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Autore: MinervaDrago    17/12/2016    0 recensioni
Dicono che fare sport sia un ottima soluzione per responsabilizzarsi ed eliminare l'ansia... ebbene, gioco a pallavolo da anni, ma finora questa mi ha sempre tenuto per manina, specie se il capitano della tua squadra non è proprio amante della democrazia.
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Corrado, l'iperbolico narratore della nostra storia, talmente ossessionato dalle sue due passioni, la pallavolo e il lamentarsi del genere umano, da ignorare completamente una realtà rimasta fino a quel momento celata in lui.
Genere: Comico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6

 

LA RIVELAZIONE CHE MI COSTO’ LA SANITA’ MENTALE

 

You don’t know my mind,

You don’t know my kind,

Dark Necessities are part of my design,

Tell the world that I’m falling from the sky

Dark Necessities are part of my design

[Red Hot Chili Peppers – Dark Necessities]

 

 

 

 

Io e Chiara siamo amici sin da quando lei e la sua famiglia si sono trasferiti nel villino di Luca, qualche anno dopo la sua partenza. Lei ha solo un anno in meno di me, ma è una ragazza matura ed estremamente comprensiva. Chiara è una delle famose ballerine del Coreutico e dall’aspetto sembra quasi una bambina (forse per via del fisico molto esile e della sua altezza modesta), però è davvero graziosa, di fatti Armando n’è rimasto particolarmente colpito (anche se oserei dire “cotto come una pera sotto un sole di mezzogiorno in piena estate”).

Con lei parlo spesso anche di argomenti molto intimi. Anche se sono l’essere più chiuso in se stesso di quest’universo, lei è l’unica persona con cui riesco a parlare in tutta sincerità, senza paura di esprimere il mio pensiero.

Le mando un messaggio e, come al solito, mi risponde subito (mi sono scordato di dirvi che Chiara e il suo cellulare sono una cosa sola) dicendomi che al momento è impegnata con le prove del saggio, ma che potrà vedermi  solo dopo cena, così la invito a prendere qualcosa fuori.

Dopo averla aspettata con ansia tutto il pomeriggio, verso le nove di sera mi reco sotto casa sua. Chiara si presenta tutta bella e sistemata con la sua inseparabile Pinko e un vestitino a fiori, che la fa sembrare un bouquet coi piedi.

Appena arrivati al pub le offro il solito Tè al limone (diciamo non siamo proprio due cultori dell’alcol) e ci accomodiamo nell’angolo più appartato del locale, ossia nel tavolo vicino ai cessi.

«Allora, di cosa di tratta?», le mi sorride radiosa, il suo rossetto rosa la fa sembrare una bambolina, io invece sembro essere appena uscito dal Tartaro, dopo aver attraversato lo Stige e il Lete a nuoto, tra le anime dei peccatori.

«Vedi, ultimamente c’è qualcosa che mi sta facendo impazzire…anzi qualcuno».

Lei mi guarda intrigata, «E di chi si tratta?»

«Quello non è importante, il vero problema è che questa persona non mi vuole uscire più dalla testa e non so davvero come fare!»

«Mi sembra normale», commenta lei con la sua solita compostezza, «Prima o poi capita a tutti di trovare qualcuno che ci piace»

«Ma questa persona non mi piace, non andiamo nemmeno d’accordo e poi, ogni volta che mi parla, mi fa smuovere tutti i gironi infernali!»

«Beh, sai, alla fine potresti anche nascondere quello che provi per lei dietro questo finto atteggiamento d’odio—»

«Chiara» la interrompo, «il punto è che sto parlando di un uomo».

Lei si ferma un attimo a guardarmi per realizzare la cosa, dopo di ché mi rivolge un sorriso inedito, un espressione birichina che non le avevo mai visto fare, nemmeno quando, sciaguratamente, le chiesi di spiegarmi la trama di Cinquanta Sfumature di Grigio (Non pensate male, ero semplicemente curioso dato ne parlavano tutti!).

«Un uomo, dici?»

«Sì…un uomo».

Chiara fa passare un dito sul bordo del bicchiere e poi mi guarda sorridendo.

