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Autore: lady dreamer    16/12/2016    3 recensioni
Di quella volta che “Sai una cosa? Credo che ti dovrai inventare un modo più igienico di condurre i tuoi esperimenti.” e “ Sai una cosa? Credo che ti dovrai inventare un modo più sexy di mettere le mutande."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Conan Doyle, BBC e Moffat/Gatiss, questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

Sai una cosa?

 
È una verità universalmente riconosciuta che al 221 B di Baker Street possa succedere qualsiasi cosa. Hai intuito sin da subito che avere Sherlock Holmes come coinquilino non sarebbe stata un’esperienza da poter ricondurre facilmente ai canoni della normalità.
Eppure ogni volta che Sherlock fa qualcosa di assurdo tu continui a farglielo notare, con il fare bacchettone di chi è dalla parte del giusto. Effettivamente lo sei, non ti si può biasimare per le tue crociate contro le dita umane nel frigo o i bulbi oculari nel the. Poche cose sono così disgustose come dover cucinare in pentole di cui non riesci a ricostruire gli usi precedenti, o mangiare su un tavolo per metà coperto da contenitori di cui preferisci ignorare il contenuto.
Hai provato a dirlo a Sherlock, ma ogni tua protesta è vana. Dal momento che quando parli non ti ascolta, hai deciso di lasciargli un post it:
 
Sai una cosa? Credo che ti dovrai inventare un modo più igienico di condurre i tuoi esperimenti. Perché vederti ogni mattina con la testa piegata sul microscopio, con le mani intente a maneggiare sostanze tossiche mentre le gambe devono provare a non inciampare nel disordine che lasci in giro, francamente, non ci siamo proprio. Fa a pugni con la tua immagine di uomo razionale. Rovina il gusto persino di prendere il the. Quindi non so, vedi un po’ tu come fare, ma trova un altro modo di fare i tuoi esperimenti o me ne vado di casa.
 
Ma la risposta che hai ricevuto è stata la seguente, scritta con la sua elegante e nervosa grafia su un foglio di carta piegato e lasciato sul tavolo della cucina.
 
Sai una cosa? Credo che ti dovrai inventare un modo più sexy di mettere le mutande. Perché a me non interessa, ma per le donne che ti porti a letto vederti ogni mattina piegato in due, con le braccia penzoloni e le gambe che provano a centrare il buco, francamente, non ci siamo proprio. Fa a pugni con l’immagine di uomo elegante che pensi di essere (e non sei). Rovina ogni sogno erotico. Quindi non so, vedi un po’ tu come fare, ma trova un altro modo di infilarti le mutande.
 
Hai trovato questo biglietto all’incirca un’ora fa, tornando dal tuo turno in ambulatorio. Ti sei seduto sulla poltrona e ci sei sprofondato dentro, come a nasconderti per la vergogna.
 
È successo più di un mese fa. Dopo la notte infernale trascorsa sveglio ad inseguire un pluriomicida in giro per Londra con Sherlock, avevi scritto un messaggio alla tua collega Sarah dicendo che non ti saresti presentato la mattina seguente perché avevi la febbre, cosa che di fatto non escludevi, e volevi solo andare a dormire, dopo una doccia bollente.
 
Sherlock aveva aperto la porta del bagno, probabilmente pensando che stessi già dormendo per quanto ti eri lamentato, e ti aveva trovato lì, in piedi, mentre mezzo addormentato, l’acqua che grondava negli occhi dai capelli ancora bagnati, cercavi di metterti le mutande. Gli avevi urlato dietro all’istante, e lui aveva subito richiuso la porta alle sue spalle, sbraitando che pensava che il bagno fosse vuoto.
 
Quando eri uscito di lì non avevi proferito più parola sull’accaduto e lui aveva taciuto a sua volta. Come se niente fosse successo. Ma adesso le cose acquisivano un contorno del tutto diverso. Non solo Sherlock aveva aperto la porta del bagno, ma ti aveva scrutato attentamente, e non solo non ha dimenticato la scena, ma deve averci anche ripensato accuratamente, per scriverti quella risposta piccata.
 
