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Autore: neesama    14/12/2016    3 recensioni
L'autunno colora di rosso e giallo tutto intorno a loro. Fra un pò sarà inverno. C'è un posto, in un angolo di Seul dove il calore della primavera non ti abbandona mai. E' la sua pasticceria... Kibum e Jonghyun hanno freddo, ma non solo per l'inverno che sta arrivando. Riusciranno a superare quell'inverno insieme "scaldandosi"? E Taemin capirà cos'è quel sentimento che univa i suoi genitori, magari scoprendolo insieme ad un'altra persona, tra panna e cioccolato? JongKey - TaeKey - JongHo
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Taemin
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Che dire, sono anni, letteralmente, che non posto. Sono cambiate così tante cose che non so nemmeno da dove cominciare. Partiamo dal mio blocco dello scrittore, che mi ha travolto dopo la morte della persona che, per me, era mio fratello. Non è stato la causa scatenante ma anche uno dei motivi per i quali ho smesso. Non mi dilungherò oltre, spero di potervi regalare qualcosa con questo nuovo capitolo di panna e cioccolato e spero di potervi regalare qualcos altro ancora. Grazie a chi mi segue ancora. Di cuore, grazie. <3 <3 <3



Jonghyun stava letteralmente impazzendo dal dolore e non solo per il fatto che lo aveva letteralmente distrutto, ma soprattutto per il fatto che gli aveva buttato quella atroce verità addosso, quel macigno che avrebbe dovuto tenersi dentro come punizione per non aver saputo superare le sue paure da solo.

Invece non aveva fatto un cazzo; era stato in grado solamente di aggiungere altro dolore a quello già presente, come se ce ne fosse stato bisogno, ed oltretutto lo aveva fatto nel peggiore dei modi.

Se proprio doveva confessare quella verità, avrebbe dovuto creare un momento opportuno, invece gliel'aveva gettata addosso in un modo che, umanamente, era stato molto più che vergognoso. Nemmeno le braccia del suo migliore amico di sempre lo avevano aiutato a stare meglio.

Minho lo stringeva, lo accarezzava, ma nulla riusciva a calmarlo. Piangeva, piangeva come quando un bambino perde qualcosa di prezioso, quando sente che gli manca la terra sotto i piedi.

Piangeva e si sentiva terribilmente perso.


Minho, dal canto suo, non poteva far altro che rimanere lì; sapeva che Jonghyun era idiota, ma tutta la sua vita non si riduceva solo alle cazzate che aveva fatto. Erano pesanti e non vi era alcun dubbio, però non era solo una persona idiota. Doveva crescere, maturare, capire.

Sospirò, mentre la mano passava tra i suoi capelli. I singhiozzi che scuotevano il corpo del maggiore vibravano fin dentro il corpo dell'altro, che sentiva un dolore simile al suo.



E se gliel'avessi detto, chissà cos'avrebbe pensato di me.



Aveva il gusto più dolce che avesse mai sentito; assomigliava tanto a quel dolce insieme fatto di panna e cioccolato, morbido, ma con quella nota forte che si sentiva proprio in fondo, come quando la torta si scioglie in bocca e scende in gola, lasciando quel sapore che difficilmente se ne va.

Aveva il sapore di un abbraccio, del calore calore di una carezza, la dolcezza di un qualcosa che Kibum aveva scordato. Perché lui, di casa, ne aveva provato veramente una sola e forse...

Si rifiutò di pensare in quel momento, poiché le loro labbra erano ancora impegnate a toccarsi con estrema lentezza. La mano di Kibum si poggiò sul petto del minore; lenta e delicata si spostò per accarezzare quel petto che era ben più ampio di ciò che avrebbe mai immaginato.

E poi era così sicuro di sé che era riuscito a far mettere da parte la paura a Kibum per qualche meraviglioso istante.

Taemin aprì gli occhi lentamente, puntandoli immediatamente in quelli di opale del ragazzo che ancora teneva stretto, rimanendo in silenzio. Si stava beando del momento senza dover necessariamente interromperlo con la voce.

Ma Kibum, con gli occhi smarriti che correvano sui suoi, boccheggiò appena. Cos'erano quelle emozioni che sentiva dentro? E quelle labbra? Quegli occhi che stava ancora osservando, nei quali ci si stava letteralmente perso?