«A cosa pensi?», le chiedo un po’ intimorito.

«Beh, io e te ci conosciamo da tanto tempo e, in tutti questi anni mi sono sempre chiesta se un giorno sarei mai arrivata a confessartelo o meno» Chiara si guarda furtivamente intorno e poi mi si avvicina con la sedia per sussurrarmi: «ho sempre pensato che fossi gay».

Ok, diciamo che in quel momento mi stava per venire un mega infarto fulminante; di tutto mi sarei potuto immaginare, ma non questo! Avrei anche accettato una risposta nonsense tipo: “Corrado, io credo che tu stia morendo”, e l’avrei presa comunque bene, anzi, mi sarei alzato e mi sarei messo a gridare euforico ringraziando tutti, pure il barista che ci stava provando con la figlia del mio prof di fisica, e gli avrei dato un bacio nella capoccetta stempiata dicendogli che non avrebbe avuto speranze nemmeno con un uomo (giusto perché siamo in tema).

Io? Gay?! Ma stiamo scherzando? Non mi sono mai azzardato a pensare cose sconce sugli uomini, né tantomeno a provarci o ad avere strani sentimenti per qualcuno del mio stesso sesso. Anzi, a dir la verità, in generale dell’amore non me n’è mai importato nulla! Ma ve lo immaginate, io, il cinismo fatto a iperbole, mano nella mano con qualcuno? Impossibile! A meno che quel qualcuno non sia il cinismo fatto a metafore o qualcosa del genere! In poche parole: solo una figura retorica potrebbe far colpo su di me, tranne lo Zeugma, che in cinque anni che faccio il classico non ho ancora capito cosa diamine sia! (un po’ come il malleolo).

Le rivolgo uno sguardo serio e cerco di risponderle con lucidità (la mia mente iperbolica è talmente agitata che potrei iniziare a parlare come un poeta Ermetista, ergo con metafore che solo la mia testa potrebbe capire, quindi è meglio evitare): «Non credevo pensassi questo di me, cioè, da cosa lo avresti capito?»

«Da tante cose: dal tuo modo di fare e di porti con gli altri, dal fatto che il corpo femminile non sembri quasi interessarti…e poi ne ho le prove!».

La guardo come se mi avesse detto la cosa più scandalosa del mondo.

«Di quali prove parli?»

«Ti ricordi quella volta in cui, a fine saggio, ti ho portato con me nello spogliatoio e ti ho chiesto di aiutarmi a togliere il vestito? O di quella volta in cui ti ho aperto mentre ero praticamente in mutande? Ecco…tu non mi sembravi affatto agitato, era come se non te ne importasse un fico secco. In te non ho mai visto uno sguardo malizioso o imbarazzato nei confronti di ragazze seminude o in bikini, come a mare».

Cerco di riscattare il mio onore: «Beh, perché sei mia amica! Anzi, sei come una sorella per me, perché siamo cresciuti insieme e non provo alcun tipo di imbarazzo! Insomma…ti ho vista anche in condizioni peggiori: con pigiamini davvero ridicoli con tanto di orsacchiotti inquietanti e capelli che non avevano forma umana!»

«Ti ringrazio per la fiducia, ma…quelle volte lo feci apposta per risolvere ogni mio dubbio su di te».

Rimango un attimo in silenzio, con l’orgoglio ferito e il cervello che inizia a partorire le peggio stronzate pur di uscire da quella situazione imbarazzante, ma alla fine batto una mano sul tavolo e decido di sfogarmi:

«No, io non lo accetto, io non sono gay e non mi piacciono gli uomini. Se ho fatto tutte quelle cose con te è perché sono una persona gentile e non ho mai avuto pensieri loschi su nessuno»

«Perché dici così? È naturale! So che la sessualità è una cosa difficile da comprendere, ma non bisogna nascondersi!»

«Io non sto nascondendo nulla, non ho mai avuto pensieri strani sugli uomini e mai ne avrò!»

«E allora cosa mi dici del tuo tipo?»

