Anime & Manga > The Legend of the Legendary Heroes
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Autore: madychan    16/12/2016    2 recensioni
“Porterete dentro di Voi l’oscurità, da solo? Impossibile.”
Era esattamente ciò di cui aveva bisogno.
“Avete bisogno di qualcuno che porti sulle proprie spalle la Vostra oscurità, al posto Vostro. Desidero essere quella persona.”
Scrutò attentamente le iridi chiare di Froaude, mentre si beava della sensazione del lieve tepore sotto il proprio palmo.
Attese per interminabili istanti di vedere negli occhi dell’altro la luce di chi aveva compreso.
Osservò, come a rilento, il movimento delle palpebre di Froaude che si spalancavano in maniera a stento percettibile.
Subito dopo, le sue labbra sottili si incurvarono lievemente in un sorriso mosso non dal suo usuale atteggiamento affettato, ma da una soddisfazione palesemente più intima; i suoi capelli neri scivolarono lungo le spalle e il viso, sinuosi come un serpente, mentre chinava il capo.
“La volontà del mio Re è anche la mia.” lo sentì mormorare, la voce un misto di deferenza, obbedienza e
gioia.
[Ambientata dopo l'episodio 18. Personaggi: Sion Astal, Miran Froaude, lievi accenni a Ryner Lute, Ferris Eris, Aslude Roland.]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N.B.: Note veloci.
-
I connotati di Miran nella fanfiction sono diversi da quelli dell'anime, perché nella novel Miran è "uno gnocco coi capelli neri e gli occhi verdi" (-cit.). 
- "Let There Be Darkness" è il suo "Yami wo are" quando sventola quella patacca cines- *coff* l'anello. Volevo dire l'anello.
- Ci sono frasi randomiche prese direttamente dalla novel e tradotte aggratis.
- La cosa è ambientata dopo l'episodio 18 (quando Ryner se ne va con Tear/Tiir/insomma l'Hannibal dei poverih, quello che mangia la gente), ma se non avete visto la 21... vedetevela, altrimenti non si capisce nulla.
[Madonna, il plurale. L'avremo visto in 4 'sto stramaledetto anime.]
- Last but not least, grazie a quel cicciopatato di Lifaen per avermi rotto le scatole per giorni perché scrivessi... ciò, per avermi passato la musica, per avermi aiutato a sbloccarmi nelle idee, per avermi convinto a finirla, per averla letta all'alba di mezzanotte e mezza, e per avermi rotto (di nuovo) le scatole perché la pubblicassi. (<3)

Enjoy :3

 






Let There Be Darkness


Ryner se n’era andato.
Sion lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, mentre osservava con occhi vuoti i fogli davanti a sé, senza carpire il significato di una sola parola tra quelle scritte su quella pergamena.
Aveva fatto la scelta giusta.
Aveva ponderato a lungo le conseguenze del proprio gesto. Se Ryner fosse rimasto lì, lui…
Non aveva sbagliato.
Deglutì a vuoto, mentre sentiva le membra contorcersi.
Non aveva sbagliato.
Strinse le dita in pugni fino a sentire il sangue scorrere lungo il palmo.
“Uccidete quel mostro!”
Gli occhi freddi e feriti di Ryner lo colpirono come una coltellata allo stomaco.
Sentì le spalle scosse da un brivido, mentre soffermava lo sguardo sul foglio che aveva davanti – parole indistinte, semplici segni neri su bianco che la sua vista percepiva offuscati e privi di contorni netti.
Aveva fatto la scelta giusta.
Sollevò lo sguardo dalla scrivania, fino al soffitto.
Attraverso le vetrate colorate penetrava una luce tenue che colorava l’intorno di vivaci colori arcobaleno.
Si muoveva.
Ryner.
La seguì con gli occhi, incapace di muoversi da quella posizione. Sentiva le braccia pesanti, le gambe distrutte, le palpebre che tentavano di chiudersi.
Si muoveva lungo il soffitto, verso la porta.
Sarebbe sgusciata via, attraverso la fessura.
Avrebbe voluto alzarsi e fermarla. Avrebbe voluto tendere la mano e afferrarla. Avrebbe voluto far vibrare le corde vocali e urlargli di rimanere lì. Ancora per un po’. Solo per un altro po’.
Ma la luce scorreva lungo il soffitto e verso la porta, lenta e pigra, ma inarrestabile.