Notò il lieve sorriso aprirsi nel viso del più giovane, e la mano gentile di Kibum, dal petto, scivolò delicatamente sul collo e sulla guancia, donando una meravigliosa sensazione di calore a Taemin.

« Forse… forse dovrei andare a casa. » ma quale casa. La sua casa si era miseramente sgretolata sotto i piedi dopo aver saputo del tradimento. Si morse il labbro talmente forte che credette di sanguinare, ma il più piccolo, veloce e sempre con delicatezza, col pollice, liberò da quella morsa il labbro di occhi di opale.

« Forse dovresti restare. » sussurrarono le sue labbra, le mani ancora strette in una presa sicura.

Forse aveva ragione lui, pensò Kibum in quel momento, non avrebbe potuto affrontare Jonghyun ed anzi, forse non lo voleva nemmeno. Era stato un fulmine a ciel sereno ed aveva freddo lì fuori. All'improvviso si era scatenata una tormenta nel suo mondo ed aveva corso fino a che non aveva trovato un riparo caldo, sicuro e non aveva voglia di andarsene da lì.

Il freddo lo avrebbe ucciso nuovamente, nonostante sapesse benissimo che avrebbe dovuto affrontare le ultime macerie rimaste; annuì, e gli fu grato per averlo accolto nel suo mondo, regalandogli un sorriso dolce, di quelli che ultimamente non faceva più.

Conscio di quella pace, di quel calore, poggiò la fronte sul petto del giovane che mai aveva smesso di stringerlo, dimenticandosi dell'inverno fuori da quella porta.




Continuare a struggersi nel dolore non avrebbe cambiato nulla di quello che era successo. Smise di piangere, cercò di scostarsi di dosso l'amico senza accorgersi di come Minho stesse male.

« Devo… devo cercarlo e spiegarli tutto… » mormorò tra uno singhiozzo e l'altro, cercando di tirarsi su, lasciando il più giovane lì a terra a guardarlo; non poteva spiegargli nulla, sarebbe stato sciocco. Avrebbe portato con sé il proprio dolore, condividendo, invece, quello dell'amico. Era lui che aveva bisogno, adesso.

Minho si alzò da terra e cercò di sorreggerlo; essendo più alto riusciva a prenderlo per le spalle ed a tenerlo su con poco sforzo.

« Non adesso, Jonghyun. »

« Non adesso? NON. ADESSO? E QUANDO, EH? QUANDO! » lo sguardo carico d'odio e la spinta che gli aveva assestato, fecero capire al ragazzo quanto fosse disperato il più grande. Lo capiva, sentiva un dolore lacerante squarciargli il cuore ma sapeva, - fortunatamente era più lucido -, che sarebbe la più grande cazzata che poteva fare.

Credeva davvero che Kibum si sarebbe lasciato trovare? Ed anche se fosse, avrebbe voluto parlargli? No, con ogni probabilità.

Prese un respiro e lo guardò negli occhi. Cercò di mantenere uno sguardo serio e deciso, convinto che nessuna delle proprie emozioni sarebbe trasparita dai propri occhi, anche se, in realtà non era così e si vedeva benissimo. Jonghyun, però, in quel momento era decisamente troppo accecato dal proprio dolore per poter preoccuparsi di qualcuno che non fosse lui stesso e Kibum.

Kibum, Kibum. Dov'era Kibum? E se fosse andato là?

Avrebbe di certo perso la testa, avrebbe spaccato tutto perché no, non voleva fosse da lui, ma sapeva benissimo che non c'era altro posto dove sarebbe andato.

Era questo che si meritava? Sì, se lo meritava. E per quanto si ostinasse a pensare che Kibum non poteva essere da quel ragazzo, il suo cuore glielo aveva già detto che era esattamente così.

In un moto d'ira prese la prima cosa a caso, un porta foto, con la loro foto, e lo scagliò contro il muro, frantumandolo.

Ecco, quella era la realtà, quello era ciò che aveva fatto ben sei mesi prima, con quel bacio che la sua ex gli aveva dato, a cui aveva risposto, a quella verità che aveva sputato addosso a Kibum ferendolo a morte.

Lo aveva ucciso lui ed ora pretendeva anche di riportarlo in vita? Dopo tutto il male che gli aveva fatto? La verità era che sapeva benissimo di non meritarlo, perché l'amore era rispettare la persona che aveva accanto, ma le sue insicurezze lo avevano portato a cercare rassicurazioni in ogni cosa, persino in quel momento.