«Beh, io…» mi ritrovo inspiegabilmente con le spalle al muro, «Credo che mi stia solo sul cazzo»

«Ne sei sicuro? E allora se lo sai, a cosa ti è servito il mio aiuto?».

Rimango immobile a fissare il vuoto, incapace di trovare una risposta valida.

«Non lo so…e se fosse solo soggezione?».

Lei mi guarda poco convinta, sorseggia l’ultima goccia di Tè che è rimasta nel suo bicchiere e poi torna a fissarmi.

«Non ti sei mai soffermato a guardare un ragazzo più del dovuto?» penso a tutte le volte in cui sono rimasto semi-ipnotizzato dal manzo.

«Sì, ma…»

«Ti senti in imbarazzo se qualcuno del tuo stesso sesso ti tocca o ti sta troppo vicino?», mi torna anche in mente la scena dell’inspiegabile calore e della famosa frustata, quando il manzo si è avvicinato per la prima volta a me.

«Un pochino, forse, ma credo sia normale, non mi piace avere la gente addosso in generale»

«Se non ne sei poi così convinto, dovresti provare a scoprirlo da solo»

«Provare a fare cosa?»

«Provare a vedere se è solo soggezione o se c’è davvero qualcosa dentro di te, ovviamente».

Mi gratto la nuca imbarazzato e le rispondo con un filo di voce, arreso all’idea: «E come?».

Lei ricomincia a guardarsi intorno, aspetta che un tipo esca dal bagno e risponde:

«Vieni a casa mia, credo di avere la soluzione».

Dopo aver pagato il conto ed essere tornati nel quartiere (da bravi fanti appiedati e senza buon cavallo), lei mi fa’ accomodare a casa sua e mi porta subito nella sua stanza; mi sentivo molto in imbarazzo, per tutto il tragitto mi chiedevo cosa avesse intenzione di fare, infatti gliel’ho chiesto più volte, ma quella non rispondeva, alimentando sempre di più la mia ansia (come se già non n’è avessi abbastanza in corpo).

Una volta entrata anche lei, Chiara chiude la porta della sua stanza a chiave e mi chiede di sedermi sul letto, poi prende il suo portatile e si siede accanto a me.

«è il metodo più antico del mondo: guardare un film porno gay!».

La guardo sorpreso, non sapevo se morire lì nel suo letto o se buttarmi giù dalla finestra giusto per rendere la cosa più teatrale.

«E a te va bene se lo guardiamo insieme? Cioè, non ti vergogni?»

«Certo che mi vergogno, ma lo faccio per te!».

 Chiara cerca un qualsiasi filmato e ci mettiamo a gambe incrociate a guardare la scena.

In quel momento non sapevo davvero come reagire: ero disgustatissimo (non che non sapessi come si fa, cioè alla fine sono cose che si sanno, ma per come i due tipi lo stavano facendo sembrava una cosa fantascientifica).

Ero imbarazzato per Chiara, che nel frattempo si era aggrappata a me, ma allo stesso tempo mi stavo anche trattenendo le risate, perché visti dall’esterno sembrava che stessimo guardando un film horror.

«Non ti succede niente?» mi domanda Chiara, il cui rossore ormai è visibile pure al buio.

«Non lo so…» le rispondo mentre le tappo gli occhi alla scena dell’orgasmo, «So solo che dovremmo smetterla», metto pausa.

«Non hai provato eccitamento?»

«A essere sincero ero più imbarazzato…forse è per la tua presenza».

Chiara ci riflette un attimo. «Forse hai ragione, dovresti guardarlo quando sei da solo»

«Mi dispiace tantissimo».

Lei mi sorride, «Ma no, scusami tu, forse ho esagerato, però credo che tu debba assolutamente scoprirlo, insomma, si tratta pur sempre di una parte di te».

Prendo un lungo respiro e mi faccio coraggio: «Credi che se scoprissi cosa sono davvero, questo mi aiuterebbe a sentirmi un pochino meglio?»

«Certo che sì!».

abbasso lo sguardo e sbuffo.

«Ti ringrazio Chiara, davvero»

«Ma figurati».