E lui non poteva fare nulla.
“Non ne hai il diritto.” urlavano, lungo la sua pelle e i suoi muscoli, le mani che gli stringevano le braccia e le gambe.
“Hai fatto la scelta giusta.” gridavano, lungo la sua pelle e i suoi muscoli, le mani che gli soffocavano la voce arpionandogli il collo.
Voleva fermarla. Ma allo stesso tempo non poteva.
Se l’avesse fermata, Ryner…
Il suo corpo fu scosso da un brivido, mentre realizzava l’eventuale conseguenza del proprio gesto; digrignando i denti, cedette alle mani che lo afferravano e lo trattenevano inchiodato al trono.
Osservò la luce fermarsi proprio sopra la porta. Poi, cadere verso terra, come una goccia lucente che portava in sé i colori dell’arcobaleno. Impattare il pavimento della sua stanza, e prendere forma.
Intravide, per un attimo – solo per un attimo – la sagoma di un ragazzino, i capelli argentati che brillavano come fili di luce nell’oscurità della sala del trono; gli occhi dorati lo guardavano smarriti.
Subito dopo, un uomo dai lunghi capelli argentati raccolti in una treccia, e gli occhi di un freddo e tagliente color oro, si parò davanti a lui. Aveva indosso abiti di fattura regale, semplici ma tipicamente usati dai re; il nero dell’abito, il rosso degli orli, il blu scuro degli ornamenti – tutto cozzava contro i colori chiari della sua pelle, dei suoi capelli, dei suoi occhi.
Nero contro bianco.
Le labbra dell’uomo si incresparono in un sorriso amaramente ironico.
“Chi è il mostro?” fu la domanda che gli suggerì in un soffio, prima di frantumarsi in migliaia di perle di luce e svanire com’era arrivato.
 
Una mano dalle dita lunghe, gentilmente posata sul braccio.
Ryner.
Sion socchiuse le palpebre, le pupille che mettevano lentamente a fuoco ciò che avevano davanti.
Capelli neri.
Vestiti scuri.
Pelle chiara.
Iridi verdi.
Sion spalancò gli occhi, chiedendosi immediatamente come avesse potuto scambiare il tocco di Ryner con quello di Froaude.
Subito dopo, si chiese come mai Froaude fosse lì.
I suoi occhi erano freddi: non sembravano minimamente sorpresi o preoccupati del fatto che lui fosse letteralmente collassato sopra la scrivania. Non c’era traccia della preoccupazione che persone come Claugh, Calne, Eslina o Noa Ehn – o Ryner – avrebbero potuto provare nel vederlo in quello stato.
Ed era proprio per quello che Froaude era lì.
Claugh, Calne, Noa, Eslina… nessuno di loro avrebbe dovuto vederlo in quello stato. Nessuno di loro sarebbe stato in grado di farlo riprendere dalle condizioni in cui si trovava.
E tutti loro vedevano in Ryner un mostro.
Osservò per qualche istante gli occhi verdi di Froaude.
Quell’uomo non giudicava in base al sentimento. Per lui Ryner, più che un mostro, era una persona. Da eliminare, certo – ormai gli era chiaro da tempo quale fosse l’intento di Froaude nei confronti di Ryner –, ma pur sempre una persona. Forse era proprio per quello, che voleva eliminarlo.
Sollevò la testa dalla scrivania, e captò il movimento deferente di Froaude che si scostava da lui.
Afferrò il suo polso in un impulso istintivo.
Tuttavia, a quell’istinto iniziale seguì una decisione volontaria di stringergli l’avambraccio, mentre gli occhi chiari di Froaude incrociavano i suoi e lo guardavano con una lieve sorpresa. Sempre contornata dal suo solito gelo – ma poco importava: oltre la stoffa morbida che gli fasciava il braccio, la pelle di Froaude era tiepida.
“Porterete dentro di Voi l’oscurità, da solo? Impossibile.”
Era esattamente ciò di cui aveva bisogno.
“Avete bisogno di qualcuno che porti sulle proprie spalle la Vostra oscurità, al posto Vostro. Desidero essere quella persona.”
Scrutò attentamente le iridi chiare di Froaude, mentre si beava della sensazione del lieve tepore sotto il proprio palmo.
Attese per interminabili istanti di vedere negli occhi dell’altro la luce di chi aveva compreso.
