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Autore: reggina    16/12/2016    2 recensioni
Il difficile periodo post-operatorio, in un reparto neurochirurgico, sviscera i sentimenti più reconditi di due genitori, una giovane fidanzata, un amico, una sorella e un piccolo eroe che ce l'ha fatta di nuovo. Un caleidoscopio di emozioni in cui vorticano speranze, paure, passato e futuro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Amy Abbott, Bright Abbott
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dolore.

Spasimi sordi e acuti dentro di lui che crescono di minuto in minuto, oltrepassano il limbo fumoso ed indistinto.

Gli occhi sono così pesanti che non riesce a tenerli aperti mentre le voci riecheggiano in un lieve sottofondo nel box della Terapia Intensiva che, a malapena, riesce a vedere.

Il tempo è passato e Colin non è stato in grado di misurarlo, abbozzolato in quel guscio che permetterà al suo corpo di recuperare dall'anestesia, dai diversi farmaci, dal dolore.

Mani sconosciute lo hanno spostato, cambiato di posizione, massaggiato. Hanno infilato aghi e discusso, a voce bassa, di lui.

Finalmente mette a fuoco un'immagine: sotto il camice politenato, la mascherina e la cuffia monouso guizzano gli occhi pieni d'amore, pieni di lui, velati da una lacrima impercettibile ma talmente corrosiva da lasciare un solco permanente.

Sbatte le palpebre e cerca di tornare sé stesso.

"Mamma!"

Le labbra secche di Colin baciano due volte per quella conquista preziosa ed ardua come scalare un grattacielo. Sharon lo sa cosa significa tenere stretta quella mano esile ed accompagnare il suo bene più prezioso su e giù per i gradini, diventati insormontabili.

È tornare una mamma alle prime armi, reggere il suo cucciolo sull'erba nei suoi primi passi, reggerlo cautamente senza palesare il suo sostegno spasmodico, sdrammatizzare ogni volta che inciampa sul terriccio tanto banale quanto fatale!

Sorride a trentadue denti davanti a Colin ma piange dentro l'anima nell'atroce consapevolezza del non poter fare di più.

"Sono qui con te, bambino mio!"

Questa volta non sarà facile come quando bastava il suo bacio soffiato sulle ferite per farle guarire. Ma è una mamma e lo sa che un sorriso sincero scalda più di mille candele accese, che la sua voce è confortante come una nenia antica.

Lascia una carezza sul viso contratto da smorfie di dolore, senza mollare la mano che tante volte si è protesa verso di lei per farsi accompagnare.


Gli ultimi giorni per Sharon e Jim sono stati i più duri: due genitori in cerca di un miracolo, due senza-tempo sulla panca fuori dal reparto ad aspettare una risposa o un verdetto. Ore d'attesa passate senza alcun desiderio, fino a ritrovarsi la forma lineare della mattonella impressa nella retina, un posto difficile dove sono naufragati stremati, e dove sono restati inchiodati ad un dolore misterioso e alla vertigine della morte.

Per Jim è stato più complicato avvicinarsi al monitor multiparametrico, al ventilatore d'emergenza, alla testa bendata di suo figlio.

Prima di tornare da Colin, fragile ed immobile in quel letto immacolato, sosta a lungo nell'angolo tra Broadway e Colfax Ave antico capolinea dei cercatori d'oro. Sotto la statua equestre di Kit Carson, la sua angoscia vaga a due settimane fa quando Colin, dopo l'ultima TAC, si è seduto sulla panchina coperta da un velo di gelo vicino alla fontana commemorativa dei pionieri del Colorado.

"Cosa mi succederà adesso, papà? Cosa ci succederà?"

Le labbra del ragazzo si erano chiuse e lo spavento era entrato nel suo petto con un sibilo fondo. Jim non aveva saputo combattere quell'inquietudine spietata, la mancanza di orizzonti. Si era limitato ad una pacca sulla spalla tremante di suo figlio.

"Adesso torniamo a casa, Colin!"

Non è facile fare staffetta con sua moglie, affrontare le linee verdi sui monitor dal fondo scuro che lo investono come una bordata micidiale, nell'atavico terrore che il forsennato bip bip si tramuti in un grido prolungato.

Le pulsazioni hanno un ritmo normale, il video disegna diagrammi tranquillizzanti, con apici e avvallamenti che confermano il ritorno alla vita. Commosso come un bambino, si avvicina fino a sfiorare la testa fasciata dal mitra d'Ippocrate. Il contatto leggero è sufficiente ad allertare Colin, che si è assopito da poco.

"Fa male papà. Fa malissimo."

Non è facile trovare le parole giuste innanzi alla vulnerabilità di suo figlio, roccia tanto solida quanto sfaldabile.

"Tieni duro ragazzo mio. Resisti Rockets !"

Un sorriso debole illumina il viso livido del ragazzo a quel vezzeggiativo rispolverato dalla sua infanzia e dà a Jim la certezza che Colin sarà ancora il suo specchio riflesso sul balcone della vita.

   
 
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