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Autore: Seagullgirl    15/12/2016    1 recensioni
Edith è una sedicenne mezzosangue con una storia un po' particolare.
Cresciuta da una madre che vuole tenerla lontana dal suo mondo facendole frequentare solo scuole Babbane, impara quel poco che sa della magia da sua nonna Lilian.
Solo dopo la sua morte riesce a convincere i genitori ad iscriverla, ormai già grande, a Hogwarts, dove scoprirà che la storia della sua famiglia nasconde molti segreti, alcuni più oscuri di quanto potesse immaginare.
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuova generazione di streghe e maghi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Se il primo giorno era stato imbarazzante, quelli dopo furono traumatici.
Alla prima lezione di Erbologia fu morsa da una misteriosa pianta dal nome strano e impronunciabile mentre tentava di travasarla; alla lezione di Cura delle Creature Magiche, tenuta da una professoressa decisamente troppo mingherlina e docile per quel lavoro, il guardiacaccia Hagrid tentò di mostrare ad una ragazza quanto fossero carine le bestioline chiuse nella gabbia prendendone una in mano, con il risultato che aprendo lo sportellino le liberò tutte e furono costretti a correre in su e in giù per tutto il giardino nel tentativo di recuperarle.
Le uniche due lezioni in cui sembrò non avere problemi furono Incantesimi e Trasfigurazione, la seconda delle quali era tenuta dalla stessa donna che aveva rimproverato quel cafone di James quel giorno in Sala Grande.
 
La professoressa Kinnon era una donna sulla quarantina, non molto alta, robusta e con i capelli corti e grigiastri. Il suo sguardo era caldo ma severo, e la sua voce non incuteva paura, ma era ferma e decisa.
Edith riuscì senza troppi problemi a trasformare il soprammobile davanti a lei in una rana vera, che iniziò a saltellare qua e là per tutta l’aula, con grande divertimento degli altri studenti.
Saltò sulla testa di un Serpeverde dai capelli marrone rossicci, che la scacciò in malo modo e le puntò la bacchetta contro, come fosse un mostro da eliminare.
Edith corse verso l’animale senza pensarci e lo intrappolò sotto una gabbia che aveva trovato lì vicino, poi alzò lo sguardo verso il ragazzo.
 « Calmati, non c’è bisogno di farle del male, non è pericolosa »
« Mi è saltata in testa, dovresti stare più attenta a quello che fai! » esclamò lui senza nemmeno ascoltarla.
« L’esercizio era di dare vita ad un soprammobile » gli fece notare sgranando gli occhi, come se non si capacitasse di tanta agitazione.
« E non potevi prendere un soprammobile meno schifoso? Oltre che scrivere non sai nemmeno ragionare, tu » rispose acido il ragazzo, abbassando finalmente la bacchetta e passandosi una mano tra i capelli per assicurarsi che non ci fosse niente.
Edith lo fissò per qualche secondo, allibita.
« Beh, certamente se avessi saputo che c’erano delle femminucce cagasotto come te in classe avrei scelto qualcosa di più adatto… che ne dici, una puffola rosa andava bene o è troppo terrificante anche quella? » lo schernì.
Qualche Serpeverde si azzardò a ridacchiare, e diversi Tassorosso risero divertiti.
« Ora basta! » dichiarò la professoressa raggiungendoli in poche falcate. Fece segno a tutti di allontanarsi, puntò la bacchetta verso la gabbia sotto la quale era intrappolata la rana, che subito tornò ad essere un semplice oggetto di ceramica e rimise a posto entrambe, poi si rivolse a Edith.
« Signorina Knight, capisco che lei provenga da un tipo di scuola in cui probabilmente linguaggio è normale utilizzare certe parole, ma qui a Hogwarts le cose sono un po’ diverse da com’ erano laggiù. Il suo linguaggio è inappropriato, per cui la invito a cambiarlo velocemente se non vuole guadagnarsi un abbonamento per l’ufficio della Preside, chiaro? »
La fissò dritto negli occhi, e lei sostenne lo sguardo. Annuì una sola volta, perfettamente dritta e con le mani dietro la schiena, come un soldatino.
Era consapevole del fatto che quella non era come una scuola babbana, ma per quanto si sforzasse di essere borghese e  “ alla vecchia maniera “ c’erano lo stesso alcune cose che proprio non le andavano giù.
 
Tutti gli studenti del sesto anno dovevano frequentare anche alcuni corsi a scelta; nel suo caso si trattava di Babbanologia, Cura delle Creature Magiche e Artimanzia.
Era stata indecisa a lungo, soprattutto sull’ultima, perché le era stata descritta come una materia davvero difficile, però alla fine la curiosità aveva preso il sopravvento e aveva scelto di provare. Per Babbanologia era avvantaggiata: in tutta la scuola era forse la studentessa più esperta del mondo babbano - essendo praticamente cresciuta come una di loro - per cui le era sembrato quasi scontato scegliere quella materia, mentre Cura delle Creature Magiche le piaceva perché la trovava rilassante sotto molti punti di vista. Anche in quel caso la curiosità aveva giocato un ruolo fondamentale, assieme alla sua attrazione verso gli animali, per quanto strani potessero essere.
C’era da dire che anche se a lei attiravano molto loro, lei non sembrava riscuotere sempre altrettanto successo. Spesso si ritraevano o erano diffidenti, e non riusciva a spiegarsi perché. Aveva notato che le succedeva spesso quando era nervosa o di malumore, e soprattutto con i gatti, anche se non ne aveva ancora capito del tutto il motivo. Era strano, perché suo padre invece li aveva sempre attratti come calamite, mentre con lei a volte erano diffidenti, come spaventati, intimoriti. Se lei tendeva una mano la annusavano e la guardavano: si fermavano un attimo, immobili come la pietra, e andavano via svelti, come se avessero da fare.
A parte questo, però, tutto il resto andava bene. Le lezioni erano impegnative e le pause troppo brevi, però tutto sommato era divertente studiare qualcosa di diverso dalle solite guerre e i soliti poeti o filosofi. Era bello, finalmente, essere parte di quel mondo a cui apparteneva e che per tanto tempo le era stato nascosto come un quadro sotto una teca di vetro e potervi partecipare, poter imparare con la pratica una volta ogni tanto, non solo leggendo e ripetendo come un mantra gli incantesimi che trovava sui libri di sua nonna.
La prima lezione di Artimanzia non fu troppo difficile: nel liceo babbano dove andava studiavano greco antico, e per certi versi quella materia glielo ricordava.
Non che fosse una buonissima premessa: aveva sempre fatto schifo a tradurre il greco, però trovava che quella dose di “intuizione” che aveva appreso in quei due anni le fosse utile. Cercare di interpretare il futuro attraverso i numeri e gli alfabeti era interessante e difficile, ed era proprio quel velo costante di mistero che avvolgeva il tutto ad affascinarla enormemente.
Erano veramente in pochi a seguire il corso, e la cosa non le dispiaceva: non era abituata a stare tutto il giorno a contatto con così tanta gente, e ogni tanto qualche momento più tranquillo non guastava.
Merope le faceva ancora un po’ da balia, però era riuscita ad ambientarsi abbastanza bene, almeno quel tanto che bastava per riuscire ad arrivare da sola a lezione e nella sala comune. Riuscire ad aprire la botte non era stato così complicato come pensava; una volta memorizzato, il ritmo della bussata rimaneva ben impresso in mente, ed era senza dubbio molto meglio che rispondere ad indovinelli o ricordarsi ogni volta una parola d’ordine diversa –che poteva comunque essere facilmente scoperta –.
 
