Goodmorning
to everybody! Questa opera l’ho
scritta a tempo di record in un paio di giorni, perché mi sentivo molto
ispirata. Speriamo che vi piaccia! Un attimo che faccio un rito wudù (gkjikaxkkwkxksk ù-ù—ù) Ecco fatto, adesso vi piacerà di sicuro! Ahahahah. Dai, scherzo, però se vi piace ditemelo mi raccomando!
Grazie un bacioneeeeeeeeeeeeeeee!!!!
^______^
Parte Prima
“Catch me as I
fall
Say you’re
here and it’s all over now
Speaking to
the atmosphere
No one’s here
and I fall into my
self”
(Evanescense – Whisper)
Buooooooooongiorno a tuttiiiii!!! Oggi è una stupenda giornata di sole! La temperatura è
di circa 22 gradi e come tutte le mattina sarete in
compagnia del vostro dj Toooooonyyyyy
fino alle ore…” Clic.
Una mano sbucò dalle coperte
e, spenta la radio-sveglia, tornò nuovamente sotto il caldo piumino. Qualcuno
entrò nella stanza, aprì le persiane e tirò via, con poca delicatezza, le
coperte dal letto, scoprendo un corpicino
raggomitolato.
“Andiamo Amy,
sono già le 7:30! Se continui di questo passo perderai anche l’autobus delle 8:00”. Detto questo uscì,
chiudendo la porta dietro di sè.
Amy aprì gli occhi e, ancora mezza assonnata, si sedette
cercando di focalizzare l’ambiente che la circondava. Dopo essersi stropicciata
gli occhi ed essersi seduta sul bordo del letto, cercò con lo sguardo le
pantofole, le calzò e si diresse verso il grande armadio a muro situato sulla
destra. Camminava strusciando le pantofole, essendo troppo debole per scandire bene un passo e quando percorse faticosamente i
sei necessari per raggiungere il mobile, lo aprì, facendo cigolare le antiche
ante di legno. Cosa avrebbe indossato quel giorno era
ancora un mistero e quindi cercò ispirazione dal clima. Aprì la finestra e mise
una mano nell’aria: non era fredda anzi si prospettava
una giornata alquanto calda per un giorno di novembre. Chiuse la finestra e
accostò le tendine rosa a pois gialli. Si diresse nuovamente verso l’armadio e optò per una T-shirt bianca e una salopette di jeans. Uscì
dalla stanza e, percorso il corridoio, entrò in bagno: in casa c’era un dolce
profumo di frittelle e il tintinnio di stoviglie provenienti dalla cucina erano la prova che la mamma le stesse cucinando un’invitante
colazione. Arrivò al bagno e iniziò a lavarsi. Una volta
finito si diresse nuovamente verso la sua camera per vestirsi, ma si
bloccò prima di riuscire ad aprire la porta. Il grande specchio vicino alla
vasca rifletteva la sua immagine, un’immagine che
avrebbe preferito non vedere appena alzata, anzi, che avrebbe preferito non
guardare mai. Lei era una ragazza decisamente fuori
dal comune, era “strana” come dicevano tutti. E la
cosa peggiore non era che non piaceva agli altri, ma che non piaceva a se
stessa. Ogni cosa in lei era sbagliato, ogni cosa, a
partire dai capelli e arrivando fino alla schiena. Aveva i capelli nerissimi e
lunghissimi che le ricoprivano la maggior parte del volto, ad eccezione
dell’occhio destro che somigliava ad una pallina da tennis. Non poteva neanche
farci niente perché le sue “vertigini” non glielo permettevano e, appena
tagliava i capelli, nel giro di due giorni ricrescevano esattamente come prima:
persino il parrucchiere aveva rinunciato a causa di un esaurimento nervoso. Ma
la cosa più strana di tutte, la più insolita e anche
la più brutta, erano due orrendi bernoccoli che le uscivano dalla schiena
all’altezza delle scapole.
“E’ la crescita, signora,” – diceva il medico – “sua figlia sta crescendo. Faremo
solo qualche esercizio, per evitare problemi alla colonna vertebrale” Ma dopo
essersi reso conto che dopo 16 anni i bitorzoli erano ancora al loro posto, anche
lui seguì l’esempio del parrucchiere. Ma il aspetto fisico non era l’unica cosa che non andava nella
sua vita. Lei non si sentiva né sicura né inserita in quel mondo, in quella realtà. La sua esistenza era uggiosa e monotona. Lei
la vita non la viveva, ma la sopportava. Tutto ciò che era reale era sbagliato
e la sera prima di addormentarsi non le rimaneva altro addormentarsi e sognare
l’esistenza di una nuova terra che la sta aspettando
“Amy
è tardi!!!” – l’urlo della madre dalla cucina la fece
tornare in sè e, pronta per una nuova giornata, scese
le scale di faggio. Entrando in cucina, venne
investita in pieno dall’odore di frittelle preparate dalla madre. Si sedette a
tavola e iniziò a mangiare con gusto la colazione che unse con il miele. Mentre questo scendeva nel suo piatto creando un filamento
gelatinoso e viscido, osservava la madre che lavava i piatti. In fondo
neanche lei la capiva. L’unico conforto che le dava era prepararle frittelle.