Osservò, come a rilento, il movimento delle palpebre di Froaude che si spalancavano in maniera a stento percettibile.
Subito dopo, le sue labbra sottili si incurvarono lievemente in un sorriso mosso non dal suo usuale atteggiamento affettato, ma da una soddisfazione palesemente più intima; i suoi capelli neri scivolarono lungo le spalle e il viso, sinuosi come un serpente, mentre chinava il capo.
“La volontà del mio Re è anche la mia.” lo sentì mormorare, la voce un misto di deferenza, obbedienza e gioia.
Non era importante, in quel momento, il fatto che in qualunque altra occasione gli sarebbe stato difficile accostare Miran Froaude a un sentimento quale la gioia. Sion lo fissò mentre sollevava di nuovo la testa e tornava a guardarlo negli occhi; captò un riflesso di luce provenire dalla sua mano libera – la pietra dell’anello che portava al dito splendeva di un lieve brillio cremisi, in qualche modo sinistro tanto quanto il suo possessore.
Non importava nemmeno che le labbra di Froaude fossero aride, mentre le sentiva poggiarsi sulle proprie, e muoversi con sorprendente esperienza. Dentro di sé, Sion considerò che forse non doveva essere così sorpreso: Froaude avrebbe potuto facilmente sedurre qualcuno per i propri scopi, se avesse voluto.
Nulla di tutto quello era importante.
Chiuse lentamente le palpebre, e si sentì scivolare in una tiepida oscurità.
Non si sentì quasi presente, mentre ricambiava il bacio di Froaude. Gli stava concedendo qualcosa che lui sembrava bramare da tempo, e Froaude pareva piuttosto determinato nel portare a termine il proprio compito: il suo intervento era superfluo, e nessuno dei due lo voleva davvero.
Sarebbe tornato a brillare.
Anche senza Ferris…
Anche senza Ryner.
Era meglio così.
Era meglio che le loro strade si separassero definitivamente.
Ciò che doveva e ciò che voleva… semplicemente erano due cose incompatibili.
Rabbrividì sentendo le lunghe unghie di Froaude lambirgli il collo, mentre lui gli slacciava il mantello e lo lasciava scivolare con un lieve fruscio sul pavimento.
Andava tutto bene.
Reclinò la testa sullo schienale della poltrona, mentre gli porgeva il collo e gli consentiva di baciarlo.
Le labbra sottili e fredde di Froaude passarono lentamente sulla sua pelle. Le sue dita esili come le zampe di un ragno gli accarezzarono il collo e scivolarono fluide ad aprirgli la tunica per sfiorargli anche il petto.
Lo stava letteralmente adorando, lo sentiva dai suoi modi: non era nemmeno necessario aprire gli occhi.
Per un attimo si beò di quella sensazione di totale accettazione, percepita direttamente sulla propria pelle.
“Chi è il mostro?”
L’uomo dai capelli argentati fece di nuovo capolino davanti ai suoi occhi.
Sion sospirò e si lasciò sfuggire un sorriso.
Come quando Ryner se n’era andato.
Come quando Ferris gli aveva voltato le spalle, diversamente dagli altri soldati.
Sollevò lo sguardo verso l’uomo, e sorrise.
“Sono sempre stato io.”
Socchiuse gli occhi e osservò i movimenti di Froaude, impegnato a toccargli il petto come si sarebbe fatto con la statua di un idolo.
Froaude non stava cercando una conferma di quello che lui volesse. Aveva capito esattamente tutto ciò che lui voleva.
Era confortante.
Essere compresi e adorati era piacevole.
Essere accettati, al punto che qualcuno decidesse di prendere sulle proprie spalle la sua oscurità, i suoi peccati, le nefandezze che aveva compiuto e che avrebbe dovuto compiere – era confortante.
Perciò gli appoggiò una mano tra i capelli.
Le sue dita bianche si infilarono tra i capelli neri di Froaude. Scivolarono lungo le sue ciocche.
Dopo quel momento, sarebbe stato inattaccabile.
Sorrise lievemente, e premette lievemente il palmo sulla sua nuca per attirarlo di più contro di sé.
Prenditi tutto. Non lasciare nemmeno una traccia.
Non riuscì a capire se Froaude avesse colto la sua muta richiesta; ma lo sentì comunque proseguire con il compito che gli aveva silenziosamente assegnato. Senza tentennare.