La sua prima lezione supplementare, secondo le disposizioni della McGrannitt, si sarebbe dovuta tenere con il professor Vitious, ma era stata rimandata per problemi personali di quest’ultimo, per cui ancora non era riuscita a scoprire in cosa consistessero quei misteriosi incontri serali.
Alexa era quasi più eccitata di lei per tutto ciò, e ogni giorno insisteva perché le raccontasse tutto non appena l’avesse scoperto. Per Merope e Margot erano delle semplici ore di recupero, ma a sentire Alexa – e Hayleen le dava corda – erano una specie di “lezioni segrete” fatte apposta per carpire qualche misteriosa informazione su di lei. Anche se non sapeva quali.
« L’unico segreto che posso rivelarle è come fare a non morire di freddo d’inverno in questo castello: TERMOSIFONI » sillabò verso l’amica.
« Sifoni? Quelli del bagno? » la guardò stranita Alexa.
Edith non capiva come, nonostante fosse pieno di mezzosangue in quella scuola, nessuno si meravigliasse di cose così banali.
Lei ancora non si era ripresa dal fatto che lì il suo i-pod non funzionasse.
« Termosifone » ripeté paziente Hayleen, che era mezzosangue ( anche se misteriosamente non le pareva strano dover usare le candele invece delle lampadine ).
« È un affare rettangolare fatto di ceramica che sta attaccato al muro e produce calore per riscaldare la stanza » spiegò Edith salendo a fatica gli ultimi scalini.
« Wow, che figo » commentò Meg a voce non troppo alta ma facendola comunque ridere.
« Dovresti prestarle quel tuo aggeggio babbano per ascoltare la musica » suggerì Alexa riferendosi alla McGrannit,  « magari te la fai amica » ridacchiò.
« Sì, certo, e poi le regalo il CD di Taylor Swift » commentò Edith.
Merope guardò stranita l’amica riccioluta, commentando sottovoce con un « chi? » al quale non seguì alcuna risposta.
Arrivarono nell’aula di Incantesimi miracolosamente puntuali, e salutarono Margot che invece aveva Trasfigurazione.
Il professor Vitious – si era convinta Edith – era l’esserino più piccolo e minuto che esistesse, ma con la maggior quantità di barba possibile. Sembrava una specie di ranocchia raggrinzita, così fragile, con una vocina acuta e talmente buffa che ogni volta doveva trattenersi dallo scoppiare a ridergli in faccia.
« Bene ragazzi, accomodatevi e iniziamo » squittì non appena varcarono la soglia.
« Oggi impareremo come fare gli incantesimi non verbali » proclamò alzando la bacchetta tremolante. « Voglio che pensiate tutti ad un incantesimo, il più semplice possibile per iniziare, e lo eseguiate sulla pallina che avete davanti in completo silenzio » spiegò, riferendosi alle palline di legno che aveva sistemato all’interno di una scatolina, una per ciascun banco.
« È molto importante che vi concentriate al massimo e ripetiate nitidamente e con fermezza nella vostra mente l’incantesimo, senza staccare gli occhi dall’oggetto su cui intendete eseguirlo »
Detto ciò puntò la bacchetta verso la pallina di una Grifondoro al primo banco e, in perfetto silenzio, la fece alzare in aria. « Provate voi adesso » li incoraggiò.
Alexa fissò la sua pallina come se volesse disintegrarla, puntandole la bacchetta così vicina che sembrava una minaccia, più che un tentativo di eseguire un incantesimo non verbale, ma riuscì solo a farla tremolare per pochi secondi e mormorò  un’imprecazione poco signorile tra i denti.
Hayleen e Merope, invece, sembravano un po’ scoraggiate: continuavano a scuotere la bacchetta nella speranza che il problema fosse come avevano puntato l’oggetto e non l’incantesimo in sé, anche loro con l’aria piuttosto crucciata. Nessuna delle loro due palline fece niente per cinque minuti buoni, poi quella di Hayleen prese fuoco, facendo un’enorme fiammata.
« Cazzo! » esclamò Edith accanto a lei senza pensare, cercando di spegnerla manualmente, finendo anche per scottarsi.
Sperò che il professor Vitious non l’avesse sentita, ma purtroppo così non fu.
« Signorina Knight » tuonò squittente, improvvisamente molto meno divertente del solito. « Sono sicuro che la Preside l’abbia già messa al corrente del fatto che un tale linguaggio scurrile non è permesso in questa scuola! » esordì, facendo zittire tutta la classe. Edith sprofondò nel proprio posto, per quanto possibile dato che le sedie erano di legno massiccio, e mormorò delle scuse imbarazzate.
« Perché non viene qui e mostra ai suoi compagni come eseguire l’incantesimo? »
Alexa e Hayleen dapprima si guardarono, poi si rivolsero verso di lei con gli occhi lievemente sgranati; Edith non riusciva a capire se fosse perché era strano da parte del professor Vitious prendere certe iniziative “punitive” o perché temevano la figuraccia che l’amica avrebbe potuto fare, ma in ogni caso non aveva scelta.
Si alzò lentamente e in silenzio, dirigendosi alla cattedra con aria timorosa e lì si fermò.
« Prego » squillò di nuovo il professore, facendole cenno con la mano verso la pallina che giaceva immobile sul piano.
Edith la fissò qualche istante, senza guardarsi attorno, con un’aria leggermente spaventata; poi fece un breve sospiro e alzò la bacchetta.
La sua espressione cambiò: i suoi occhi si assottigliarono leggermente, le spalle si abbassarono e la mascella si serrò ancora di più.
L’oggetto tremò e si alzò senza fatica, levitando davanti a lei.
Senza smettere di fissarla, mosse la bacchetta facendola roteare in aria, mentre la pallina eseguiva splendide evoluzioni.
Si bloccò di nuovo a mezz’aria, proprio sopra la testa di un ragazzo seduto al primo banco che inizialmente non aveva guardato in faccia, ma che dopo pochi secondi riconobbe come lo sbruffone a cui piaceva tanto prenderla in giro: James.
Edith fissò intensamente la sfera, e questa prese fuoco. La fece roteare attorno alla testa di Aaron, che la seguì con lo sguardo, un po’ sorpreso e un po’ spaventato, ma stranamente sogghignante.
Si fermò davanti ai suoi occhi e si spense, prima di crollare sul banco con un tonfo.
 