Poteva semplicemente dirti a voce che aveva letto il biglietto, ma che non intendeva fare niente a riguardo, sfoderare uno dei suoi proverbiali “È per la scienza, John” e liquidare così la cosa. Invece aveva desiderato umiliarti, prendendoti in giro in quel modo ignobile. Per giunta, così poco affine alla sua personalità che di solito tende ad evitare di parlare della sfera erotica in senso lato, se non in caso di moventi passionali o di prendere in giro Donovan e Anderson. Sherlock non solo ti ha visto nudo, ma dopo un mese il ricordo di quella scena deve essere ancora vivido nella sua memoria.
 
Più rileggi il biglietto più cerchi di convincerti che non ci sia niente se non un bizzarro scherzo goliardico, ma la frase che ad ogni rilettura fa saltare il tuo ragionamento di ossessiva razionale smentita, è lampante nella sua ambiguità: “Rovina ogni sogno erotico”.
 
Hai cercato invano nell’arco di quest’ora di convincerti che il senso della frase sia che nessuna donna dopo essere stata a letto con te, dopo averti visto metterti le mutande la mattina seguente avrebbe voluto rifare sesso. Quindi i sogni erotici infranti sarebbero stati quelli della tua eventuale partener.
 
Ha un suo senso e fa da contraltare al “rovina il gusto di prendere il the” del messaggio originale, ma è molto più inquietante. Ma avrebbe potuto scrivere “rovina le tue possibilità di portartela a letto di nuovo”, o qualcosa di simile. Perché parlare di sogni erotici?
 
Nella tua testa si sono ammassati i pensieri più strani. Che i sogni erotici che hai rovinato non siano di Sherlock? Ti sembra impossibile. Una cosa del tutto fuori di testa, ma… Sherlock era entrato nel bagno, mentre tu eri uscito da qualche istante dalla doccia. Quante possibilità c’erano che lui, con la sua intelligenza geniale, non avesse capito che tu eri ancora in bagno? Per i tuoi standard eri stato poco sotto la doccia, meno di cinque minuti, contro almeno i dieci che di solito ti prendi quando vuoi rilassarti. Sherlock può davvero aver pensato che non ti saresti accorto se avesse spiato nel bagno mentre tu ti facevi la doccia? Il vetro della cabina è lavorato in modo da non essere perfettamente trasparente, e comunque era appannato dal vapore, avresti potuto anche non accorgertene.
 
Ma aveva parlato di sogno erotico. E se fosse stato questo il sogno erotico di Sherlock, guardarti mentre ti facevi la doccia? Gli occhi chiusi, il caldo, l’acqua che scende sul corpo come gocce di sudore… forse era l’immagine di John nella situazione di abbandono più simile a quello del piacere sensuale che poteva procurarsi.
 
La chiave scocca nella toppa della porta, segnale del ritorno di Sherlock, dovunque fosse andato. Prima che riesca ad arrivare a metà della rampa di scale che conduce l’ingresso al salotto, ti sei già chiuso a chiave in camera tua.
 
Ne sei uscito un’ora dopo, dicendo di avere appuntamento con una donna e, senza fare la minima allusione al biglietto, te ne sei andato.
 
Ovviamente non c’era nessuna donna e non c’era nessun appuntamento. Hai trascorso due ore a camminare su e giù per il quartiere, cercando di fare ordine nella tua testa. La cosa peggiore di aver evocato quell’immagine di Sherlock che entra appositamente nel bagno per vederti sotto la doccia, sebbene di sfuggita, è che hai iniziato a immaginare i sogni erotici che può aver fatto.
 