Probabilmente per lui non era nemmeno qualcosa di gravoso. Più qualcosa di molto piacevole, concluse Sion, mentre Froaude gli slacciava le cinture con eleganti movimenti secchi e decisi e gli rivolgeva un sorriso che aveva molti sentimenti, ma di sicuro non il tentativo di metterlo a proprio agio.
D’altronde non ne avrebbe avuto ragione: era stato Sion stesso a cercare quel contatto.
Intravide l’ennesimo brillio rosso dell’anello – fu l’ultima cosa che i suoi occhi colsero, prima di concentrarsi sul movimento sinuoso del corpo di Froaude che si inginocchiava davanti a lui.
L’iniziale perplessità che Sion provò dinanzi a quel gesto fu subito stemperata dalle sensazioni tattili che seguirono subito dopo.
Sentì i palmi – ora tiepidi – delle sue mani scorrere lentamente sul proprio petto, pervaso dalla pelle d’oca dopo essere stata esposta all’atmosfera umida e un po’ fredda della stanza. E per un istante sussultò a quel contatto, e scoprì di bramarlo – immediatamente dopo, si ritrovò a sussultare per ben altro.
Spalancò gli occhi, alla sensazione di qualcosa di umido e molto più caldo delle mani a contatto con le sue parti intime.
Froaude probabilmente percepì la sua sorpresa attraverso il lieve tremito che scosse la mano di Sion, ancora ferma sulla sua nuca; ma non fu un buon motivo per spingerlo a fermarsi.
Sion esitò solamente per un istante, mentre osservava i capelli scuri di Froaude, che celavano ciò che lui stava facendo; assottigliò gli occhi, mentre si abituava a quel contatto decisamente inaspettato.
Poi chiuse le palpebre, e sentì il proprio corpo rilassarsi contro lo schienale della poltrona.
Andava tutto bene.
Il tocco lento di Froaude lo cullava in una placida oscurità.
Sorrise lievemente, mentre si sentì sprofondare.
Intravide di sfuggita dei capelli argentati che brillavano, molto sopra di lui – un flebile, evanescente bagliore bianco in mezzo a quell’oscurità.
E poi, scivolò senza sosta.
Riusciva a vedere solamente un piccolo globo di luce, fermo molto più in alto di lui, che mano a mano diventava più piccolo.
Ryner.
Cos’avrebbe pensato Ryner, a vederlo in quello stato?
Cos’avrebbe fatto Ryner, a saperlo insieme a Froaude a quelle condizioni?
Sorrise, e chiuse gli occhi.
Ryner non era lì.
Ryner era al sicuro, ora.
Il prezzo di quel suo essere al sicuro… non aveva importanza.
 
Sion percepì un conato di vomito, mentre riallacciava le cinture. Non era certo dell’origine di quella sensazione – poteva essere Aslude Roland che aveva preso parzialmente possesso del suo corpo in quei momenti, oppure il realizzare gradualmente ciò che aveva fatto con Froaude.
Trasse un profondo respiro, cercando di mascherarlo il più possibile all’uomo, fermo poco distante dalla scrivania e intento ad osservarlo con maniacale attenzione.
“Non mi hai guardato abbastanza prima, Froaude?”.
Aveva la piena consapevolezza di quello che aveva fatto, di ciò che avrebbe potuto comportare, del significato che quei minuti avevano avuto per ciascuno dei due.
Gli occhi di Froaude si assottigliarono lievemente, e le sue labbra si incurvarono in un sorriso condiscendente.
“Naturalmente, Vostra Maestà.” rispose, articolando un lieve inchino della testa. “Stavo solo considerando che forse avreste bisogno di riposo.”
“Sion. Mi sembri esausto. Devi dormire un po’.”
Chiuse per un attimo gli occhi. Drizzò la schiena mentre si sistemava i vestiti; poi tornò a guardare Froaude.
Per un attimo, complice quella frase, rivide gli occhi scuri e assonnati di Ryner.
“La pensi così, Froaude?” chiese, mentre metteva a fuoco chi ci fosse davvero davanti a lui.
“Sì, Maestà. Sembrate febbricitante.”
Sion aggrottò le sopracciglia, mentre scrutava le sue iridi verdi.
“Febbricitante.”
Froaude annuì. “Il vostro viso è di un colore tendente al rosso da diversi minuti, ormai.”
Sion sgranò gli occhi.
Ma, invece di ridere come avrebbe fatto con Ryner, sentì un chiaro brivido gelido lungo la spina dorsale.