Per alcuni secondi nell’aula calò il silenzio più totale; metà dei suoi compagni la fissarono inebetiti, sorpresi da quanto era appena successo.
Lo stesso professor Vitious rimase a bocca aperta per un istante, prima di ricomporsi e liquidarla con un frettoloso « Bene, molto bene, torni pure al suo posto » con un tono che sembrava quasi preoccupato.
Alexa, Hayleen e Merope continuarono a fissarla anche una volta che si fu seduta, facendola sentire leggermente in imbarazzo. « Che c’è? » mormorò guardandole.
« Tu… tu… » balbettò Hayleen girandosi prima verso di lei e poi verso Merope, muta come un pesce.
« Sei stata assurda! » esclamò – per quanto possibile, senza farsi sentire dal professore -  Alexa, scuotendole un braccio. « Dove hai imparato a fare gli incantesimi non verbali così? » la sua curiosità dava voce a quella di tutta la classe.
Edith fece spallucce, guardandola timidamente negli occhi. Non le sembrava di aver fatto nulla di eccezionale; era solo un caso che lei si fosse già esercitata su quel tipo di incantesimi, nulla di più. « Mi ha insegnato mia nonna, a casa. Ho sempre studiato con lei, fino a quando…non è morta » abbassò la testa, improvvisamente triste.
Era successo l’anno prima; non era stata una cosa improvvisa, erano preparati, però era stato comunque terribile. Sua nonna era una fonte inesauribile di conoscenza; quando le stava accanto Edith aveva sempre l’impressione che nascondesse meravigliosi e immensi segreti dentro di sé e che fosse solo questione di tempo prima che glieli rivelasse.
L’amore di Lilian nei confronti della magia, che non era mai morto, nemmeno dopo tutte le guerre che aveva vissuto, l’aveva contagiata sin da piccola.
Le piaceva moltissimo quando apriva qualche vecchio libro e le insegnava un nuovo incantesimo o una nuova pozione ( anche se in quelle non era così brava ); la faceva sentire importante e speciale come nessun altro al mondo.
Quando se n’era andata, tutta quella bellezza, quell’emozione, era come se fosse rimasta ferma nell’aria, senza che nessuno sapesse dove incanalarla.
Era anche per quello che aveva chiesto a sua mamma di mandarla a Hogwarts.
Sua nonna l’aveva sempre descritto come un posto meraviglioso, magico sotto tutti i punti di vista, pittoresco, affascinante, ispirativo. Già prima di andarci, lo sentiva un po’ suo.
« Comunque non è niente di che, ragazze. È solo questione di pratica » spiegò sorridendo alle amiche, « io sono già due anni che mi esercito, vedrete, voi sarete molto più brave » le incoraggiò.
« Due anni?? Tu sapevi fare incantesimi non verbali già a quattordici anni?? » stavolta Alexa si sentì fin troppo bene, e Edith le fece cenno di abbassare la voce.
« Più o meno… ma è solo casuale, a casa non seguivo un programma preciso come il vostro, ve l’ho detto… sicuramente ci sono tante cose che voi sapete fare e che io non ho mai fatto »
Merope alzò le sopracciglia, iniziando a mettere le cose a posto, poiché nel frattempo la lezione era finita e il professore stava scrivendo i compiti assegnati alla lavagna.
« Ne dubito » commentò.
 
