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Autore: Lady I H V E Byron    12/12/2016    0 recensioni
-Tu chi sei?-
-Io? Altro non sono che uno spirito che vanamente vaga in questa Oscurità.-
-Uno spirito? Uno vero? Oh, no! Cosa faccio? Io non so come comportarmi con gli spiriti!-
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Crona, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: tra le tag ho messo "Introspettivo", ma è una storia dialogica. Chi è l'altro? Lo scoprirete alla fine.


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-Tu chi sei?-
-Io? Altro non sono che uno spirito che vanamente vaga in questa Oscurità.-
-Uno spirito? Uno vero? Oh, no! Cosa faccio? Io non so come comportarmi con gli spiriti!-
-Siamo in due, ragazzino. Io non so come comportarmi coi vivi, e non ho mai saputo farlo, nemmeno da vivo.-
-Quindi sei davvero morto?-
-Da tempo immemore. E tu chi sei, che vaghi con tanta tristezza in questo luogo funesto?-
-Non lo so, esattamente. Non so se sono un umano, un'Arma che cammina o un Kishin. So solo di chiamarmi Crona.-
-Nella tua mente alberga il caos, Crona, lo percepisco. Sei confuso, disperso e non sai dove andare. Buffo... sembra quasi di rivedere me.-
-Ci sono stati altri come me? Anche tu hai un mostro che ti spunta dalla schiena?-
-Mostro? Se è della mia gobba che stai parlando, sì, può essere considerata un mostro.-
-E' davvero grande. Come fai a viverci? Io non saprei come comportarmi...-
-Invero, mio caro ragazzino, io stesso non ho mai saputo come trattare con questo mio "mostro". Tutto quello che ho fatto è solo sopravvivere con essa, sebbene mai la abbia riconosciuta come parte di me.-
-Io a stento ci sopravvivo, con il mio mostro. Ogni giorno mi tormenta, mi maltratta, mi fa esasperare.-
-Dicono che il male peggiore è quello che ci portiamo dentro. Ma, ahimè, siamo costantemente circondati dal male. Fuori, pieno di persone che non accettano coloro che sono diversi dalla massa, e dentro, che combattiamo contro i nostri stessi demoni.-
-Più volte ho provato a ribellarmi contro l'entità che abita dentro di me, ma sono così debole! E lui ripete ciò che mi ha sempre fatto, con più violenza di prima, come punizione.-
-I demoni dentro di noi sono sempre i più ardui da sconfiggere.-
-Ormai lui ed io siamo una cosa sola. Mia madre mi ha legato a lui e a lui ora appartengo, come un pupazzo maltrattato dal suo padrone.-
-Come può una madre legare il proprio figlio con una creatura inesistente?-
-Le servivo per i suoi scopi. Mi ha reso un misero esperimento di laboratorio, insegnandomi solo ad uccidere, trasformandomi in un'arma da distruzione di massa. Se mi ribellavo, mi rinchiudeva in una stanza e mi lasciava a digiuno per giorni.-
-Nemmeno mia madre si è spinta a tanto, nonostante la sua freddezza... Povero bimbo...-
-Mi faceva sempre leggere un solo libro, una semplice storia su come uccidere le persone. Ci sono io che non riesco a comprendere gli altri, e intorno a me ci sono le persone. Vengono raffigurate come cose che devono essere uccise da me. Per mia madre, io dovevo uccidere le persone e prendere le loro anime. Una marionetta assassina.-
-Ti comprendo, piccolo. Anche mio padre e mia madre avevano già prescritto il mio futuro: la mia felicità doveva essere solo nello studio, e ciò che mi attendeva era una misera vita da ecclesiaste. Ma io mai lo accettai, per quanto mi piacesse studiare. E' stato conoscere un altro letterato che mi ha dato la spinta a lasciare il luogo dove vivevo e aprirmi a nuovi orizzonti, scappando dalla mia prigione fatta di libri.-
-Almeno tu non venivi lasciato digiuno e non venivi picchiato.-
-E' vero. Abitavo in una condizione peggiore: continuamente sorvegliato dai miei genitori, senza un attimo di respiro. Mio padre gli occhi e mia madre le orecchie. Le ferite spirituali sono quello più complicate da guarire, Crona, proprio perché non puoi vederle.-
-Allora ho anche ferite spirituali, oltre a portare i segni di quelle fisiche. A causa di queste ferite, non ho mai stabilito un buon contatto con le altre persone. Non almeno fino a quando non ho incontrato coloro che, per la prima volta, mi hanno accettato. E io, codardo come sono, li ho abbandonati per completare il sogno di mia madre.-
-Hai avuto degli amici, quindi?-
-Sì. Tutti stravaganti, ma sentivo che mi volevano bene; una ragazza, in particolare. Un'amante dei libri come te, uomo gobba. E' sempre stata gentile e premurosa con me, nonostante il male che ho fatto ad una persona a lei cara. E' stata l'unica a comprendermi e ad accettarmi per quello che ero.-
-Avevo anch'io un amico come lei. Uno che si sentiva onorato, diceva, di prendersi cura di uno come me.-
-Che tipo di amici avevi?-
-Pochi, ma solo due hanno significato molto per me. Sono stato un uomo solitario in vita, come te; questo mi ha reso un ingenuo, tale da fare persino amicizie sbagliate, degli approfittatori che sanno riconoscere una persona debole e sanno che ad ogni richiesta la risposta che otterranno non sarà mai un "no".-
-Chi si approfitta dell'ingenuità altrui è un mostro.-
-E' vero. Quelli come noi vivono in mezzo ad ipocriti, malfattori, egoisti. Ma dimmi, Crona, la ragazza di cui hai parlato poco fa... lei si è mai approfittata di te?-
-No, anzi. Mi ha sempre difeso.-
-E gli altri tuoi amici?-
-Nemmeno loro si sognavano di farlo.-
-Allora ascolta le mie parole. L'uomo, nonostante il male cui è costantemente circondato, non è adatto a vivere solo. Un ragazzo come te ha bisogno dell'affetto dei suoi amici. Io stesso sono cresciuto solo, ma sapevo cosa fosse l'amicizia e vivere con persone che ti comprendono. Purtroppo, io sono morto, come le persone a me care. Tu sei ancora vivo, Crona. Torna dai tuoi amici e riprendi la tua sincera amicizia con loro.-
-E tu?-
-Io resterò qui. A vagare eternamente in questo sentiero oscuro.-
-Ancora non mi hai detto il tuo nome, uomo gobba.-
-Il mio nome...? Un tempo fui poeta. Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi mi chiamavo. Ora non sono che la misera ombra dell'uomo che fui.-
   
 
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