Tornato a casa mi distendo subito su letto e mi ritrovo a fissare il soffitto, incapace di pensare ad altro, persino ai miei schemi.

E se dovessi scoprire di esserlo? Cosa comporterebbe ciò?

Sprofondo la testa nel cuscino e trattengo le grida.

No, questo non sono io, non può essere! Io sono normale, come tutti gli altri… eppure so di avere qualcosa che non va dentro di me…e poi, mettendo caso che lo ammettessi, cosa ne penserebbero i miei amici? E soprattutto, cosa ne potrebbero pensare i miei genitori? Useranno cinghie e fruste circensi per riportarmi alla retta via, o saranno quantomeno comprensivi? Mi ripudieranno come figlio, o faranno semplicemente finta di nulla?

Torno a guardare il soffitto e mi chiedo se sia davvero così necessario scoprire una cosa di cui puoi benissimo farne a meno, dopo di che mi addormento, senza darmi una vera risposta.

 

 

 

Il giorno dopo, al mio risveglio, mi ritrovo diecimila messaggi nel cellulare, altrettante sveglie perse e un numero infinito di chiamate dai miei. Noto che sono le dieci e che quindi non ho più chance di entrare a seconda ora, così vado per gradi e inizio a leggerli tutti:

 

Papà: 07.20 AM “Corradino, ti abbiamo lasciato la colazione sul tavolo. Io e mamma siamo partiti per la gita scolastica, come ti abbiamo già detto. Non fare tardi a scuola e puntati le sveglie.”

 

Luca: 09:35 AM “Ciao Raddo, ci sei oggi per una partita?  Stasera non sono di turno, fammi sapere! ;) “

 

Chiara: 08:44 AM “Buongiorno :) mi dispiace per ieri, ma volevo solo aiutarti a capire :( se vuoi oggi usciamo insieme, così ti svaghi un po’!”

 

Armando: 09:48 “Hey, amico, dove sei? Sei entrato a seconda? Ti va di pranzare insieme prima degli allenamenti? Ho voglia di panino con porchetta lol”

 

Elia: 10:02 AM “Gira voce che ti danno per disperso, se non vieni agli allenamenti ti pesto a sangue”

 

Mamma: 10:15 AM “CORRADO, PERCHE’ NON RISPONDI AL TELEFONO? IO E TUO PADRE CI SIAMO PREOCCUPATI!!!! CHE STAI FACENDO? RISPONDI!!!”

 

Perfetto, proprio oggi che non volevo vedere nessuno mi cercano tutti! Mi alzo a malapena dal letto e vado a riscaldarmi la colazione, accendo la TV per farmi compagnia e inizio a pensare come organizzarmi la giornata con un bello schemino tattico.

In base alle cose più importanti, decido di rispondere così:

A Papà: “Tranquillo Papà, stamattina mi sono puntato almeno sette sveglie, comunque, buona gita scolastica e salutami la mamma. P.s. dille che se non ho risposto è perché avevo il cellulare in silenzioso”.

(bugia numero uno)

 

A Luca: “Hey, Luca, non so se oggi potrò venire, ma ti farò sapere.”

(bugia numero due)

 

A Chiara: “Buongiorno, non preoccuparti per ieri, ti ho detto che non è nulla di grave, in ogni caso stasera ho un impegno, magari usciamo domani, ti va?”.

(bugia numero tre)

 

Ad Armando: “Scusami, non ho sentito la sveglia e non sono entrato, ma se sei solo possiamo pranzare insieme”.

 

A Elia: “Intanto ti calmi, e poi stai tranquillo, perché questa volta arrivo magari in anticipo”.

 

Dopo aver inviato tutti i messaggi, vado fuori per allenarmi un pochino per non pensare ad altro, ma non faccio nemmeno in tempo a mettere un piede fuori che mi arriva una risposta da Chiara: “Sei sicuro di non essere arrabbiato con me?”.

Sbuffo e mi preparo ad affrontare una conversazione chilometrica:

“No, Chiara. Non lo sono affatto, perché dovrei?”

“Non lo so, forse ti ho messo troppo in imbarazzo”.