***
Dal momento che non puoi assolutamente fargli una domanda diretta e che non sei intenzionato a metterti in ridicolo dicendo qualcosa di volutamente provocatorio, stile “Finché non troverò un altro di modo di mettermi le mutande, ho deciso che non le metterò più”, hai deciso di tacere sull’area semantica di “biancheria intima” e “doccia”. Quindi non ti resta che indagare, con tutta la discrezione del caso, sui sogni di Sherlock.
 
In taxi per raggiungere una scena del crimine, ti butti in un primo sciocco sondaggio, sapendo che le possibilità di ottenere qualche informazione utile sono così basse da essere vicinissime allo zero.
 
- Sono mesi che non ho incubi sull’Afghanistan.
 
Sherlock distoglie appena lo sguardo dal finestrino. - Ne sono contento.
 
- Tu non hai mai incubi?
 
Sorride tra sé. - Mio fratello che conquista il mondo solo per abbuffarsi di torte senza che nessuno possa contraddirlo?
 
- Intendevo qualcosa di più serio.
 
Sherlock sfodera uno sguardo di divertita sufficienza. - È molto più probabile di quanto tu non creda.
 
Sapevi che sarebbe stata un’impresa disperata, ma almeno ti illudevi che saresti stato preso sul serio. - Passi il tempo ad incastrare assassini e criminali di ogni genere, e non hai mai incubi?
 
- Tu li hai?
 
Pensi ad una risposta intelligente da dare, che possa giustificare le tue domande. Ma scuoti istintivamente il capo.
 
- Perché dovrei averli io, allora?
 
- Non lo so, così…
 
E prendi sconsolato a guardare fuori dal finestrino.
 
***
 
Siete a cena da Angelo, perché la cucina continua ad essere in uno stato che non consente la preparazione di qualcosa che vada ingerito, se non per avvelenare qualcuno.
 
Fai tamburellare le mani sul tavolo, mentre Sherlock scruta la gente nel locale, incuriosito dalle possibili notizie che può ricavare da un’espressione o un capo di vestiario.
 
Lui distoglie gli occhi dalla coppia a tavolo alle tue spalle, e li posa su di te, aspettando di sapere il motivo per cui è stato interrotto nelle sue riflessioni.
 
Fingi di seguire l’ideale filo del discorso che stavate facendo oggi pomeriggio in taxi. - Se non hai incubi, che sogni di solito?
 
Sherlock sbuffa. - Hai letto Freud ultimamente? Vuoi psicanalizzarmi? Ci hanno provato in molti, e nessuno ci è mai riuscito.
 
Il tono della sua voce è più nervoso del solito. E non ha fatto altro per tutta la giornata che non evitare di incrociare il tuo sguardo, o parlarti se non era strettamente necessario. Ha protestato quando hai deciso di andare a cena fuori, e voleva che uscissi da solo, adducendo come scusa che non aveva fame, e aveva esperimenti da portare a termine. Che Sherlock ostenti di essere immune agli stimoli della fame e del sonno è cosa risaputa da tutti, e sul momento non hai pensato che fosse collegato alla storia dei biglietti e delle tue domande, ma adesso ti sta venendo il dubbio che tu non sia la sola persona imbarazzata dalla situazione che si è creata.
 
- Era semplice curiosità… Dormi così poco, così mi sono chiesto se ti ricordi i sogni. Tutto qua.
 
- Li dimentico subito. Non servono a nulla.
E prende un sorso d’acqua del bicchiere che ha davanti a sé, come se stesse mandando giù qualcosa di alcolico.
 
- Ma non è vero, in realtà…
 
Posa il bicchiere e alza gli occhi a guardarti. - Non servono a nulla. A me non serve farmi illusioni.
 
Lo guardi a tua volta, mentre ostenta strafottente indifferenza.
- Su cosa temi di farti illusioni?
 
Lui alza le spalle, chiudendosi a riccio nel suo segreto. - Non temo niente. So già che sono cose che non accadranno.
 