Alexa e Hayleen continuarono a lanciarle occhiate incuriosite per tutto il percorso fino alla Sala Grande, dove si dovettero dividere per andare ognuna al proprio tavolo.
« Comunque questa cosa dei tavoli divisi mi pare un po’ una stronzata » disse facendo girare i due Tassorosso accanto a lei. Ancora non si era abituata alla questione del lessico, e ogni volta che le scappava una parolaccia c’era sempre qualcuno che si girava a guardarla sorpreso o addirittura sconcertato.
« Insomma è un po’un controsenso, non ti pare? Non incita molto alla socializzazione con le altre Case, è come se fossimo gli uni contro gli altri in una specie di gara » osservò, stavolta un po’ più sottovoce.
« Ma è così » constatò Merope indicando con la testa le clessidre in fondo alla Sala.
In effetti c’era la questione della Coppa delle Case che li metteva un po’ in competizione, e non ne capiva molto il senso.
Appartenevano tutti alla stessa scuola, non gli veniva impedito fare amicizia con persone di altre casate, però di fatto poi era come se ci fosse un confine tra tutti loro, sottile ma invalicabile.
« Lo so, ma credevo che ci fosse una sorta di patriottismo, non so… siamo tutti studenti di Hogwarts ma in un certo senso internamente siamo sempre divisi. Nessuno avverte mai tensione tra le Case? »
Merope fece spallucce, sgranocchiando una carota. « Beh, tra Serpeverde e Grifondoro c’è una rivalità che dura da sempre ormai » osservò, « le altre case più o meno vanno d’accordo… anche se verso i Serpeverde diciamo che spesso c’è un po’ di pregiudizio… e anche verso di noi se è per quello » aggiunse alzando gli occhi al cielo.
« I Tassorosso hanno la reputazione dei deboli » affermò Edith, che ormai aveva capito più o meno quali erano i cliché di ogni Casa.
Merope annuì a testa bassa. « È che alle persone piacciono gli stereotipi »
Lei la guardò, annuendo leggermente e increspando le labbra.
Non le piaceva pensarlo, però in effetti guardando Merope ogni tanto aveva l’impressione che fosse troppo buona, troppo pacifista, sempre così timida e taciturna, come se non avesse mai da ridire su niente e nessuno, non avesse voglia di litigare e preferisse di gran lunga ovattare le discussioni per il buon della pace.
Edith invece non era così, e già quello le faceva capire quanto incasellare tutte le persone della stessa Casa sotto un’unica etichetta fosse sbagliato.
Lei era allegra, sincera, fedele ai propri amici e leale, come si diceva fossero i Tassorosso, ma per esempio non era molto docile, e anche se non le piaceva litigare se era necessario non si tirava indietro. Non riusciva ad ingoiare troppi bocconi amari e portava rancore; era molto testarda, sapeva essere polemica e saccente se voleva, però in fondo era buona come il pane. Anche se era in grado di infuriarsi e odiare qualcuno, era anche in grado di amare più di chiunque altro. Non era una semplice copia, non era uguale a nessuno lì, che fosse della sua Casa o meno.
Nessuno è uguale a nessuno, in fondo.
 
« Stasera non hai la tua prima lezione extra? » domandò Merope improvvisamente, cambiando discorso.
Edith annuì, iniziando a tagliare la carne « sì, infatti » confermò, « sono curiosa di sapere cosa dovrò fare. Spero solo che non mi torturino troppo… io l’avevo detto alla McGrannitt che non era il caso di passarmi direttamente al sesto anno, ma lei sembrava convinta! E ora questo… non riesco a capire »
« Forse vogliono solo assicurarsi che tu non abbia lacune. Magari è solo una cosa temporanea »
« Sì, può darsi » annuì, pur non molto convinta.
C’era qualcosa che continuava a non quadrarle di quella storia, anche se non riusciva a capire cosa.
Ma mancavano solo poche ore alla prima lesione, per cui forse l’avrebbe capito presto.
 
Finito il pranzo le aspettava un’ora di Babbanologia e due di Pozioni, in comune rispettivamente con Corvonero e Grifondoro. Le ultime due erano le più dure, specialmente per Merope, che non andava molto d’accordo con  fuoco e calderone e che una lezione su due finiva per combinare qualche danno.
Fortunatamente il professor Lumacorno era troppo vecchio e stanco per rimproverarla più del dovuto, ma ogni volta che la vedeva entrare in aula la guardava con aria sempre più sconsolata.
Edith, dal canto suo, non era sicuramente un fenomeno, però se la cavava.
Fino ad allora non aveva mai fuso un calderone e sebbene non avessero lo stesso aspetto magnifico di quelle di Emily McMillan – una Corvonero piuttosto snob – le sue pozioni erano comunque accettabili.
Nonostante avesse fatto una figura penosa proprio il primo giorno, con la storia della piuma, della biro e tutto il resto, Lumacorno non sembrava avercela con lei, anzi. Mentre gironzolava per i banchi osservando le preparazioni degli studenti spesso si soffermava vicino a lei facendo brevi e confusi mugolii che sembravano di approvazione, talvolta annuendo impercettibilmente con il capo. Non le diceva mai niente, non la correggeva ( nonostante fosse evidente dai risultati che un po’ ne avrebbe avuto bisogno ) né la rimproverava. Non si lamentava nemmeno del fatto che spesso scrivesse ancora con la biro, abbandonando la penna nel calamaio, quando lui dettava.
Edith sapeva che il professor Lumacorno era da sempre famoso per le sue preferenze verso alcuni studenti, ma trovava molto strano pensare di poter essere una di loro; la sua fama infatti lo descriveva come uno a cui piaceva intrattenersi solo con studenti importanti: discendenti di famiglie nobili, ricche o in quale modo importanti nel mondo magico. Studenti particolarmente talentuosi, anche, perché no.
Se c’era una cosa che non aveva erano i pregiudizi sulle origini, quelli no.
Edith però non rientrava in nessuna di quelle categorie; non c’era motivo per cui Lumacorno potesse essere interessato ad averla come sua protetta o anche solo in simpatia, eppure più il tempo passava più lei aveva l’impressione che fosse così.
 
