare con le labbra ad un soffio dalle mie. 
Il mio cuore incrementò la frequenza dei battiti. Sentii le guance prendere calore ed il corpo accendersi come una miccia. 
 << C'è una cosa che bramo di fare da tutto il giorno >> mormorò prima di solleticarmi un labbro con la punta della lingua. 
Sollevai il mento e gli avvolsi il collo. << Allora falla >> buttai fuori con un filo di voce. 
In quel momento ero sicura di avere la tachicardia. I battiti mi rimbombavano persino sotto le piante dei piedi. 
Immediatamente la sua bocca planò sulla mia. Ne sentii tutta la morbidezza mentre mi baciava con lentezza e passione, vezzeggiando le mie labbra con tocchi sensuali. 
Il mio cervello divenne pappa, le gambe molli e il corpo lava bollente. 
Quando si distanziò ebbi l'impressione di aver fatto un giro in paradiso. 
La sua bocca si distese in un sorrisetto soddisfatto prima di ribaciarmi rapido. << Adesso va meglio >> sentenziò sistemandosi al mio fianco. 
Spensi la luce nella speranza di nascondere il rossore diffuso su tutta la mia faccia e mi accoccolai contro il suo corpo. Una sua mano corse ad accarezzarmi i capelli, il che mi fece chiudere istantaneamente gli occhi. 
<< E comunque io non tiro calci e pugni >> borbottai. 
<< Certo che no >> mi prese in giro, il tono rauco. 
<< Che hai fatto oggi? >> chiesi insieme ad uno sbadiglio.
<< Sono uscito coi ragazzi. >> Fece una pausa. << E poi ho atteso di salire fin qua >> aggiunse ad un tono molto più basso, immergendo la bocca tra i miei capelli. 
Quelle parole appena sussurrate fecero svolazzare il mio già provato cuore. 
<< Tu sei stata con Clarice? >> mi domandò. 
Annuii. << Siamo state bene, abbiamo chiacchierato tanto. >> 
<< Di cosa? >> buttò là con finto disinteresse. La curiosità nel suo tono era lampante. 
Sorrisi. << Segreti, non te lo dirò mai. >> 
<< Tanto so che avete parlato anche di me >> asserì divertito.
<< Chissà. >> 
Percepii la sua bocca stendersi in un sorriso. << Buonanotte, nanetta. >> 
<< Buonanotte, carciofetto >> lo presi in giro ridacchiando. 
Gli stampai un bacio sul petto mentre lui mi pizzicava un fianco. Poi inspirai il suo profumo familiare e mi lasciai avvolgere dal calore di quel posto. Il mio posto giusto.




  
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