Mi siedo sul terrazzo, abbandonandomi all’idea di dover passare un’intera mattinata a parlare con lei.

“Beh, sì, mi sono sentito in imbarazzo, ma so che hai ragione tu: prima o poi avrei dovuto pormi la domanda”

“Dici sul serio? :) “

“Sì, anzi, ti ringrazio per la tua disponibilità, come sempre, se non ci fossi tu probabilmente non mi sarei mai sfogato”, e me ne esco.

All’una e un quarto raggiungo Armando al solito posto e, dopo esserci farciti per bene (perché dovete capire che anch’io mangio come un ossesso, anzi, potenzialmente potrei essere più famelico e pericoloso di un Armando e un Antonio mesi insieme a un cenone natalizio), ci dirigiamo in palestra.

Ovviamente Elia è già lì, nella sua solita posizione di comando, con i suoi geroglifici in mano e con un’espressione da generale nazista.

Stavolta vederlo in faccia mi fa un effetto diverso, mi sembra quasi di vedere un’altra persona:

solo in quel momento mi accorgo di come le sue spalle siano incredibilmente larghe, delle sue rughette d’espressione che gli donano un aspetto perennemente incazzato ma affascinante, del suo fisico marmoreo e dell’orribile tatuaggio tribale sul braccio destro che glielo fa sembrare più grosso di quello che è (diciamo che le sue braccia sono già tre quarti di bue ciascuno). Quando si volta guardarmi, noto per la prima volta quanto meravigliosi possano essere i suoi occhi, che sono dello stesso colore dei lapislazzuli (so che la cosa può sembrare strana, ma con il fatto che abbia gli occhi piccoli e le grandi sopracciglia sempre inarcate, è come se li nascondesse perennemente, a tutto questo aggiungete pure me che odio guardare la gente negli occhi).

Convinto di essermi fatto suggestionare da Chiara, cerco di evitare di guardarlo per troppo tempo e volgo il mio sguardo altrove per distrarmi, così mi accorgo della presenza di Ciccio.

«Che ci fai tu qui?»

«Non avevo nulla da fare e così sono venuto»

«Beh, una mano in più non fa mai male a nessuno», non aggiungo altro e vado da Elia, contento di aver sprecato un po’  di tempo per non destare sospetto.

«Cosa dobbiamo fare oggi?», lui non mi guarda nemmeno, tant’è probabilmente concentrato a decifrare la sua stessa scrittura.

«Forse ho una soluzione al nostro problema», mi mostra i suoi , ma glieli torno indietro con un gesto della mano, sfiorando per sbaglio la sua.

«Scusami, non capisco la tua scrittura, forse è meglio se me lo dici per diretto».

Elia sbuffa seccato e mi fa cenno di avvicinarmi di più a lui.

«Io credo che potremmo sistemare Antonio come centrale e Armando come opposto»

«E non come palleggiatore?», Elia mi rivolge il solito sguardo di disappunto.

«Vuoi proprio che faccia io l’opposto?»

«Ad essere sincero, sì, dovresti provarci», il manzo ci riflette su (anche se sembrava aver già le idee chiare in testa, forse aveva bisogno solo della mia approvazione per diventare ufficialmente l’assassino della squadra)

«Va bene, allora vediamo come funziona la tua idea. Se si rivela una buona strategia ti bacio in testa».

Spalanco gli occhi e lo guardo imbarazzatissimo.

«Cosa?»

«Allora facciamo così», continua con il suo discorso, «per oggi usiamo Armando come palleggiatore».

Rimango un attimo interdetto: sono sordo o l’ha detto davvero? Vabbè, poco importa, a me non interessa niente, stava solo scherzando.

A fine allenamento, passato per metà a congratularmi con me stesso per l’idea geniale e per metà a convincermi della non esistenza di Elia, mi vedo spuntare il volto di Luca da fuori lo spogliatoio.

«Ciao, Raddo!», mi saluta con un cenno della mano.

«Luca, cosa ci fai qui?»

«Che domande, sono venuto a prenderti!»

«E come hai fatto a venire?»

«Con la macchina!»