« Bene, signorina Lacreux, si accomodi pure accanto alla signorina Donovan » disse Horace non appena varcarono la soglia.
« Lei signorina Knight, invece, lì. » continuò indicando un banco in seconda fila, nella parte esterna.
Edith rivolse uno sguardo distratto verso il ragazzo già seduto al banco, ma non fece in tempo ad avvicinarsi che già l’aveva riconosciuto. « O mio dio, non di nuovo »
Due occhi verdi la fissavano divertiti, incorniciati da un bel sorriso irriverente.
Non era difficile capire perché quel ragazzo piacesse a tutte, ma era davvero impossibile capire come mai nessuno lo avesse ancora preso a schiaffi, vista l’aria strafottente che lo accompagnava ogni secondo. « Ah, la dattilografa » la schernì lui appoggiandosi con il gomito destro al banco e girandosi verso di lei.
Edith alzò lievemente le sopracciglia e strinse le labbra, poggiando le mani sui fianchi. « Senti » iniziò, « non mi interessa battibeccare. A casa mia ti avrei fatto il cu.. il sedere a strisce, ti avrei letteralmente fatto verde »
Lui la interruppe « no, ti prego, tutto ma non verde » fece con aria fintamente drammatica.
Lei colse l’allusione ai colori dei Serpeverde e alzò gli occhi al cielo, ma continuò il discorso come nulla fosse « ma qui non siamo a casa mia, questa scuola è piena di regole nuove e strane per me, e non posso nemmeno insultarti come vorrei o fartela pagare, per cui facciamo semplicemente che tu non mi rompi i co… le scatole e io ti ignoro, okay? » propose mantenendo il tono di voce basso per non farsi sentire da Lumacorno, che intanto scriveva strani ingredienti alla lavagna.
« Dimentichi che dobbiamo lavorare insieme » le ricordò indicando con un cenno della testa il calderone davanti a loro.
In effetti le sfuggiva il motivo per il quale stavolta Lumacorno li avesse mescolati; di solito lavoravano sempre divisi a seconda delle Case.
Come se le avesse letto nel pensiero, il professore si girò verso gli studenti e si schiarì la voce, gonfiando il petto con quell’aria tronfia che assumeva sempre quando pensava di aver avuto un’idea geniale.
« Cari ragazzi » iniziò, e già la metà di loro stava sbadigliando, « oggi faremo qualcosa di diverso. Come vedete vi ho mescolati, e anche se questo può sembrarvi un po’ strano vi garantisco che c’è una spiegazione »
Fece una pausa strategica per far aumentare la suspense, come fossero in un film giallo. « Oggi vorrei che imparaste a collaborare » dichiarò infine.
È impazzito, pensò Edith.
« Non solo con i vostri compagni di Casa, ma come studenti della stessa scuola » spiegò. Quel discorso cadeva proprio a fagiolo: Lumacorno l’aveva per caso spiata mentre parlava con le sue amiche?
« Per questo vi ho mescolati. Sarà vostro dovere e vostra convenienza collaborare con il compagno, anche se di una Casa diversa dalla vostra, perché la buona riuscita dell’esercizio gioverà ad entrambi: il punteggio della coppia che vincerà verrà equamente diviso tra le due Case. In altre parole, o perderete entrambi o vincerete entrambi » concluse, palesemente soddisfatto della sua idea.
Si scanneranno, fu il primo pensiero di Edith, che si voltò verso Aaron con aria perplessa e sorpresa almeno quanto lui.
« E ora hop hop, al lavoro! » esclamò Lumacorno battendo le mani, fin troppo vitale.
Edith aprì il libro e iniziò a leggere in silenzio, mentre sceglieva gli ingredienti necessari e li sistemava da una parte.
Sentiva gli occhi del Grifondoro accanto a lei che la scrutavano, ma fingeva di non accorgersene. Per tre volte rilesse la stessa riga, prima di decidersi ad afferrare l’estratto di artemisia davanti a lei.
« Allora » esordì improvvisamente la voce accanto a lei.
Non gli prestò attenzione, iniziando a regolare il fuoco sotto il calderone e a mescolare ingredienti.
« Hai fatto pace con le piume o ti creano ancora problemi? » domandò ridacchiando, ma stranamente meno saccente del solito. Edith però era troppo impegnata per accorgersene, e si mise subito sulla difensiva. « Tutto bene, grazie. Ora per favore stai zitto altrimenti sbaglierò qualcosa » si limitò a ribattere senza voltarsi.
« Vuoi dire che ti confondo? » sogghignò lui, intravedendo uno spiraglio di luce nel suo muro.
Lei posò la bottiglietta che teneva in mano e girò la testa, sospirando. Avrebbe tanto voluto prenderlo a calci nel sedere, ma sospettava che non fosse permesso dall’etichetta, così si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
« Senti » iniziò, « non ho idea di cosa tu stia parlando, sinceramente non mi piaci neanche un po’ e avrei preferito un Serpeverde qualsiasi come compagno, ma questa è una pozione piuttosto complicata e sebbene io non sia un fenomeno vorrei cercare di farla il meglio possibile per guadagnare qualche punto, e penso farebbe comodo anche a te. Quindi o stai zitto e collaboriamo, o stai zitto e faccio da sola, ma la cosa fondamentale è che tu ti tappi la bocca, a meno che non sia per parlare della pozione. Tutto chiaro? »
Aaron sorrise, sempre divertito, ma stavolta anche un po’ curioso. Probabilmente non era abituato a certe risposte, soprattutto da parte di una ragazza.
Soprattutto una Tassorosso.
Ma a quanto pare Edith era suonata piuttosto convincente.
« Cristallino », rispose facendo un cenno con le mani in direzione del calderone, « è tutto tuo »
Lei annuì. « Bene » e riprese a mescolare.
 
 
 