- Sherlock, se c’è qualcosa che vuoi che io sappia, me la devi dire. Perché io non so leggerti come un libro aperto, come tu fai con me. E non so investigare su di te senza farmi scoprire, quindi la smetto prima di diventare ridicolo… Quello che ti dovevo dire te l’ho detto.
 
***
Siete rimasti in silenzio per tutto il resto della sera, escluso il momento in cui Angelo è venuto a portarvi personalmente i piatti che avete ordinato, e quando è passato di nuovo a dirvi che avrebbe aggiunto la cena al conto, che poi non vi fa mai pagare.
 
Hai sentito i vostri passi risuonare sul marciapiede durante tutto il tragitto per tornare a casa.
 
***
Dopo i diciassette gradini che conducono dall’ingresso al salotto, Sherlock ti ha chiesto di sederti. E ha iniziato la conversazione che entrambi state rimandando da troppo tempo.
 
- Ho avuto l’impressione che tu abbia frainteso alcune cose. - esordisce, sedendosi a sua volta - Io non so più leggerti come un libro aperto. Non sempre. Non su tutto. Riesco a capire dove sei andato dal colore del fango sulle tue scarpe o cosa hai mangiato a colazione dalle briciole sul maglione, ma non capisco tutto quello che pensi. Specie su alcune cose.
 
- Puoi sempre farmi delle domande…
 
- Non sono il tipo che fa domande. Quindi volevo capire da solo. E ho fatto qualche esperimento. Uno è il biglietto che ti ho lasciato, volevo capire non so cosa da come avresti reagito, ma non sono sicuro.
 
Ti guardi le mani mentre domandi:- E gli altri?
 
- Potrei essere entrato nel bagno, quella volta, di proposito. Non ne abbiamo mai parlato.
 
Ti sforzi di tenere gli occhi fissi su di lui, e di non arrossire.
- Cosa avremmo dovuto dirci?
 
- Non mi hai detto di non farlo mai più. Hai solo urlato quando ho aperto la porta. Secondo i tuoi standard avresti dovuto farmelo notare più e più volte, ma non l’hai fatto.
 
Eri così imbarazzato che non avresti potuto dire niente. Parlarne sarebbe stato più imbarazzante dell’eventualità che entrasse di nuovo in bagno. - Mi sembrava una cosa scontata…
 
- Tu ami ribadire l’ovvio, figuriamoci…
 
Guardi Sherlock cercando di capire che strategia stia portando avanti. Non puoi fargli condurre questa discussione senza sapere a che conclusione voglia arrivare. Stai sulla difensiva, ma non sai se serve difenderti, perché potrebbe farlo chiudere ancora di più in se stesso.
 
- Non hai mai chiuso a chiave la porta del bagno. E hai continuato a non chiuderla a chiave.
 
Ma se non hai la certezza di quello che prova lui non puoi sapere cosa dire. La serenità di Sherlock viene prima dei tuoi dubbi, delle tue frustrazioni e dei tuoi contrastati sentimenti.  E inizi tu a fare le domande.
 
- Perché mi hai lasciato quel biglietto l’altro giorno?
 
- Te l’ho detto, volevo vedere come avresti reagito. E anche questa volta non mi hai detto niente. Sei uscito per pensare, fingendo di avere un appuntamento, e sei tornato. Oggi hai iniziato a farmi domande su incubi e sogni. E poi mi hai chiesto di parlare chiaro. Ma tu stesso non parli chiaro, e io non so cosa intuisco e cosa voglio intuire.
 
Sherlock sta facendo quello che stai facendo tu. Sta aspettando di avere la conferma di quello che provi, per dire quello che prova lui. Tra i due sei quello che ha più esperienza in materia, quindi ti obblighi a prendere in mano la situazione. Deglutisci a vuoto, fissando il pavimento.
 
- Allora proverò a parlare chiaro. Diciamo che… forse… potrei aver pensato che i sogni erotici di cui parli nel biglietto… non siano di una donna.
Alzi gli occhi, per vedere la reazione di Sherlock.
 