Non era certo che Froaude comprendesse appieno a cosa quel colorito fosse dovuto. Forse era troppo per lui, ma… se invece gli fosse stato chiaro, quello era un avviso. Il suo metterlo in allarme sul fatto che gli stesse mostrando una propria debolezza.
Che gliel’avesse mostrata durante tutti quei minuti.
Assottigliò le palpebre e lo guardò per alcuni lunghi istanti.
Poi, si alzò in piedi.
Trattenne il conato di vomito, ancora una volta.
“Non è nulla di cui sia necessario preoccuparsi.” disse. Non era un tentativo di tranquillizzarlo: Froaude non era preoccupato per lui. “Puoi andare, Froaude.”
Lo vide chinarsi in maniera reverenziale mentre articolava un assenso cui non prestò attenzione, troppo impegnato a controllare la nausea. Seguì la sua schiena allontanarsi, il movimento sinuoso dei suoi capelli neri accompagnare la chiusura della porta.
Subito dopo, sentì le gambe cedere.
Riuscì a malapena a reggersi sul tavolo, mentre tossiva. Per diversi attimi il suo corpo fu scosso dai brividi, e lui vide solamente nero.
Quando riuscì a socchiudere gli occhi, sollevò lievemente lo sguardo.
Sussultò, quando vide chi c’era nella stanza.
I capelli e gli occhi scuri, un mantello blu legato da una spilla col simbolo di Roland.
L’espressione assonnata. E disgustata.
Sion boccheggiò per qualche secondo, confuso. “Ryner…?” soffiò alla fine, con quel poco di voce che era rimasta.
Ryner rimase per diversi istanti a fissarlo, con la sua espressione pigra e insieme sconvolta.
Poi, sollevò lievemente il mento, mostrando un’espressione ferita – quell’espressione che Sion ricordava troppo bene.
“Chi sarebbe il mostro?”
Sion rabbrividì, e un moto di delusione misto a sollievo gli pervase lo stomaco mentre abbassava lo sguardo a incontrare le pergamene bianche pervase da inchiostro nero, sparse sulla scrivania.
Chiuse gli occhi, e sospirò.
Non era reale. E per quanto sperasse di vederlo di nuovo lì, era meglio così.
Quando sollevò di nuovo lo sguardo, Ryner era ancora di fronte a lui. Ma mettendolo meglio a fuoco, vide che i suoi contorni non erano completamente definiti: era davvero solo frutto della sua immaginazione.
Sorrise amaramente, e si alzò in piedi facendo pressione con le mani sul tavolo.
“Devo andare avanti.” disse semplicemente.
Ryner si voltò a guardare la porta che Froaude aveva chiuso da poco, un’espressione dubbiosa a fargli aggrottare le sopracciglia.
“Non ti sei pulito la coscienza, così.” mormorò.
Sion sorrise di nuovo. Non era mai stato quello che voleva davvero fare: ma ci aveva sperato, giusto per un istante. Aveva sperato che in qualche modo tutto fosse lavato via.
“Sono tutti morti per colpa mia.” rispose. “Non posso tornare indietro. Posso solo andare avanti.”
Ryner tornò a guardarlo, con un’espressione pigra in viso.
“A qualsiasi costo?”
Sion annuì. “A costo di essere un mostro.”
Gli occhi di Ryner si soffermarono per un lunghissimo momento su di lui. Poi, quasi all’improvviso, lo vide sbuffare e mettersi le mani sui fianchi. Il suo corpo si illuminò all’improvviso, e iniziò a sfaldarsi in scaglie di tenue luce.
“Sei esausto. Riposati un po’.”
Sion sgranò gli occhi, al sentire quel tono dolce e stanco pronunciare quella frase.
Non fece in tempo a fermarlo: Ryner si dissolse in un attimo, come se non fosse mai stato nemmeno nella sua testa.
Rimase per infiniti momenti a fissare la porta, a bocca aperta.
Poi, riprese coscienza del proprio corpo. E lo sentì talmente stanco che crollò seduto sulla sedia.
Si portò una mano agli occhi, e sul palmo percepì una sensazione calda e bagnata.
Sorrise amaramente, e lasciò che quella sensazione di vuoto interiore lo pervadesse.
Solo per qualche momento.
Ancora una volta soltanto.
Aveva perso tutto, di nuovo.
Ora poteva solamente andare avanti.
  
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