« Il tempo sta per scadere ragazzi, avete un minuto » esordì Lumacorno dopo due estenuanti e interminabili ore. « Tre, due, uno…stop! »
Tutti poggiarono i mestoli e sospirarono, soprattutto Merope, che era tutta scompigliata, sudata per via dei vapori e quasi più pallida del solido, se possibile.
Il professore passò tra i banchi per esaminare il lavoro di ciascuno, mugolando qualcosa di tanto in tanto o facendo brevi commenti.
« Signorina Lacreux, vedo che stare con la signorina Donovan l’ha aiutata » commentò con un sorriso osservando la pozione cristallina che aveva davanti.
« Glielo avevo detto che bastava un po’ d’esercizio! » aggiunse dandole una pacca sulla spalla.
In realtà, Lumacorno non le aveva mai detto una cosa del genere, ma Merope apparteneva ad una famiglia Purosangue piuttosto importante, per cui com’era tipico di lui Horace non si era mai sbilanciato troppo sul suo conto, anzi: cercava di tenerla sotto la sua ala quanto più possibile, sebbene fosse chiaro che in realtà la considerasse una studentessa di Pozioni piuttosto mediocre.
Quando arrivò al banco di Edith, si fermò più del dovuto, sporgendosi verso il calderone con aria crucciata. « Mi aspettavo di meglio da lei, signorina Knight » mormorò con tono dispiaciuto. « La pozione è celeste, sarebbe dovuta essere trasparente » le fece notare.
« Ha ragione professore, ma vede, in realtà avevo già preparato questa pozione una volta, solo in maniera un po’ diversa e… mancherebbe ancora un tocco finale » cercò di spiegare.
Lumacorno aggrottò ancora di più le sopracciglia, buttando un occhio al libro che teneva davanti. « Quello non è il libro di Pozioni che ho indicato io » osservò leggermente irritato.
« No, infatti. Era di mia nonna, studiavo con questo a casa, ho pensato che… »
« Signorina Knight, io ho indicato un libro preciso perché come lei certo saprà esistono molte ricette non autentiche in questo campo, e ho scelto questo manuale proprio per evitare certi risultati » la rimproverò facendo cenno al calderone dove ribolliva una miscela azzurro acceso.
« Lo capisco, ma le garantisco che questa… » tentò di difendersi Edith, ma invano. Lumacorno la interruppe di nuovo prima che potesse finire.
« Ormai non importa » dichiarò sospirando, come fosse deluso, e ponendo così fine alla conversazione.
Edith non fece in tempo ad aprire di nuovo bocca che lui era già passato oltre, sempre con quell’ aria sovrappensiero che lo contraddistingueva.
Lumacorno continuò il suo giro, assegnò i voti e i punti ( facendo vincere il gruppo composto da Merope e Emily Donovan)  e scribacchiò alla lavagna i compiti per la settimana successiva. La campanella suonò proprio mentre stava finendo di dettare, e tutti si dileguarono in una gran confusione, esausti e desiderosi di uscire di lì.
« Forse farmi stare zitto non è stata una grande idea » commentò sagace Aaron, mentre Edith riponeva il libro in borsa.
Aveva seguito il suo ammonimento e l’aveva lasciata fare come voleva, incuriosito da quel suo atteggiamento così peperino e dal suo sguardo determinato, ma aveva ridacchiato diverse volte mentre lei divergeva dalle istruzioni del Manuale.
« Avrebbe funzionato » ribatté lei a denti stretti, fulminandolo con lo sguardo.
Era veramente insopportabile con quel suo sorrisetto strafottente e i capelli mossi da divo di Hollywood, sebbene i suoi lineamenti fossero decisamente inglesi.
« Se ne sei sicura perché non lo dimostri? » le suggerì indicando con lo sguardo il calderone ancora pieno.
Edith lo fissò negli occhi per qualche istante, titubante. Erano di un verde davvero luminoso e profondo, doveva ammetterlo. Per un attimo si dimenticò persino quanto lo detestasse, ma durò poco. Una Grifondoro davanti a lei fece cadere un libro e la scosse dai suoi pensieri.
L’aula si stava svuotando e Lumacorno era intento a riporre il materiale negli armadietti dietro la cattedra; se voleva fare qualcosa, quello era il momento.
Guardò il calderone, poi Aaron, Lumacorno e di nuovo la pozione.
Oh, ma che cavolo! pensò, avvicinandosi ed estraendo rapidamente la bacchetta dal mantello. 
« Potīre forma » mormorò, facendo attenzione a non farsi sentire.
Aaron si sporse verso di lei, curioso, dopo essersi guardato attorno per accertarsi che nessuno li avesse notati.
Improvvisamente la pozione iniziò a bollire più forte e più fittamente, mentre il suo colore iniziò a schiarirsi, fino a diventare perfettamente trasparente e luminoso.
Edith sorrise compiaciuta, mentre il Grifondoro la fissava sorpreso. Si guardarono per un attimo, poi lei alzò le sopracciglia con un sorrisetto strafottente.
« Te l’avevo detto che funzionava » sussurrò.
Lui fece per ribattere, ma il tonfo dell’armadietto di Lumacorno che si chiudeva li fece sobbalzare; in un secondo furono fuori dall’aula, pregando che lui non avesse fatto in tempo ad accorgersi che erano ancora lì.
 
 
 