Lui non ha mai smesso di guardarti in viso, con la deformazione professionale di individuare tutti gli indizi utili per capire una persona. Ma questa volta i segnali sono contrastanti e anche lui dev’essere troppo coinvolto per avere la certezza di saperli interpretare. - E… questo…come ti ha fatto sentire?
 
Decidi di essere onesto. - Non lo so. Spaesato suppongo. Imbarazzato, anche. Ma non in negativo… - ti affretti a precisare.
 
Non sembra molto convinto. - Si può essere imbarazzati in positivo?
 
Ti imbarazza suppore che Sherlock faccia sogni erotici su di te, ma non ti disturba. Ti lusinga… ti fa accelerare il battito cardiaco. - Sì, penso di si. Perché mi sento così, più o meno.
 
- Ma a te piacciono le donne.
 
Non sei mai stato con un uomo. Ma da quando vivi con Sherlock ti sei reso conto del fascino che lui riesce inconsapevolmente ad esercitare su di te. L’hai sempre trovato attraente, più di quanto faccia un amico.
- Probabilmente sai meglio di me da quanto tempo non esco con una donna.
 
Sherlock porta avanti il suo razionalissimo discorso. E inizi a capire che messaggio voglia trasmetterti. - Di per sé non vuol dire niente.
 
E nel momento in cui capisci che Sherlock voglia sminuire la relazione che vivete, smetti di cercare di avere una strategia. E incominci a parlare liberamente.
- Io non so cosa vuol dire. Però, pensaci, anche se è la cosa più folle che abbia mai deciso in vita mia, continuo a vivere con te.
 
- Condividiamo un appartamento, non viviamo insieme.
 
- Risolviamo casi insieme, mangiamo insieme quando riesco a convincerti a mangiare, passiamo la maggior parte del tempo insieme… Questo è vivere insieme, non condividere un appartamento. Noi siamo una squadra, Sherlock.
 
Sherlock rincara la dose, mostrando segni di impazienza. - Appunto, siamo solo una squadra.
 
Tu sorridi appena. - Siamo molto di più. Dobbiamo solo abituarci all’idea.
 
Lui sospira, maledicendo la mancanza di informazioni certe a riguardo. - Non dovrebbe essere una cosa spontanea, non qualcosa a cui serva abituarsi?
 
- Quando certe cose si reprimono a volte è difficile tirarle fuori. Tu sei…affascinante. E non lo scopro oggi, ma se te lo devo dire… non è facile.
 
- Non devi fingere di ricambiarmi, se non è così, solo perché mi vuoi bene. Perché io non parlo solo di affetto. - ma ha bisogno di alzarsi e voltarsi di spalle, dirigendosi verso la cucina, per dirlo.
 
Lo segui. - Sherlock, io non potrei vivere con nessun altro. E non lo dico solo perché mi lusinga quello che stai dicendo, lo dico perché è vero. Perché…
 
- John, stai temporeggiando. E non so se lo stai facendo perché hai paura, o perché pensi che io possa averne, oppure se la cosa ti disgusta…
 
Sherlock Holmes, la sua mente brillante e il suo ego mastodontico devono essere veramente in pezzi per poter anche solo supporre che lui possa disgustarti. 
- Pensi di non piacermi?
 
- Penso che per te non sia scontato pensare di avere una relazione con un uomo.
 
- In realtà è da un po’ che ci penso… E se ci penso… è per te. Per la tua voce, per i tuoi occhi, per il tuo volto, per le tue mani, per…
 
- Stai solo facendo un elenco...
 