Secondo lei, tutti i problemi della figlia erano risolti dalle frittelle.
Quante volte aveva provato ad aprirle la sua anima e il suo
cuore, a dirle quanto fosse infelice, quanto si sentisse a disagio, ma lei
rispondeva sempre:
“So io cosa ti serve! Un bel
piatto di frittelle!” – e correva via senza lasciarle il tempo di continuare il
discorso. Ma ormai ci era abituata e per questo si
teneva tutto dentro da tanto, forse troppo tempo. Terminata la
colazione prese lo zaino, baciò la madre e uscì per la porta di
servizio. Era fuori! La prima parte di sofferenza quotidiana era finita. Non le
piaceva stare in quella casa da quando i suoi avevano
divorziato. Ormai erano passati 4 anni, ma la ferita creata non si era ancora
rimarginata e tutto sembrava essere successo solo una settimana prima. Mentre pensava, non si accorse che ormai era arrivata fuori
scuola. Era situata in un
posto abbastanza isolato, immerso nel verde di un parco. Spostò lo
sguardo dai suoi piedi all’alta torre dell’orologio che indicava le 8:25. Era ancora in tempo, anche se avrebbe preferito essere
in ritardo, così l’avrebbero messa in punizione e non avrebbe
dovuto stare per 5 ore con persone che fanno commenti su di lei. Si
diresse verso l’ampia entrata e man mano che si avvicinava all’aula, i suoi
passi si facevano sempre più pesanti. Avrebbe voluto
scappare via, ma la mente comandava ai piedi di procedere. Era arrivata. Le
bastava aprire la porta e sarebbe stata dentro, ma qualcosa le diceva di non
farlo, le diceva che se ne sarebbe pentita, ma poi
entrò.
“Buongiorno” – disse con un
filo di voce. Tutti si voltarono verso di lei e la squadrarono da capo a piedi.
Sentì 24 paia di occhi fissarla. Dapprima si bloccò,
ma poi si diresse verso il proprio banco vicino alla finestra. Appena diede loro le spalle, 24 bocche iniziarono a parlare
e a riderle addosso e nessuno si preoccupò neanche di abbassare la voce così
alta da arrivare alla città vicina. Era così importante l’aspetto fisico per
essere accettata dagli altri?
“Buongiorno, Amy!”. Amy alzò
gli occhi, qualcuno l’aveva salutata…Era un ragazzo davvero carino con i
capelli castani e gli occhi verdi e limpidi.
“Ciao Thomas”
– rispose. Com’era stata stupida! Coma aveva fatto a
dimenticarsi di Tom? Il suo compagno di banco nonché l’unico amico che avesse, l’unico in grado di capirla
e che l’ascoltava. Come, come aveva fatto? Forse è vero che quando si vede
sempre tutto nero, dopo un po’ non si riesce più a distinguere i colori.
Thomas si sedette accanto a lei e dopo aver fulminato con lo
sguardo i suoi compagni le chiese dolcemente:
“E’ tutto a posto?”. Lei
cercò di annuire, ma il dolore che aveva dentro era troppo e lui se ne accorse: l’abbracciò e la strinse a sé:
“Non dargli retta, ok? Sono stupidi! Un giorno farai vedere a tutti loro di
che pasta sei fatta!”. Tom
era sempre così gentile con lei, sempre allegro e pimpante, l’icona della
felicità insomma. E quella felicità gliela sapeva
trasmettere, era il solo in grado di farlo. Lei ricambiò il suo abbraccio e lo ringraziò,
dandogli un doppio bacio su ogni guancia: era quello il loro segnale per dire
“ti voglio bene”. La lezione iniziò pochi minuti dopo e Amy
si preparava ad un'altra fase della giornata: l’intervallo. Forse il momento
peggiore di tutti. Arrivavano ragazzi da altre aule e con la guida di alcuni, Amy veniva analizzata come si
analizza un verme o qualcosa di estremamente ripugnante. Ma
per fortuna c’era Tom che la aiutava. Quando veniva maltrattata, il suo carattere dolce diventava protervo
e borioso e attaccava tutti con un antologia di discorsi mordaci. Come gli voleva
bene! Aveva scelto lei sacrificando la sua popolarità. Doveva fare qualcosa per
ringraziarlo, ma cosa?
Il primo trimestre passò in
fretta e Amy continuava a stare sotto l’ala
protettrice di Tom. Ma un giorno tutto cambiò senza che lei se ne rendesse
conto.
Com’è? Com’è?
Com’è? Grazie per la vostra pazienza (con me ce ne vuole tanta!!) ^__^