 
Quella sera era veramente agitata: mancavano solo dieci minuti alle sette, orario in cui si sarebbe dovuta tenere la sua prima lezione supplementare, e lei stava camminando velocemente lungo il corridoio silenzioso e vuoto, diretta verso l’aula di Incantesimi.
Erano giorni ormai che si chiedeva cosa l’aspettasse, quale fosse lo scopo di quelle lezioni e perché la McGrannitt si fosse ricreduta così all’improvviso riguardo la sua preparazione. Tra le sue amiche erano sorte le teorie più disparate, una più improbabile dell’altra, che l’avevano fatta molto ridere, ma avevano anche accentuato al massimo la sua curiosità.
Più si avvicinava alla meta più sentiva l’eccitazione crescere, come se si aspettasse chissà quale sorpresa, mentre probabilmente sarebbero state solo delle noiosissime ore di ripasso in cui sarebbe stata messa sotto esame da ogni professore e probabilmente anche rimproverata per tutte le sue lacune.
A quel pensiero rallentò, improvvisamente non più tanto entusiasta.
Alla fine, però, arrivò inevitabilmente a destinazione. La porta era chiusa, così bussò.
Stranamente non ci fu nessuna risposta, per cui spinse giù la maniglia ed entrò con molta cautela. « È permesso? » mormorò facendo un passo avanti.
L’interno dell’aula era vuoto; nessun libro sulla cattedra né professor Vitious in vista.
Era molto strano, perché se c’era qualcuno che teneva alla puntualità era proprio lui ( come d’altronde un po’ tutti i professori, ad Hogwarts ).
Leggermente perplessa, Edith decise però di sedersi ed aspettare, sperando che prima o poi sarebbe arrivato. Passarono i minuti, ma niente. Lei continuava a guardare nervosamente l’orologio che portava al polso ed iniziava ad essere preoccupata.
Non sapeva cosa fare; c’era un limite di tempo oltre il quale era legittimata ad andarsene senza temere ripercussioni? Sarebbe forse dovuta andare dalla Preside a chiedere se fosse successo qualcosa? Magari il professore si era sentito male, o gli era successo qualcosa… in fondo era piuttosto anziano, non si sa mai, pensò.
Proprio mentre stava riflettendo su quella macabra possibilità, però, la porta si aprì con un leggero cigolio, che la fece sobbalzare.
« Salve » scattò in piedi, lisciandosi la gonna della divisa. Ancora non si era abituata all’idea di non poter indossare pantaloni, almeno nei giorni normali.
La professoressa Sprite, l’insegnante di Erbologia, non era esattamente chi si aspettava di vedere, ma dal momento che avrebbe dovuto fare lezioni supplementari di quasi tutte le materie suppose si trattasse di uno scambio di orario imprevisto e non pensò di chiederle perché fosse lì.
« Signorina Knight, devo chiederle di seguirmi, la Preside la desidera »
Quelle parole inaspettate la lasciarono di stucco; cosa stava succedendo? Improvvisamente anche la McGrannitt era impazzita e non ricordava più cosa facevano i suoi alunni sotto le sue stesse direttive?
« Veramente io starei aspettando il professor Vitious per le lezioni supplementari, è stata la Preside a… » non fece in tempo a proseguire il discorso, però, perché la direttrice della sua casa le si avvicinò e le posò una mano sul braccio, invitandola a seguirla. « Non si preoccupi, lo sappiamo. Venga con me » aggiunse.
Sempre più perplessa e confusa, annuì e la seguì nei corridoi, su e giù per le scale – a loro piace cambiare, ormai lo sapeva – fino a che non arrivarono davanti al Gargoyle di pietra. Edith immaginava che si sarebbe attivato da solo come l’ultima volta, invece la Sprite pronunciò nitidamente “ caramelle mou “ per far si che si mettesse in moto e permettesse loro di passare.
Si chiese perché diamine la McGrannitt avesse scelto una parola d’ordine tanto assurda, ma si rispose che probabilmente c’era qualche strana ragione dietro che solo lei poteva capire, così smise di pensarci.
Salì gli scalini in religioso silenzio; davanti a lei la Sprite ballonzolava ad ogni passo ed Edith dovette sforzarsi per non ridacchiare. L’aveva sempre trovata buffa, e come direttrice della sua Casa era piuttosto tranquilla e non molto severa, anche se era talmente benvoluta da tutti che in ogni caso nessun Tassorosso si sarebbe mai sognato di disobbedirle; sarebbe stato come disobbedire alla propria mamma, e questo non faceva parte della loro natura docile.
Arrivata in cima alle scale la professoressa si fermò un istante per bussare e una voce dall’interno le rispose immediatamente, come se la aspettasse con molta urgenza.
 