- Tu pensi che io sia bloccato da questa situazione, ma sei tu che sei bloccato. Perché sei convinto che io non possa ricambiarti. Ma non puoi sapere cosa provo io. Così stai pensando a come mi comportavo con le donne con cui uscivo, e ti stai rendendo conto che non sto facendo niente di quello che facevo con loro. Non ti sto facendo complimenti, non sto cercando di sfiorarti inavvertitamente la mano, non sto flirtando con te, non sto dicendo cose stupide, solo per darmi delle arie.
Perché non voglio sedurti, Sherlock.  Non stiamo partendo dall’inizio, siamo in una situazione strana. Tu non dici niente, se non che temi che io non ricambi qualcosa che provi, ma che non spieghi, e dici che non è solo affetto. E mi sfidi ad andare oltre, forse sperando inconsciamente che io ti dica che non me la sento.
Sei un fascio di nervi, Sherlock, e se anche provassi solo a accarezzarti il volto, probabilmente rabbrividiresti, e per poco non ti scanseresti. Vorresti che io ti dimostrassi di amarti, ma hai paura. Paura di lasciarti andare. E che io mi stufi di te, o mi tiri indietro, e me ne vada via. Ma io non vado da nessuna parte.
 
Sherlock ti guarda come se dovesse cadere a pezzi da un momento all’altro. Colmi la distanza tra voi due e lo abbracci, senza riserve. Lui ti stringe a sua volta, dopo un attimo di tacito panico.
 
Non dite niente, e va molto meglio. Perché se le parole possono essere interpretate male, lo stesso non si può dire di qualcosa di così inequivocabile come un abbraccio.
- Devi smettere di avere paura di essere felice.
 
Sherlock ti stringe così forte che sembra non volerti più lasciare. È abbarbicato a te come un koala. Con il naso premuto nel tuo maglione, sussurra:- Se è così essere felici, allora smetterò di avere paura.
 
- Ma non è così infatti…è ancora meglio di così.
 
Pensavi che non l’avresti mai fatto, ma la vita è imprevedibile. Ti scosti appena dall’abbraccio di Sherlock e alzi il volto, per porre fine con un bacio alle sue obiezioni. E Sherlock si scioglie completamente, istintivamente, senza riserve.
 
- Vedi che è ininfluente come mi metto le mutande?
 
Sherlock sorride, e tu lo baci di nuovo, perché adesso puoi farlo. Non è strano, non è folle, è solo giusto che sia così.
 
D'altronde è una verità universalmente riconosciuta che al 221 B di Baker Street possa succedere qualsiasi cosa…
 
 
 
 
Angolo autrice:
Questa storia nasce da una citazione letta in giro tratta da un libro di David Thomas “La pazienza dei bufali sotto la pioggia”. Ed è questa: “Sai una cosa? Credo che ti dovrai inventare un modo più sexy di mettere le mutande. Perché vederti ogni mattina piegato in due, con le braccia penzoloni e le gambe che provano a centrare il buco, francamente, non ci siamo proprio. Fa a pugni con la tua immagine di uomo elegante. Rovina qualcosa. Quindi non so, vedi un po’ tu come fare, ma trova un altro modo di infilarti le mutande.”
 
Dopo aver letto una cosa del genere, ho subito pensato che fosse adatta come pretesto di una ff, e John e Sherlock sarebbero stati perfetti. Ho iniziato partendo dalla rivisitazione del brano di David Thomas, ma non sapevo cosa fare della trama. Poteva venire fuori qualcosa di completamente diverso, ma alla fine dal comico delle prime pagine, mi sono buttata in quello svolgimento che non si sa bene cosa sia, con dubbi, incertezze, indagini sentimentali reciproche. La trama è un po’ labile, ma secondo me alla fine sta in piedi.
 
Come collocazione io direi che sta in un momento indefinito della serie, prima che Sherlock abbia finto la sua morte, e John abbia incontrato Mary. 
 
Aggiungete che nel mentre è uscito il trailer della quarta stagione di Sherlock, per cui sto ancora macchiando teorie complottistiche e sclerando tra me e me e con altre persone, e quindi forse per riflesso volevo scrivere qualcosa di semplice.
Spero che possa strappare un sorriso o intenerire qualcuno. Io mi sono rilassata a scriverla, non scrivevo da troppo…
 
 
Un saluto,
 
lady dreamer
  
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