Mi passo una mano in faccia. «No, idiota, intendevo: come hai fatto a capire che studio proprio qui?»

«Me l’ha detto Armando ed Elena conosceva già questa scuola, sua cugina studia qui, anzi, la conosci? Credo si chiami Cristina…O Carolina? Boh, non saprei proprio dirti al momento, ma so che è del terzo anno»

«Lascia perdere, tu con i nomi non ci sai proprio fare», finisco di mettere tutto nel borsone e faccio per andare via con Luca, ma Elia mi afferra per una spalla e mi volta verso di sé.

«Io e te dobbiamo discutere su un paio di cosette»

«Sì, lo so, ma non oggi», Elia si volta verso Luca e capisce la situazione.

«Allora ci vediamo domani»

«Va bene, Elia, a domani».

Non appena pronuncio quel nome, gli occhi di Luca s’illuminano all’improvviso.

«Dunque sei tu il famoso Elia?», il manzo lo guarda un po’ confuso, ma subito dopo gli rivolge un sorriso che fa solo quando qualcuno lo osanna.

«Sì, tu saresti?»

«Sono Luca Barbieri, gioco nella squadra del Coach Di Martino»

«Ah!» Elia non pare esserne particolarmente interessato, ma ce la mette tutta per sembrarlo. «Giochi nei Purple Ace, giusto?»

«Esattamente! Sai, sono un grande ammiratore di tuo padre, ho avuto l’onore di averlo come Coach per un po’ di tempo, quando si è ufficialmente ritirato dalla serie A1, non so se ti ricordi di me!».

Guardo Elia scioccato e mi faccio quattro conti:

Il suo cognome è De Gregorio, quindi, se suo padre ha partecipato in serie A1 e se la memoria non m’inganna…….

Allora il padre di Elia deve essere il mitico schiacciatore Stefano De Gregorio! Un pallavolista della generazione dei fenomeni, nonché uno dei giocatori che ammiro di più a livello nazionale!

Ecco spiegato il perché della sua bravura!

«Capisco», il manzo cerca di non dilungarsi, «è stato un piacere conoscerti, Luca, salutami il Coach Di Martino quando puoi»

«Lo farò senz’altro!».

Rimango un attimo a fissare Elia in silenzio, come se ne fossi ipnotizzato.

Maledetto manzo di carne essiccata! Non solo sei bello come un marmo del periodo classico, ma sei pure figlio di superstar e sei schifosamente raccomandato in tutto, persino nello sport!

Dentro di me sento montare una rabbia incredibile, forse dovuta alla gelosia che provo per questo essere immondo dalle chiappe forgiate dagli dei, che ha sempre tutte le porte spalancate quando non se le meriterebbe affatto. Prima di trasformarmi in un lanciafiamme umano, come Rabbia di Inside Out quando s’infervora, trascino via Luca dalla scuola e cerco di pensare ad altro.

«Quindi il “tuo” Elia è il figlio di De Gregorio, non avrei mai potuto immaginarlo!», ecco che sono nuovamente impossibilitato a mantenere la calma.

«Sì, Luca, è lui, ora possiamo andare, per piacere?»

«Complimentoni!», mi da una pacca sulla spalla che mi fa girare le sfere astrali, «ti sei scelto proprio un bel Tonno da esposizione! Non pensavo giocasse in questa squa—»

«No, complimenti a te e alla tua brillante idea di drogarti alle spalle della tua ragazza!».

Luca rimane immobile, sconcertato dall’incredibile randomicità della mia affermazione.

«Corrado…»

«No, Corrado un bel finocchio impanato in pastella! Tu ora vieni con me e mi racconti tutto, dall’inizio alla fine e guai a te se mi nascondi qualcosa!»

 

 

 

 

Note della “narratrice narrante”:

Ovviamente il babbo di Elia non esiste davvero, che io sappia non c’è mai stato nessun “Di Gregorio” appartenente alla generazione dei fenomeni, perciò fate solo finta che lo sia stato! Come avete potuto notare la narrazione inizia a farsi sempre più lunga, perché ora arrivano i guai, i guai seri! E Corrado stavolta non ha più scampo!

   
 
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