L’ufficio della McGranitt era esattamente come l’aveva visto la prima volta, tranne per il fatto che stavolta non c’era solo lei nella stanza, ma mezzo corpo docenti.
Edith ebbe improvvisamente un tuffo al cuore e istintivamente riesaminò mentalmente tutto quello che aveva fatto nelle ultime ventiquattrore o negli ultimi giorni, alla ricerca di qualcosa di così sbagliato da richiedere la presenza di tutti i suoi insegnanti assieme a lei nell’ufficio della Preside.
Riaffiorò il ricordo di qualche giorno prima, quando c’era stato quello spiacevole diverbio con il Serpeverde del suo anno, che aveva dato di matto durante l’ora di Trasfigurazione facendole dire parole “ inappropriate alla situazione “ - come le avrebbe definite la McGrannitt - ma si era già scusata con la professoressa Kinnon, più che esaurientemente a suo parere, e non poteva credere che il motivo di tanto subbuglio fosse quella semplice scaramuccia tra studenti.
O forse si.
Stava sudando freddo.
« Buonasera signorina Knight » la voce della Preside risuonò per prima, sempre gentile e composta come al solito, ma con un tono leggermente più teso.
La spaventava. « Ci scusiamo per averla fatta aspettare a lungo, ma stavamo parlando proprio di lei e la cosa è andata per le lunghe, perciò abbiamo ritenuto meglio mandarla a chiamare » aggiunse avvicinandosi a lei.
« È successo qualcosa? » domandò con voce flebile, adesso piuttosto in soggezione.
« In realtà sì » rispose la professoressa congiungendo le mani sullo stomaco, come se stesse per darle una notizia spiacevole.
O mio dio, adesso mi espellono. Ma il regolamento non diceva che bastava così poco per farsi buttare fuori. Insomma anche quel ragazzo è stato…
« Se ho fatto qualcosa di sbagliato mi dispiace molto, vi chiedo scusa, io non.. » tentò di giustificarsi, ma la McGrannitt la interruppe.
« No, non è questo » la fermò con un gesto della mano. Di nuovo Edith sentì il cuore urtare la sua gabbia toracica, più forte del solito.
« Volevamo parlarle di una questione piuttosto delicata, in realtà »
La voce della Preside adesso sembrava più incerta, quasi tremolante, come se avesse paura di chiedere e stesse cercando con cura e timore le parole giuste.
« Vede, alcuni colleghi mi hanno riferito che lei durante questa settimana di lezioni ha fatto cose… piuttosto singolari » iniziò a passeggiare su e giù per la stanza, lanciandole brevi occhiate di tanto in tanto, come per osservare le sue reazioni.
« In che senso? » Edith aggrottò le sopracciglia, confusa.
« Nel senso che ha fatto cose che gli studenti della sua età… di solito non fanno » tentò di spiegarsi meglio, ma senza molto successo. Edith non riusciva a capire dove volesse arrivare e si guardava attorno perplessa, cercando indizi negli sguardi dei professori che le stavano attorno.
C’erano, oltre alla McGrannitt e alla Sprite, la professoressa Kinnon – ragione per la quale aveva temuto che il problema riguardasse l’episodio avvenuto durante la sua ora – il professor Lumacorno, che la osservava con una strana espressione accigliata, e il professor Vitious ( e quando lo vide Edith tirò un sospiro di sollievo; fortunatamente stava bene e le sue assurde elucubrazioni mentali si erano solo spinte troppo oltre mentre lo aspettava ).
« Ad esempio? » chiese infine, titubante.
La McGrannitt le si avvicinò, stavolta guardandola negli occhi. « Ad esempio padroneggiare alla perfezione un incantesimo non verbale » suggerì, facendo una breve pausa per scrutarla, « oppure modificare miracolosamente in pochi minuti una pozione mal riuscita » aggiunse, stavolta a voce più bassa, come se quello fosse un dettaglio particolarmente importante o sconvolgente.
Edith abbassò la testa, arrossendo. Lumacorno se n’era accorto, allora.
Non sapeva se essere contenta o mortificata da ciò; si era fatta trasportare da quel James e si era convinta a finire il suo lavoro anche se il professore aveva già terminato la lezione per dimostrargli che c’era riuscita, anche se con un procedimento diverso, ma adesso si sentiva sotto esame. Forse aveva sbagliato ad essere così arrogante. Era tutta colpa di Aaron, era stato lui a spingerla a farlo, era un manipolatore! Sicuramente sapeva che l’avrebbero rimproverata, e non vedeva l’ora.
Che stronzo, pensò stringendo i denti e fissando la punta delle sue scarpe.
« Mi dispiace » mormorò sempre a testa bassa, sperando che non la punissero.
La risposta della McGrannitt però arrivò inaspettata. « No, no, non deve scusarsi »
Edith alzò la testa, ancora più confusa e sorpresa. Non doveva scusarsi?
La Preside sorrise, anche se leggermente. « Non la sto rimproverando »
Ah no?
« Noi siamo solo sorpresi dalle sue abilità » spiegò, « normalmente gli studenti, anche più grandi, non sono in grado di fare certe cose » continuò, riprendendo a camminare. « Certo, padroneggiare un incantesimo non verbale è qualcosa che si può acquisire con l’esercizio, ma modificare una Pozione in così poco tempo… »
« Non l’ho modificata » la interruppe d’istinto, portandosi poi la mano alla bocca.
La McGrannitt la fissò, aggrottando le sopracciglia. « Come? »
« Voglio dire, non l’ho modificata, l’ho solo… completata » spiegò, lanciando un’occhiata nella direzione di Lumacorno. Anche lui la osservava crucciato.
« Ho utilizzato il manuale di Pozioni che avevo a casa, non quello indicato dalla vostra lista, e il procedimento era diverso. Avevo già preparato quella Pozione in precedenza, e aveva sempre funzionato... solo che era necessario pronunciare una formula, per farle assumere il suo aspetto finale »
Tutti la fissavano in silenzio, come se avesse rivelato chissà quale segreto di Stato.
Possibile che il professor Lumacorno trovasse così strano che lei conoscesse un procedimento diverso? In fondo lo sapevano tutti che lei aveva studiato a casa, era piuttosto normale che tra la sua istruzione e quella scolastica ci fossero delle differenze, ma se il risultato finale era lo stesso cosa importava?
Ancora non riusciva a spiegarsi in perché di tanta preoccupazione e subbuglio.
« Capisco » disse infine la Preside, voltandosi verso di lei dopo essersi scambiata uno sguardo misterioso con il professor Lumacorno.
« Posso chiederle di che libro si tratta? » domandò.
« Non ha un vero e proprio titolo, c’è scritto solo Pozioni Avanzate sulla copertina, è rilegata a mano, è molto vecchio… apparteneva a mia nonna. Ho pensato che potesse andare comunque bene, per ora gli argomenti ci sono tutti e…. »
Di nuovo, la McGrannitt la bloccò con un cenno della testa. « Bene, la ringrazio »
« Mi dispiace di non aver seguito le istruzioni del professore, le chiedo scusa » tentò di rimediare Edith, sempre più mortificata. « Pensavo che non contasse il procedimento, se il risultato era lo stesso »
Calò di nuovo il silenzio più assoluto per qualche istante, come se tutti aspettassero il verdetto finale della Preside.
« Ormai ciò che è fatto è fatto, è inutile rimuginarci sopra. In futuro però la prego di seguire le istruzioni dei professori e procurarsi i libri di testo presenti sulla lista. Il risultato è importante, ma è anche importante che tutti gli studenti abbiano gli stessi mezzi. Non vorremmo che nascesse qualche discussione. » tentò di spiegarle con gentilezza. Non c’era traccia di rimprovero nella sua voce, per cui Edith si tranquillizzò un po’, annuendo con fermezza. « Certo », promise.
La McGrannitt fece un cenno d’assenso e di nuovo un breve sorriso tirato.
« Molto bene allora, è tutto »
Edith rivolse uno sguardo al professor Vitious, che parlottava con Lumacorno in un angolo, poi si rivolse di nuovo a lei. « Ma professoressa, la mia lezione di stasera? »
Lei la guardo solo per un istante, come fosse distratta.
« È rimandata. Venga domani nel mio ufficio, alle sei. Puntuale »
Edith annuì, si diede una rapida occhiata attorno e si voltò per andarsene.
Mentre chiudeva la porta dietro di sé, sentì distintamente gli occhi di tutti i professori addosso, che la scrutavano con curiosità.
 
 
 
***
 
 

 
Una volta che Edith fu uscita, la professoressa McGrannitt si sedette dietro la scrivania antica in perfetto silenzio, mantenendo l’espressione crucciata che aveva sempre quando pensava a qualcosa che non riusciva a comprendere del tutto.
« Horace » chiamò poi, senza alzare lo sguardo dalle venature del tavolo, ancora immersa nelle sue riflessioni, « quella pozione » chiese, « funzionava? Il risultato ottenuto era quello giusto? »
Lumacorno guardò per un attimo i suoi colleghi, più bianco del solito alle luci flebili delle candele. Aprì la bocca timoroso, balbettando qualcosa, come se non fosse certo di volerlo dire. Si avvicinò alla scrivania, guardando la McGrannitt dritta negli occhi.
« Sì, sì, funzionava, funzionava alla perfezione. È che… » si bloccò a metà frase, incerto. Di nuovo guardò i suoi colleghi, in particolare il professor Vitious.
« Cosa? Parla, Horace » lo incitò la McGrannitt, sollevando la schiena dalla sedia.
Lumacorno la guardò, combattuto, poi sospirò.
« Minerva, ho controllato in tutti i libri di Pozioni conosciuti. Non esiste un altro procedimento per quell’infuso ».
   
 
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