Lo amava. Lo amava come non aveva mai amato nessuno e come forse non avrebbe amato più nessuno, e come tutti gli idioti se ne accorgeva troppo tardi.

Non aveva solo aperto una voragine, l'aveva fatta diventare talmente grande da rendere impossibile risanarla.

« Non posso… non posso perderlo. » si chinò a prendere la loro foto coperta da vetri e gli parve di vedere solamente quello che era stato e quello che non era più.

La pulì con le mani che tremavano e, senza accorgersene, ritornò a piangere silenziosamente.

« Sono stupido.»



Sei stupido, Jonghyun. Non ti accorgi di niente. Non ti sei mai accorto di niente.



Ore lente,

ore veloci.


Ore di dolore,

ore di semplice dolcezza.


Ore d'angoscia,

ore di tenerezza.



Minho guardava il suo migliore amico senza proferire parola; solamente lo sguardo preoccupato vagava in ogni dove, alla ricerca di un punto in cui aggrapparsi, per poterlo aiutare a riprendersi.

Era estremamente difficile farlo e ciò non faceva altro che crescere il suo senso d'impotenza. Eppure era lì, non lo aveva lasciato solo nemmeno un momento, si stava comportando come il migliore degli amici anche se c'era qualcos altro di più grande.

Gli faceva così male da togliergli il respiro, eppure non aveva mostrato nulla, se non lo sguardo triste e delle lacrime traditrici che Jonghyun non aveva saputo interpretare.

La porta di casa s'aprì verso le 22:56, quando Jonghyun ormai aveva perso il senno mille volte, e milleuna era ritornato in sé e sempre più triste, più disperato, più confuso.

Il volto di Kibum gli parve quasi un'apparizione: era seduto sulla sedia, rannicchiato e con i gomiti sul tavolo, mani sul viso - e l'amico seduto sul divano, in attesa assieme a lui-, quando sentì il rumore della porta che s'apriva.

Si alzò di scatto e con gli occhi sgranati guardò verso l'ingresso, col cuore martellante che gli era finito in gola.

« Ki.. Ki… » balbettò senza ritegno, mentre il ragazzo entrava piano, in punta di piedi quasi, come se stesse attento a non rompere qualcosa. Ma cosa? Era già tutto rotto lì attorno e non solo i fiori a terra o il portafoto. No, non era quello che era rotto, era quello che c'era tra di loro che si era sgretolato come se fosse stato un muro fine di sabbia.

Sospirò, si sistemò la pashmina ma non si tolse la giacca – non sua, gliel'aveva prestata il giovane pasticcere – e lui stesso provò un misto tra vergogna e disagio, che gli fece mordere il labbro inferiore. E poi c'era Minho, che sapeva tutto, ma di Kibum non sapeva niente e forse non avrebbe mai saputo niente.

Lo salutò con un cenno del capo, al quale il moro rispose con una lieve smorfia della bocca, alzandosi pronto ad uscire dalla scena ed anche dalla vita dei due.

« E' meglio che vada. » disse, e con un lieve cenno della mano, salutò entrambi. Jonghyun lo guardò, ma non disse nulla, probabilmente troppo preso dal suo grande amore che, finalmente, aveva lì davanti. Avrebbe voluto dire tante cose, avrebbe voluto parlare e raccontargli tutto.

Forse era arrivato veramente il momento di dire ogni cosa, parlare, spiegare come si era sentito lui allora, quali erano quelle insicurezze, e forse, ma solo forse, avrebbero potuto recuperare ogni cosa.

Magari con una colla speciale che rende le crepe più belle, in un vaso rotto. Magari insieme avrebbero raccolto quei cocci e creato un vaso più bello, particolare perché pieno di storia e di sentimenti.

O magari avrebbero buttato tutto, come si sarebbe meritato davvero.

Jonghyun si umettò le labbra, pronto a parlare dopo aver preso un enorme respiro, ma fu Kibum a fermarlo. I suoi occhi erano ancora tristi, persi, le sue labbra erano forse pronte a dire quello che non si voleva sentire dire, ma non lo fermò.


« Dobbiamo parlare, Jonghyun. Di tutto. »

   
 
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