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Autore: Ofeliet    14/12/2016    1 recensioni
Kojuro non era solito cucinare. Aveva imparato i rudimenti per poter riuscire a sopravvivere, nella sua giovinezza, ma mai era riuscito a dedicarsi a simile attività come avrebbe desiderato.
Le cose erano cambiate da quando era diventato il servitore del piccolo signorotto Date. L’erede del clan era poco più di un bambino, che ancora era alto come una katana e possedeva un nome infantile, eppure aveva già dovuto sopportare fin troppa sofferenza e rimanere sempre in allerta per timore di agguati e rappresaglie da parte della sua stessa famiglia, tanto che accettava solo il cibo che lui gli preparava. Era un adulto nel corpo di un bambino, quello che lui serviva.

{ Kojuro & Bontenmaru }
~ Questa storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle Time!” a cura di Fanwriter.it! ~
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kojuro Katakura, Masamune Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa cosa è probabilmente una delle più fluff che mi sia uscita.
Solo una nota, il daifuku è dolce giapponese per rimanere in tema con l'ambientazione. Qui la ricetta se volete. (A me è venuta fame a leggere, anche se sono una cosa anche abbastanza povera di zuccheri e cioccolata.)

Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle Time!” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 713
Prompt/Traccia: A sta cercando di fare dei dolci ma B continua ad assaggiare tutti gli ingredienti


Kojuro non era solito cucinare. Aveva imparato i rudimenti per poter riuscire a sopravvivere, nella sua giovinezza, ma mai era riuscito a dedicarsi a simile attività come avrebbe desiderato.
Le cose erano cambiate da quando era diventato il servitore del piccolo signorotto Date. L’erede del clan era poco più di un bambino, che ancora era alto come una katana e possedeva un nome infantile, eppure aveva già dovuto sopportare fin troppa sofferenza e rimanere sempre in allerta per timore di agguati e rappresaglie da parte della sua stessa famiglia, tanto che accettava solo il cibo che lui gli preparava. Era un adulto nel corpo di un bambino, quello che lui serviva.
Nonostante questo, Bontenmaru comunque era ancora un poco ragazzino. E lui badava a lui come faceva con il suo piccolo orto fuori Oshu.
I campi di questi erano maturi di fragole, tanto che persino gli animali selvatici ne erano attratti. Lui, insieme a dei servitori, aveva raccolto ben cinque ceste di quel frutto profumato con un certo orgoglio. Era davvero portato all’agricoltura, nonostante fosse destinato a prendere la spada per tutta la sua vita.
Aveva deciso di fare dei daifuku, quella mattina, con le fragole. Sua sorella gli aveva spiegato, più volte anche, il processo per crearli e Kojuro aveva sbottato che era perfettamente in grado di farcela. Kitako si era lasciata andare ad una risata divertita, scompigliandogli i capelli, ed era tornata a casa lasciandolo alle prese con quella battaglia.
E ora lui era in cucina, da solo, a cercare di non appiccicare le sue dita all’impasto del mochi con blandi risultati. Almeno una parte del suo operato poteva dirsi salva, se non pensava a quella prima rovesciata e quella successiva bruciata.
Con una punta di orgoglio Kojuro lascia da parte il mochi, decidendo di dedicare la sua attenzione al cesto di fragole che aveva lasciato sull’engawa ad asciugare. Col calma l’uomo tasta la posizione dove doveva sicuramente essere rimasto il recipiente, e dopo qualche tentativo a vuoto Kojuro rivolge anche il proprio sguardo all’engawa trovandolo tristemente vuoto. Si sente perplesso, mentre cerca da tutte le parti il cesto che era ben sicuro di aver lasciato lì e non trovandone nemmeno traccia.
Dopo la sua breve caccia non gli rimane che arrendersi, e pulire un altro cesto di fragole con una certa stizza. Finito il lavoro Kojuro anche con quello si asciuga la fronte, e si mette in cerca della ciotola di tsubu-an in cui avrebbe dovuto avvolgere i frutti. Non trovandola.
Quello sì che era strano, quella era sicuro di non averla spostata. Una lieve risatina giunge al suo orecchio, abbastanza divertita da insospettirlo. Kojuro quindi si volta e, improvvisamente, la cesta con le nuove fragole era volatilizzata.
Aveva capito in fretta quello che stava succedendo, ma decise che tanto valeva giocare allo stesso gioco. Con calma quindi Kojuro torna a preparare un altro cesto di fragole, ora ben conscio di essere osservato da un occhio d’argento che già progettava il prossimo agguato.
Ovviamente appena si distrae il cesto sparisce, ma questa volta Kojuro ha capito bene dove quella peste andava a nascondere e divorare la sua refurtiva. Con uno scatto Kojuro sposta lo shoji, rivelando appieno la figura di Bontenmaru con il cesto di fragole e la bocca tutta rossa a causa di tutte quelle che ha mangiato prima.
Il bambino non riesce a reagire in fretta che Kojuro lo afferra per il kimono non dandogli la possibilità di scappare. Bontenmaru si dimena, tenendo stretto il cesto con le fragole a sé, non rinunciando a lottare.
« Bontenmaru! » bercia l’uomo in sua direzione, con un tono che lo fa impallidire. « Ti sembra questo il modo di comportarti?! » il bambino gonfia le guance, stringendo sempre di più il cesto che aveva tra le mani.
« Ma queste cose sono soo good! » strilla, dimenando ancora le gambe e parlando in quella strana lingua. Bontenmaru insisteva che fosse la lingua del draghi, e che essendo un drago lui stesso doveva parlarla per non dimenticarla.
« Bontenmaru! » il bambino aveva già capito. Sicuramente niente più fragole per lui, e ancora più sicuramente molte più verdure a cena. Certe volte non sopportava Kojuro. Si comportava proprio come avrebbe dovuto farlo sua madre. E forse non era poi un male.

   
 
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